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2 marzo
2011 - 26 Adar 5771
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Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova
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“...e fecero...come
aveva ordinato l’Eterno a Moshè” (Shemot 39:1).
Questa espressione è ripetuta più volte per indicare le qualità, fuori
dal normale, di Bezalel e di coloro che si sono occupati della
costruzione del Mishkan. Fecero tutto precisamente “come ordinato
dall’Eterno”. In effetti, come scrive Meir Rubman, è facile essere “più
o meno” un buon ebreo, uno che studia “un po’” di Torah , una persona
che possiede “all’incirca” buone doti morali. Quello che che è
difficile è saper eseguire con precisione quello che ci viene
richiesto...
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Vittorio Dan
Segre,
pensionato
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Non paragonare la tua vita a quella degli altri. Non sai quanto abbiano
sofferto nella loro.
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Riflettori sul cinema israeliano |
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Per
il presidente Shimon Peres l’esito degli Academy Awards rappresenta un
riconoscimento importante per Israele. "Il prestigioso riconoscimento
artistico - ha dichiarato il presidente dello Stato israeliano - ha
finalmente indirizzato l’attenzione dei media internazionali
sull’umanità che la nostra società sa esprimere".
Alla cerimonia
di premiazione, che si è svolta nella tradizionale cornice del Kodak
Theatre di Hollywood, la parte della prima donna è spettata a Natalie
Portman. La giovane attrice, già data per favorita, ha vinto l’Oscar
come Miglior protagonista femminile per la convincente interpretazione
ne Il cigno nero di Darren Aronofsky.
La
giuria degli Academy Awards conferma così l’esito dei Golden Globe: il
secondo premio cinematografico più prestigioso aveva già incoronato
Natalie Portman Miglior attrice del 2010. Commossa, l’israeliana è
stata accolta sul red carpet da un lunghissimo applauso.
Ma il
successo più gradito al presidente Peres, che "mette in luce l'umanità
di Israele", è senza dubbio quello, meno atteso, di Stranger no more.
Vincitore della statuetta iridata per la categoria Miglior documentario
breve, il cortometraggio girato da Karen Goodman e Kirk Simon
racconta la condizione dei lavoratori immigrati e dei loro figli che
studiano alla scuola pubblica di Tel Aviv. Nel cuore della capitale
economica d'Israele c'è l’Istituto Bialik-Rogozin:
vi studiano bambini e ragazzi provenienti da quarantotto paesi diversi,
le cui famiglie versano per lo più in condizioni di povertà e disagio.
Come illustrano le interviste realizzate da Goodman e Simon agli
allievi della scuola - molte di queste famiglie sono in fuga da regimi
oppressivi, diseguaglianze, disoccupazione, fame. In questo istituto i
figli dei migranti e dei perseguitati politici vengono accolti senza
badare a criteri di provenienza geografica. Non vengono più considerati
stranieri, da cui il titolo del documentario. I giovani della scuola
Bialik-Rogozin raccontano al regista le situazioni da cui sono fuggiti
e il percorso d'integrazione che hanno intrapreso in Israele, la difficoltà e le speranze.
Infine
va segnalata la tripletta incassata da The social network. Il film che
racconta la storia del giovane Mark Zuckerberg e del colossale network
da lui creato si è aggiudicato i titoli di Miglior montaggio, Miglior
colonna sonora originale e Miglior sceneggiatura non originale. Il
produttore di The social network Scott Rudin si è dovuto accontentare
di tre riconoscimenti minori, dopo aver visto sfumare l’illusione della
nomination per il titolo di Miglior film. La statuetta più ambita se
l’è aggiudicata Il discorso del re: Miglior film, diretto da Tom Hooper
(Miglior regia), interpretato da Colin Firth (Miglior attore
protagonista).
A bocca asciutta i fratelli Joel e Ethan Coen. Il
Grinta, il loro nuovo western che fa il verso al film con John Wayne
del 1969, non ha visto premiata nessuna delle dieci nomination ottenute.
Manuel Disegni
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Qui Milano - Guerra dei numeri e dimissioni in
Consiglio
Giunta determinata a proseguire sulla via del rinnovamento |
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Una riunione di Consiglio
estremamente combattuta e protrattasi a lungo nella notte, i gruppi di
minoranza convinti di farsi interpreti delle inquietudini che
attraversano la Comunità, una compagine di governo decisa a proseguire
nel lavoro di rinnovamento e di riforma delle istituzioni e del
rapporto fra iscritti e istituzioni. La realtà ebraica milanese si è
confermata ancora sede di un serrato confronto e laboratorio avanzato
dei problemi e dei progetti dell'ebraismo italiano.
