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24 novembre 2010 - 17 Kislev 5771
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova

“...e tornò Reuven al pozzo...” (Bereshit 37:29) La storia della vendita di Giuseppe è nota. Alcuni, tra i suoi fratelli, avrebbero voluto ucciderlo ma Ruben, per salvarlo, consiglia di metterlo in un pozzo vuoto per poi decidere con calma cosa fare. Ruben sembra scomparire dalla scena mentre gli altri decidono di vendere Giuseppe alla carovana midianita per poi “tornare” a vendita ormai fatta. Il Midrash, infatti, si domanda: “da dove veniva (Ruben)? Era stato occupato con il suo abito di lutto e il suo digiuno (segni del pentimento). Allora disse il Santo Benedetto Egli sia: tu hai aperto alla Teshuvà e Io giuro che un tuo discendente aprirà con la Teshuvà. Chi è questo discendente? Il profeta Osea come è detto: “Israele, fai ritorno al Signore tuo Dio” (Osea 14:2). Le parole del Midrash sono spiegate da Rav Ytzchak Meir ben Menachem: a differenza del comportamento di Adamo e Caino che fecero Teshuvà dopo essere stati giudicati e puniti (Teshuvà per timore), Ruben fa Teshuvà in un modo nuovo, attraverso il riconoscimento diretto della propria colpa (Teshuvà per amore). Questa capacità, che Rabbbì Moshè Chayym Luzzatto definirebbe come lo scopo dell’attributo della Zehirut (attenzione costante alle nostre azioni), dovrebbe essere acquisita specialmente in coloro che hanno, o avranno, la responsabilità di decidere un qualsivoglia cambiamento...

Vittorio Dan Segre,
pensionato


vittorio dan segre


Quando il tempo della vita è scaduto, l'unica cosa importante è di essere stati capaci di amare.

davar
Qui Torino - Rabbini e futuro: "Crescita e nuove prospettive"
tullio leviUn Seminario rabbinico internazionale cui parteciperanno rabbini provenienti da Comunità di tutta Europa: Nottingham, Cracovia, Katowice, Varsavia, Breslavia, Colonia, Monaco, Heidelberg, Dortmund, Lisbona, Modena, Praga, Stoccolma, Lione, Hannover, Oslo, si svolgerà a Torino, dal 25-29 Novembre.
Il Seminario, organizzato dalla Comunità di Torino in collaborazione con “The Etel and Adolf Beren Educators Institute”, “The Joseph Strauss Rabbinical Seminary”, “Scuola Rabbinica Margulies-Disegni”, “Fondazione Marchese G. De Levy” e “World Zionist Organisation”, ha per tema: “Le Comunità in Europa con lo sguardo verso il futuro”.
Vi saranno sessioni riservate ai soli rabbini e numerose iniziative rivolte ai membri della comunità, in particolare quelle che si svolgeranno durante lo shabbath e altre dedicate ai giovani, alle donne e alle famiglie.
Vi saranno lezioni di due eminenti Maestri dell’ebraismo contemporaneo: rav Shlomo Riskin e rav Yechiel Wasserman.
Il Seminario si inserisce nel vasto programma avviato dal Consiglio della Comunità di Torino e dal rabbino capo Eliahu Birnbaum volto da un lato, ad inserire la comunità ebraica torinese nel vasto contesto di un ebraismo internazionale moderno e dinamico e dall’altro, ad imprimere un deciso impulso alle attività educative, con l’obiettivo di conseguire un esteso rafforzamento dell’identità ebraica e il più ampio coinvolgimento degli ebrei torinesi.
Il notevole incremento di partecipazione alle diverse iniziative fin qui attuate sia in campo culturale-educativo che in quello sociale-ricreativo, nonché il tendenziale aumento di frequentatori del Beth ha Kenesset, dimostrano la positiva accoglienza nei confronti della svolta che è stata impressa alla vita comunitaria e aprono nuove prospettive alla Comunità di Torino e, più in generale, all’intero ebraismo italiano.

