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21 novembre
2010 - 14 Kislev 5771 |
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Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino
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La
conferma della nostra identità profonda e delle nostre
qualità - se ne abbiamo - viene a volte più dai nostri nemici
che dai nostri amici. E' per questo che Giacobbe chiede la benedizione
all'angelo con cui ha lottato: è l'angelo di Esaù, proiezione celeste
del suo fratello/nemico. Se l'angelo/Esaù benedice Giacobbe, la sua
benedizione non può che essere definitiva ed indiscutibile: è questo
forse il senso stesso del nostro nome, Israele, che proprio
quell'angelo ha dato a Giacobbe benedicendolo.
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David
Bidussa,
storico sociale delle idee
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C’è una differenza tra il
potere in Età antica e il potere in Età contemporanea. In epoche
passate il potere non pretendeva il consenso spontaneo dei sudditi,
vale a dire l’intima accettazione delle sue idee e dei suoi metodi, e
in ogni caso non aveva i mezzi per rendere esecutiva tale pretesa. Si
aspettava che tutti lo obbedissero, ma ottenuto questo, poco gli
importava quello che i sudditi pensavano di lui, purché si tenessero
per sé le loro opinioni. Anche perché non aveva possibilità di venirne
a conoscenza.
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Theodor Herzl, il
Mazzini d’Israele
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Luigi Compagna è docente di
storia delle dottrine politiche alla LUISS di Roma. Nella sua attività
di parlamentare si è sempre distinto per la dichiarata, forte ed
intensa amicizia nei confronti di Israele. E’ appena uscito, per la
collana di studi internazionali della Rubbettino Editore, il suo saggio
“Theodor Herzl il Mazzini d’Israele”.
Fin dalla prefazione di Francesco Cossiga viene delineato
l’accostamento cronologico fra questa pubblicazione e la celebrazione
del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, definito
dall’ex presidente della Repubblica provvidenziale perché ci consente
di “ripassare” i valori fondanti di entrambi i popoli, quello ebraico e
quello italiano.
L’esordio, che è esplicativo del titolo, afferma che Herzl per Israele
ha il medesimo significato di Mazzini per l’Italia, quello di
costruttore dell’unità nazionale attraverso uno sforzo politico
unitario. Successivamente Compagna indica nella politica dell’irrealtà,
dell’utopia, la fondamentale e consapevole scelta di Herzl che da
sognatore ne fece l’ artefice di una impresa giudicata impossibile.
In pagine intense, poggiate su molte erudite citazioni e su un lavoro
di ricerca intelligente, si tracciano i molti sentieri
dell’antisemitismo e dell’emarginazione degli ebrei dalla vita civile:
“Una soluzione della questione ebraica si potrà avere solo quando la si
imposti sul suo vero terreno, che è quello della politica
internazionale...E’ una questione nazionale, e per risolverla, si deve,
prima di tutto, farne una questione mondiale...Si dia a questo popolo
la sovranità di un territorio determinato, conforme ai suoi bisogni: e
la questione sarà risoluta” citava da Herzl un articolo di Ruffini sul
Corriere della Sera del 1920. E Mazzini: “Le nazioni sono gli individui
dell’umanità, come i cittadini sono gli individui delle nazioni”.
Da una teorica emancipazione al sempre occhieggiante antisemitismo, da
figure controverse a personaggi illustri, il percorso che il libro di
Compagna traccia è ricchissimo, per approdare infine al Caso Dreyfus
che per Herzl e per il popolo ebraico segnò un decisivo punto di
svolta, che inevitabilmente sfociò nel primo congresso sionista.
Compagna mette anche in evidenza la sentita partecipazione ebraica alle
lotte risorgimentali: 400 sui 12.000 volontari del 1859,8 dei mille
garibaldini furono ebrei. Non invano furono pubblicati negli anni a
ridosso di questi le “Interdizioni Israelitiche” del Cattaneo ed un
analogo scritto di D’Azeglio.
