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3
novembre
2010 - 26 Cheshvan 5771 |
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Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova
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A un gruppo di uomini, dei pagani hanno detto: “dateci uno di voi e lo
uccideremo, altrimenti uccideremo tutti”. Uccidano pure tutti ma non si
consegni loro una persona di Israele... Questa citazione
(Toseftà, trattato Terumot 8:12), presenta un avvenimento particolare
che probabilmente trae origine dalle vicende vissute dagli ebrei
durante la repressione romana (132-135 dell’E. V.) che, per certi
aspetti, assume quasi un carattere profetico.. »
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Marco
Morselli,
Amicizia
ebraico-cristiana
di Roma
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Teologia della sostituzione e
insegnamento dl disprezzo, che sono le due colonne dell'antiguidaismo
cristiano, sono forse una conseguenza del dialogo ebraico-cristiano o
il dialogo ebraico-cristiano è invece il tentativo - nato durante la
Shoah, soprattutto dalla dolorosa riflessione di Jules Isaac
(1887-1963) - di modificarli? Coloro che sostengono l'inutilità del
dialogo ebraico-cristiano fanno felicissimi tutti quei cristiani - e
sono senz'altro la maggioranza - che alla teologia della sostituzione e
all'insegnamento del disprezzo, ossia all'antiguidaismo, non intendono
affatto rinunciare.
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Dal
Cimitero di Praga di Umberto Eco (che si racconta in una lunga
intervista esclusiva ed è analizzato dalla recensione delle firme più
autorevoli) a Persecuzione di Alessandro Piperno. Da The social network
sul creatore di Facebook alla controversa fiction televisiva Sotto il
cielo di Roma. Dal dibattito sul progetto di riforma dello Statuto
dell'ebraismo italiano agli editoriali delle molte, diverse voci che
esprimono l'ebraismo italiano o guardano con interesse alla realtà
ebraica. Da una visione viva e nuova della realtà di Israele al grande
progetto del'edizione del Talmud in lingua italiana, al grande dossier
Comics and Jews dedicato a fumetto, creatività underground e
cultura ebraica.
PAGINE EBRAICHE
è il giornale dell'ebraismo italiano
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rav Elia Richetti (Ari) -
"Omissioni di un film assolutorio"
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Intervenendo
a proposito della fiction televisiva Sotto il cielo di Roma dedicata a
papa Pio XII, il presidente dell'Assemblea rabbinica italiana rav Elia
Richetti ha dichiarato: "Se l'intento di chi ha scritto e prodotto la
fiction Sotto il cielo di Roma era agiografico e assolutorio nei
confronti di Papa Pio XII, temo che lo scopo non si sia raggiunto.
Troppe le omissioni, ma soprattutto incredibili e scarsissimamente
documentate le ambientazioni, non solo ebraiche ma anche cattoliche,
mostrate nel filmato.
A partire da un ghetto di
Roma nel quale non si
intravede mai la Sinagoga maggiore, da ebrei osservanti che il venerdì
sera si ritrovano in un'osteria (anche l'oste con la kippah!) a suonare
la fisarmonica, da ebrei nessuno dei quali ha un cognome anche solo
vagamente ebraico, fino a riti cattolici inesistenti, preti senza croci
eccetera, il pressapochismo lancia un'ombra di incredibilità anche agli
eventi storici più incontrovertibili.
Sia ben chiaro: la Chiesa
- o le persone di sua fiducia - ha il diritto di difendere il suo
operato, di mettere in risalto gli indubbi atti di carità del Papa nei
confronti di molti ebrei non solo di Roma. Ma ciò non giustifica, a mio
avviso, alcune scelte redazionali: il già citato pressapochismo e la
mancata citazione di eventi e di personaggi di un certo rilievo.
Forse Papa Pacelli avrebbe meritato avvocati migliori".
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Riccardo Pacifici: “La
Rai faccia un gesto riparatore”
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Midterm Election - Eric
Cantor nuovo leader repubblicano
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“Le elezioni di questa notte
parlano della necessità di ascoltare le persone e il messaggio inviato
dagli elettori è che a loro non piace questa riforma sanitaria.
