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3 dicembre 2010 - 26 Kislev 5771
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
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Roberto Colombo
Roberto
Colombo,
rabbino 

Miracolo di Hanukkah: un fenomeno soprannaturale. Perché, si chiede il talmud, non vi sono  più i miracoli di una volta? Non per il poco  studio, diceva Abbaiè. Oggi si studia più di un tempo. Gli antichi, forse meno colti, sapevano però cos’era il rispetto e come santificare il Nome e Dio li  ripagava con miracoli. Oggi ci gloriamo solo per la  cultura. (Talmud Berachòt 20a). Il futuro di una comunità non dipende, dunque, dalla  quantità di corsi di studio e convegni rabbinici che vi vengono organizzati ma dalla capacità di creare un clima interno di  rispetto e di Kiddùsh Hashèm. Chi crede che sfoggiare cultura basti ad  avere un  futuro avrà per questo bisogno di un miracolo. Che non  arriverà.     
Sonia
Brunetti Luzzati,
pedagogista



sonia brunetti luzzati
I Maestri nel trattato mishnaico dei Pirqè Avot delineano con nettezza tappe e obiettivi del sistema educativo: “A cinque anni (si deve  studiare) la Scrittura; a dieci la Mishnah, a quindici la Ghemarà”. Una sorta di curriculum ante litteram stimolante per sintesi e  completezza. Ricercatori della School of Education alla Bar Ilan University hanno  dedicato alcuni anni all’analisi del curriculum di Torah  nella realtà  delle scuole ebraiche “ortodosse” inglesi e nord americane. Nonostante le ovvie differenze culturali tra i diversi Paesi colpisce il fatto che gli insegnanti di Torah, a New York o a Londra,  dichiarino di avere problemi non dissimili da quelli esposti dai  docenti nostrani e su un punto concordano tutti: non ci sono ancora  strumenti efficaci per verificare ciò che gli allievi hanno davvero  imparato. Problema moderno o antico?  
davar
Israele - Solidarietà sul fronte del fuoco
incendio CarmelMentre decine di migliaia di alberi delle preziose foreste di Galilea ardono nel più vasto incendio che Israele si trova a fronteggiare, mentre si combatte per salvaguardare gli abitanti, la natura e il territorio e si rende omaggio alle decine di soccorritori e di civili che hanno perso la vita, il vasto fronte di aiuti internazionali che si sta dispiegando per fare da barriera alle fiamme porta in primo piano un segno di solidarietà fra le genti del Mediterraneo che spesso faticano a intendersi. Come già negli scorsi giorni avevano ampiamente dimostrato le rivelazioni da fonti diplomatiche diffuse sul web, le ragioni dell'unica democrazia del Medio Oriente non sono forse care solo agli ebrei di tutto il mondo, ma anche a tutte le società avanzate e persino a molti regimi islamici che spesso per opportunismo preferiscono tacere sulla scena pubblica. Israele è il bene più prezioso, le sue sorti e la sua integrità sono nel cuore di tutti noi. Ricordiamolo, aggiungendo luce, restando uniti alla vigilia di questo Shabbat Chanukka. E sentendoci accanto a tutti coloro che si espongono con determinazione per estinguere il fronte del fuoco.

