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L'Unione informa |
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26 novembre 2009 - 9 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
Secondo
il commento di Rashì, nella parashà di Toledòt, Esàv vende la
primogenitura a suo fratello Itzchàk perché intimorito dalle
responsabilità derivanti dalla primogenitura stessa. Si tratterebbe
quindi della coscienza di un'inadeguatezza e in ultima analisi di un
apprezzabile atto di umiltà. La Torà però dice che Esàv disprezzava la
primogenitura. Forse quello che la Torà ci vuole comunicare è che il
rifiuto di assumersi una responsabilità nasconde molto spesso la poca
considerazione verso l'oggetto di questa responsabilità. |
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Una
cosa è certa: quando il 5 giugno 1967 l’artiglieria giordana incominciò
a tirare dalla collina subito a sud di Gerusalemme sulle residenze
universitarie dove mi trovavo, mai mi sarei immaginato che più di 42
anni dopo la questione della pace e dei confini di Israele sarebbe
rimasta ancora irrisolta. Moshe Dayan voleva restituire tutti i
territori in cambio di una telefonata, che mai arrivò. Né avrei potuto
pensare che pochi mesi dopo quella micidiale collina sarebbe stata
incorporata nel municipio di Gerusalemme; che lì sarebbe sorto il nuovo
quartiere di Gilo; e che una delle strade sarebbe stata dedicata alla
memoria di mio nonno, Rav Raffaello Della Pergola, uno dei fondatori
dell’Università sul Monte Scopus. Ora, 42 anni dopo, quella stessa
collina viene dichiarata da qualcuno territorio occupato e ostacolo al
conseguimento di una pace giusta e duratura nel Medio Oriente. Il
dibattito sulla politica del conflitto è complesso e va affrontato con
cautela e conoscenza di causa. Curiosamente, a volte il discorso si
rianima, sembra scoprire o inventare qualche elemento nuovo che crea il
pretesto per ampie analisi di fondo. Salvo poi accorgersi che non è
questo il punto, il dato non era vero, la cosa era arcinota, l'episodio
irrilevante, o addirittura mai avvenuto. È appunto il caso della
polemica dei giorni scorsi fondata su una non-storia come le nuove case
in costruzione a Gilo. Se non c'è la pace in Medio Oriente, certo non è
per via delle case di Gilo. D’altra parte, se Gerusalemme è riuscita a
farsi coinvolgere in questa polemica, vuol dire che la sua capacità di
gestire il discorso politico va radicalmente ripensata. Tanto più che
dietro l’angolo, pronti a criticare, ci sono in attesa molti nemici, e
talvolta anche alcuni amici. |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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Qui Torino - Le culture del sionismo
Si
è aperta, al Circolo dei lettori di Torino, la due giorni dedicata alle
“Culture del sionismo (1890-1945). Prese di posizione, interpretazioni,
bilanci”, organizzata dall'Università del Piemonte orientale insieme
alla Fondazione Camis De Fonseca e al Goethe Institut. Un convegno
importante che restituisce dignità storica a un movimento, troppo
spesso svilito da un’opinione distorta, paragonato impropriamente al
colonialismo o addirittura al razzismo. “Il sionismo da oltre cento
anni è parte integrante della cultura ebraica”, ha sottolineato in
apertura Tullio Levi, presidente della Comunità ebraica di Torino,
ricordando che la corrente culturale e politica è stata “una grande e
coraggiosa esperienza, fondata sull’aspirazione a costruire una patria
ebraica indipendente e sovrana”. Il sionismo è, però,
un’esperienza varia al suo interno, composita, per questo il convegno
si intitola “Culture del sionismo” e si propone di raccontare al
pubblico le sue diverse sfaccettature. “Si può dire che ogni israeliano
porta avanti una propria idea di sionismo”, sostiene Laura Camis,
presidente della Fondazione De Fonseca che aggiunge: “Israele è forse
l’unico Paese al mondo in cui tante culture diverse si riconoscono in
un solo popolo”. Culture diverse del sionismo si diceva: Lazare,
Herzl, Buber, Gerschom Scholem, Dante Lattes e Alfonso Pacifici, nomi,
storie, paesi differenti che propongono visioni diverse, rimanendo
sempre nella grande culla del sionismo. Significativa la citazione di
Marc Bloch da parte di Giulio Schiavoni, ideatore, assieme a Guido
Massino, dell’evento, “sionisti e antisionisti per favore diteci cos’è
stato il sionismo” che non è, come ha sottolineato lo stesso professore
Schiavoni “riducibile alla questione fra israeliani e palestinese”.
