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22 maggio 2011 - 18 Iyar 5771
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

"Se camminerete nei miei statuti". Dal verso della parashà letta ieri si impara, secondo la spiegazione di Rashi, la necessità di faticare nello studio della Torah. Solamente faticando nella applicazione e nel tentativo di comprensione si può realmente fare propria la Torah, sapendo d'altra parte che questa azione non può essere altro che un cammino senza fine.

David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
"Siamo una generazione più preparata e siamo la generazione meno valorizzata". Così stava scritto ieri mattina a Puerta del sol, a Madrid. Il futuro nella figura dei nostri figli ci chiede il conto. Non è solo il ritorno dell'eterno conflitto tra genitori e figli, ma anche il fallimento di un'idea di benessere rincorso senza guardare oltre. Non riguarda solo la crisi economica. La paura del futuro riguarda anche le decisioni politiche. Ovvero la convinzione che ciò che è andato finora sia la garanzia che anche domani funzionerà.
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davar
Cuore o cervello: il dilemma della vita
gianfranco di segniLa vita umana dipende dal cuore o dal cervello? Di questo, fra altri argomenti, si è parlato a Venezia domenica scorsa nel convegno organizzato dal Dec-Ucei, Ame (Associazione Medica Ebraica) e Comunità ebraica, con l’illustre partecipazione di Amos Luzzatto al quale è stato presentato il volume della Rassegna Mensile d’Israel a lui dedicato per i suoi 80 anni. Il dilemma cuore/cervello non è solo filosofico o accademico. È letteralmente una questione di vita o di morte. Se si dice che finché il cuore batte un uomo o una donna sono vivi, è preclusa la possibilità di espiantare un qualsiasi organo per trapiantarlo in un paziente che ne abbia bisogno. Tanto meno si potrebbe prelevare il cuore, perché ciò equivarrebbe a uccidere il donatore. Se viceversa diciamo che la vita dipende dal cervello, una volta sopraggiunta la morte cerebrale – anche a cuore battente –, gli organi (incluso il cuore) possono essere prelevati e trapiantati in qualcun altro.
Già dalla fine degli anni ’60, dopo i primi trapianti di cuore effettuati da C. Barnard, la domanda ha suscitato animate discussioni fra i maggiori rabbini del mondo. Una scuola di pensiero considera la vita strettamente legata al battito cardiaco: finché il cuore batte, si è vivi, a prescindere dalla condizione del cervello. L’altra scuola sostiene che la morte cerebrale, accertata con tutta una serie di rigorosi e ripetuti esami, è un segno sufficiente per decretare legalmente la morte e quindi permettere l’eventuale espianto degli organi, cuore incluso. Questa seconda opinione è quella seguita, dalla fine degli anni ’80, dal Rabbinato centrale israeliano (e, per inciso, dalla maggioranza dell’Assemblea rabbinica italiana). La prima opinione è quella seguita da molti autorevoli rabbini dei paesi anglo-sassoni e del mondo charedì israeliano.
Di fronte si hanno due ragioni contrapposte e incompatibili l’una con l’altra: la ragione del donatore, che si rischierebbe di uccidere se non fosse veramente morto, e quella del potenziale ricevente, che non potrebbe essere salvato o curato se non venisse effettuato il trapianto. Uccidere è uno dei divieti più gravi, ma anche salvare una vita o curare un malato è una mitzvà (precetto religioso). Se si è troppo rigorosi in un caso, si rischia di essere troppo facilitanti nell’altro.
È interessante ricordare che, a supporto dell’opinione che accetta la morte cerebrale come criterio valido, è riportato anche un brano del commento talmudico scritto da Rabbi Yehudà Aryè di Modena, noto come Leon (da) Modena, famoso rabbino veneziano (1571-1648). Spiegando un passaggio dell’Eyin Yaaqov (che è una collezione dei brani non legali del Talmud), il Rav di Venezia fra l’altro scrive (in trad. ital.): “Non c’è discussione sul fatto che il fondamento della vitalità risieda nel cervello e che se non c’è respirazione la vitalità del cervello è indubbiamente sparita” (vedi in Amar Ha-Bonè, Yomà 85a). Ovviamente queste parole non furono scritte pensando a un trapianto: il problema in discussione nel Talmud è come assicurarsi che qualcuno sia veramente morto, ma ciò è rilevante anche per il nostro dilemma. Ed è notevole che il commento talmudico di Leon da Modena, dopo tre-quattro secoli, sia tuttora letto e studiato e citato dai massimi esperti di bioetica ebraica contemporanei, come il Rav Prof. Avraham Steinberg, rabbino e neurologo, nell’Entziclopedia Hilkhatit Refuit (vol. 6, pp. 34-35, n. 60; trad. ingl. Encyclopedia of Jewish Medical Ethics, Feldheim 2003), opera per cui ha ricevuto il prestigioso Israel Prize nel 1999.

rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano e CNR



Rassegna Mensile di Israel - Omaggio ad Amos Luzzatto


amos luzzattoQuesta presentazione è essa stessa un omaggio a Amos, un ringraziamento per tutto quello che ha fatto, e non solo per «La Rassegna Mensile di Israel », ma per tutti noi.
Questo numero è per molti aspetti collegato alla stessa sua personalità; inoltre, alcuni degli articoli qui contenuti mettono in evidenza, ancora una volta, l’importanza di preservare e condividere la documentazione relativa al nostro passato.
In questo contesto è opportuno segnalare l’articolo di Asher Salah sulla corrispondenza intercorsa fra un importante esponente della Wissenschaft der Judentums, Moritz Steinschneider, e Samuele David Luzzatto e il Collegio Rabbinico di Padova, perché mette in luce da una parte l’importanza della stampa ebraica del periodo e dall’altra la preziosa raccolta di scritti di Shadal conservata nel Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Non mancano articoli che coinvolgono noi tutti in maniera diretta, come quello di Riccardo Di Segni sulla halakhà confrontata con il problema dei prematuri o quello di Cesare Efrati sui medici ebrei e la loro posizione nei confronti dei pazienti secondo la nostra tradizione, argomento questo che mi ricorda un personaggio famoso, che passò anche da queste parti nella sua migrazione dalla Spagna verso Salonicco, Amatus Lusitanus, che aveva introdotto un giuramento sostitutivo di quello di Ippocrate, eliminandone ogni riferimento pagano ed adeguandolo alla nostra visione etica.
L’atteggiamento della parte più colta della società ebraica italiana alla fine dell’Ottocento nei confronti delle teorie darwiniane è stato oggetto di uno studio da un altro dei presenti, Gianfranco Di Segni – e anche in questo caso è doveroso insistere sull’importanza del materiale conservato negli archivi del Centro Bibliografico, particolarmente i periodici ebraici dell'epoca. Myriam Silvera parla di un altro ebreo tormentato, come Ramchal, da noi: Baruch Spinoza. Massimo Giuliani si sofferma su Rosenzweig, Liliana Picciotto su Cantoni e Clotilde Pontecorvo fa un giro di interviste sul problema dell’identità. Infine un articolo di Amos stesso apre la porta ad una discussione molto animata.
Ma il mio scopo non è quello sia tanto di presentare i contenuti di questo volume sia di mostrare i loro collegamenti con Amos, quanto di insistere sul significato che hanno questi scritti per quelli fra noi che hanno vissuto e vivono i molteplici problemi del nostro ebraismo e non solo quelli specifici de «La Rassegna»… Infatti rispecchiano molti – ovviamente non tutti – i problemi che nella nostra vita quotidiana affrontiamo: quelli dell’interpretazione della nostra fede, quelli della nostra condotta di fronte a tendenze riformatrici, quelli del nostro atteggiamento quando confrontati con problemi della vita quotidiana, per citarne soltanto alcuni. Questi argomenti sono quelli che Amos ha saputo in passato affrontare, quelli che ci ha impegnati a studiare e che ci ha lasciati. Tentiamo di essere all’altezza di quanto, con l’esempio della sua vita, operosa e dalle tante sfaccettature, ci chiede.