Tullio Levi, presidente della Comunità Ebraica di Torino

Qui Milano - L’Ufficio rabbinico e i giovani, le priorità
finelcoConsiglio ricco di spunti per la Comunità Ebraica di Milano. A tenere banco, in un clima disteso e costruttivo, due tematiche fondamentali della politica comunitaria: la situazione dell’Ufficio rabbinico e le iniziative rivolte ai giovani.
Sul primo punto, l’assessore al culto Hasbani ha fotografato una situazione di work in progress per quanto riguarda le principali competenze dell’Ufficio: la scuola, la casa di riposo, la kasherut. Ha poi preso la parola il rabbino capo Alfonso Arbib sottolineando la necessità di trovare nuovi collaboratori per l’Ufficio, per sostituire coloro che negli scorsi mesi lo hanno lasciato. “Ma è necessario prendere atto anche di un altro punto importante - ha spiegato il rav - L’Ufficio rabbinico di Milano è da sempre sottodimensionato, e vorrei che almeno a lungo termine, si trovasse una soluzione”. L’Assessore alle finanze Foà ha prontamente risposto all’osservazione, evidenziando che “le risorse per eliminare il problema della carenza di organico ci sono e sono a disposizione. L’Ufficio rabbinico e la scuola sono i due pilastri fondamentali della nostra Comunità, per cui il budget deve essere necessariamente adeguato. Si tratta solo di individuare le persone giuste, e di dare all’Ufficio un’impronta più efficiente”. La discussione è andata avanti a lungo, con l’intervento di molti consiglieri, anche a proposito della possibilità di maggiori sinergie con i rabbanìm delle varie edot milanesi, e della difficoltà di configurare un’efficienza lavorativa per mansioni così particolari, quali quelle di un rabbino, che in molti casi devono essere svolte per mitzvah, e non semplicemente legate all’orario d’ufficio.
Sono stati poi presentati i primi risultati di un punto qualificante dell’attuale consiglio e in particolare della maggioranza: le iniziative per i giovani. Sylvia Sabbadini e Tana Abeni, rispettivamente coordinatrici under e over 18, hanno parlato del lavoro svolto finora e delle prospettive per il futuro. Per quanto riguarda la situazione under 18 è in cantiere una serata di fund raising per i due principali movimenti ebraici giovanili, Benè Akiva e Hashomer Hatzair. Tana Abeni ha poi parlato degli eventi targati Efes2, l’ormai consolidato ufficio giovani della Comunità milanese, con feste, shabbaton, corsi di cucina, scambi con il resto d’Italia e d’Europa. Assolutamente impressionati dal grande lavoro e dai risultati raggiunti, i consiglieri “adulti” si sono complimentati, e alcuni di loro hanno espresso l’auspicio di riuscire a prendere esempio dai giovani per risolvere i problemi dei “grandi”. Ancora più grande entusiasmo con cui è stato accolto l’aggiornamento sul progetto della radio web comunitaria sponsorizzata da radio 105, che comincerà a trasmettere nel giro di alcuni mesi (nell'immagine il logo della emittente).
Infine l’assessore Cohen ha illustrato la situazione dell’offerta culturale della Comunità, e in particolare dei i progetti di Kesher e di Revivim, parlando di quello che essi sono e rappresentano nel presente, ma soprattutto di quello che si spera potranno diventare in futuro.
Prospettive per il futuro, queste dunque le parole-chiave espresse dal Consiglio di novembre della Comunità ebraica di Milano. Dove, a differenza di quello che è accaduto in altre occasioni, si è parlato non solo di problemi o di questioni aperte, ma anche di soluzioni già trovate o possibili.