[...]
Il testo integrale è sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
Qui Pisa - Al via la tredicesima edizione di Nessiah, festival di musica e cultura ebraica
Inizia
stasera Nessiah, festival di musica e cultura ebraica organizzato dalla
Comunità di Pisa con il contributo, tra gli altri, dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane e della Regione Toscana. Direttore artistico
del festival è Andrea Gottfried. La tredicesima edizione di
Nessiah partirà con un concerto del Trio Nefesh nella Chiesa di S.
Andrea, dove i tre musicisti (Daniele Parziani, Manuel Buda e Davide
Tedesco) suoneranno melodie provenienti dal mondo arabo, in particolare
dallo Yemen. Domenica 29 novembre, invece, sarà la volta del Hadar
Noiberg Project (Hadar Noiberg e Omer Avital), che si esibirà al Museo
Piaggio di Pontedera. Ancora musica orientale, ma ci sarà spazio anche
per le altre influenze musicali che fanno parte del melting pot
israeliano. [...]
Il testo integrale è sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
Qui Venezia - Un nuovo centro di studi ebraici, i coordinatori spiegano il loro programma
“Nel
2016 il Ghetto ebraico di Venezia compie mezzo millennio. Per secoli il
Ghetto è stato un luogo di segregazione ma anche un luogo di incontro
tra culture. Qui la cultura ebraica veniva coltivata e prosperava, e da
qui veniva diffusa a livello internazionale.” Così recita l’incipit di
presentazione del centro veneziano di studi ebraici
internazionali. Ne parliamo insieme a tre dei coordinatori: Shaul
Bassi, professore di Letteratura inglese all’università Ca’Foscari di
Venezia, Murray Baumgarten, professore di inglese e letteratura
comparata all’università della California a Santa Cruz e Napoleone
Jesurum, ex dirigente d’azienda. Come nasce il centro veneziano di studi ebraici internazionali? Il
centro nasce dalla constatazione che ci può essere un incontro molto
positivo e fertile tra l’ebraismo veneziano e l’ebraismo
internazionale. Il motto del centro è “Live and learn in jewish Venice”
vivi e apprendi, vivi la realtà del ghetto e studia dove secoli prima
hanno studiato grandi rabbanim. Il tutto è nato dall’incontro a
Venezia di alcuni studiosi interessati, come molti altri nel mondo,
alla realtà ebraica veneziana. Osservando quindi questo potenziale
inespresso abbiamo deciso di creare una nuova iniziativa culturale che
riuscisse a sfruttare a pieno questo flusso di conoscenza. [...]
