Un Seminario rabbinico
internazionale cui parteciperanno rabbini provenienti da Comunità di
tutta Europa: Nottingham, Cracovia, Katowice, Varsavia, Breslavia,
Colonia, Monaco, Heidelberg, Dortmund, Lisbona, Modena, Praga,
Stoccolma, Lione, Hannover, Oslo, si svolgerà a Torino, dal 25-29
Novembre.
Il Seminario, organizzato dalla Comunità di Torino in collaborazione
con “The Etel and Adolf Beren Educators Institute”, “The Joseph Strauss
Rabbinical Seminary”, “Scuola Rabbinica Margulies-Disegni”, “Fondazione
Marchese G. De Levy” e “World Zionist Organisation”, ha per tema: “Le
Comunità in Europa con lo sguardo verso il futuro”.
Vi saranno sessioni riservate ai soli rabbini e numerose iniziative
rivolte ai membri della comunità, in particolare quelle che si
svolgeranno durante lo shabbath e altre dedicate ai giovani, alle donne
e alle famiglie.
Vi saranno lezioni di due eminenti Maestri dell’ebraismo contemporaneo:
rav Shlomo Riskin e rav Yechiel Wasserman.
Il Seminario si inserisce nel vasto programma avviato dal Consiglio
della Comunità di Torino e dal rabbino capo Eliahu Birnbaum volto da un
lato, ad inserire la comunità ebraica torinese nel vasto contesto di un
ebraismo internazionale moderno e dinamico e dall’altro, ad imprimere
un deciso impulso alle attività educative, con l’obiettivo di
conseguire un esteso rafforzamento dell’identità ebraica e il più ampio
coinvolgimento degli ebrei torinesi.
Il notevole incremento di partecipazione alle diverse iniziative fin
qui attuate sia in campo culturale-educativo che in quello
sociale-ricreativo, nonché il tendenziale aumento di frequentatori del
Beth ha Kenesset, dimostrano la positiva accoglienza nei confronti
della svolta che è stata impressa alla vita comunitaria e aprono nuove
prospettive alla Comunità di Torino e, più in generale, all’intero
ebraismo italiano.
Tullio Levi, presidente della
Comunità Ebraica di Torino
|
|
Consiglio ricco di spunti
per la Comunità Ebraica di Milano. A tenere banco, in un clima disteso
e costruttivo, due tematiche fondamentali della politica comunitaria:
la situazione dell’Ufficio rabbinico e le iniziative rivolte ai giovani.
Sul primo punto, l’assessore al culto Hasbani ha fotografato una
situazione di work in progress per quanto riguarda le principali
competenze dell’Ufficio: la scuola, la casa di riposo, la kasherut. Ha
poi preso la parola il rabbino capo Alfonso Arbib sottolineando la
necessità di trovare nuovi collaboratori per l’Ufficio, per sostituire
coloro che negli scorsi mesi lo hanno lasciato. “Ma è necessario
prendere atto anche di un altro punto importante - ha spiegato il rav -
L’Ufficio rabbinico di Milano è da sempre sottodimensionato, e vorrei
che almeno a lungo termine, si trovasse una soluzione”. L’Assessore
alle finanze Foà ha prontamente risposto all’osservazione, evidenziando
che “le risorse per eliminare il problema della carenza di organico ci
sono e sono a disposizione. L’Ufficio rabbinico e la scuola sono i due
pilastri fondamentali della nostra Comunità, per cui il budget deve
essere necessariamente adeguato. Si tratta solo di individuare le
persone giuste, e di dare all’Ufficio un’impronta più efficiente”. La
discussione è andata avanti a lungo, con l’intervento di molti
consiglieri, anche a proposito della possibilità di maggiori sinergie
con i rabbanìm delle varie edot milanesi, e della difficoltà di
configurare un’efficienza lavorativa per mansioni così particolari,
quali quelle di un rabbino, che in molti casi devono essere svolte per
mitzvah, e non semplicemente legate all’orario d’ufficio.
Sono stati poi presentati i primi risultati di un punto qualificante
dell’attuale consiglio e in particolare della maggioranza: le
iniziative per i giovani. Sylvia Sabbadini e Tana Abeni,
rispettivamente coordinatrici under e over 18, hanno parlato del lavoro
svolto finora e delle prospettive per il futuro. Per quanto riguarda la
situazione under 18 è in cantiere una serata di fund raising per i due
principali movimenti ebraici giovanili, Benè Akiva e Hashomer Hatzair.
Tana Abeni ha poi parlato degli eventi targati Efes2, l’ormai
consolidato ufficio giovani della Comunità milanese, con feste,
shabbaton, corsi di cucina, scambi con il resto d’Italia e d’Europa.