Rossella Tercatin


pilpul
La cacciata degli ebrei dall'Italia meridionale
pubblicoUn importante, ottimamente riuscito convegno internazionale, organizzato dall’Università “l’Orientale” di Napoli (su impulso, soprattutto, dell’instancabile Giancarlo Lacerenza, grande benemerito della promozione degli studi ebraici in Italia), ha inteso commemorare, lunedì e martedì scorsi, a cinquecento anni di distanza, la cacciata degli ebrei dall’Italia meridionale.
L’espulsione del 1510, seguì, com’è noto, quella decretata, 18 anni prima, dai sovrani cattolici di Spagna, e fu una inevitabile conseguenza della diretta sottomissione di Napoli – fino al 1503 sottoposta al dominio aragonese, improntato a una tradizione di relativa tolleranza e accoglienza - al Regno di Spagna. Alla base del provvedimento ci furono diverse ragioni, fra cui l’esigenza della corona di Madrid di cementare la recente unità del regno, sulla base di un clericalismo vissuto in modo assolutamente oppressivo, violento e oscurantista, nel rifiuto di qualsiasi dialettica culturale, nazionale e religiosa. Il tutto con l’avallo e l’istigazione di un clero retrivo e oscurantista, imbevuto di fanatismo, intolleranza e morboso antisemitismo.
Nel 1492, com'è noto, dopo la conquista di Granada e la cacciata dei Mori, il bando di espulsione dalla Spagna - seguito, nel 1498, dalla cacciata dal Portogallo - segnò una terribile sciagura per il popolo israelita, che proprio nella penisola iberica aveva, da secoli, la sua principale dimora. E, dopo l’annessione del 1503, le attese conseguenze di tale catastrofe, per gli ebrei napoletani, non si fecero attendere. Già nel 1506 re Ferdinando ordinò che tutti gli ebrei portassero sugli abiti un segno distintivo di colore rosso e poi, il 2 novembre 1510 - sotto la spinta di una virulenta predicazione antigiudaica, promossa in primo luogo dalla Chiesa cattolica, tanto romana quanto locale -, fu firmato, a Madrid (e poi pubblicato, a Napoli, la mattina del 23 novembre), un primo bando di espulsione, in forza del quale dovettero abbandonare la città tutti gli israeliti, ad eccezione di coloro che fossero in grado di pagare ogni anno 3000 ducati alla casa reale (cosa che solo 200 famiglie furono in grado di fare). Nel 1515 il bando fu applicato anche agli ebrei convertiti (i cosiddetti cristiani novelli o neofiti, successivamente chiamati marrani), nel 1533 un editto (poi sospeso) ordinò agli israeliti di convertirsi o di partire entro sei mesi, nel 1535 la tassa per poter restare salì a 10.000 ducati e nel 1541, infine, tutti gli ebrei, anche i più facoltosi, vennero definitivamente allontanati. Le cifre ufficiali (probabilmente assai esagerate) attestano di 30.000 persone espulse nel 1510, e di altre 42.000 nel 1541. Un esodo forzato le cui conseguenze si sono fatte sentire in tutti i secoli successivi, giacché gli ebrei rappresentavano la parte più aperta e cosmopolita del Mezzogiorno d’Italia, ed erano fra i pochi ad avere costanti contatti - non solo commerciali, ma anche familiari e culturali - con gli abitanti di altre contrade, anche molto lontane, tanto da potersi dire che la loro cacciata condannò Napoli e il Sud a un destino di chiusura e provincialismo non ancora, purtroppo, del tutto superato.
È significativo ricordare l’esito, sul piano storico e giuridico, dei due editti di espulsione, quello dalla Spagna, del 1492, e quello da Napoli, del 1510. Il primo, sia pur sostanzialmente superato dalla “gloriosa Costituzione” del 1869, e poi dalla Legge Rivera del 1924, rimase tuttavia formalmente in vigore fino al 1968, quando fu finalmente cancellato dal Generale Francisco Franco. Il secondo (a parte una breve, effimera revoca disposta da Carlo III di Borbone, tra il 1740 e il 1747) non fu invece mai revocato, e venne meno soltanto col crollo del regno borbonico, a seguito dell’impresa di Garibaldi e dell’unificazione d’Italia sotto i Savoia, che permise, già nel dicembre 1861 - nel nuovo clima, laico e liberale, di apertura al pluralismo religioso e culturale (già ufficialmente riconosciuto, nel Regno sabaudo, dallo Statuto Albertino del 1848) - la sottoscrizione di un "Progetto per la fondazione di una Comunità Israelitica di Napoli", che giunse a realizzazione nel 1864, con l'inaugurazione ufficiale della “Università Israelitica di Napoli”. Un dato da ricordare, nell’approssimarsi dell’altra, importante ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.

