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L'Unione informa |
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30 giugno 2010 - 18 Tamuz 5770 |
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alef/tav |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
Un
detto talmudico di Abbà Binyamin (TB Berakhot 6a) recita così: da dove
si impara che quando tre siedono come Beth Din, la Shekhinà (presenza
divina) è in mezzo a loro? perché è scritto “bekerev Elohim ishpot – in
mezzo ai giudici Egli giudicherà” Tehilim 82:1). Che in Italia
ci siano uno, due o tre Batè Din, ricordiamoci sempre che la Shekhinà
è il Garante per tutti, a patto che la si sappia far dimorare in mezzo a
noi ed al riguardo, i criteri non sono discutibili. |
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E'
incerto dove la morte ci attende. Attendiamola ovunque. La meditazione
della morte è meditazione della libertà. Chi ha imparato a morire ha
disimparato a servire (Montaigne) |
Matilde Passa, giornalista |
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Qui Torino - Rav Birnbaum nuovo rabbino capo
Rav
Eliyhau Birnbaum è il nuovo rabbino capo di Torino. La notizia è
arrivata nel tardo pomeriggio di ieri, quando la Consulta rabbinica, ai
sensi dell’art.30 comma 1 dello Statuto, ha espresso parere favorevole
sulla nomina. La decisione era già stata assunta dal Consiglio della
Comunità torinese lunedì scorso, ma si attendeva, come da prassi, il
parere della Consulta. Rav Birnbaum assumerà pro tempore il ruolo di
rabbino capo, a partire da domani, 1 luglio, e fino a data da
definirsi. “Sono contento che la questione della nomina di rav
Birnbaum” spiega il presidente della Comunità di Torino Tullio Levi “si
sia conclusa abbastanza velocemente perché il protrarsi di questa
situazione (la mancanza di un rabbino capo) non poteva che danneggiare
la nostra Comunità. Auspico – continua Levi – rapporti di serena e
proficua collaborazione tra il rav Somekh, che ha deciso di rimanere a
Torino, e rav Birnbaum. Sono sicuro che lo stesso Birnbaum saprà farsi
interprete delle esigenze della Comunità, agendo per il bene di tutti,
quindi anche di coloro che in passato hanno avuto delle difficoltà con
rav Somekh”. Direttore dal 1998 del Machon Amiel, importante
istituzione israeliana che forma rabbini per le comunità della Diaspora
e dayan del Beth Din del rabbinato centrale di Israele, rav Birnbaum ha
visitato, verso metà giugno, la Comunità di Torino per poter avere un
quadro complessivo della complicata e delicata situazione torinese. La
Comunità, infatti, vive un momento di forte tensione interna, aggravata
dalla sofferta decisione dell’attuale Consiglio di revocare rav Alberto
Somekh dall’incarico di rabbino capo. Dopo il respingimento da parte
del Collegio arbitrale del ricorso presentato da rav Somekh (decisione
notificata alle parti l'11 Maggio 2010), il Consiglio della Comunità ha
deciso di avviare delle “consultazioni ad ampio raggio”, come è
riportato nel verbale della riunione del 13 maggio, per trovare una
soluzione all’intera questione. Da qui la decisione di rivolgersi a rav
Birnbaum. “In considerazione della complessità della situazione, - si
legge nella lettera inviata alla Consulta rabbinica per richiedere il
parere sulla nomina - della necessità urgente di ricomporre la
Comunità, di dare un equilibrato assetto all’ufficio rabbinico, di non
lasciare vacanti le funzioni di rabbino capo ma di non procedere a
scelte definitive affrettate, si è deciso di affrontare in maniera più
ampia la situazione contattando un rabbino e dayan di chiara fama e di
riconosciuto prestigio in Israele e nel mondo ebraico internazionale,
oltre che di grande esperienza nell’ambito delle Comunità della golà e
ci si è dunque rivolti a rav Eliyhau Birnbaum”. Una volta a Torino,
Birnbaum ha avuto modo di esaminare in prima persona le dinamiche e le
strutture comunitarie, incontrando, oltre al Consiglio e altri
esponenti della Comunità, rav Somekh. L’impressione
particolarmente positiva lasciata dal direttore del Machon Amiel,
nonché docente al Merkas Rapaport dell’università di Bar Ilan, durante
la sua visita ha spinto il Consiglio a muoversi nella direzione di
nominare proprio Birnbaum, seppur temporaneamente, come nuovo rabbino
capo di Torino. La decisione, però, non è stata condivisa da tutti.