Vogliono vedere che ci concentriamo sulla questione dei posti di lavoro
e su questo punto, fino ad ora, non hanno avuto nessun riscontro”. Con
queste parole il deputato repubblicano Eric Cantor (Virginia) ha
commentato i risultati elettorali che, come è noto, hanno sancito il
trionfo dei repubblicani alla Camera dei Rappresentati. »
Daniel Reichel
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Unione a Congresso -
Idee e confronto
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Il Congresso dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane è alle porte e questa domenica, 7
novembre, gli iscritti alle Comunità ebraiche italiane sono chiamati a
eleggere i loro delegati che parteciperanno ai lavori.
In ognuna delle tre circoscrizioni elettorali idee e programmi a
confronto sono espresse da due liste in competizione. Con alcune
domande rivolte ai capolista delle formazioni in gara la redazione
tenta di fornire al lettore ulteriori elementi di conoscenza e di
giudizio.
Per la Prima circoscrizione (Firenze capofila, Torino, Venezia, Trieste
e tutte le Comunità meno numerose salvo Mantova e Napoli), parlano Gadi
Luzzatto Voghera e Ugo Caffaz.
Gadi Luzzatto Voghera:
“Decentramento e rappresentanza”
Piccole comunità e Otto per
Mille. Gadi Luzzatto Voghera, storico e capolista della lista Per le
Comunità, sintetizza l’importanza della funzione di reperimento delle
risorse svolta dalle realtà minori con un esempio tangibile: “Una
piccola comunità come Padova raccoglie otto volte il numero
degli ebrei padovani e altre comunità di media dimensione si spingono
fino a 14 volte il numero dei loro iscritti. Dobbiamo rendercene
conto”.
Quali sono le
basi programmatiche della Lista “Per le comunità” di cui sei il
capolista?
Dallo scorso Congresso dove già era stata presentata una lista di
piccole comunità si era considerato inutile riproporre a livello di
comunità ebraiche il confronto politico presente a livello nazionale,
ci sembrava opportuno soprassedere alle opinioni politiche per
concentrarci su questioni più urgenti e all’ordine del giorno
soprattutto per le piccole comunità. Questo tipo di atteggiamento si è
fatto più urgente nel momento in cui si è resa concreta l’ipotesi di
una riscrittura dello Statuto UCEI.
Riguardo a
questo quali sono i punti che secondo voi andrebbero rivisti?
La questione nodale è quella della rappresentanza. L’ipotesi di
riorganizzazione della rappresentanza delle comunità ebraiche con
l’allargamento del Consiglio, svuotato di poteri esecutivi che vengono
invece concentrati in una Giunta molto più ristretta e più operativa
concentrata sostanzialmente a Roma, ha molto allarmato le piccole
comunità che invece sentono forte la necessità di far sentire la loro
voce. Per molti anni l’Unione delle Comunità si è strutturata in
un’organizzazione molto complessa dal punto di vista istituzionale con
più di 60 dipendenti concentrati su un ambito prevalentemente romano. I
servizi di cui le piccole comunità godono in rapporto allo sforzo
economico e organizzativo dell’Unione sono molto limitati. Un altro
punto che dovrebbe essere affrontato è quello dell’apertura del mondo
ebraico italiano verso l’estero e in particolare verso le vicine
comunità europee. Di questo non vi è traccia nel nuovo Statuto, come se
l’ebraismo italiano avesse deciso di vivere di se stesso, senza una
prospettiva di collegamento strutturale o istituzionale con realtà di
rilievo come quelle ebraiche a livello europeo. Uno Statuto in fin dei
conti dovrebbe guardare al futuro.
Che ruolo
dovrebbero assumere le piccole comunità in Italia?
L’UCEI è l’Unione delle Comunità ebraiche e non l’unione degli ebrei.
Questo significa che ogni comunità ha la sua importanza sul territorio
e deve essere adeguatamente assistita. Spesso questo cosa non accade.