L’epilogo è quello che in ogni organo elettivo si vorrebbe
evitare: le dimissioni di due Consiglieri di minoranza, Walker Meghnagi
e Daniela Zippel, che alle elezioni di maggio, candidati insieme nella
lista Unità e Continuità, avevano ottenuto il primo e il terzo posto
per numero di preferenze ricevute (al secondo posto l’attuale
presidente Roberto Jarach, capolista di Ken che ha portato in Consiglio
dieci rappresentanti). Eppure, nonostante la scossa che la loro
decisione ha portato con sé, sarebbe riduttivo considerare soltanto
questo momento per fotografare la riunione del Consiglio. Perché è
stato un momento in cui si sono discusse molte tematiche fondamentali
per la vita della Comunità, in un confronto caratterizzato da una
particolarità: l’analisi dei numeri.
Sono stati proprio i numeri ad assumere il ruolo di pomo della
discordia. Non soltanto per la diversa lettura che maggioranza e
opposizione hanno proposto riguardo ai dati relativi ad iscrizioni,
trasferimenti e cancellazioni da Comunità e Scuola ebraica, ma anche
per il diverso approccio alle considerazioni matematiche. Della
trasparenza nella presentazione dei dati, economici e non, riguardanti
la gestione comunitaria, l’attuale Giunta, con l’assessore alle Finanze
Alberto Foà in testa, ha fatto un suo punto di forza, considerandola la
migliore rappresentazione dello stato delle cose e del lavoro portato
avanti. Una metodologia osteggiata, almeno in parte, dall’opposizione,
partendo dall’idea che non è con i numeri, o almeno non è soltanto con
quelli, che si governa una kehillah.
Dunque Foà ha messo in risalto che sono stati entrati nella lista dei
contribuenti oltre 1200 iscritti che prima della riorganizzazione del
sistema dei tributi non erano nemmeno stati censiti, a fronte di 79
cancellazioni dalla Comunità e di un centinaio di richieste di
trasferimento, sottolineando ancora una volta come per la sopravvivenza
della Comunità stessa sia fondamentale che i suoi iscritti le
attribuiscano un valore e siano disponibili a contribuire. Viceversa
alcuni Consiglieri di opposizione hanno messo in risalto il grande
disvalore che comporta la perdita di ogni iscritto, di ogni “anima
ebraica”.
Un discorso analogo è stato ripetuto per le iscrizioni a scuola, dove i
dati forniti parlano di una trentina di ragazzi tra elementari, medie e
superiori che hanno richiesto il nulla osta per proseguire i propri
studi altrove, mentre invece al nido (che la giunta ha deciso di
rendere gratuito), si registra un trend di crescita del numero dei
bambini che porterebbe ad almeno una decina di piccoli in più rispetto
all’anno in corso.
Di numeri, nell’ambito della Comunità di Milano, si parla da mesi anche
a proposito dell’esposizione debitoria, che rimane allarmante, in
particolare per il mancato versamento negli anni scorsi dei contributi
previdenziali spettanti ai dipendenti, come è stato evidenziato al
momento di votare la delibera, passata a grande maggioranza, che
prevede la dismissione di alcuni immobili di proprietà della Comunità
per risolvere il problema.
Ma è stata la discussione sulla scuola, sulla necessità di rilanciare
le superiori e di contrastare la fuoriuscita degli studenti, che ha
prodotto lo strappo finale di Meghnagi e poi di Zippel, insoddisfatti
per l’approccio della Giunta, giudicato “poco ebraico” e poco attento
alle situazioni specifiche delle famiglie.
Uno strappo che impone al Consiglio una riflessione sul proprio operato
al di là delle logiche di maggioranza e opposizione, come si è
percepito dal clima e dagli interventi che hanno fatto seguito alle
dimissioni dei due Consiglieri. Anche perché, come era già stato fatto
notare in precedenza durante la riunione, il Consiglio e la Giunta
milanesi lavorano ormai sotto i riflettori di numerosi mezzi di
informazione, che sembrano aver profondamente cambiato il modo di
percepire gli organi di governo della Comunità da parte della Comunità
stessa. E la consapevolezza di questa situazione ha spesso contribuito
a incrementare il nervosismo della dialettica tra maggioranza e
opposizione, ma soprattutto tra la Comunità come istituzione e la
Comunità come base di iscritti. Bollettini e newsletter personali e di
gruppo (alcune animate da iscritti alla Comunità, una anche da un
Consigliere di minoranza, Guido Osimo) hanno svolto secondo alcuni un
ruolo utile, secondo altri hanno invece giocato a favore
dell’allarmismo nel porre l’accento sui problemi a discapito della
volontà di costruire, diffondendo riferimenti numerici e quantitativi
talvolta privi di riscontro nella realtà dei fatti. Per questa ragione
in molti e in modo bipartisan hanno parlato della necessità di un
ripensamento della strategia di comunicazione.