Il testo integrale è sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
Qui Roma - “Fede ebraica nei campi di sterminio”. Rav Di Segni incontra gli studenti all'Università di Tor Vergata
Il
ciclo di incontri di riflessione in vista del Giorno della Memoria è
stato inaugurato martedì 24 novembre dal rav Riccardo Shmuel Di Segni,
rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, con una vera e propria
“lezione magistrale” incentrata sul tema della “Fede ebraica nei campi
di sterminio”, tenutasi nell'aula Moscati della facoltà di Lettere e
Filosofia dell'Università di Tor Vergata, alla presenza quasi duecento
studenti. Rav Di Segni ha riassunto alcune idee fondamentali del
rapporto fra religione ebraica e Shoà. Prima di tutto, ha fornito una
chiarificazione proprio sul termine “Shoà”.[...] [...] Tuttavia, a
parte le precisazioni etimologiche, non si elude il problema teologico
che ripercorre le domande fondamentali che l'uomo si è posto dinnanzi a
momenti tragici della storia: prima, fra tutte le domande, quella sulla
presenza divina di fronte a questi eventi negativi. In queste
situazioni una risposta formulata è che Dio si nasconda, continuando
tuttavia ad agire sotto forma di provvidenza individuale. Parlare di
abbandono di Dio è un modo parziale di affrontare la questione. Il
libero arbitrio, la libertà dell'uomo di decidere sulla propria
condotta, rappresenta in un certo senso il limite all'onnipotenza e
alla responsabilità divina. Se esiste la possibilità umana di
scegliere tra il bene e il male, allora, di conseguenza, sono possibili
sia il bene che il male provocati dall'uomo. In
seguito alla Shoà ci si è posti il problema di come affrontare
l'avvenimento, come reagire di fronte a una simile tragedia. Si tratta
di un problema ancora oggi “congelato”. [...]
Il testo integrale è sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it |
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Torah oggi - La nostra voce e gli altri
Con pacatezza e precisione il professor Ugo Volli
ha posto delle domande importanti. Ne cito una: "E' sensato che gli
ebrei, in quanto ebrei, siano chiamati a parlare dei Dico e della
fecondazione assistita e dei diritti degli omosessuali e di analoghi
temi etico-politici che evidentemente non riguardano la legge religiosa
ebraica ma la convivenza civile?" (pagine ebraiche n. 2, 2009, pag. 14). Immagino sia una domanda retorica cui l'autore forse risponderebbe no. Ma vediamo cosa ha scritto ora Bruno Segre
sullo stesso tema, in contrasto e non con altrettanta grazia,
riferendosi all'Italia di oggi: "Da qualche tempo si assiste
all'involuzione da un ebraismo capace di interagire fattivamente con la
società e di dare a essa un ricco contributo culturale e civile, a un
ebraismo ripiegato su se stesso, tentato ad autoghettizzarsi, sempre
più orientato verso una religiosità rigida, incentrata su un'ortoprassi
delirante, venata di fondamentalismo e sostanzialmente incapace di
portare una propria voce nel dibattito sui grandi temi del nostro
tempo" ( Qol, n. 138 p. 7). Da difensore della "ortoprassi" (e bisogna
vedere chi è delirante), temo di dover scontentare entrambe le voci
contrapposte. Perché, con buona pace di Segre, la voce dell'ebraismo è
ben presente nel dibattito sui grandi temi, ma probabilmente è una voce
che non gli piace e per questo la cancella; casomai il problema è
nell'eccesso di questa presenza, come osserva Volli (ma quale è il
limite che definisce l'eccesso?). Ma a Volli vorrei osservare che è
evidente che la legge religiosa ebraica si occupa di bioetica e degli
altri temi e che la stessa convivenza civile è tema fondamentale della
legge religiosa ebraica. Perché proprio gli ebrei non dovrebbero
partecipare con la loro cultura e le loro differenti anime al dibattito
generale?
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Enciclopedia della vita
In
Italia la popolazione mette la maschera a febbraio, in occasione della
grande festa di Carnevale; in Israele la popolazione mette la maschera
a giorni, in occasione della più grande esercitazione dalla prima
guerra del Golfo. L’aria delle grandi città italiane rischia di
saturarsi di coca. L’aria delle grandi città israeliane rischia di
saturarsi di gas nervino.
