Un anno fa Piazzalberti,
quotidiano del Festival, pubblicava la presentazione di un nuovo,
grande progetto. Si sa che non tutti i progetti reggono alla prova del
tempo ma in questo caso la scommessa non solo è stata vinta ma
addirittura Manuela Soldi, appassionata coordinatrice dell’Archivio, ha
dovuto improvvisare un sistema di prenotazioni per cercare di
accontentare tutti coloro che in questi giorni vorrebbero utilizzare le
postazioni allestite in via Accademia e consultare la selezione di
materiali preparata per l’occasione, disponibile per la prima volta al
pubblico del Festival.
A distanza di un anno si può azzardare un primo bilancio: dal 1997 ad
oggi a Mantova sono già passati oltre duemila ospiti, protagonisti
della letteratura contemporanea, dando vita a una mole di materiale
enorme. Tutti gli eventi del festival vengono registrati, molti vengono
filmati, e la riflessione sul patrimonio documentario e sulle sue
modalità di conservazione e fruizione si è avviata durante l’edizione
2009 del Festival. Da allora l’archivio ha iniziato la sua attività,
collaborando alla preparazione del nuovo sito e ospitando da subito
studenti e studiosi e appassionati interessati al materiale disponibile
in via Accademia, che è diviso in diverse sezioni: fotografica, sonora,
audiovisiva, grafica. Sono disponibili in archivio anche tutte le
pubblicazioni di Festivaletteratura, a partire dai programmi, l’intera
rassegna stampa sulla manifestazione, una piccola biblioteca ed una
emeroteca; e nella sua fase finale il progetto prevede la
digitalizzazione di gran parte del patrimonio, che verrà reso
disponibile sul web per raggiungere un pubblico ancora più vasto di
quello che ogni anno si raduna a Mantova.
Una scommessa più che vinta, dunque, e una dimostrazione ulteriore di
come passione, progettualità, competenza e attenzione alla propria
storia e al proprio patrimonio culturale possano portare grandi
risultati.
Ada Treves
"L’archivio. Già, l’archivio. Proprio lui. Non il sottoscala, il
solaio, lo sgabuzzino, il capanno per gli attrezzi, il garage, il
magazzino dove accatastare, occultare, consegnare all’oblio e alla
polvere. Mica una delle tante “teche”: biblio, cine, disco, emero,
foto, gipso, video, ecceterateca. Bensì l’archivio, in tutto il suo
discretamente fascinoso splendore. Un luogo, anzi, IL luogo fisico,
mentale e digitale della memoria. Un metodo, anzi, IL metodo per porre,
riporre e riproporre i segni lasciati dalle “cose” accadute. Trovare
qualcosa quando non la si cerca è un’inutile piacevole sorpresa,
trovarla quando la si cerca è un utile e sorprendente piacere. Tutti
dovrebbero averne uno, di archivio. E’ creativo (come e quanto il caos,
solo più fruibile), dinamico, performante e, in certe favorevoli
condizioni, addirittura figo.
E Festivaletteratura? Festivaletteratura ha deciso di fare il “grande
salto”, come altri hanno già fatto, come altri si accingono a fare.
Perché è tempo, perché ci sono le esigenze, gli strumenti e le risorse
(queste ultime, a dire il vero e senza offesa, tendono purtroppo a
latitare quando devono arrivare) per ricavare dalle proprie esperienze,
siano esse il saper fare o il semplice esistere, conferme, idee e
materiali per dar vita a nuove “cose”.
E’ un progetto ambizioso, dove le complicazioni sono direttamente
proporzionali alla qualità e alla quantità dell’attività di quel
fecondissimo “soggetto produttore” che è Festivaletteratura. Quasi tre
lustri di vita, una lunga e piena gioventù. Ma non è obbligatorio
invecchiare o morire per avere una storia. Mentre è necessario e
sufficiente raggiungere la consapevolezza di quanto il disordine dei
supporti disperda e distrugga i ricordi e le tracce dei fatti, anche in
meno di quindici anni. E’ un progetto oneroso che Festivaletteratura ha
potuto avviare nell'ambito del progetto La rete dei Festival aperti ai
giovani promosso dall'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e
sostenuto dal Ministro della Gioventù, con il contributo del Comune di
Mantova. E’ un progetto generoso, che non lesina sul titolo e neppure
sul sottotitolo: “Un archivio per l’innovazione. I giovani e i
documenti di Festivaletteratura”, dove l’innovazione sta nella scelta
di trasformare una normale campagna archivistica in un’occasione di
formazione teorica e pratica per una dozzina di ragazzi (i “giovani”
del sottotitolo, ovviamente) provenienti da tutta Italia, nella
migliore tradizione della kermesse mantovana. Sono loro i brillanti,
preparati, partecipi e affiatati “manovali” che meritano palco,
riflettori e un applauso sincero, perché puntano a un traguardo
importante e gratificante, ma ancora distante. Le “misure” del nascente
archivio sono di tutto rispetto (non troppa carta, ma tante immagini,
tanti dati, tanto lavoro di fino) e, come per i passisti, il ritmo è
sostenuto, ma si deve apprezzare lo sforzo in prospettiva.
