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16 gennaio 2011 - 11 Shevat 5771
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Benedetto Carucci Viterbi
Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino 

Quattro quinti degli ebrei rimasero in Egitto e morirono durante i tre giorni di oscurità, lasciando un grande numero di bambini orfani. Questi ultimi furono portati alla libertà dal restante quinto, che li adottò e li curò durante gli spostamenti nel deserto. Il popolo che si sta formando si fonda sulla solidarietà.

David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
Secondo una ricerca coordinata dalla psicologa Chiara Volpato (Università di Milano Bicocca) in Italia ha ripreso a circolare un linguaggio discriminativo che ha la sua codifica nell’Italia delle leggi razziste. Può essere, ma non mi convince la tesi che tutto sia cominciato nel 1938. Il movimento politico nazionalista in Italia, che nasce nel 1910, senza parlare di purezza del sangue, diceva nel 1917-1918 le stesse cose che poi nel 1938 diventano ideologia di regime. Non sono le cattive compagnie che hanno rovinato noi italiani. L’essenziale l’abbiamo fatto tutto da soli, senza l’aiuto di nessuno. 
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davar
Insegnare la Memoria - Un seminario e Roma e a Milano
Scuola internazionale di Yad VashemUna settimana di studio full immersion è quella organizzata dal Centro pedagogico del dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Scuola internazionale di Yad Vashem (ISHS, nell'immagine a fianco) che coinvolgerà prima a Roma e poi a Milano gli insegnanti e i direttori della rete delle Scuole ebraiche guidati da Leah Roshkowsky responsabile per l'educazione scolastica e universitaria della ISHS.
Nel corso delle sessioni, si farà riferimento, in ebraico e in italiano, e particolare attenzione all’aspetto didattico e non solo contenutistico con specifico riferimento anche alle fasce di età i cui contenuti sono indirizzati.
Le giornate di studio romane che si svolgono al Centro bibliografico Ucei, prevedono due diversi seminari, uno di livello avanzato e l'altro di livello iniziale, il primo dei quali ha preso avvio questa mattina con il saluto del rav Roberto Della Rocca direttore del 
dipartimento Educazione e Cultura Ucei e Odelia Liberanome, coordinatrice del Centro pedagogico e che prevede due temi di approfondimento: il ghetto ebraico, la sua nascita, il confronto fra i ghetti di Varsavia, Lodz e Vilna, la sua visione attraverso gli occhi di un soldato tedesco, il modo in cui lo si può insegnare ai ragazzi di scuola primaria e la Shoah, il concetto di “soluzione finale” e come fu possibile attuarla, i dilemmi “dell'ebreo credente” e quelli della dirigenza rabbinica.
Martedi 18 gennaio inizierà, invece, il seminario di livello iniziale rivolto all'approfondimento dello studio della didattica della Shoah con particolare riguardo ai seguenti punti: dall’antisemitismo moderno alla nascita dell’ideologia nazista, racconti e testimonianze sulla persecuzione ebraica in Germania,, didattica della Shoah e dell’antisemitismo attraverso la lettura del testo “ Volevo volare come una farfalla”, i Giusti fra le Nazioni.
La formazione in Italia degli insegnanti della rete delle scuole ebraiche, da parte della Scuola Internazionale di Yad Vashem prevede anche una fase seminariale a Milano. Il progetto è stato curato dall'insegnante Ruth Keret, con l'aiuto dei professori Esterina Dana e Mino Chamla, in collaborazione con il Centro Pedagogico e prevede due mattinate di studio con i ragazzi di quarta e quinta superiore in preparazione al viaggio della Memoria, un incontro aperto a tutti gli insegnanti della scuola ed un ultimo incontro di formazione con gli educatori che accompagneranno gli studenti al viaggio.
Il progetto di Milano è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione per la Scuola della Comunità Ebraica di Milano.

l.e.