Durante la riunione del 28 giugno, il consigliere all’opposizione
Emanuel Segre Amar ha manifestato le sue perplessità sulla conoscenza
di rav Birnbaum in merito alle peculiarità dell’ebraismo italiano.
Segre Amar, inoltre, ha espresso dubbi sulla possibilità del rav di
conciliare i suoi molteplici impegni internazionali con le funzioni
quotidiane di rabbino capo. D’accordo con queste riflessioni, i
consiglieri Bianca Bassi e Beppe Segre, i quali hanno richiesto al
Consiglio di presentare un progetto complessivo sulla situazione,
sottolineando la volontà di portare avanti una strategia condivisa. Le
perplessità dei consiglieri di opposizione sono emerse anche al momento
del voto sulla nomina: si sono infatti espressi in senso contrario,
sostenendo che il voto negativo non riflette un giudizio personale su
rav Birnbaum, ma nasce dalla non condivisione del metodo con cui la
maggioranza ha portato avanti il provvedimento. In ogni caso si
apre un nuovo capitolo per la Comunità ebraica torinese. Una volta
assunto l’incarico, Rav Birnbaum definirà il ruolo e le mansioni di rav
Somekh e di un rav che quanto prima dovrebbe affiancarlo; visiterà ogni
mese la Comunità, avendo garantito inoltre la sua presenza in caso di
necessità. Una soluzione per risolvere questa situazione transitoria
quanto difficile. “Il nostro impegno” spiega il presidente Levi “ come
Comunità e come Consiglio, non mi stancherò mai di ripeterlo, è di
avvicinare all’ebraismo e alla Comunità stessa coloro che si sono
allontanati. Dall’altra parte questo è proprio l’approccio portato
avanti, nella sua lunga esperienza, da rav Birnbaum”.
Daniel Reichel
Aldo Terracina (1922 - 2010)
Chi
scrive queste poche righe in omaggio ad Aldo Terracina non può che
iniziare rifacendosi a ricordi personali che saranno forse di poco
conto per altri ma che hanno un’enorme importanza per chi ha vissuto
determinate esperienze. Non è certo un segreto che sono arrivato
a Roma una trentina di anni fa, venendo da una comunità grande e a quei
tempi assai numerosa nella quale non solo io, ma la mia famiglia tutta
era molto ben inserita. Era fine anno. Entrare quindi a Chanukkà nel
Tempio Maggiore, assistere all’accensione dei lumi e ripartirne, a
funzione terminata, senza che nessuno mi rivolgesse una parola era
stato un trauma. Una volta inseritomi nella struttura
universitaria che per prima mi accolse, affermata la mia posizione nel
mondo accademico, cercai di penetrare in quel mondo ebraico a cui mi
sentivo di appartenere. Molte cose non mi erano tutte chiare. Ricordo,
ad esempio, che quando chiesi di essere iscritto alla Comunità di Roma,
specificando che intendevo essere considerato come facente parte del
Tempio Spagnolo, ci fu qualcuno che manifestò stupore: ignoravo certe
forme di snobismo… Non fu dunque una cosa facile questo
inserimento e fu certamente grazie a una persona tranquilla, mite,
gentile e calma, che fui infine accettato. La persona che mi aprì la
strada, la sua casa e le case dei suoi amici è certamente stato Aldo
Terracina. In un secondo tempo, ancora quando era presidente
della Comunità Sergio Tagliacozzo z.l., mi trovai a essere con Aldo
nello stesso Consiglio. Successivamente fu lui a essere il presidente e
non posso ricordare di lui che la pazienza con la quale affrontava
l’irruenza di alcuni consiglieri al momento della discussione sul varo
dell’Intesa con lo Stato, quando c’era chi riteneva che sarebbe stato
un errore tragico allontanarsi dalla Legge Falco degli anni Trenta. In
quella parte della vita di Aldo che ho potuto seguire, cioè appunto
quella degli ultimi trenta anni non posso che confermare che la sua
dedizione a quel coacervo di cose che sono la vita ebraica era totale.
