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  11 luglio 2012 - 21 Tamuz 5772
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david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


“Ecco che Io do a lui un patto di pace...” (Bemidbàr 25, 12). Lo Zaddik Rabbì Menachem Mendel di Kotzk disse una volta ai suoi allievi: “Il mondo è convinto erroneamente, che pace significhi rinuncia e sottomissione ai più forti e ai più aggressivi. In verità, il concetto di pace all’interno di una debolezza interiore, non può sussistere. A differenza di questo, la vera Shalom - pace,  viene dopo una lotta continua senza rivelazione di debolezza. Solo questa pace, che nasce dalla sofferenza e dal dolore, potrà sussistere nel tempo come una roccia e non vacillerà mai.” Un giorno il mio Maestro Rav Yehudà Nello Pavoncello Z.Z.l. mi disse che la radice della parola Shalom - pace, è la stessa della parola Shalèm - completezza, integrità. Ciò sta a significare che la vera pace può esserci solo quando si è integri e completi.

 Davide 
Assael,
ricercatore



davide Assael
Dunque, non pare vero che le diverse primavere arabe sfocino, indifferentemente dai luoghi, nella deriva islamista: in Libia sembra abbiano vinto le forze liberali (se mai ha un senso questo termine in quei luoghi); anche in Egitto non pare che il neo-presidente Morsi abbia vita facile contro i militari. Ed ogni Paese presenta delle specificità che lo rende un unicum. Ed è anche stucchevole, se non per esigenze puramente giornalistiche, questo continuo mutamento dei giudizi per cui un giorno si fa dei rivoltosi i paladini della libertà, quello successivo si fa la rassegna dei limiti storico-culturali dei popoli arabi, che, poveracci, hanno avuto sì Averroe e Avicenna, però non Kant. Se si fosse adottato lo stesso metodo durante la Rivoluzione francese, che pur qualche cambiamento lo ha imposto ai tempi successivi, se ne sarebbe decretato il fallimento cento volte, fra economia a pezzi e ritorni accentratori tipici dei vecchi sovrani. In ogni caso, non credo che il mondo ebraico, che anch’esso ha, udite bene, creato un modello di vita privo della svolta kantiana, possa criticare il richiamo ad una normativa religiosa (ed infatti, in Israele si sono guardati bene dal ragionare in questi termini, riconoscendo subito il responso delle urne). Temo che lo sforzo di cambiamento che dovrà fare l’Occidente in questo suo processo di decentralizzazione dovrà essere ben più profondo, fino ad accogliere un ritorno della religione, certo ripensato, nello spazio pubblico. Provate voi a spiegare il riferimento israeliano alla Torah ad un amico italiano.