Assolutamente impressionati dal grande lavoro e dai risultati
raggiunti, i consiglieri “adulti” si sono complimentati, e alcuni di
loro hanno espresso l’auspicio di riuscire a prendere esempio dai
giovani per risolvere i problemi dei “grandi”. Ancora più grande
entusiasmo con cui è stato accolto l’aggiornamento sul progetto della
radio web comunitaria sponsorizzata da radio 105, che comincerà a
trasmettere nel giro di alcuni mesi (nell'immagine il logo della emittente).
Infine l’assessore Cohen ha illustrato la situazione dell’offerta
culturale della Comunità, e in particolare dei i progetti di Kesher e
di Revivim, parlando di quello che essi sono e rappresentano nel
presente, ma soprattutto di quello che si spera potranno diventare in
futuro.
Prospettive per il futuro, queste dunque le parole-chiave espresse dal
Consiglio di novembre della Comunità ebraica di Milano. Dove, a
differenza di quello che è accaduto in altre occasioni, si è parlato
non solo di problemi o di questioni aperte, ma anche di soluzioni già
trovate o possibili.
Rossella
Tercatin
|
|
|
|
La cacciata degli ebrei
dall'Italia meridionale
|
|
Un importante, ottimamente
riuscito convegno internazionale, organizzato dall’Università
“l’Orientale” di Napoli (su impulso, soprattutto, dell’instancabile
Giancarlo Lacerenza, grande benemerito della promozione degli studi
ebraici in Italia), ha inteso commemorare, lunedì e martedì scorsi, a
cinquecento anni di distanza, la cacciata degli ebrei dall’Italia
meridionale.
L’espulsione del 1510, seguì, com’è noto, quella decretata, 18 anni
prima, dai sovrani cattolici di Spagna, e fu una inevitabile
conseguenza della diretta sottomissione di Napoli – fino al 1503
sottoposta al dominio aragonese, improntato a una tradizione di
relativa tolleranza e accoglienza - al Regno di Spagna. Alla base del
provvedimento ci furono diverse ragioni, fra cui l’esigenza della
corona di Madrid di cementare la recente unità del regno, sulla base di
un clericalismo vissuto in modo assolutamente oppressivo, violento e
oscurantista, nel rifiuto di qualsiasi dialettica culturale, nazionale
e religiosa. Il tutto con l’avallo e l’istigazione di un clero retrivo
e oscurantista, imbevuto di fanatismo, intolleranza e morboso
antisemitismo.
Nel 1492, com'è noto, dopo la conquista di Granada e la cacciata dei
Mori, il bando di espulsione dalla Spagna - seguito, nel 1498, dalla
cacciata dal Portogallo - segnò una terribile sciagura per il popolo
israelita, che proprio nella penisola iberica aveva, da secoli, la sua
principale dimora. E, dopo l’annessione del 1503, le attese conseguenze
di tale catastrofe, per gli ebrei napoletani, non si fecero attendere.
Già nel 1506 re Ferdinando ordinò che tutti gli ebrei portassero sugli
abiti un segno distintivo di colore rosso e poi, il 2 novembre 1510 -
sotto la spinta di una virulenta predicazione antigiudaica, promossa in
primo luogo dalla Chiesa cattolica, tanto romana quanto locale -, fu
firmato, a Madrid (e poi pubblicato, a Napoli, la mattina del 23
novembre), un primo bando di espulsione, in forza del quale dovettero
abbandonare la città tutti gli israeliti, ad eccezione di coloro che
fossero in grado di pagare ogni anno 3000 ducati alla casa reale (cosa
che solo 200 famiglie furono in grado di fare). Nel 1515 il bando fu
applicato anche agli ebrei convertiti (i cosiddetti cristiani novelli o
neofiti, successivamente chiamati marrani), nel 1533 un editto (poi
sospeso) ordinò agli israeliti di convertirsi o di partire entro sei
mesi, nel 1535 la tassa per poter restare salì a 10.000 ducati e nel
1541, infine, tutti gli ebrei, anche i più facoltosi, vennero
definitivamente allontanati. Le cifre ufficiali (probabilmente assai
esagerate) attestano di 30.000 persone espulse nel 1510, e di altre
42.000 nel 1541. Un esodo forzato le cui conseguenze si sono fatte
sentire in tutti i secoli successivi, giacché gli ebrei rappresentavano
la parte più aperta e cosmopolita del Mezzogiorno d’Italia, ed erano
fra i pochi ad avere costanti contatti - non solo commerciali, ma anche
familiari e culturali - con gli abitanti di altre contrade, anche molto
lontane, tanto da potersi dire che la loro cacciata condannò Napoli e
il Sud a un destino di chiusura e provincialismo non ancora, purtroppo,
del tutto superato.