Non era molto addentro al fatto religioso in sé, era però visceralmente
legato a tutti i problemi che coinvolgono la vita e le istituzioni
comunitarie. La sua dedizione alla ristrutturazione dei locali
del «Pitigliani», che ha seguito in tutte le sue fasi senza
risparmiarsi nessuna fatica nonostante lo stato avanzato della sua
malattia, come mi ricordava recentemente il presidente dell’Istituto,
Ugo Limentani, ne è un fulgido esempio. Ma Aldo si dedicò anche
ad altre iniziative, mettendo disinteressatamente al servizio delle
istituzioni le sue conoscenze di ingegnere, il suo squisito buon gusto
in fatto di architettura. Lavori fatti al Centro bibliografico
dell’Unione delle Comunità ebbero inizio sotto la sua egida; la
sistemazione degli esterni della Casa di Riposo Ebraica in via
Portuense fu fatta seguendo le sue idee. In tutto ciò non si
volle mai mettere in luce, fuggì sempre, con ammirevole modestia,
qualsiasi occasione di apparire in pubblico, convinto del fatto che
aver servito la collettività non deve essere un palcoscenico e ancor
meno una via di accesso a cariche e onori. Una vita vissuta,
dunque, nel silenzio e nella tranquillità; un insegnamento per noi che
dovremmo saperne apprezzare tutte le sfaccettature. Sia il suo ricordo, dunque, in benedizione…
Giacomo Saban, direttore della Rassegna Mensile di Israel
(Nell'immagine, Aldo Terracina e Giacomo Saban all'ingresso del Tempio maggiore di Roma)
Qui Trieste - Musica e teatro a Erev/Laila
Debutta
domani al Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera
Wagner”, con uno spumeggiante concerto di elettrotango la nuova
edizione “Erev/Laila – Nuove tracce verso Gerusalemme”, quarta edizione
del festival di musica e teatro ebraico che sino al 21 novembre
proporrà un fitto calendario d’appuntamenti con ingresso gratuito a
Trieste e in altre località del Friuli Venezia Giulia. In
programma musica, teatro, cultura popolare e iniziative rivolte in modo
in particolare al mondo delle scuole. Star assoluta dell’edizione 2010,
“il re del klezmer” Giora Feidman che si esibisce domenica 4/7 in
piazza Giotti nello spazio a fianco della monumentale Sinagoga
triestina. La manifestazione, che lo scorso anno ha visto
oltre 10 mila spettatori, è diretta da Davide Casali ed è organizzata
dalla Comunità ebraica di Trieste, dal Museo della Comunità ebraica di
Trieste “Carlo e Vera Wagner” e dall’associazione Musica libera con la
collaborazione del Comune di Gradisca d’Isonzo, della Comunità ebraica
di Praga e del Terezín Memorial con il sostegno della Regione e della
Provincia di Trieste. [...]
Leggi l'articolo completo sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
Qui Venezia - Vittorio Ravà al timone del Casinò lagunare
Vittorio
Ravà è il nuovo amministratore delegato del Casinò di Venezia. La
nomina è stata annunciata ieri dal presidente del Casinò Mauro
Pizzigati, che ha convocato il Consiglio di amministrazione per
cooptare il nuovo consigliere. [...]
L'articolo prosegue sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
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Quali rabbini, quale futuro - 'No al complesso dell'accerchiamento'
Sui ghiurim e sul Tribunale rabbinico unico anche rav Riccardo Di Segni
ha ragione. Vi è sicuramente nelle nostre comunità chi desidererebbe
condizionare più o meno pesantemente la politica delle conversioni (e
non solo quella), anche al di fuori del sistema halakhico di decisioni
che spettano al rabbino e al Tribunale rabbinico. Ciò che sembra
tuttavia fondamentale è non mettere tutti gli interlocutori della
questione sullo stesso piano, annullando sfumature di pensiero di un
certo rilievo. Oltretutto, si rischia così di perdere anche il sostegno
di quella parte di Comunità che la pensa in modo non molto diverso
dagli stessi rabbini. Bisogna allora provare ad abbandonare il
complesso dell'accerchiamento. Fra coloro che credono nel Beth Din
unico e, soprattutto, assolutamente indipendente dalla struttura
comunitaria vi è chi spera che la nuova istituzione 1. renda più unitarie e coerenti le scelte in materia di halakhah; 2.