davar
"Progressi e nuovi accordi nel dialogo con i cattolici"
L'ambasciatore Lewy lascia con un messaggio di speranza
Un incontro a 360 gradi quello con cui Mordechay Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede sul punto di lasciare l’incarico per la scadenza del suo mandato si è congedato dai giornalisti. Il diplomatico ha seccamente smentito un suo coinvolgimento nella decisione dello Yad Vashem, il Museo della Shoah di Gerusalemme, di riformulare le didascalie del pannello dedicato a Pio XII che negli scorsi giorni hanno suscitato un acceso dibattito proprio per la presunta “politicità” della decisione.
Non è stata questa tuttavia l’unica questione di attualità dei rapporti tra Vaticano e Israele su cui l’ambasciatore si è soffermato. “Molto vicina” ha definito la firma di un accordo economico bilaterale tra i due Stati. “Restano pendenti solo questioni giuridiche che possono essere risolte” ha spiegato il diplomatico, sottolineando come i negoziati, condotti in diverse lingue, siano anche rallentanti dalla necessità di un complesso lavoro di interpretazione dei testi, e da alcuni nodi legati alla municipalità di Gerusalemme e all’autorità del parco nazionale, che sono enti separati dallo Stato e non sono rappresentati negli incontri. Soltanto queste sarebbero le ragioni per cui l’accordo non sarebbe stato concluso già nella sessione plenaria della Commissione bilaterale permanente di lavoro fra lo Stato d’Israele e la Santa Sede dello scorso 12 giugno.
La definizione dei protocolli relativi all’articolo 10 paragrafo 2 dell’Accordo fondamentale fra Israele e Vaticano siglato nel 1993 si è rivelata uno dei punti più complessi dei rapporti fra i due Stati “La Santa Sede e lo Stato d'Israele negozieranno in buona fede un accordo complessivo, che contempli soluzioni accettabili da ambo le parti su punti non chiari, non fissati o discussi a proposito della proprietà e di questioni economiche e fiscali che riguardano in generale la chiesa cattolica o specifiche comunità o istituzioni cattoliche” recita il testo. Una formulazione molto ampia, che comprende tra l’altro tutte le questioni legate ai diritti e alle proprietà acquisiti dalla Chiesa in Israele prima nel 1948. La prossima sessione plenaria è prevista solo per dicembre. Ma l’ambasciatore Lewy non esclude che la firma possa arrivare anche prima.
Nel frattempo, Israele ha deciso di togliere le limitazioni ai visti sui passaporti diplomatici della Santa Sede, muovendo un passo importante nella direzione dell’accordo. “Sinora non era chiaro chi poteva entrare e alcuni di coloro che entravano potevano essere prima annunciati, osservati, controllati. Ora la situazione è ribaltata: vale il principio che hai diritto ad entrare in Israele” ha spiegato.
La conferenza stampa è stata anche occasione per affrontare il tema dei rapporti tra Chiesa e mondo ebraico. '”Ratzinger ha dato prova della sua amicizia verso gli ebrei” ha osservato il diplomatico israeliano tracciando un bilancio dei suoi cinque anni in Vaticano, anni in cui non sono mancati appuntamenti densi di significato storico e simbolico, come la visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma nel 2009, e momenti difficili: non solo i nodi legati alla condotta di Pio XII, ma anche il reintegro del messale latino, con la preghiera del Venerdì Santo per la conversione degli ebrei, poi corretta, e ancora le esternazioni di alcuni esponenti del mondo lefebvriano con cui il Vaticano è impegnato in un’opera di riconciliazione. A questo proposito Lewy ha manifestato soddisfazione per la nomina di monsignor Augustine Di Noia a vice presidente della pontificia commissione Ecclesia Dei che conduce il negoziato con i Lefebvriani, e ha espresso apprezzamento per l’operato del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e soprattutto dello stesso Papa, dicendosi fiducioso che Benedetto XVI non permetterà che il documento conciliare Nostra Aetate, pilastro fondamentale nei nuovi rapporti tra cattolicesimo ed ebraismo, venga messo in discussione.
“La diplomazia è fatta anche e soprattutto di gesti di cui devono essere riempite le relazioni bilaterali. E il gesto più significativo di Benedetto XVI è stato l'aver assolto gli ebrei dall'accusa di aver causato la condanna a morte di Cristo nella biografia di Gesù di Nazaret da lui scritta - il messaggio dell’ambasciatore - Immediatamente dopo, il premier Bibi Netanyahu ha voluto ringraziare il papa con un grande albero di ulivo, importante simbolo di amicizia”.