La sensazione è che si voglia ridurre tutto a una mera rappresentanza
politica degli ebrei, concentrata su Roma. Non ci si rende conto che in
questo modo si disperde un patrimonio che è già in crisi e non si
riconosce l’importanza delle piccole comunità prendendo in
considerazione solo i numeri e non il valore intrinseco delle singole
realtà. Riguardo all’Otto per Mille, ad esempio, gran parte dei
proventi derivano dallo sforzo delle medie e piccole comunità. La
Comunità ebraica di Roma, che concentra quasi il 50 per cento degli
ebrei d’Italia, riesce a racimolare in sottoscrizioni per l’Otto per
Mille meno del numero totale dei suoi iscritti. Una piccola
comunità come Padova raccoglie otto volte il numero degli ebrei
padovani e altre comunità di media dimensione si spingono fino a 14
volte il numero dei loro iscritti.
Riguardo al
tema del decentramento dei poteri, che proposta avanzate?
In una delle nostre proposte abbiamo identificato Bologna, per la sua
posizione strategica, come luogo per poter aprire un ufficio decentrato
dell’UCEI che si dedichi all’assistenza delle piccole comunità e dove
si mettano a disposizione tutta una serie di servizi: da un rabbino
itinerante a un ufficio amministrativo che fornisca l’assistenza
necessaria alle piccole comunità e alle piccolissime che sono
sprovviste di un ufficio di segreteria, a eventuali consulenze legali.
Un insieme di servizi che ad oggi sono difficili da ottenere e che
invece devono essere resi disponibili non solo per le grandi comunità,
ma anche per le piccole e medie che dovrebbero avere gli stessi
diritti.
Quali altri
punti sentite di dover discutere e portare avanti?
Per il resto le problematiche sono sempre le stesse: la carenza
d’assistenza per quanto concerne la kasherut, l’enorme difficoltà per
le medie e piccole comunità a reperire personale rabbinico italiano e
la conseguente necessità di ricorrere a rabbini stranieri. Noi potremmo
avere, ad esempio, delle grandi competenze rabbiniche a Milano, ma
riuscire a spostare anche solo una branca del Collegio Rabbinico di
Roma a Milano sembra una cosa impossibile. I punti critici da prendere
in considerazione sarebbero molti e di sicuro verranno discussi durante
il congresso. La nostra lista ha preferito nella sua dichiarazione
d’intenti porre però l’attenzione su ciò che ci sta forse più a cuore:
il problema del decentramento e della sottorappresentazione. Su questo
abbiamo lavorato negli ultimi quattro anni, cercando di raggiungere una
linea comune, e cercando almeno di stabilire dei criteri paritetici
nella ridistribuzione delle risorse dell’Otto per Mille.
Michael
Calimani
Ugo Caffaz:
“Impariamo ad apprezzare la nostra identità”
Uno scatto d’orgoglio e una
maggiore attenzione per le realtà numericamente minori. Sono queste le
richieste che Ugo Caffaz, ex Consigliere UCEI sotto la presidenza di
Tullia Levi e capolista della lista Per l’ebraismo italiano, rivolge
agli ebrei italiani in procinto di andare al voto: “L’ebraismo italiano
è storicamente fondato sulle piccole comunità ed ha pari dignità con
qualsiasi altra realtà ebraica europea e mondiale”.
Come nasce la
lista Per l’ebraismo italiano?
Nasce dalla volontà di rivendicare e riaffermare le caratteristiche
basilari dell’ebraismo italiano: la sua storia bimillenaria, la sua
originalità, la sua grande ricchezza culturale e la sua capacità
dialogica con la società esterna. Quello che serve agli ebrei italiani
è uno scatto d’orgoglio. Non dobbiamo guardare ad altre realtà ebraiche
europee e mondiali, penso ad esempio all’ebraismo nordamericano e a
quello mitteleuropeo, come a realtà di maggior valore rispetto alla
nostra. Misurare le varie modalità di approccio all’ebraismo è
sbagliato. Pur con modalità individuali e collettive differenti, gli
obiettivi che perseguiamo sono infatti condivisibili. Dobbiamo quindi
essere pronti ad aprirci al confronto e trarre da queste esperienze di
scambio reciproco nuovo slancio e nuove idee per la nostra comunità. Ma
per fare ciò bisogna avere piena consapevolezza dell’identità che ci
appartiene, perché solo chi è in grado di apprezzare la propria
identità non teme il confronto.