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pilpul
Davar acher - Le liste e la civiltà cattolica
Ugo VolliNon occorre forse aspettare il Giorno della Memoria per riflettere sulla notizia dell'ennesima scoperta di liste di ebrei pubblicate in internet da neonazisti. Non basta indignarsi, occorre pensare un po' più a fondo. La storia insegna che queste liste sono solo un passo del meccanismo della persecuzione; non l'ultimo della violenza effettiva (grazie al Cielo non ci sarebbero oggi le condizioni da noi perché lo fosse), ma neanche il primo. Prima della pubblica gogna degli ebrei durante il fascismo (non solo le liste, ma anche l'indicazione dei negozi ebrei, le espulsioni da scuole, lavori, associazioni), vennero infatti le leggi razziali che le giustificavano; le leggi razziali furono introdotte dalla precedente propaganda di riviste come "La difesa della razza" e dal manifesto degli scienziati razzisti (firmato, è bene ricordarlo oltre che da tutta la nomeklatura fascista, anche da "scienziati", politici e personalità della "società civile" che di lì fecero carriera come Almirante, Badoglio, Missiroli, Soffici, Evola, Fanfani, Bocca, Gedda, padre Gemelli, Papini, Gentile, Guareschi: per l'elenco completo vedi http://www.internetsv.info/Manifesto.html).
Tutto questo però ancora non è il vero inizio del processo culturale che portò ai treni per Auschwitz. Prima del razzismo fascista vennero molti decenni di martellante propaganda mirante a decostruire l'idea liberale dell'uguaglianza degli esseri umani e dei cittadini per stabilire un' "eccezione ebraica". Gli ebrei, secondo questa propaganda form[avano] "una nazione straniera nelle nazioni in cui dimorano e nemica giurata del loro benessere", "stranieri in ogni paese, nemici della gente di ogni paese che li sopporta"; "combatte[vano] il cristianesimo e la Chiesa, pratic[avano] l'omicidio rituale dei bambini cristiani, av[evano] nelle loro mani un potere politico capace di condizionare gli stati e soprattutto possiede[vano] grandi ricchezze conquistate con l'usura e quindi avrebbero un fortissimo potere economico". Questa parole vengono da un'analisi del gesuita Giuseppe De Rosa che riassume l'atteggiamento antisemita (lui dice antigiudaico, ma si tratta di una distinzione che non regge l'analisi) della rivista gesuita "Civiltà cattolica". Ne parla a lungo David Kerzner in quel libro importante e assai censurato in Italia che è "I papi contro gli ebrei", tradotto da Rizzoli nel 2002.
"Civiltà cattolica" non fu certo l'unica rivista a tenere questo atteggiamento, né la Chiesa fu la sola agenzia sociale a propagandare l'antisemitismo otto e novecentesco. Ma è bene ricordare che non furono i piccoli falsari come il Simonini raccontato da Eco a compiere questa azione di delegittimazione e demonizzazione, ma grandi istituzioni pubbliche rispettabili e serie, fra cui molte forze politiche esplicitamente cattoliche, com'è il caso per esempio dell'Austria col partito cattolico/antisemita del sindaco di Vienna Karl Lueger ("il maestro di Hitler") e della Francia in cui la campagna contro Deryfus fu guidata da giornali cattolici come "La Croix" e "Le Pélerin", mobilitando gli scrittori cattolici da Daudet a Barrès, da Maurras a Bernanos.
Perché parlare di queste cose oggi? Perché tutti si scandalizzano delle liste di proscrizione o alle lezioni negazioniste all'università che ritornano periodicamente agli onori della cronaca, ma nessuno bada alle condizioni che rendono possibili questi abomini e cioè alla più o meno sottile opera di delegittimazione e demonizzazione che le precede. Perché nei prossimi giorni ricorrono, stranamente e forse giustamente vicine le giornate della memoria e del dialogo ebraico-cristiano, che dovrebbero essere entrambe occasioni di riflettere su questo tema.
E infine perché mi sembra di capire che dopo una pausa di qualche decennio (Kertzner attribuisce a De Rosa la considerazione che "Civiltà cattolica" "mutò la sua linea solo nel 1965") la rivista dei gesuiti abbia ripreso a lavorare sull'immagine degli ebrei, con la variante non secondaria di non occuparsi più della "razza" ebraica, ma dello "stato" ebraico - ma con contenuti non troppo diversi, e di nuovo facendo l'avanguardia della posizione vaticana. E' noto infatti che "le bozze della rivista vengono riviste dalla Segreteria di Stato" e dunque manifestano la posizione ufficiosa della Santa Sede.
E' infatti di qualche giorno fa un'anticipazione pubblicata dall'Ansa di un editoriale firmato da Padre Giovanni Sale in cui sostanzialmente si dice che la nascita dello stato di Israele è stato un crimine contro l'umanità. La conseguenza di questa valutazione è che, secondo il riassunto dell'Ansa, "il problema dei profughi palestinesi, nato nel '48 da una vera e propria «pulizia etnica», «va trattato in sede internazionale», va affrontato «con realismo e risolto nell'interesse innanzitutto, delle parti lese», nella consapevolezza che «non esiste una proposta che accontenti tutti»." Chi ha orecchie per intendere...
Questa lettura, profondamente delegittimante, fa il paio con i risultati del Sinodo dei vescovi mediorientali, tenutosi qualche mese fa (in cui, è bene ricordare, il redattore della risoluzione finale dichiarò nella conferenza stampa conclusiva che Israele non aveva più alcun diritto storico-religioso sulla "Palestina" perché la promessa divina dell'"Antico testamento" era stata abolita dal "Nuovo", sicché l'elezione ebraica era senza fondamento; e nell'occasione fu anche presentato un documento interconfessionale che fra altre amenità definiva "un peccato contro Dio" la fondazione dello Stato di Israele, che per padre Sale è solamente un "crimine contro l'umanità"). E poi la partecipazione alla conferenza Durban 2 contro il parere della maggior parte degli stati occidentali, la bizzarra teoria più volte espressa che le persecuzioni dei cristiani nel mondo islamico derivano dall'esistenza dello stato di Israele (la "violenta irruzione del sionismo a Gerusalemme" per usare le parole di Vittorio Messori, scandalose perché più esplicite del felpato linguaggio della diplomazia vaticana, ma non sostanzialmente diverse). E cento altri episodi che si ripetono, l'ultimo dei quali è la partecipazione cattolica a un colloquio con i musulmani a Doha per discutere del destino di Gerusalemme, da cui naturalmente gli ebrei sono esclusi. Sono le prove di un "compromesso storico" fra mondo cattolico e islamismo, il cui prezzo sembra essere Israele.
Naturalmente è possibile avere tutte le opinioni diverse su temi concreti come i confini di Israele o la colpevolezza di Dreyfus. Ma si supera la linea che separa la critica politica dall'antisemitismo (e dunque dai passi preparatori delle "liste") quando gli ebrei e il loro stato sono criticati in quanto tali, delegittimando la loro presenza, demonizzando le loro azioni e usando un doppio standard per valutare le loro azioni e quelle degli altri (così per esempio il Papa, che a elevato le sue proteste contro "l'occupazione" israeliana della Cisgiordania durante la sua visita a Cipro, tacendo dell'occupazione militare turca di metà del territorio dello stato cipriota. Sono le tre D proposte da Sharanski per testare l'antisemitismo contemporaneo. Spiace dover prendere atto che la politica vaticana e buona parte dell'opinione cattolica (non solo gli estremisti alla Pax Christi) oggi rientrano ampiamente in questi criteri.