si sostituisca a quei rabbanim di comunità che, per motivi diversi, non
sono preparati ad affrontare problemi che coinvolgono delicate
tematiche di identità ebraica individuale; 3. liberi i rav di comunità dal fardello di polemiche implicite in queste decisioni (come ammette rav Di Segni stesso); 4.
eviti che polemiche personalizzate ricadano sulla vita della comunità
incidendo distruttivamente sul rapporto fra rav e comunità; 5. possa dedicarsi a tempo pieno a seguire i percorsi di ghiur e la loro soluzione. Tutto
ciò detto, va ribadita la necessità di garantire a priori l'autonomia
assoluta del Beth Din nella gestione delle sue competenze, per
sgombrare il campo dall'idea (timore/speranza?) di trasformare il ghiur
in un rituale di conversione automatica. Da questa parte del fossato, insomma, non si sta cercando di favorire procedure riformate.
Dario Calimani, Consigliere Ucei
Israele-Onu, sgretolare l'isolamento
Nonostante
le pesanti difficoltà del momento attuale, va segnalato con
soddisfazione un certo miglioramento registratosi, negli ultimi tempi,
sul piano della partecipazione di Israele ai lavori delle Nazioni
Unite, a seguito del suo inserimento nel gruppo dei Paesi dell’Europa
Occidentale, USA, Canada, Australia e Nuova Zelanda, che - come
spiegato, su Pagine Ebraiche di giugno, da Sergio Della Pergola -
permette allo Stato ebraico di concorrere alla distribuzione delle
varie cariche in seno all’organizzazione, superando in parte il suo
storico isolamento. Riguardo alla politica sistematicamente
discriminatoria nei confronti di Israele esercitata dall’assemblea
generale, un importante elemento di riflessione è fornito, sull’ultimo
numero (47, Spring 2010) di Justice (la rivista della International
Association of Jewish Lawyers and Jurists) da Richard Schifter,
diplomatico statunitense che ha a lungo rappresentato il suo Paese
all’ONU, avendo modo di conoscere dal di dentro i complicati meccanismi
dell’istituzione. Le ricorrenti maggioranze anti-israeliane che si
formano nell’assemblea generale, nota Schifter, riuniscono non solo
Paesi arabi e musulmani - sui quali agisce, ovviamente, il riflesso
condizionato antisionista - e Stati ideologicamente contrapposti agli
USA (come Cuba, Venezuela, Corea de nord e altri Paesi radicali), ma
anche una nutrita serie di Paesi in via di sviluppo (Benin, Ghana,
Mali, Mongolia, Namibia ecc.), non caratterizzati da atteggiamenti
pregiudizialmente antisionisti o antioccidentali, e anzi, in molti
casi, debitori, nei confronti degli Stati Uniti, di sostanziosi aiuti
finanziari. Come si spiega ciò? E’ così vasto il pregiudizio
antisionista, o antisemita, o c’è dell’altro? C’è dell’altro, e
Schifter lo spiega, suggerendo anche dei possibili rimedi. Se, infatti,
per i Paesi di maggiore peso politico, le posizioni da assumere nel
contesto ONU provengono direttamente, per lo più, da decisioni
politiche assunte, ad alto livello, in ambito governativo, molto spesso
ciò non accade per i piccoli Paesi, che lasciano ai loro rappresentanti
piena discrezionalità di voto su tutte le questioni (come quelle
Medio-orientali) che non coinvolgono direttamente i loro interessi. E,
in tale mancanza di direttive, la corruzione trova ampio spazio, e i
voti dei diplomatici vengono sistematicamente comprati, anche a poco
prezzo, da alcuni Paesi radicali (come, p. es., Libia e Cuba), che
hanno interesse a tenere in piedi e alimentare l’atteggiamento
anti-americano e anti-israeliano dell’assemblea. Tale situazione, nota
Schifter, non è irreversibile, in quanto un possibile rimedio, da parte
delle potenze democratiche, sarebbe quello di contattare direttamente i
governi dei piccoli Paesi neutrali, facendo loro presente l’utilità e
la convenienza di un atteggiamento più equilibrato e responsabile, e
sollecitandoli a ‘controllare’ meglio il comportamento dei loro
rappresentanti. Gli Stati Uniti, ricorda Schifter, hanno già cominciato
a farlo, con l’amministrazione Bush, riscuotendo anche dei
significatici successi, ma sarebbe molto importante se anche l’Europa
cominciasse a muoversi in tale direzione.