gv

Pagine Ebraiche – L’Italia ebraica a Congresso
pagine ebraicheL’ultimo numero del 2010 del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche in questi giorni in distribuzione non poteva trascurare un momento fondamentale di questo mese di dicembre: il Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che vedrà anche l’intervento del Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha accettato l’invito che il presidente del'Ucei Renzo Gattegna gli ha consegnato insieme al giornalista Arrigo Levi, oggi Consigliere alle relazioni esterne del Quirinale. Un momento, quello dell’invito al Colle, che anche Enea Riboldi racconta simbolicamente nella vignetta che dona a Pagine Ebraiche questo mese. È proprio Arrigo Levi il protagonista del colloquio con il direttore Guido Vitale. Nell'intervista il grande giornalista rievoca la sua vita e il suo itinerario di ebreo cosmopolita al 100 per cento e di italiano al 100 per cento (“E se la somma fa più di cento - racconta Levi - non è colpa mia, ma della storia della mia gente e della mia vita come l’ho vissuta”).
Il Congresso UCEI in programma dal 5 all’8 dicembre rappresenta una quattro giorni in cui non solo verranno rinnovati gli organi di governo, ma anche e soprattutto si discuterà della riforma dello Statuto che regola la vita dell'ebraismo italiano, delle Comunità e di molte altre istituzioni dell’ebraismo italiano. Così sono molti gli interventi sul tema ospitati nelle pagine del giornale. Fra i leader ebraici italiani e gli esperti parlano fra gli altri oltre ai giuristi Guido Neppi Modona e Giorgio Sacerdoti, Leone Paserman, Giacomo Saban, Anna Segre e i Consiglieri Ucei Valerio Di Porto, Anselmo Calò, Dario Calimani, Gadi Polacco. Ma a offrire il proprio contributo al dibattito, che dopo lunghi mesi giunge in dirittura d’arrivo, appaiono non sono soltanto leader e cariche elettive: nelle pagine degli editoriali, intellettuali di diverso orientamento, da Sergio Della Pergola ad Anna Foa, da David Bidussa a Ugo Volli, da Giorgio Israel a Claudio Vercelli lanciano ai delegati al Congresso “messaggi in bottiglia”, per raccontare dalle prospettive più differenti il mondo ebraico e le istituzioni ebraiche che vorrebbero. In un editoriale intitolato "La posta in gioco" il Presidente dell'Unione Renzo Gattegna rivolge a tutti l'augurio che il dibattito sprigioni tutto il potenziale e la ricchezza intellettuale dei partecipanti.
Una delle questioni più complesse su cui il Congresso è chiamato a discutere è il ruolo del rabbinato e il suo rapporto con le istituzioni comunitarie. Negli scorsi mesi grande è stato il fermento intorno a questo tema. Qualche ulteriore chiarimento lo fornisce il presidente della Comunità di Torino, Tullio Levi, rispondendo alla sollecitazione di una lettera pervenuta in redazione. Viene inoltre tracciato un primo bilancio dell’operato del nuovo rabbino capo di Torino, rav Eliahu Birnbaum, a cinque mesi dalla sua nomina, e presentato il nuovo rabbino capo di Venezia, rav Gili Benyamin, che entrerà in carica al posto di rav Elia Richetti, ormai prossimo alla pensione (pag. 10).
Non poteva che essere significativo, fra l'altro, l’apporto dei rabbini italiani, insieme a quello di molti altri studiosi, al dossier di questo numero, che è dedicato a un tema centrale per l'identità di tutti gli ebrei contemporanei: il Talmud, a poche settimane dalla conclusione della monumentale opera di traduzione commentata dall’antico testo in aramaico all’ebraico moderno, realizzata da rav Adin Steinsaltz. E una buona notizia è arrivata per l’Italia: con il sostegno del Collegio Rabbinico e dell’UCEI parte un progetto di traduzione del Talmud anche in italiano. Pagine Ebraiche racconta la profonda attualità di questo testo, punto di riferimento dell’identità ebraica nei secoli passati, come al giorno d’oggi, in pagine aperte dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, con un impianto grafico del tutto originale, che richiama la complessa e straordinaria impaginazione del Talmud di Vilna, capitale lituana culla di straorinari rabbanim e pensatori, tra cui Nissim Gaon, i cui commenti corredano il Talmud. Seguono fra gli altri gli interventi di rav Alberto Moshe Somekh, rav Gianfranco Di Segni, Stefano Levi Della Torre e Donatella Di Cesare.