Il Tizio della Sera
Torah oggi - Sognare una scala che arriva al cielo
Jaakov
uscì da Beer Sceva in direzione di Charan, sia per sfuggire alle ire
del fratello Esav, sia per seguire l'insegnamento dei genitori che lo
invitavano a sposare una donna di Charan. Tramontato il sole si
addormenta e vede in sogno una scala posata in terra, la cui cima
arrivava al cielo e il Sign-re stava sopra di lui. Rabbì Chia il grande
interpreta "sopra la scala" (sullam
in ebraico è maschile), mentre Rabbì Jannai interpreta "sopra di lui"
cioè sopra Jaakov. Il midrash Bereshit rabbà (69:3) si pone il problema
di quale sia il significato di questa interpretazione, rispondendo che
apparentemente il Sign-re si appoggia su di lui. Rabbì Jochanan ci
offre un insegnamento assai profondo: I
malvagi si appoggiano sul loro Dio, come vedrà il faraone nel suo
sogno: "ed ecco io stavo sul Nilo"(Gen. 41:1), ma i giusti Idd-o si
appoggia su di loro, come è detto: ed ecco il Sign-re stava su di lui. Il
Nilo era considerato dagli Egiziani una divinità, ma il faraone sente
di essere superiore al Nilo e di poter usare la divinità per i suoi
scopi. Non così sente il giusto. Egli vede la sua vita al servizio
divino, non usa la Divinità per suoi fini personali, ma al contrario
vede il suo principale scopo quello di poter fare il volere del
Sign-re; il Santo e Benedetto mostra, per così dire, la Sua presenza,
la Sua esistenza attraverso Jaakov. Come era arrivato Jaakov a questo grado? E Jaakov uscì da Beer Sceva e andò in direzione di Charan (Gen. 28:10) Rashì
ci insegna che "da quando fu benedetto (da suo padre Izchak) fu
nascosto nella casa di Ever per 14 anni" (il passo di Rashì è basato su
Talmud Bavlì, Meghillà 17a). Cosa era andato a fare Jaakov nella
casa di Ever? Jaakov è ben consapevole della grande missione che egli
ha: portare nel mondo il messaggio di Avraham, suo nonno, sulla
presenza di un solo D-o, Creatore unico del cielo e della terra; egli è
anche consapevole delle difficoltà che trova intorno a sé. Tutto sembra
voler contrastare con il suo compito, ma egli ha fiducia di trovare un
grande sostegno nei suoi genitori, Izchak e Rivcà: nonni come loro
potranno essere il miglior esempio per i suoi figli, potranno essere un
insegnamento vivente del messaggio di Avraham. Se l'ambiente
circostante è difficile proprio per essere così allettante, ci si può
basare almeno su una casa ben salda, si può far tesoro di questa
presenza preziosa. Ma vi sono programmi da un lato e dura realtà
dall'altro: il conflitto con il fratello Esav porta la famiglia
all'amara decisione che Jaakov deve lasciare Beer Sceva, la partenza di
un giusto come lui lascia una grande impressione (Rashì ivi), ma Jaakov
stesso sente di non essere ora abbastanza preparato per affrontare le
intemperie della vita, per affrontare una società che era così lontana
dall'insegnamento di suo nonno. Tutto sarebbe stato dunque invano? Il
mondo sarebbe precipitato tutto di nuovo nell'idolatria senza un
lume di speranza? Che ne sarebbe stata della bircat Avraham che il
padre gli aveva concesso?. Messo di fronte ad una situazione così
difficile, distante dalla sua famiglia, senza un sostegno morale,
Jaakov decide che, prima di andare a Charan nella casa dello zio Lavan,
secondo il programma stabilito, lui stesso dovrà rinforzarsi nello
studio della Torà recandosi a studiare da un Maestro delle generazioni
precedenti, Ever: "studiò quello che
poté da suo padre, e poi si allontanò dai suoi avi e fu nascosto nella
casa di Ever a studiare Torà, e per questo fu degno della berachà ed
ereditò la terra d'Israel" (Midrash Shemot Rabbà, 1:1; si veda
anche il commento del Rav Moshé Zvi Neria). Abbiamo qui un grande
insegnamento: la berachà non esercita la sua funzione senza che vi sia
un sforzo da parte di chi deve riceverla. Bisogna essere degni della
berachà ricevuta e Jaakov sa che per dover affrontare una situazione
difficile, sa che per dover educare i figli che gli nasceranno in casa