Francesco Lucrezi, storico
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Poche
notizie di attualità nei giornali di oggi all’avvicinarsi del periodo
delle vacanze che sono sacre in tutti i Paesi che noi seguiamo per
questa rubrica (anche a Gaza, per intenderci, è periodo di vacanze, e
lì altri centri di svago per bambini sono stati distrutti l’altro
giorno dai fondamentalisti, ma non è vacanza nei paesi davvero reietti
dell’Africa o del sud del mondo dove non vi sono tuttavia cronisti). In
una breve sul Foglio
il ministro degli Esteri Lieberman, con crudezza ma con una logica
oggettiva, dichiara che non vede possibile la nascita dello Stato
palestinese prima del 2012. Nella stessa breve si riportano le parole
del suo collega russo Lavirov che chiede di trattare con Hamas perché è
stato eletto da una larga maggioranza di palestinesi in libere
elezioni. Anche i suoi predecessori seguirono lo stesso ragionamento, e
siglarono un accordo con Hitler che la storia insegna quanto fu
lungimirante e utile per le sorti dell’umanità intera. Speriamo che
qualcuno legga ed illustri a Lavirov che cosa sta scritto nello statuto
di Hamas (e in quelli di tutti i gruppi radicali islamici). In un
domani nel quale l’islam dovesse trionfare non vi sarebbe spazio
neppure per una Russia, sì amica, ma non islamica. Alla storia passata
guardano in California dove, come ci dice il Sole 24 Ore,
le società che vogliono aggiudicarsi delle gare pubbliche (oggi, ad
esempio, le ferrovie francesi) devono dimostrare di non essersi
macchiate di gravi colpe connesse con la Shoah o, in alternativa,
devono promuovere iniziative che possano in qualche modo riparare i
propri torti passati. Nel nostro Paese nel quale in tanti hanno
preferito limitarsi a voltar pagina si deve dubitare che tale
iniziativa possa essere compresa nel suo profondo significato. A
Washington si nomina in questi giorni la liberal ebrea Elena Kagan alla
Corte Suprema. Il ben noto Pat Buchanan non perde l’occasione per
parlare di “eccessiva rappresentanza” degli ebrei in questa Corte dove,
per la prima volta, non siederà alcun protestante. Viene da chiedersi
quando, in questo mondo che assiste a un nuovo dilagare di
anti-semitismo, si comprenderà che ogni individuo deve essere giudicato
indipendentemente dalla sua religione o dal colore della sua pelle, ma
solo in base alla sua correttezza morale e professionale, alle idee
delle quali si fa portatore. A Roma questa sera viene presentato il
romanzo di Massimo Lomonaco: la caccia di Salomon Klein, ambientato nel
‘42 alla vigilia della battaglia di El Alamein. Un libro da leggere
perché, per i corsi e ricorsi della storia, anche da pagine romanzate
(Klein è un personaggio di fantasia) vi è sempre da imparare per le
scelte che si imporranno a tutti noi. Sfogliando i giornali stranieri
troviamo, sul Figaro,
un articolo intitolato: Intifada della cravatta. In Israele la cravatta
non è mai stata considerata un must, ma in questi giorni, a causa di
rivendicazioni economiche dei dipendenti del ministero degli Esteri,
l’etichetta rischia di arrecare gravi danni al Paese; dall’abbandono
iniziale della cravatta si è passati ai sandali e ai pantaloncini
corti, e poi si è andati ben oltre fino a oggi quando ministri e
importanti ospiti stranieri vengono abbandonati al loro destino da
autisti e accompagnatori, all’uscita da Yad Vashem come al ristorante
alla moda o perfino all’arrivo all’aeroporto Ben Gurion. Il Financial Times
analizza, da Teheran, le opere di carità compiute da uno speciale
comitato; queste permettono al regime iraniano di assicurarsi
l’appoggio dei cittadini più disagiati; costoro, conquistati dalla
carità, non si uniscono alla classe media che rischia la propria pelle
per distruggere il potere dei mullah. Sull’Herald Tribune
ci si interroga se siano la povertà, la corruzione e l’abuso di potere
alla base del terrorismo; ascoltando le parole di coloro che sono
accusati di terrorismo sembrerebbe che, in realtà, tutto si debba
invece spiegare con le invasioni terrestri, fatte dagli americani,