Su quali temi
si sviluppa il vostro impegno?
L’impegno della lista Per l’ebraismo italiano è focalizzato a dare una
maggiore visibilità e capacità di soddisfacimento delle proprie
esigenze alle piccole e medie comunità. La presenza e il peso di tali
comunità in seno all’UCEI deve andare aldilà di una mera questione
numerica, quello che auspichiamo è la possibilità di giocare un ruolo
decisivo nella scelta di chi governerà l’Unione negli anni a venire e
di chi si occuperà di riformare lo Statuto. Troppo spesso infatti le
piccole comunità vengono considerate importanti esclusivamente per il
patrimonio turistico di cui dispongono. In realtà sono
istituzioni ancora in grado di contribuire al futuro dell’ebraismo
italiano, a partire dall’impatto decisivo che hanno nel dialogo con la
società esterna e nel reperimento di risorse attraverso la raccolta
dell’Otto per Mille. Le piccole comunità hanno più oneri che onori e
questo è storicamente sbagliato visto che la tradizione del nostro
ebraismo si poggia su tali comunità e sulla loro capacità di vivere e
relazionarsi con il territorio. Restando in Toscana faccio l’esempio
del ruolo fondamentale svolto nei secoli dalla Comunità di Pitigliano.
Leggendo il
vostro programma emergono posizioni molto critiche rispetto alle
attuali dinamiche che portano alla formazione dei rabbini. Conferma?
Sì, questo è uno dei punti che riteniamo sia indispensabile affrontare
al più presto. L’attuale centralismo romano è insopportabile. Non è
pensabile che le comunità paghino la formazione dei rabbanim e che poi
questi restino nella Capitale: i rabbini sono un patrimonio di tutta la
comunità italiana e non un patrimonio esclusivo di quella romana.
Questo atteggiamento va a scapito dell’italianità del nostro rabbinato,
caratteristica sulla quale penso dovremmo insistere. Il fatto che una
comunità scelga un rabbino straniero è una scelta che può essere anche
condivisibile, ma dovrebbe per l’appunto trattarsi di una scelta e non
di un obbligo. Quello che chiediamo all’UCEI è di sviluppare attraverso
il Collegio Rabbinico programmi per la formazione di futuri rabbini che
siano in grado di soddisfare le esigenze delle realtà numericamente
minori. È una richiesta che vale in generale: l’UCEI deve essere
fattivamente una Unione di tutte le comunità. La concentrazione nei
grandi centri è sbagliata, la via da percorrere è quella di un sano
federalismo comunitario.
Altri punti
che ritenete prioritari?
La diffusione della cultura e dell’informazione, sia interna che
esterna. È importante dare continuità agli strumenti predisposti
dall’attuale Consiglio per realizzare opportunità di formazione e
informazione ebraica, prendendo come modello di riferimento
l’esperienza molto positiva della newsletter l’Unione Informa e del
mensile Pagine Ebraiche che sono ottimi strumenti di confronto e che
hanno aperto nuovi fronti di comunicazione. Un’altra questione di
grande importanza riguarda la kasherut. L’Unione dovrebbe attivarsi per
migliorare la distribuzione dei prodotti kasher anche nelle piccole e
medie comunità, impegnandosi ad abbassarne il prezzo d’acquisto, spesso
irragionevole e fuori dalla portata delle tasche di molti. Sul piano
internazionale vorremmo inoltre promuovere scambi politici tra Italia e
Israele in modo da sconfiggere il pregiudizio anti-israeliano,
sostenendo allo stesso tempo le iniziative che portino a una
risoluzione del conflitto mediorientale con il raggiungimento di una
pace giusta e duratura e con la messa in sicurezza dello Stato di
Israele e dei suoi abitanti.
Adam
Smulevich
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Francesco Lucrezi - Silenzio assenso in
Vaticano
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Gadi Polacco - Risposte incaute
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Gad Lerner - Umberto Eco, i cattolici e gli ebrei
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
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