È significativo ricordare l’esito, sul piano storico e giuridico, dei
due editti di espulsione, quello dalla Spagna, del 1492, e quello da
Napoli, del 1510. Il primo, sia pur sostanzialmente superato dalla
“gloriosa Costituzione” del 1869, e poi dalla Legge Rivera del 1924,
rimase tuttavia formalmente in vigore fino al 1968, quando fu
finalmente cancellato dal Generale Francisco Franco. Il secondo (a
parte una breve, effimera revoca disposta da Carlo III di Borbone, tra
il 1740 e il 1747) non fu invece mai revocato, e venne meno soltanto
col crollo del regno borbonico, a seguito dell’impresa di Garibaldi e
dell’unificazione d’Italia sotto i Savoia, che permise, già nel
dicembre 1861 - nel nuovo clima, laico e liberale, di apertura al
pluralismo religioso e culturale (già ufficialmente riconosciuto, nel
Regno sabaudo, dallo Statuto Albertino del 1848) - la sottoscrizione di
un "Progetto per la fondazione di una Comunità Israelitica di Napoli",
che giunse a realizzazione nel 1864, con l'inaugurazione ufficiale
della “Università Israelitica di Napoli”. Un dato da ricordare,
nell’approssimarsi dell’altra, importante ricorrenza del
centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.
Francesco Lucrezi, storico
|
|
Vajeshev e la
proibizione
|
|
Il racconto di Giuseppe ci
offre anche interessanti spunti giuridici: "In seguito a questo, la
moglie del padrone pose gli occhi su Giuseppe, e gli disse: «Giaci con
me». Egli rifiutò protestando «…niente mi ha vietato eccetto te perché
sei sua moglie; come potrei commettere una azione così cattiva,
peccando verso D-o? »" (Gen. 39: 7-9). Rashì, basandosi sul Talmud
Bavlì, Sanhedrin 57a, commenta: "Ai figli di Noè sono state proibite le
unioni illecite" (come quelle con una donna sposata). Due sono gli
elementi portati da Giuseppe: il non voler tradire il suo padrone che
ha avuto fiducia in lui e il non voler peccare verso D-o (Ramban). La
proibizione dell'adulterio e dell'incesto appare già all’inizio del
libro della Genesi; nel racconto della creazione di Adamo troviamo il
primo riferimento esplicito al problema, riferimento che naturalmente è
valido ancor oggi per ogni uomo (figlio di Noè), ed è alla base del
matrimonio ebraico stesso: "Perciò l’uomo abbandona padre e madre, si
unisce con la moglie e diviene con lei come un essere solo" e Rashì, in
loco: «È lo spirito santo che dice queste parole, proibendo ai figli di
Noè le relazioni incestuose». Il Midrash Bereshit Rabbà 18,5 si
esprime: «Si unisce con sua moglie – Rabbì Abbahu dice a nome di R.
Johanan: i figli di Noè (tutta l’umanità) sono responsabili per
relazioni sessuali con donne sposate (ad altri). Il Maimonide fissa la
norma nel suo Mishné Torà, Hilchot Melachim: 9,5: «Sei situazioni di
rapporto sessuale illecito sono vietate al Noachide: rapporto con la
(propria) madre, con la moglie del proprio padre, con la propria
sorella che abbia in comune la madre, con la moglie di altro uomo
(ovvero adulterio), con un maschio (ovvero omosessualità) , con un
animale (ovvero bestialità)». La situazione era ben lungi dall'essere
facile per Giuseppe: "Un giorno in cui era entrato in casa per fare il
suo lavoro e nessuno della gente di casa era là presente" (Gen. 39:11);
per l'amorà Rav, Giuseppe era venuto per svolgere la sua normale
attività lavorativa, ma per un altro amorà, Shemuel, Giuseppe avrebbe
avuto intenzione di stare con la moglie di Potifar ma all'ultimo
momento gli apparve l'immagine di Jaakov suo padre (T.B. Sotà 36b); "ha
detto Rabì Avin: ha visto anche l'immagine di Rachel" (sua madre morta;
T. Jerushalmi, Horaiot 2:5). Questa è la vera forza dell'educazione; la
vita è piena di tentazioni ma è in questi frangenti che viene richiesta
l'influenza della educazione avuta e Giuseppe seppe superare la prova
nel momento più difficile. I racconti dei Padri ci vengono offerti per
dare a noi, loro figli, un insegnamento: anche noi, una volta che ci
troviamo in una situazione moralmente difficile, dobbiamo avere la
possibilità di avvertire la presenza di una persona cara che ci
richiami per raddrizzare le nostre vie.
Alfredo Mordechai Rabello, giurista
|
|
|
notizieflash |
|
rassegna
stampa |
La
pace fra Israele e Palestina
spiegata con Angry Birds
|
|
Leggi la rassegna |
Angry Birds è uno dei giochi
più scaricati in assoluto per iPhone e da un po’ di tempo ha anche una
versione per iPad. Nel videogioco alcuni maiali verdi, brutti e cattivi
hanno rubato le uova a un gruppo di agguerriti pennuti che vogliono
vendicarsi. »
|
|
|
continua
>> |
|
|
|
|
è il giornale dell'ebraismo
italiano |
|
|
|
|
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|
|
|
|