Dunque l’Archivio (a questo punto sia consentita la maiuscola
maiestatis) di Festivaletteratura. In fieri, ma vivo fin da subito.
Talmente vitale, dopo soli sei mesi di operatività effettiva, da
essersi guadagnato una pagina sulla presente testata per tutti i giorni
del Festival con l’intento di dare un contributo alla causa, magari
incuriosendo, stuzzicando e coinvolgendo. A domani". (Piazzalberti,
settembre 2010)
Qui
Mantova - Le ragioni di un successo
Un contesto complesso: quello della crisi, dei tagli alla cultura in
tutto il Paese, cui fa da contraltare, a Festivaletteratura, una
partecipazione che cresce, un numero maggiore di incontri - è aumentato
il numero dei luoghi di fruizione, a capienza inferiore rispetto al
passato, per consentire al pubblico un ascolto e una ricezione migliori.
E' uno scenario confortante quello che lascia in eredità la
quindicesima edizione di Festivaletteratura: nonostante la congiuntura
economica, la domanda di cultura della piazza - Agorà, terreno di
discussione e di confronto, di partecipazione - non accenna a diminuire.
64mila i biglietti staccati. 40mila circa le presenze stimate agli
eventi gratuiti.
Come sempre i soli numeri - sottolineano gli organizzatori - non sono
importanti. Non è l'incremento registrato a segnare soddisfazione, ma
l'avvio di progetti di approfondimento, destinati a durare nel tempo, a
produrre studio e riflessione. Da qui può scaturire un motivo
dicompiacimento. Più precisamente: l'Archivio del Festival è ormai a
disposizione della collettività – e alcuni materiali hanno già offerto
il destro per alcuni spunti per il programma dedicati alla Primavera
araba. La “Biblioteca della fantascienza”, i “Quaderni di scuola”, la
“Sciarà” sono rassegne che, contraddistinte da un buon successo,
avranno seguito non solo attraverso il festival e si caratterizzeranno
come progetti aperti che produrranno pubblicazioni e ulteriori
coinvolgimenti del pubblico. Una piccola sintesi si può trarre: nel
tempo sembrano aggiungersi altre possibilità alla manifestazione. E se
l'identità del Festival resta legata a un’idea di confronto e di
avvicinamento tra gli autori e i lettori, la produzione in autonomia di
contenuti da rielaborare e discutere, di materiali che restano a
disposizione di tutti, è ormai una realtà.
Peraltro anche gli spazi del web, i social network della
manifestazione, riflettono attorno a Festivaletteratura il desiderio di
confronto.
Sono nell'ordine di diverse migliaia le visite on line -spesso
protratte nel tempo, per una consultazione accurata - al portale della
Manifestazione. E, anche in questo caso, i numeri sono solo l'indice di
una partecipazione che, anche quest'anno, si è diretta all'ascolto di
scrittori poco noti, per la prima volta di passaggio in Italia grazie
al Festival.
Che tornerà l'anno prossimo dal 5 al 9 settembre 2012 ancora
contraddistinto da quella vocazione per la tradizione letteraria, da
quella passione civile per il dialogo e la lettura che caratterizzano
la manifestazione fin dalle sue origini.