delle terre islamiche e dei sovrastanti cieli (con i temuti droni). Da
questo nascerebbe la reazione che, inizialmente locale, diventa poi
globale (Al Qaeda). Questo è il ragionamento fatto sia dall’analista
finanziario islamico di New York che dal contadino yemenita. Peccato,
tuttavia, che non troviamo, in questo articolo, alcuna traccia delle
ragioni che hanno portato a queste invasioni. Non si dimentichi che
l’Herald Tribune è da tempo lontano dalla logica occidentale, ma sempre
più sensibile alle ragioni dell’islam, anche se il più radicale. Emanuel Segre Amar |
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notizieflash |
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Al via il seminario per insegnanti delle scuole ebraiche italiane Roma, 30 giu - Anche
questo anno, grazie al progetto di collaborazione fra World ORT e il
Centro pedagogico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è stato
organizzato il seminario per insegnanti ed educatori delle scuole
ebraiche italiane. Il corso, che inizierà nelle giornata di oggi,
proseguirà fino al 2 luglio. Fra i partecipanti, in rappresentanza
dell'UCEI, ci sarà la vicepresidente Claudia De Benedetti, che si è
detta “particolarmente lieta di partecipare all'incontro” in quanto
ritiene che “fra le istituzioni che maggiormente qualificano e
legittimano una comunità ebraica della diaspora, da sempre, la scuola
occupa il primo posto infatti ha il compito principale e fondamentale
di educare ed insegnare a essere ebrei ma anche di plasmare ed
assicurare l’identità ebraica ed ancora di mantenere viva e trasmettere
la cultura del nostro popolo d’Israele”. E ancora ha affermato: “La
scuola è lo strumento essenziale che hanno a disposizione le nostre
comunità per assolvere un grande impegno: accogliere bambini e ragazzi
aiutandoli a crescere nella tradizione dei nostri padri. Una comunità
che ha la fortuna di avere una propria scuola è una comunità che può
guardare al futuro con minore preoccupazione di altre, poiché può
contare su una generazione giovane che cresce e si forma”. Poi la
vicepresidente ha voluto con orgoglio ricordare che “le comunità
ebraiche italiane in soli due mesi, in seguito alla politica
discriminatoria fascista e alle leggi del 1938, con un meravigliosa e
frenetica attività costituirono 23 scuole elementari, 14 scuole medie
ed alcuni licei e scuole tecniche e professionali. Nella disgrazia
della discriminazione che furono costretti a subire, i giovani che si
trovarono a frequentare le scuola poterono approfittare della presenza,
come insegnanti, di alcuni insigni docenti che dovettero abbandonare i
migliori istituti cittadini e prestigiosi insegnamenti
universitari”. “Mai come in questi anni – ha concluso la vicepresidente
Ucei - la presenza delle nostre scuole ha assunto un ruolo
fondamentale, tanto importante da permettere la circolazione
all’interno di molte famiglie, attraverso i loro figli, di tradizioni
ed informazioni, che, altrimenti, sarebbero rimaste loro sconosciute e
perdute per sempre”.
Alfano a Yad Vashem: “La difesa della democrazia israeliana necessaria perché non si ripetano gli orrori della Shoah” Gerusalemme, 29 giu - Si
è conclusa ieri la visita del ministro della Giustizia Angelino Alfano
in Israele. Da segnalare fra gli impegni dell'ultima giornata a
Gerusalemme del ministro italiano la visita allo Yad Vashem. Alfano ha
voluto per l'occasione lanciare un richiamo alla difesa della
"democrazia" e della "libertà" di Israele, quale garanzia affinché non
si ripetano gli orrori della Shoah. Il viaggio in Israele era
cominciato invece con la firma di una dichiarazione di intenti, assieme
al ministro israeliano Yaakov Neeman, sulla cooperazione giudiziaria
bilaterale contro terrorismo e criminalità organizzata. Ultima
tappa del viaggio è stata invece la visita a Ramallah (Cisgiordania),
dove il Guardasigilli, è stato ricevuto dal premier dell'Autorità
nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, e dal ministro della
Giustizia, Ali Khashan. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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