di Lavan, in un ambiente talmente distante dal messaggio di Avraham e
Sarà suoi nonni, di Izchak e Rivcà suoi genitori, sa che non c'è altra
via che essere lui stesso ben radicato nello studio della Torà. La
partenza improvvisa fa capire a Jaakov che doveva prima di tutto
imparare lui stesso a cimentarsi con una società amichevole finché
vuoi, ma piena di pericoli dal punto di vista spirituale: quattordici
anni di studio intenso, gli avrebbero permesso di affrontare la nuova
vita a contatto con il mondo esterno, questo fu l'insegnamento che
ricevette nel Beth Hamidrash di Ever (che secondo la tradizione, si
trova a Zefat, nel luogo ove oggi vi e` un Beth Hakeneset Shem veEver),
allora, e solo allora poteva dirigersi in direzione di Charan. Solo
dopo questa preparazione Jaakov poteva essere degno dell'apparizione
divina in sogno con Hashem che stava sopra di lui (Gen.28:13)
insegnando anche a noi, suoi discendenti, che bisogna essere pronti a
divenire, per così dire, un appoggio per Hashem.
Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme In memoria di Papà, Emilio Marco ben Michael Rabello zh.l. L'uomo è un piccolo mondo (microcosmo) Il mondo è un grande uomo Haari Hakadosh (Rabbì Izchak Luria, 1534-1572)
Champions League - Il Maccabi Haifa perde ancora e resta a quota zero
Che
noia, avranno probabilmente pensato gli spettatori di Bayern Monaco –
Maccabi Haifa, partita piuttosto scadente dal punto di vista del gioco.
Gli israeliani, infatti, hanno difeso piuttosto bene, lasciando poco
spazio agli avversari, che sono comunque riusciti a prevalere grazie ad
un goal di Ivica Olic nel secondo tempo. La classifica resta così molto
amara per il Maccabi, ultimo del girone con zero punti e zero goal
fatti. Ma c’è ancora una chance per abbandonare quota zero. Tra due
settimane, infatti, il Maccabi ospiterà un Bordeaux già qualificato e
sicuro della leadership del girone. Un pareggio, se non una vittoria, è
alla portata dei “verdi”, che affronteranno un avversario
presumibilmente con la testa da un’altra parte. Quella sarà l’ultima
partita europea per il Maccabi, almeno per quest’anno. Da quel momento
in poi le speranze dei tifosi israeliani dovranno essere riposte
esclusivamente nell’Hapoel Tel Aviv, che sta disputando un’eccellente
Europa League e che vede i sedicesimi di finale della competizione ad
un passo. Primo tempo - Il
ritmo in avvia di partita è piuttosto basso, come se il Bayern non
fosse alla disperata ricerca dei tre punti per credere ancora nella
qualificazione ma si accontentasse di un pareggio. Nei primi quindici
minuti succede poco o niente, poi il Bayern si sveglia, in particolare
con Mario Gomez, che va vicino al vantaggio in due occasioni, senza
trovare però lo specchio della porta. Al trentatreesimo è bravissimo
Davidovitch a dire di no al sinistro a botta sicura di Olic. Iniziano
quindici minuti finalmente frenetici, i bavaresi attaccano, creano
diverse occasioni, ma il punteggio non si sblocca. Secondo tempo
- L’inizio di frazione è molto lento, il pubblico fischia. Al quinto
minuto i padroni di casa rischiano di “fare la frittata”. Buco nella
difesa e bella occasione per Katan, che però spara alto. I fischi
aumentano d’intensità. Un paio di minuti dopo il Bayern si risveglia
per un attimo dal torpore e una punizione del nazionale Schweinsteiger
colpisce la traversa. Al sessantesimo arriva il primo giallo della
partita (per Masilela), a riprova dello scarso agonismo dei ventidue in
campo. Ma il Bayern è pur sempre una signora squadra, anche se in
palese crisi di risultati e gioco, e un paio di minuti dopo trova il
vantaggio. Respinta corta di Davidovitch su tiro di Gomez e il
centravanti croato Olic insacca senza grossi problemi. Nel finale il
Bayern va vicino al goal in altre tre occasioni. Il Maccabi, invece,
pur non demeritando eccessivamente, impensierisce gli avversari solo
con un calcio di punizione del volenteroso Katan, che Butt devia sopra
la traversa.