Ugo Volli

Ben Ali e la fuga dalla Craxi Avenue
Sergio MinerbiLa fuga del presidente tunisino Zine el Abidin Ben Ali riporta alla mente il ruolo dell’Italia nel suo arrivo alla massima carica della Tunisia. Secondo “Paginauno” ciò fu merito del SISMI rendendo l’Italia complice del colpo di stato del 1987 con l’aiuto attivo di Bettino Craxi, presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. C’è chi ricorda un incontro a Tunisi fra Craxi, Andreotti e Yasser Arafat il quale aveva ricevuto laute sovvenzioni da Craxi. Ciò spiega anche lo strano atteggiamento assunto da Craxi nell’ottobre 1985 quando l’aereo coi terroristi palestinesi che avevano ucciso Klinghoffer sulla nave Achille Lauro atterrò a Sigonella. Il principale colpevole, Abu Abbas, fu rilasciato dalle autorità italiane e si rifugiò in Jugoslavia. I legami sempre più stretti fra Italia e i tre paesi del Maghreb, portarono alla Tunisia una pioggia di miliardi in nome della cooperazione italo-araba. L’inchiesta Mani pulite costrinse poi Craxi a fuggire nel maggio 1994, ed egli si rifugiò latitante nella sua villa di Hammamet in Tunisia, protetto da Ben Ali.

CraxiCraxi morì il 19 gennaio 2000 (il regime tunisino intitolò all'uomo di stato italiano anche alcuni grandi viali (vedi la foto).
Questa vicenda si chiude ora con la fuga in Arabia Saudita di Ben Ali e la fine di certi sogni italiani. Secondo alcuni osservatori le ragioni principali dell’improvviso crollo di Ben Ali risiedono nei costumi corrotti della moglie, la disoccupazione rampante e i prezzi dei generi alimentari notevolmente aumentati. Secondo altri il mondo arabo si sta aprendo sia a internet e alle televisioni satellitari come Al Jazira e Al Arabia che danno spesso un quadro più completo di quanto il governo vorrebbe. Sempre nel mondo arabo si teme ora un possibile effetto domino su paesi moderati come l’Egitto, la Giordania e l’ Arabia Saudita.
Dal punto di vista israeliano, Ben Ali che aveva represso i fondamentalisti islamici, aveva anche permesso l’apertura di un ufficio israeliano a Tunisi dal 1996 al 2000. Corre voce che Ben Ali abbia deciso di lasciare l’Arabia Saudita e di trasferirsi in Libia, ciò che potrebbe turbare il ritorno alla calma in Tunisia. Mentre si discute sulla crisi tunisina già sorge la preoccupazione per la crisi libanese. Questa sera il capo degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, parlerà alla televisione della sua fazione mentre domani il tribunale internazionale del’Aja, potrebbe annunciare i nomi degli indiziati per l’assassinio del Premier Rafik Hariri, suscitando un nuovo vespaio.

Sergio Minerbi

(Nell'immagine un ritratto di Sergio Minerbi tratto dagli appunti grafici di Guido Lopez. Al grande intellettuale, scrittore ed editore milanese recentemente scomparso Pagine Ebraiche di gennaio, attualmente in distribuzione, dedica un affettuoso ritratto a due voci firmato dal figlio Fabio Lopez e da Alberto Cavaglion).

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Sorgente di vita: dalla Memoria
alla festa ebraica di Tu-bishvat
  Leggi la rassegna

Sorgente di vita di domenica 16 gennaio apre con la storia di Arminio Wachsberger, fiumano, arrestato a Roma durante la razzia del 16 ottobre 1943 e deportato ad Auschwitz, dove diventa interprete di Mengele, il medico degli esperimenti su cavie umane. Unico sopravvissuto della famiglia, dopo la liberazione ricostruisce a Milano la propria esistenza: oggi le figlie raccolgono il testimone della sua memoria...
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