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11 settembre - Chi ha vinto
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Visto da New York, sul
terreno e attraverso i media, l'anniversario dell'11 settembre ricorda
da vicino la commemorazione di Yom Hashoah in Israele. Scorrono sugli
schermi le immagini e i nomi delle vittime, persone ricordano i loro
cari, testimoni rievocano i loro ricordi, i politici dicono cose
edificanti sul luogo del nuovo memoriale. Il messaggio predominante:
oggi siamo più forti. Qualche acuto analista dirà certo che gli
americani strumentalizzano quello che loro chiamano 9/11 per
giustificare le loro proprie azioni. Ma proviamo a chiederci che cosa è
cambiato in questi dieci anni dalla spettacolare distruzione delle
torri gemelle del World Trade Center – uno dei simboli della società
capitalista occidentale. Non è solo l'immagine, è l'intera posizione
globale degli Stati Uniti che è stata ferita e indebolita
strategicamente. La reazione militare (emotiva) in Irak e (più
razionale) in Afghanistan ha sortito risultati parziali e poco
decisivi, mentre il fondamentalismo e il terrorismo di ispirazione
islamica sembrano più vivi che mai. I forti costi militari hanno
appesantito l'economia americana che sta oggi lontanissimo dalla
prosperità dove si trovava, per fare un confronto, dieci anni dopo
l'attacco giapponese a Pearl Harbor. L'aggiunta decisiva di inauditi
errori di teoria e di gestione economica ha indebolito enormemente la
posizione egemone della potenza americana, la cui persistente debolezza
ha a sua volta trascinato nel gorgo l'economia europea. Se Osama Ben
Laden intendeva infliggere un colpo mortale all'America satanica e
all'occidente cristiano, lassú nei cieli, o laggiú negli inferi, si sta
certo strofinando le mani. È lui il vero vincitore dell'11 settembre.
Sergio
Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
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Un errore della
redazione e il patrimonio del civile confronto
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 Per un grave errore avvenuto
in redazione il testo del professor Ugo Volli apparso nell'edizione di
ieri del notiziario quotidiano è stato pubblicato in una forma che ne
distorce sensibilmente la comprensione. L'articolo, infatti, è stato
corredato da un titolo che non faceva riferimento al testo in
questione, ma a tutto altro intervento e a tutto altro tema, e in
questo modo la combinazione dei due elementi finiva per distorcere la
possibilità di comprensione del lettore.
Ce ne scusiamo con l'autore, che ha giustamente e vivacemente
protestato, anche perché il suo testo, come talvolta avviene, conteneva
una vivace carica polemica nei confronti di un precedente scritto
firmato da Tobia Zevi, un altro stimato collaboratore. “Al di là di
ogni evidente e del tutto legittima differenza di vedute, Zevi – ha
tenuto a specificare Volli – è un interlocutore stimato e considerato
rappresentativo e significativo. Le mie critiche, talvolta molto
accese, vorrei fossero sempre intese come un leale contributo al
confronto, non hanno certo bisogno di ulteriori elementi aggiuntivi,
come un titolo fuori posto, che rischiano di distorcerne il contenuto”.
Ovviamente non possiamo che sottoscrivere e rinnovare le nostre scuse
per la svista. Anche perché preservare in una stagione tanto difficile
il valore del civile confronto fra idee talvolta radicalmente diverse è
proprio il principio ispiratore che tiene assieme i collaboratori della
redazione. Molte voci autorevoli, un immenso patrimonio di diversità di
opinioni e di comportamenti sulla scia della tradizione di tolleranza,
pluralismo e civile confronto che ha da sempre segnato le vicende
dell'ebraismo italiano. Resto convinto che tutti, su queste pagine,
vogliamo preservarne assieme il valore. gv
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Qui Tripoli - L'11
settembre di un “Udai Agraulì”
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11 settembre. Sono appena
arrivato al mio albergo di Tripoli. Dall’entrata riesco a vedere la
cupola della Sinagoga Sla Dar Bishi. Mi sento felice che ancora esista
nonostante i bombardamenti. Dalla finestra osservo sia il bellissimo
tramonto sul lungomare che le case della Hara Zerera e della Hara
Kebira che circondano i vecchi quartieri ebraici ormai deserti da
quarantaquattro anni. Prima di arrivare in albergo sono passato davanti
alla ex Piazza verde ora rinominata Piazza dei martiri. Non è più
invasa dalle immagini di Gheddafi (come l'ho vista nel 2002 e nel 2007)
ma di tante bandiere libiche.