Giacomo Saban

(Volume LXXIV, n.3, de «La Rassegna Mensile di Israel» in onore di Amos Luzzatto)


Qui Milano - Buon compleanno a Israele
con la partecipazione della Brigata ebraica
milano yom ha atzmautAnche a Milano è stato celebrato Yom Haatzmaut, il Giorno dell’Indipendenza dello Stato d’Israele, con una festa in piena regola in onore dei suoi 63 anni, organizzata dall’assessore al Culto della Comunità ebraica Milo Hasbani. Ai discorsi delle numerose personalità che hanno preso parte all’evento nell’Aula Magna della Scuola ebraica, infatti, si è aggiunto il contagioso ritmo delle musiche suonate dalla Banda militare di Tzahal, l’esercito di difesa israeliano, che ha fatto ballare l’intera sala.
Tanti gli ospiti d’onore israeliani che hanno portato il proprio saluto: oltre all’ambasciatore in Italia Gideon Meir, sono intervenuti il colonnello Yehu Ofer, addetto per la Difesa presso l’Ambasciata d’Israele e il Generale Yossi Ben Hana, alla presenza di Aryeh Mualem, vice direttore generale della Difesa e capo reparto per la Commemorazione dei Caduti.
Commovente è stata la partecipazione dei rappresentanti della Brigata ebraica, la formazione militare dell’esercito britannico composta da soldati provenienti dai territori che di lì a pochi anni sarebbero diventati lo Stato d’Israele, che fu protagonista nella liberazione dell’Italia dai nazi-fascisti. Accanto a loro, un gruppo di giovani di Tzahal, guidati dal hazan (cantore) militare Shai Avramson, con i loro canti, accompagnati dalle voci del coro Kol HaKolot, hanno coinvolto tutti i presenti.
Nei discorsi, scanditi dagli intermezzi musicali, anche il clima elettorale si è fatto sentire, con la partecipazione del sindaco di Milano Letizia Moratti, del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, del candidato al Comune per il Terzo Polo e presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri, mentre il deputato del Partito Democratico già presidente della Comunità ebraica Emanuele Fiano ha letto un messaggio del candidato sindaco del centro-sinistra Giuliano Pisapia.
“Penso sia stata una serata davvero riuscita, perché oltre ai discorsi ufficiali, vedere una sala piena che si mette a ballare al ritmo della banda di Tzahal è stato qualcosa di unico” ha commentato Daniele Nahun, assessore alle cittadinanze della Comunità, che ha condotto la manifestazione. Così come davvero unico è stato il suo momento conclusivo: l’Hatikvah, inno dello Stato ebraico è stata intonata da tutti i partecipanti sotto la guida di Avramson, che prima di ripartire per Israele con i suoi ragazzi, ha partecipato alla preghiera di Shachrit nel Tempio centrale Hechal David uMordekhai, rivolgendo una benedizione speciale alla Comunità ebraica di Milano.

Rossella Tercatin

Qui Firenze - Lettere dalla persecuzione
mario avagliano e marco palmieriLa presentazione dell’importante libro edito da Einaudi Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia-diari e lettere 1938-1945  di Mario Avagliano e Marco Palmieri ha finalmente avuto luogo anche a Firenze, dopo Roma, Torino, Milano e altri centri minori (nell'immagine Mario Avagliano e Marco Palmieri).
L’atteso incontro, che ha concluso il 13mo anno di attività del Gruppo di studi  storici, è stato organizzato dalla Comunità ad opera del consigliere Renzo Bandinelli in una delle bellissime sale del palazzo Medici Riccardi, sede della Prefettura. Presenti molti dei fiorentini che avevano contribuito alla realizzazione dell’opera  concedendo agli autori la riproduzione di lettere e brani dei diari dei loro congiunti. Brani struggenti che fanno conoscere o rivivere momenti molto drammatici della nostra storia.
Gli interventi dei due storici  Alberto Cavaglion e Michele Sarfatti sono stati di alto livello, seguiti con grande attenzione dal pubblico e con soddisfazione dall’autore presente; Marco Palmieri ha spiegato le motivazioni del  suo lavoro, che con il collega Avagliano aveva già affrontato per l’opera parallela sugli internati militari italiani e che ora sta concludendo per quanto riguarda i deportati politici. Gli oratori hanno auspicato che il libro presentato venga ampliato con uno studio delle corrispondenze degli ebrei esuli, internati o comunque perseguitati per la loro posizione antifascista a partire dalla fine della prima guerra mondiale.
La presentazione è stata aperta  e conclusa con la lettura a cura di Umberto Di Gioacchino, di alcune lettere, ultima delle quali quella inviata dal carcere da sua cugina  Anna Di Gioacchino, moglie del rabbino Nathan Cassuto, con lui deportata, sopravvissuta al lager, e uccisa nel 1948 nell’imboscata araba a monte Scopus in Israele dove aveva raggiunto i tre giovanissimi figli.