Le varie modalità di rappresentare il legame millenario degli ebrei con
la loro patria d’origine si riversarono nel sionismo culturale ed in
quello politico, in quello laico ed in quello religioso, in quello di
sinistra ed in quello più conservatore, ma non ebbero sempre vita
facile neppure all’interno delle opinioni ebraiche. “Una terra senza
popolo per un popolo senza terra” fu uno slogan nel quale Herzl
sintetizzò la sua visione, invano combattuta da un Ahad Ha’am che non
ignorava i problemi che ciò avrebbe potuto causare con gli abitanti
arabi della Palestina.
Esauriente è poi il quadro delle nascenti istituzioni culturali,
politiche ed economiche del futuro “Stato degli ebrei”. Ma gli ultimi
mesi di vita di Herzl furono molto tristi e carichi di rancorose
dispute all’interno del movimento sionista. Di lui sono rimasti la
bandiera e l’inno d’Israele, che ne perpetuano la grandezza solitaria.
L’accorata testimonianza di Stefan Zweig del funerale di Herzl a
Viennae le poche parole dedicate al suo secondo funerale, stavolta di
Stato, in una Gerusalemme capitale dello stato d’Israele nato 50 anni
dopo il primo congresso sionista, con la bara attorniata da superstiti
della Shoah, concludono questo bellissimo libro.
Federico
Steinhaus, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Nuovo assetto per la
European Maccabi Federation
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È iniziato nella mattina
odierna e si concluderà domani pomeriggio il Congresso della European
Maccabi Federation, la massima organizzazione continentale ad occuparsi
della diffusione e organizzazione di iniziative a carattere sportivo
nell’Europa ebraica. All’appuntamento congressuale sono presenti
delegati in rappresentanza delle 36 federazioni nazionali affiliate tra
cui il Maccabi Italia presieduto da Vittorio Pavoncello. Partecipano
inoltre ai lavori consiglieri delle federazioni israeliana e
statunitense come membri del Maccabi World Union. Nei due giorni
viennesi i delegati discuteranno sul rinnovo dello statuto e voteranno
per l’assegnazione delle cariche esecutive. Nella capitale austriaca
gli ebrei italiani sono rappresentati da due delegati del Maccabi
Italia (Pavoncello e Della Rocca) e dal vicepresidente UCEI e delegato
EMC uscente Claudia De Benedetti. Oltre alla presidenza a cui aspirano
tre candidati di differenti federazioni, verranno assegnati anche il
ruolo di tesoriere, responsabile educativo, sport director e
segretario. Tra le sfide principali che la EMC dovrà affrontare nei
prossimi mesi un posto speciale nell’agenda è occupato dalla
definizione del programma dei Giochi Europei Maccabi che si svolgeranno
proprio a Vienna nell’estate del 2011 con la partecipazione di migliaia
di atleti ebrei provenienti da tutto il continente.
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In ricordo del rav Sergio Josef Sierra z.l.
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Il
14 Kislev ricorre il primo anniversario dalla morte del Rav Sergio
Josef Sierra z.l. Riportiamo qui, in sua memoria, l'inizio de "La
Corona Regale" di Ibn Ghebirol (Avicebron) da lui tradotta in italiano
(Nardini ed., Firenze, 1990).
amr
Meravigliose sono le Tue opere e l'anima mia ben lo sa. A Te, o Signore, la grandezza e la potenza, la gloria, l'eternità e la maestà; a Te, o Signore, il regno e la supremazia quale capo, la ricchezza, l'onore; a Te le creature dell'alto e del basso testimoniano che esse passeranno mentre Tu rimarrai; a Te spetta la potenza il cui mistero s'affanna a comprendere il nostro pensiero perché Tu sei assai più grande di noi; a Te il recondito segreto della potenza del fondamento di tutto; a Te il Nome che è nascosto ai sapienti; la potenza che sostiene l'universo sul nulla; la capacità di far luce su ogni mistero; a Te la grazia che domina sulle Tue creature, il bene riservato ai Tuoi tementi; Tua è la ricompensa che hai serbato ai giusti; Tu vedesti che era buona e [a loro] la riservasti.