L’intensa vita ebraica lituana fu spazzata via dai nazisti e lasciata nell’oblio dai sovietici durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Oggi finalmente agli ebrei lituani il governo ha riconosciuto gli indennizzi per quello che persero. A questa notizia, insieme alla corsa alle risorse energetiche del Polo Nord è dedicata la sezione di Orizzonti per uno sguardo rivolto verso l’estero, mentre l'area Eretz si occupa di un progetto israeliano per sfamare Gaza, oltre a contenere le rubriche di Rothshild Boulevard e Kol Ha-Italkim. Infine l’approfondimento economico è dedicato al rapporto tra etica ebraica e spirito del capitalismo, con il contributo dell’economista Aviram Levy.
Ma dicembre è anche il mese di altri appuntamenti importanti per l’ebraismo italiano, primo fra tutti la festa di Hanukkah, cui è dedicata la fotonotizia in copertina che richiama la mostra dei Cento lumi con la sua collezione di hanukkiot d’autore, che da Casale Monferrato è attualmente in trasferta a Parigi. Alle luci di Hanukkah e al loro rapporto col tema dell’educazione è dedicato anche l’intervento di rav Roberto della Rocca nelle sezione di cultura ebraica, in cui si parla anche del mese di Tevet, della parola Beth HaKeneseth e della ragione per cui si prega in lingua ebraico.
In questi mesi poi inizia l’iter di valutazione dei progetti che hanno risposto al bando di concorso per il Museo dell’Ebraismo Italiano che sorgerà a Ferrara, al centro di molti interventi comparsi negli scorsi mesi su Pagine Ebraiche, che torna a fare il punto sulla situazione in questo numero. Un altro aggiornamento è quello relativo alla situazione del Tempio italiano di Gerusalemme, cui era stata dedicata la copertina del giornale a novembre, con un appello alla solidarietà per reperire i fondi per il restauro. Nelle pagine di apertura troviamo anche l’annuncio di un premio dedicato a Guido Fubini e un nuovo ciclo di corsi a Milano per il progetto Revivim.
Nella sezione dedicata alla cultura ci si occupa ancora di Persecuzione, il nuovo di romanzo di Alessandro Piperno. Lucilla Efrati  parte da una domanda: Leo Pontecorvo e Rachel Spizzichino, i due protagonisti, rappresentano davvero gli ebrei romani, la loro identità, le loro sfumature? Dopo aver fatto parlare in anteprima i critici letterari nel numero di novembre, Pagine Ebraiche lo ha chiesto a sette componenti della Comunità ebraica di Roma, di differente età, formazione e professione, ma tutti accomunati dal vivere profondamente la loro identità di ebrei romani, dall’appartenere a famiglie ebraiche romane da generazioni, se non da secoli. Rav Benedetto Carucci Viterbi, Marco Di Porto, rav Amedeo Spagnoletto, Dora Piperno, Mario Pacifici, Stefania Anav, Stefano Valabrega. Ne emerge un mosaico di idee e impressioni molto diverse e spontanee.
Prosegue poi l’approfondimento sul filosofo ebreo Carlo Michelstaedter nel centenario della sua prematura scomparsa, con la presentazione della mostra goriziana Far di se stesso fiamma, e del nuovo libro di Sergio Campailla, Il segreto di Nadia B.
Da leggere poi l’intervista di Anna Momigliano allo scienziato Simon Baron Cohen, cugino di Sasha-Borat, ma soprattutto una delle massime autorità mondiali in tema di autismo, la rievocazione della storia di Harry Houdini, il mago e acrobata che incantò il mondo, cui il Museo ebraico di New York dedica una mostra questo inverno, e ancora le pagine di storia e memoria dedicate alle donne di scienza perseguitate dal fascismo e al libro di Liliana Picciotto L’alba ci colse come un tradimento dedicato al campo di concentramento di Fossoli.
Per finire, Pagine Ebraiche di dicembre dedica il ritratto a Eric Cantor, stella nascente dei repubblicani al Congresso Usa. Immancabile, in chiusura, una gustosa notizia di sport, svelata a Pagine Ebraiche dal talent scout Israel Maoz: nel pezzo di Adam Smulevich si racconta che il campionissimo ex Milan Ricardo Kakà avrebbe potuto arrivare in Italia diversi anni prima, ma la Fiorentina se lo fece soffiare.