Lionella Neppi Modona Viterbo

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pilpul
Davar acher - Se vogliamo una stampa ebraica, finanziamola
Ugo VolliSul numero di maggio di "Pagine Ebraiche" il direttore di questo notiziario quotidiano e delle altre pubblicazioni dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Guido Vitale, lancia un appello e una campagna di abbonamenti per sostenere il giornale dell'ebraismo italiano. Aderisco volentieri con questa riflessione. La difficoltà di sostenere le istituzioni ebraiche è esistita per tutto il corso della nostra storia: ne accenna la Torah, fra l'altro anche nel brano conclusivo di Vaikrà che abbiamo letto a Shabbat. Ne discutono i maestri del Talmud, vi si fanno sopra responsi durante il Medioevo, se ne occupano con crescente difficoltà le comunità contemporanee.
Essere ebrei nella Diaspora non è certo un lusso, ma costa abbastanza caro, perché bisogna mantenere il culto, lo studio, l'amministrazione, i beni culturali, la kashrut tutto ciò che fa sopravvivere faticosamente una cultura complessa come la nostra in mezzo a un'altra che funziona secondo logiche diverse. La mano pubblica può aiutare, ma non è mai risolutiva e rischia sempre di innescare processi di burocratizzazione e di dipendenza. L'ebraismo vive in un tempo e in un luogo solo se gli ebrei sono disposti a mantenervelo. La logica di questo mantenimento non può essere solo quello delle tasse o della "decima" biblica, ma dev'essere anche quello del dono, dell'offerta, che è così importante nella nostra tradizione.
Essendomi trovato negli ultimi anni a presiedere una sinagoga non ortodossa che ha le dimensioni di una comunità media, so bene quanto sforzo ciò richieda in chi raccoglie i fondi (e anche chi li deve dare, magari trovandosi in difficoltà economica). L'ebraismo italiano ha la dimensione di un paesone, più che di una cittadina: meno di trentamila persone. Ma deve mantenere diverse decine di sinagoghe, fra cui molti edifici storico-monumentali, una mezza dozzina (in crescita) di musei, rabbini, insegnanti, funzionari, scuole di ogni ordine e grado compreso il Collegio Rabbinico che ha un livello universitario, biblioteche, case di riposo, enti di solidarietà – e la stampa ebraica. Un carico o piuttosto una responsabilità che sarebbe commisurata piuttosto a una grande città. Il problema pressante dei bilanci comunitari, che oggi è terribilmente generale, parte di qui: da quella sproporzione fra numero e responsabilità che è condizione caratteristica dell'ebraismo, a partire dalle sue origini. Vi è una morale in questo: noi non possiamo essere noi stessi – non solo sopravvivere, ma realizzare la nostra identità e la nostra missione – senza un grande sforzo quotidiano: l'ebraismo non è una condizione comoda, è una scelta continua, un compito senza fine che sfida le forze di ciascuno. Senza dubbio anche in questa sfida sta il segreto della bellezza e della creatività della nostra cultura. La morale è chiara: se vogliamo la scuola ebraica, se vogliamo i rabbini, se vogliamo la kashrut, se vogliamo infine la stampa ebraica – dobbiamo pagercele. Tutti i collaboratori che scrivono per questi giornali a modo loro hanno già iniziato a farlo perché – è utile ricordarlo – lo fanno a titolo gratuito.

Ugo Volli


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Sorgente di Vita - Il viaggio di Napolitano  in Israele e la Notte Bianca a Ferrara  
 
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La puntata di Sorgente di Vita di stasera si apre con il viaggio del Capo dello Stato Giorgio Napolitano in Israele. A partire dagli incontri con Peres e Abu Mazen, un’agenda, quella del Presidente, ricca di appuntamenti politici e culturali. Durante la sua visita alla comunità degli ebrei italiani di Gerusalemme, Napolitano ha sottolineato i legami ideali tra Risorgimento e Sionismo, tra Mazzini e Teodoro Herzl.
Un altro servizio è dedicato alla notte bianca di Ferrara, in occasione della festa del libro ebraico: musica, mostre, incontri, gastronomia, e una libreria a cielo aperto nella splendida cornice del Chiostro di San Paolo. Durante la manifestazione sono stati inoltre presentati i progetti per il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah che sta per nascere nella città estense.
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.