Se la dislessia incontra il web
Per i bambini dislessici la scuola è più difficile che per chi è in grado di leggere e scrivere senza problemi. Ma anche il mondo del web non scherza. Inoltrarsi tra siti e blog può rivelarsi uno slalom faticoso e frustrante: perché le pagine sono confuse, i caratteri poco contrastati o i testi troppo densi. Ma anche perché partecipare in prima persona significa esporsi alle critiche, spesso impietose, e alle correzioni degli altri navigatori. A mettere a fuoco il problema è stata di recente una pattuglia di blogger israeliani, coinvolti a vario titolo nella problematica. Con una buona dose d’ironia Marina Goldstein, 39 anni, dislessica, non ha esitato a intitolare il suo blog Shghiot, che in ebraico significa errori, uscendo così definitivamente dall’anonimato che l’aveva protetta finora sul sito Tapuz Anashim. Marina ha scelto di scrivere senza filtri, rifiutandosi anche di usare il correttore ortografico. Non è una civetteria, ma il desiderio di mostrare che la dislessia non ha nulla a che fare con la cultura o con l’intelligenza (basti pensare che erano dislessici Albert Einstein, Agatha Christie o Leonardo Da Vinci). Con suo grande dispiacere i lettori continuano però a bersagliarla di correzioni. Lei, che ribadisce l’orgoglio di essere dislessica, imperterrita rinvia le critiche al mittente e invita a leggere i contenuti al posto degli errori. Goldstein ha ben presente la diffidenza diffusa nei confronti del mondo della dislessia. Lei stessa è stata scartata da molte agenzie di pubbliche relazioni interessate alla blogosfera perché la sua scrittura non era considerata abbastanza “estetica” per il brand. E di recente si è dovuta misurare con le difficoltà sul web della figlia di nove anni, dislessica fin dalla nascita. La bimba è iscritta a Ecologo, sito ambientalista per ragazzi, dove partecipa e interagisce. Peccato che con regolarità l’amministratore la estrometta dalla community per il suo linguaggio e i suoi errori nella scrittura, bloccandole a lungo l’accesso. Ormai scoraggiata la piccola meditava di abbandonare il mondo di internet ma in sua difesa è scesa in campo la mamma che ha contattato i manager del sito spiegando il problema e chiedendo che la figlia venisse riammessa previo invio di una sua mail. Nell’ultima Marina sintetizzava in modo brillante la questione “Noi dislessici scriviamo benissimo: solo che usiamo le lettere sbagliate”. Usare le lettere sbagliate può però rivelarsi, a determinate condizioni, un’arma vincente sul mercato. Lo dimostra l’esperienza di Galit Harel, 40 anni, esperta di marketing on line, che su Facebook ha aperto il profilo The talent of dyslexia che subito ha calamitato un pubblico appassionato. “L’idea – spiega – è nata per comunicare a quanti soffrono di dislessia che non solo si può superare il problema ma è possibile, come me, farne un vero e proprio lavoro”. Una prospettiva per molti versi meno remota di quel che può sembrare se si tiene conto che secondo Michael Zarchin, fondatore dell’omonimo istituto che si occupa di dislessia, le caratteristiche di un sito accessibile ai dislessici sono esattamente le stesse che catturano l’attenzione del navigatore medio: testi non troppo lunghi e di facile comprensione, grafica semplice e chiara e molte immagini.