rt


Hanukkah 5771 - Roma, luce fra i giovani
chanukkà romaLa seconda luce di Hanukkah  è stata accesa a Roma nel cortile della scuola ebraica al Portico d'Ottavia. Fra i presenti, assieme al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, al presidente della prima Comunità ebraica italiana Riccardo Pacifici e al direttore della Scuola ebraica Rav Benedetto Carucci Viterbi anche l'ambasciatore presso la Santa Sede Mordechay Lewy e l'assessore capitolino alle politiche educative Laura Marsilio. »



pilpul
L'abitudine all'abitudine 
di segniNella Meghillat Antiochos, una delle fonti antiche che racconta la storia di Chanukkà, si dice che i Greci si accanirono contro tre riti ebraici: lo Shabbat, il Capo Mese e la Milà. Passi per lo Shabbat e la Milà, che sono pilastri dell'ebraismo, ma cosa di tanto importante c'era nel Capo Mese? Effettivamente, soprattutto quando esisteva il Miqdash, il Capo Mese era un momento importante, prescritto dalla Torà; la parashat hachodesh è la prima mitzwà data a Moshè. Ma perché dava tanto fastidio ai Greci? Le risposte a questa domanda si basano su quanto detto prima, ma si può proporre qualche idea in più.
In italiano si dice “alle calende greche” per indicare una data inesistente. Le calende erano presso i romani il primo giorno del mese lunare, e non c'erano nel calendario greco. E già questo si pone come un elemento di differenza tra ebrei e greci. Ma c'è un altro dato rilevante. Presso gli ebrei la determinazione della data del Capo Mese avveniva con una procedura speciale che prevedeva l'avvistamento della nuova luna in cielo, la raccolta della testimonianza relativa e quindi il decreto del Tribunale di Gerusalemme, l'unica autorità con questa facoltà, che poi veniva diffuso in tutto il mondo ebraico. Le date delle feste si basavano su questa procedura.
Cosa c'entra tutto questo con i Greci? Anche loro avevano un calendario basato sulla luna e anche loro dovevano prevedere un correttivo per adattare il calendario lunare a quello solare. L'anno solare dura circa 11 giorni in più dell'anno di 12 mesi lunari, alternativamente di 29 e 30 giorni, per cui bisogna ogni tanto aggiungere un mese di compenso per rispettare il ciclo agricolo naturale che si basa sul sole. Tutto questo nell'antica Israele avveniva sotto il controllo del Sinedrio che decideva quando dovesse cominciare il mese e in quali anni aggiungere un mese in più prima di Pesach.
I Greci però avevano capito il trucco; con un semplice calcolo l'astronomo Metone aveva scoperto che un ciclo di 19 anni di mesi lunari + 7 mesi aggiuntivi coincideva con la durata di 19 anni solari, per cui si poteva disporre un sistema automatico. La cosa fu introdotta in Grecia nel 432 prima dell'era cristiana, molto prima della dominazione dei Seleuci della terra d'Israele, dell'ellenismo e della rivolta degli Asmonei. Conoscendo il sistema di Metone (ma probabilmente c'erano già arrivati da soli, se non l'avevano già scoperto i Babilonesi) i rabbini del Sinedrio si sarebbero risparmiati la fatica della complessa procedura di ogni inizio mese. Effettivamente questo fu quello che accadde ben otto secoli dopo Metone, quando la grande Diaspora e le persecuzioni contro il Sinedrio costrinsero uno degli ultimi suoi patriarchi, Hillel II, ad istituire il sistema di calendario perpetuo e automatico, basato su cicli di 19 anni, che è quello che ancora oggi usiamo.
Perché i rabbini non adottarono subito il sistema di Metone? Sembra difficile che si tratti di ostinazione antiscientifica. E' invece l'espressione della volontà di lasciare il controllo degli eventi e di tutta la vita religiosa nelle mani degli uomini, piuttosto che nell'automatico svolgimento delle cose. In questo si segnalava una radicale opposizione al pensiero greco, alla sua razionalità, al rapporto con la natura. E questo spiegherebbe perché i greci se la presero tanto non solo con Shabbat e Milà, ma anche contro il Capo Mese.
C'é una parola chiave in questa opposizione che torna nelle halakhot di Chanukka: reghel, che in ebraico indica l’arto inferiore, la festa e l’abitudine. Le luci devono brillare fino a che non finisca reghel min hashuq, il camminare, il passeggio dalla strada. Sono state date spiegazioni simboliche a questo reghel; per Levi Izchaq di Berditchev (Qedushat Lewi) è l'espressione dell'abitudine, del normale corso degli eventi, in opposizione al senso profondo di Chanukkà che indica invece l'elemento provvidenziale, non automatico e non ciclico. Il miracolo a Chanukkà proprio questo sta a indicare, e la luce che lo racconta deve durare fino a quando non finisca dalla strada l'abitudine all'abitudine. E a conferma di questa lettura si può richiamare la famosa storia del pagano che voleva convertirsi, prima con Shammai e poi con Hillel, con la pretesa di apprendere la Torà mentre stava su un unico reghel; che di solito si spiega mentre stava su un solo piede, ma che si spiega meglio pensando che reghel assomiglia alla parola latina regula, da cui regola, in italiano. Il pagano voleva tutta la Torà in una sola regola (e Hillel gliela dà), i Maestri chiedono che la luce di Chanukkà brilli fini a che non finisca l'idea che il mondo si basa solo sulla regola, sulla legge fisica. In apparenza si può decidere con una buona approssimazione che il Capo Mese capiti a date fisse, ma questa è una regola razionale. Il pensiero della Torà vuole superare questo limite.