Il Consiglio si è chiuso formulando un invito indirizzato a Walker
Meghnagi e Daniela Zippel a riconsiderare la decisione di dimettersi,
esprimendo grande apprezzamento per il valore che apportano in termini
di competenza e di rappresentatività. A discutere della loro presa di
posizione e dei problemi da cui è scaturita sarà probabilmente un nuovo
Consiglio nei prossimi giorni.
Nel frattempo l’intera comunità avrà l’occasione di incontrarsi
domenica 6 marzo per festeggiare il ritorno al Tempio centrale degli
argenti rubati. Una celebrazione che potrà rappresentare un momento di
coesione, e forse di riflessione a proposito dei grandi cambiamenti che
la Comunità ebraica di Milano sta attraversando.
Rossella
Tercatin
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Il paragone sbagliato
di Umberto Eco
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Il paragone recentemente
formulato da Umberto Eco, in occasione della Fiera del libro di
Gerusalemme, tra Berlusconi e Hitler appare profondamente sbagliato e
offensivo, per diverse ragioni.
Innanzitutto - ma è l’argomento che ci interessa di meno -, se il
semiologo, più che esprimere una valutazione storica, intendeva
soprattutto esternare la sua avversione al premier italiano, è evidente
che non ha affatto raggiunto il suo obiettivo, in quanto i sostenitori
di questo (come era logico e prevedibile) hanno facilmente sfruttato la
gaffe come ennesima, autorevole dimostrazione del presunto “odio
antiberlusconiano”, che porterebbe i detrattori del Presidente del
Consiglio, anche quelli di maggiore levatura culturale, a dire
qualsiasi sciocchezza pur di colpire il loro eterno bersaglio.
Nel merito, lo scrittore ha fondato il suo giudizio sul fatto che
entrambi i personaggi evocati sarebbero saliti al potere grazie a
libere elezioni, per poi dare cattiva prova di sé. Da questo punto di
vista, l’osservazione appare di una grande banalità, perché il
parallelismo (anche accettando, ovviamente, l’iscrizione del nostro
discusso Silvio nel “libro nero”) potrebbe allora estendersi ad altre
centinaia di personaggi, probabilmente alla maggioranza dei capi di
stato e di governo saliti alla ribalta nel Novecento e nei primi anni
del nuovo secolo. Basterebbe fare l’elenco dei vari leader dell’America
latina, dell’Africa, dell’ex Unione Sovietica, dei Balcani ecc. per
rendersene conto.
Se poi, come abbiamo detto, Eco non è riuscito a offendere Berlusconi,
è certamente riuscito a offendere gli ebrei, e chiunque abbia a cuore
la memoria della Shoah, al cui processo di banalizzazione, con le sue
parole, ha dato un notevole contributo. “Hitler, certamente, è stato
cattivo, ma uno dei tanti, e la sua cattiveria è facilmente emulabile,
anche da parte di uno come Berlusconi, che - comunque lo si voglia
giudicare - difficilmente può essere ascritto alla categoria dei ‘geni
del male’, o dei ‘supermostri’”. Questo, piaccia o non piaccia, è il
senso del messaggio.
Se, infine, la sortita è stata infelice, infelicissimo il luogo in cui
è stata pronunciata, Gerusalemme, dove la conoscenza di Hitler non
passa attraverso i libri di storia, ma è scolpita nella viva carne di
tutti i cittadini. Non se ne poteva scegliere uno peggiore.
Così come abbiamo severamente criticato (nel Pilpul del 6 ottobre
scorso) la volgare battuta di Berlusconi sulla Shoah, stigmatizziamo
quindi le parole di Eco. Dovremmo dire, forse, che la delusione, in
questo caso, è stato maggiore, provenendo tali parole da un grande
intellettuale, di levatura mondiale. Ma sappiamo bene che la
superficialità e la grossolanità nei confronti degli ebrei e della loro
storia non albergano solo nell’ignoranza e nella stupidità, ma fanno
facilmente breccia anche nella cultura e nell’intelligenza. Ce l’ha
insegnato, fra gli altri, proprio Umberto Eco, che all’antisemitismo
colto ha voluto dedicare il suo ultimo, fortunato
romanzo.
Francesco
Lucrezi, storico
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Le
rivolte in Medio Oriente
e il rischio terrorismo in Israele
Bruxelles,
1 marzo 2011
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Leggi la rassegna |
“Il rischio di una minaccia
terroristica nei confronti di Israele non è sovrastimato", così il
viceministro degli Esteri israeliano, Danny Avalon, si è espresso, nel
corso di una conferenza stampa a Bruxelles in merito all'ondata
rivoluzionaria che sta agitando Nord Africa e Medio Oriente. “Guardando
indietro alle reazioni di fronte alla rivoluzione in Iran - ha spiegato
il viceministro - sul momento non si è riconosciuto il rischio e si sa
cosa è successo dopo. Abbiamo visto la stessa cosa con Hamas"...»
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
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