Daniela Gross, Pagine Ebraiche, luglio 2012 -  twitter @dgrossmoked

pilpul
6 settembre 1943
Francesco LucreziL‘8 settembre 1943, com’è noto, l’armistizio di Cassibile segnava uno spartiacque definitivo nella storia d’Italia, ponendo fine - certamente, in modo non particolarmente glorioso e onorevole - alla sciagurata alleanza tra il Regno e il Terzo Reich. Da quel momento, la tragedia della guerra sarebbe proseguita lungo un nuovo tragitto, segnato dal sollevamento della popolazione contro l’ex alleato, dalla feroce vendetta nazista, dalla tragica divisione in due del Paese, dalla Resistenza. Pochi, però, sanno che il vero spartiacque andrebbe fissato due giorni prima, il 6 settembre, una data che meriterebbe anch’essa di essere registrata nei libri di storia, come, auspicabilmente, avverrà.
In tale giorno, infatti, un reparto militare tedesco, in fuga dalla Calabria, si lasciò andare a episodi di razzia e di saccheggio in un albergo nei pressi di Catanzaro, depredando i cittadini ivi rifugiati dei loro averi. Segnalata la cosa all’esercito italiano, stanziato nei pressi, un coraggioso colonnello, Francesco Magistri, decise di intervenire in difesa dei civili, contro il potente e temibile alleato, recandosi sul posto con un drappello di soldati. Tra questi, il sergente, tiratore scelto Giuseppe Antonello Leone, nativo di Francavilla Irpina, già conosciuto e apprezzato - insieme alla moglie, Maria Padula - come pittore di talento. Sfruttando al meglio le sue doti naturali, insieme, di tiratore e di artista - fermezza della mano, acutezza dello sguardo, precisione - il giovane Leone neutralizzò i soldati tedeschi, colpendoli in parti non vitali del corpo, riuscendo così a determinarne la resa, pur senza provocarne la morte.
L’episodio - ampiamente documentato - non è finora uscito dalla schiera dei familiari e dei più intimi amici del protagonista, essenzialmente in ragione della sua naturale ritrosia (le poche volte che ha raccontato del fatto, lo ha sempre fatto con grande “nonchalance” e umiltà - richiamando, in ciò, l’atteggiamento di un altro grande eroe silenzioso, Giorgio Perlasca -, come un semplice atto di adempimento del proprio dovere), ma anche perché, negli anni successivi, la fama di Leone si è andata sempre più consolidando su un altro terreno, quello artistico, fino a renderlo un pittore e scultore tra i più celebrati della scena internazionale.
Ma, in occasione del 95esimo compleanno del Maestro, caduto lo scorso venerdì 6 luglio, la città di Napoli - dove l’artista, nel dopoguerra, ha scelto di vivere -, nel rendere omaggio alla sua figura, ha ritenuto di tributare il dovuto riconoscimento anche al nobile e coraggioso gesto da lui compiuto in quel lontano 6 settembre: e, in una solenne cerimonia, significativamente intitolata “Arte, libertà, resistenza”, svolta presso il Comune, il Presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, Guido D’Agostino, ha illustrato ai presenti l’importanza dell’episodio, e il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha insignito il Maestro della cittadinanza onoraria, esprimendogli l’ammirazione e i ringraziamenti di tutta la città.
Quel 6 settembre gli ebrei italiani erano ancora dei cittadini di ultima classe, privi di quasi tutti i diritti, alla mercé della furia dei carnefici nazisti. Molto sangue avrebbe dovuto ancora essere versato prima che tale ingiuria venisse cancellata, e in Italia tornassero i valori del diritto, della civiltà, dell’uguaglianza. E’ vero che l’interpretazione di questi valori non appare mai univoca, e che neanche al giorno d’oggi essi possono dirsi definitivamente acquisiti. Ma quel che appare certo e indiscutibile è che nessun discorso, in tema di libertà, avrebbe mai potuto neanche essere iniziato, senza l’abbattimento della tirannide nazifascista. I primi colpi di fucile contro quella tirannia furono sparati, da un soldato dell’esercito regolare italiano, il 6 settembre del 1943. Quel giorno segna l’inizio della fine, e quel tiratore scelto merita la gratitudine non solo della sua città, ma di tutto il Paese, tanto da rendere necessario e urgente - come ci sentiamo di chiedere alle Autorità competenti - il conferimento a Giuseppe Antonello Leone della medaglia d’oro al valore militare.

Francesco Lucrezi, storico

notizie flash   rassegna stampa
"Woody Allen sul set in Israele"
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Il prossimo film di Woody Allen sarà girato in Israele? Se lo augura il settimanale californiano The Jewish Journal, che ha lanciato una raccolta di 18 milioni di dollari per finanziare la realizzazione di un film del grande regista americano nel paese ebraico. "Tutti quelli che amano i grandi film e amano Israele dovrebbero donare qualche dollaro", si legge sul giornale.  

 

L'Ambasciatore di Israele presso lo Stato del Vaticano Mordechay Levy rientra in Israele dopo 4 anni intensi e fondamentali per arrivare alla firma attesa da quando, nel 93, vennero firmati i primi accordi tra Israele ed il Vaticano; come scrive Salvatore Mazza su Avvenire rimangono da definire solo alcune questioni economiche e giuridiche.


Emanuel Segre Amar

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