Francesco Lucrezi, storico

Vajeshev e la proibizione
rabelloIl racconto di Giuseppe ci offre anche interessanti spunti giuridici: "In seguito a questo, la moglie del padrone pose gli occhi su Giuseppe, e gli disse: «Giaci con me». Egli rifiutò protestando «…niente mi ha vietato eccetto te perché sei sua moglie; come potrei commettere una azione così cattiva, peccando verso D-o? »" (Gen. 39: 7-9). Rashì, basandosi sul Talmud Bavlì, Sanhedrin 57a, commenta: "Ai figli di Noè sono state proibite le unioni illecite" (come quelle con una donna sposata). Due sono gli elementi portati da Giuseppe: il non voler tradire il suo padrone che ha avuto fiducia in lui e il non voler peccare verso D-o (Ramban). La proibizione dell'adulterio e dell'incesto appare già all’inizio del libro della Genesi; nel racconto della creazione di Adamo troviamo il primo riferimento esplicito al problema, riferimento che naturalmente è valido ancor oggi per ogni uomo (figlio di Noè), ed è alla base del matrimonio ebraico stesso: "Perciò l’uomo abbandona padre e madre, si unisce con la moglie e diviene con lei come un essere solo" e Rashì, in loco: «È lo spirito santo che dice queste parole, proibendo ai figli di Noè le relazioni incestuose». Il Midrash Bereshit Rabbà 18,5 si esprime: «Si unisce con sua moglie – Rabbì Abbahu dice a nome di R. Johanan: i figli di Noè (tutta l’umanità) sono responsabili per relazioni sessuali con donne sposate (ad altri). Il Maimonide fissa la norma nel suo Mishné Torà, Hilchot Melachim: 9,5: «Sei situazioni di rapporto sessuale illecito sono vietate al Noachide: rapporto con la (propria) madre, con la moglie del proprio padre, con la propria sorella che abbia in comune la madre, con la moglie di altro uomo (ovvero adulterio), con un maschio (ovvero omosessualità) , con un animale (ovvero bestialità)». La situazione era ben lungi dall'essere facile per Giuseppe: "Un giorno in cui era entrato in casa per fare il suo lavoro e nessuno della gente di casa era là presente" (Gen. 39:11); per l'amorà Rav, Giuseppe era venuto per svolgere la sua normale attività lavorativa, ma per un altro amorà, Shemuel, Giuseppe avrebbe avuto intenzione di stare con la moglie di Potifar ma all'ultimo momento gli apparve l'immagine di Jaakov suo padre (T.B. Sotà 36b); "ha detto Rabì Avin: ha visto anche l'immagine di Rachel" (sua madre morta; T. Jerushalmi, Horaiot 2:5). Questa è la vera forza dell'educazione; la vita è piena di tentazioni ma è in questi frangenti che viene richiesta l'influenza della educazione avuta e Giuseppe seppe superare la prova nel momento più difficile. I racconti dei Padri ci vengono offerti per dare a noi, loro figli, un insegnamento: anche noi, una volta che ci troviamo in una situazione moralmente difficile, dobbiamo avere la possibilità di avvertire la presenza di una persona cara che ci richiami per raddrizzare le nostre vie.

Alfredo Mordechai Rabello, giurista

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La pace fra Israele e Palestina
spiegata con Angry Birds
 
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angry birdsAngry Birds è uno dei giochi più scaricati in assoluto per iPhone e da un po’ di tempo ha anche una versione per iPad. Nel videogioco alcuni maiali verdi, brutti e cattivi hanno rubato le uova a un gruppo di agguerriti pennuti che vogliono vendicarsi.  »
 
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