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Davar Acher - Torah e
popolo
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Nella parte di Torah letta
ritualmente lo scorso Shabbat si trova l'episodio dell'attribuzione a
Jaakov del nome di Israel, cioè in fondo la vera "invenzione del popolo
ebraico" - per citare di nuovo il titolo di un libro che del nostro
popolo è abbastanza nemico da negarne l'esistenza, invitando con una
mossa molto diffusa fra gli antisionisti a pensarlo come "niente più
che una religione" sul modello di cristianesimo e islam.
Subito dopo l'attribuzione del nome, nel testo della Torah si
incomincia a parlare di case e di insediamenti; e vi anche è il primo
rifiuto a pagare con l'assimilazione le buone relazioni col vicinato:
un episodio assai sgradevole e sanguinoso, quello di Dinah, che fra le
altre cose si può leggere però come il rifiuto di fare del clan di
Israele "un solo popolo" con quello di Scechem. Nella stessa porzione
inizia quel comportamento rissoso dei fratelli che porterà subito dopo
al conflitto con Josef e alla sua grande avventura egiziana. La
presenza del divino nel testo, dopo la lotta con l'angelo di Jaakov,
diventa più rara e difficoltosa: bisognerà aspettare fino al roveto
ardente per trovare una grande teofania. Se leggiamo questi brani già
in termini di tribù, inizia fra loro un'estraneità che è "politica
interna" e non religione: una storia di dissidi che esploderà spesso
nel Sinai, continuerà con le lotte intertribali nel tempo dei giudici,
la divisione dei due regni e poi ancora mille volte fino a oggi.
Anche per coloro che non prendono la Torah come un libro di storia, ma
ne considerano soprattutto il messaggio simbolico, su questo punto esso
è chiaro: proprio secondo la narrazione religiosa Israele si
costituisce innanzitutto come difficile famiglia, poi come clan
piuttosto rissoso e come popolo suddiviso al suo interno per ragioni
non teologiche ma fin "troppo umane" (ambizione, gelosia, sesso,
potere, invidia...). Il rapporto privilegiato col divino si sovrappone
a questa materia sociale turbolenta e fa fatica a regolarla, a tenerla
assieme, a emendarla, come ha dovuto sperimentare per tutta la sua vita
Moshé. E' insomma proprio la Torah, l'ebraismo come religione, che ci
dice che in Israele la dimensione di popolo, cioè la politica – con
tutte i suoi limiti e le sue brutture – la precede e ne condiziona la
realizzazione. Se si riesce a uscire dal paradigma antipolitico (o
antinazionale) del messianesimo cristiano, si vede che anche la nostra
promessa messianica è stata sempre pensata con una parte politica, come
una restaurazione del regno davidico.
A differenza di altre religioni, la narrazione sacra ebraica non è
dunque solo Rivelazione o Legge o escatologia, ma è anche storia
politica di un popolo, non importa quanto scritta in un linguaggio
mitico. Chi ha cercato delle scorciatoie per universalizzare il
messaggio che la nostra tradizione ci ha affidato, combattendo in nome
dell'universale il carattere nazionale dell'ebraismo, da Saul di Tarso
a Karl Marx, è sempre finito molto lontano da noi, e presto le sue
parole sono state usate come arma dai nostri persecutori. "L'invenzione
del popolo ebraico" è l'articolazione di una nazione, che si identifica
con progenitori comuni, è minacciata dagli stessi nemici esterni, ha la
stessa aspirazione alla stessa terra che è stata promessa a quegli
antenati, e si divide al suo interno secondo logiche politiche
sgradevoli ma inevitabili.
Ugo
Volli
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Sorgente di vita - Il Museo di via Tasso, il concerto per Rabin e molto altro...
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Sorgente di vita di domenica 21 novembre 2010 apre con uno spettacolo
particolare: sul palcoscenico attori sordi, ciechi e disabili in una
performance di voci, suoni, profumi e sapori che coinvolge e
commuove il pubblico in un teatro al porto antico di Giaffa, a nord di
Tel Aviv. Si parla poi del caso del Museo Storico della Liberazione di
Roma, che rischia la chiusura per mancanza di fondi, con la denuncia
del Presidente Antonio Parisella.
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