Al Mahari incontro un amico berbero Amazigh del Jebel Nefusa, un
rappresentante del TNC dei libici. Parliamo dei futuri rapporti tra
ebrei libici e berberi libici, di democrazia e in particolare del
rispetto delle minoranze etniche e religiose nella nuova Libia.
All’ingresso mi è venuto da sorridere quando ho visto che il grande
tappeto con il volto del dittatore è stato trasformato in uno zerbino.
I ribelli ci si fermano volentieri sopra e gli ospiti dell’albergo, sia
per entrare che per uscire devono calpestarlo.
I ricordi affiorano, le emozioni si moltiplicano, ma le ferite non
fanno più così male. Dopo i lunghi quarantaquattro anni di crudeltà e
di tirannia la mia dignità è stata finalmente recuperata perché anche
se sono l’unico ebreo ribelle in Libia non ho più paura delle minacce
di ritorsione. La ferita invisibile che si manifestava con la paura è
finalmente svanita e mi sento libero. Significa molto per me essere
protagonista attivo di questo momento storico in Libia.
Nel 2007 dopo essere stato invitato dal governo sono stato maltrattato
da trenta agenti e cacciato a Malta.
Il dolore e l’umiliazione di quella cacciata e la rabbia di
quell’ingiustizia non l’ho mandata giù.
Da febbraio 2011, dall’inizio della rivoluzione mi sono schierato con
l’opposizione. Da psicanalista ho lavorato a maggio 2011 all’ospedale
psichiatrico di Bengazi per curare la gente traumatizzata dalla guerra.
Da giugno 2011 come rappresentante dell’organizzazione mondiale degli
ebrei di Libia che ha sede centrale in Israele sono impegnato a
costruire un ponte tra i libici Amazigh e gli ebrei libici. Loro amano
e rispettano gli ebrei di Libia e ne conservano un ottimo ricordo e
sono ben disposti a ricostruire i rapporti con tutti gli ebrei di
origine libica. Sto facendo la mia parte e non mi sento più un ebreo
passivo e vittima, ma un “Udai Agraulì” - un ebreo rivoluzionario come
mi chiamano gli Amazigh con i quali ho vissuto per settimane momenti
indimenticabili di vera amicizia e di rispetto . Troppi anni di
sottomissione e paura di ritorsione fanno male alla salute. Ora respiro
meglio e mi sento liberato dal grande macigno della paura. È davvero
bello respirare il vento della libertà e della speranza.
David
Gerbi
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Sull’indifferenza |
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Vedere sullo schermo le
torri crollare, vederlo parecchie volte, e continuare, quasi
noncuranti, i propri pensieri, le proprie attività. Sarà capitato a
molti. Si riesce a prendere parte razionalmente. Ma ciò che diventa
smisurato inceppa il sentire. Il mostruoso, nella sua eccessiva
grandezza, ci lascia indifferenti. È questa impossibilità di immaginare
il dolore, lo strazio di chi muore all’interno di un numero troppo
grande per noi, che rende analfabeti emotivi. La morte di un essere
umano riempie di orrore, quella di dieci suscita ancora sgomento, ma
varcata una certa quantità, il mostruoso ha via libera. L’inadeguatezza
dell’immaginare e del sentire è la fonte dell’indifferenza.
In questo senso Auschwitz non è stato un interregno. Sei milioni resta
una cifra, un testo quasi indecifrabile. Da quando, dopo Auschwitz, si
è prodotto, per l’enormità del crimine, il fallimento dell’immaginare e
del sentire, il nostro tempo è diventato il tempo non solo
dell’irruzione del mostruoso, ma della sua possibile ripetizione.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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notizie
flash |
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rassegna
stampa |
Scenari
e strategie per i centri comunitari
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È
in corso di svolgimento al centro ebraico il Pitigliani il think tank
della Confederazione mondiale dei centri comunitari ebraici. Linea
guida dell'iniziativa, ispirata al concetto di “Un popolo ebraico”, la
discussione e la deliberazione sul prossimo piano strategico
quinquennale che interesserà gli oltre mille centri aderenti alla
Confederazione. Inaugurati ieri alla presenza di molti ospiti del mondo
della cultura e delle istituzioni (nella foto il consigliere Ucei
Vittorio Pavoncello, il presidente della Comunità ebraica di Roma
Riccardo Pacifici e il sindaco della Capitale Gianni Alemanno), i
lavori si concluderanno nella giornata di domani.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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 |
 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
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