BAYERN MONACO 1 0 MACCABI HAIFA Marcatori: Olic al 17’ p.t
Bayern Monaco:
Butt; Lahm, Demichelis, Van Buyten, Badstuber, Schweinsteiger, Van
Bommel, Muller, Pranjic (dal 25’ s.t Ottl), Gomez, Olic (dal 36’ s.t
Timoschtschuk). Allenatore: Van Gaal Maccabi Haifa:
Davidovitch; Mshumar, Shai Maymon, Keinan, Masilela, Ottman (dal 29’
s.t Golsa), Culma (dal 24’ s.t Rafaelov), Kial, Gdir, Dvalishvili (dal
19’ s.t Arbeitman),
Katan. Allennatore: Levi
Adam Smulevich |
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Ora
ogni mossa è determinante. Il rilascio di Gilad Shalit potrebbe essere
alle porte. Che la direzione, stavolta, sia quella giusta si evince
anche dalla decisione del premier Bibi Netanyahu di congelare le
colonie israeliane. Lo stato della trattativa tra Israele e Hamas è al
bivio più importante da quando il militare israeliano fu rapito nel
2006. Nei giorni scorsi, alcuni giornali, hanno scritto che proprio
domani, venerdì, può essere un giorno di svolta concreta. In attesa
(chi scrive conta anche i minuti) Hillary Clinton, segretario di Stato
Usa, si complimenta per la scelta del congelamento degli insediamenti.
Protesta, invece, l’Autorità nazionale palestinese per l’esclusione di
Gerusalemme Est dall’accordo (Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore, Messaggero). Sul Giornale
Fiamma Nirenstein si interroga se un prigioniero vale mille terroristi
liberati o meno. Secondo la giornalista deputata del Pdl alla Camera,
viviamo la contraddizione di poter indurre gli estremisti a rapire
ancora e uccidere di più. Per il resto, le cronache internazionali
sembrano attendere, quasi per rispetto, che il mondo si svegli
dall’incubo del caso-Shalit. Il Fatto quotidiano
riporta un’anticipazione del nuovo saggio di Gian Antonio Stella e
Sergio Rizzo sui razzismi (se ne può leggere parte di un capitolo che
riguarda anche gli ebrei). E, a proposito di libri, sempre il Fatto, pubblica parte di un altro saggio, stavolta sul Pontificato di Benedetto XVI. Segnalo infine due articoli. L’Opinione parla della “santa alleanza” contro ebrei e imperialisti, mentre l’Osservatore Romano pubblica la cronaca di un incontro “ravvicinato” tra un’ebrea tedesca sopravvissuta alla Shoah e Papa Ratzinger. Fabio Perugia |
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Israele e il congelamento dei progetti edilizi in Cisgiordania La Farnesina: “Il governo israeliano va nella giusta direzione” Roma, 26 nov - Il
governo israeliano ha annunciato, al fine di rilanciare il processo di
pace con i palestinesi, il congelamento per dieci mesi, in
Cisgiordania, di tutte le nuove costruzioni ad uso abitativo. La
Farnesina commenta: "Accogliamo positivamente questo annuncio - ha
affermato Maurizio Massari, portavoce del ministro degli esteri,
durante il consueto briefing alla Farnesina - riteniamo che sia un
primo passo al quale auspichiamo che ne seguiranno altri, che va nella
giusta direzione per ristabilire un clima di fiducia tra le parti che
possa favorire la ripresa del negoziato per la soluzione del
conflitto". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
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