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
  

Luci, frittelle e trottole 
Anna SegreIl dreidel di latta, che avevo comprato prima di Hanukkah, portava incise, sulle quattro facce, delle lettere in ebraico: nun, ghimel, he e shin. Secondo il babbo, queste erano le lettere iniziali di parole che significavano un grande miracolo è avvenuto là. … Ma per noi bambini ghimel significava vittoria, nun sconfitta, he mezza vittoria e shin un’altra possibilità per il giocatore. (Isaac Bashevis Singer, Una notte di Hanukkah). Anche nel racconto di Singer sembra rivelarsi una sorta di doppia identità di Hanukkah, forse simile a quella di cui parlava ieri rav Di Segni. La festa pare non avere lo stesso significato per i bambini e per gli adulti. In effetti sono le stesse tradizioni legate a Hanukkah a determinare questa divaricazione: mentre in altre feste (pensiamo per esempio a Pesach) tutto ciò che si fa per coinvolgere i bambini rimanda immediatamente alla storia che si vuole ricordare, a Hanukkah tra accensione delle candeline, frittelle e trottole la vicenda dei Maccabei sembra quasi passare in secondo piano. Anche le canzoni di Hanukkah parlano quasi sempre di luci, frittelle e trottole. Singer nei racconti che compongono Una notte di Hanukkah e parte di Zlateh la capra non lascia molto spazio né alla vittoria dei Maccabei né al miracolo dell’olio: tra storie fantastiche e vicende struggenti, dalla Russia zarista, al ghetto di Varsavia, il filo conduttore è la luce di Hanukkah che permette di tenere viva l’identità ebraica e accende una speranza quando tutto sembra perduto; ma in qualche modo in tutti i racconti anche le frittelle e le trottole prima o poi fanno la loro comparsa.

Anna Segre, insegnante

notizieflash   rassegna stampa
Israele -  Incendio in Galilea, Netanyahu ringrazia Erdogan
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Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha rivolto oggi un messaggio di ringraziamento personale - dopo mesi di gelo - al collega turco, Recep Tayyip Erdogan, per l'invio da parte di Ankara di due Canadair impegnati in queste ore a far fronte al mega-incendio divampato sul monte Carmelo, vicino a Haifa. La Turchia è stata fra le prime a rispondere alla richiesta di aiuti internazionali lanciata ieri da Netanyahu, nel pieno di una situazione che gli apparati israeliani si sono rivelati non in grado di affrontare da soli. L'episodio rappresenta un primo scambio di cortesie - oltre che l'occasione di un primo contatto fra i premier - fin dall'inizio del grave deterioramento dei rapporti fra i due Paesi (a lungo alleati strategici) iniziato circa due anno fa. 
 
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