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17 ottobre 2011 - 19 Tishri 5771
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Riccardo Di Segni Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

Quando la pirateria infestava i traffici del Mediterraneo, con rapimenti e richieste di riscatti, le grandi comunità ebraiche che vivevano di commerci marittimi, come Venezia e Livorno, si erano organizzate tassando tutte le merci in entrata nei porti a favore di un fondo destinato al riscatto dei prigionieri. il  "pidion shevuim", precetto tradizionale e prioritario che veniva assolto con una sorta di assicurazione obbligatoria e collettiva. Il prezzo che si pagava era in denaro contante e la regola codificata (SH. 'Ar. Y. D. 252) prescriveva (e ancora prescrive) che non dovesse mai essere eccessivo, per non fare saltare gli equilibri precari di un meccanismo che benché perverso, aveva le sue regole. Per non abituare il nemico, chiunque esso fosse, ad alzare la posta del gioco, uno dei più grandi maestri del medioevo ashkenazita, Meir ben Baruch di Rothenburg, quando fu sequestrato dal re Rodolfo (nel 1286), preferì morire in prigionia piuttosto che cedere alla domanda di riscatto. Da qualche anno le regole del gioco sono saltate e la libertà tanto desiderata di un soldato israeliano, Ghilad Shalit, che si spera torni a casa entro domani, è pagata con la liberazione di più di mille detenuti palestinesi, molti dei quali con le mani letteralmente sporche di sangue versato. Dilemma terribile per chi deve decidere e per le famiglie del rapito e delle vittime e non possiamo giudicarli non vivendo il loro dramma. In questi giorni di Sukkot, festa delle capanne, preghiamo, usando le parole del profeta Amos (9:11), per il sostegno della "capanna di David che cade"; in ebraico nofèlet, al presente, "cadente", non caduta. La nostra Sukkà è da sempre traballante. Lo era il 16 ottobre del 1943, ricordato ieri, che allora fu di Sabato, terzo giorno di Sukkot; preceduto da giorni di lavoro febbrile delle SS a preparare le liste di migliaia di innocenti da prelevare casa per casa e da deportare e uccidere. In questi giorni alla rovescia il governo d'Israele ha preparato le liste di un migliaio di persone non innocenti da liberare. Davvero un mondo traballante.

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Quanto scriveva ieri Bidussa, collegando il problema della memoria, nella ricorrenza del 16 ottobre, non soltanto a quello dell'impegno civile, ma anche a quello della conoscenza e della sua trasmissione, tocca in me tasti dolenti da ormai molto tempo. Insegnando storia in una facoltà di Lettere, mi sono resa contro con sempre maggior chiarezza del precipitare del livello culturale dei miei studenti, che ha raggiunto negli ultimi anni livelli paurosi. Questo implica, evidentemente, un giudizio negativo non solo sull'organizzazione, il funzionamento, i curricula della scuola superiore, ma anche sul livello di chi insegna, di chi trasmette conoscenza e sapere. Non è naturalmente un discorso generale, sono convinta che esistano insegnanti validissimi e appassionati, ma perché sono così pochi da non riuscire a frenare questo processo di degrado? I fattori sono tanti, certo. Ma una cosa che colpisce è che nessuno si vergogni più della sua ignoranza: né il nostro presidente del consiglio quando colloca l'assassinio di Matteotti e l'Aventino nel 1929, confondendolo con la crisi economica, né il dottorando, già vincitore di dottorato, che ti fa leggere il suo progetto di ricerca sul sionismo confondendo "israeliano" e "israelita". Non si vergognano per una ragione molto semplice: perché nella nostra società  la cultura ha smesso di essere un valore. E' successo altre volte, in altre società e in momenti di cambiamento, ma non ha mai portato nulla di buono. Per quanto mi riguarda, ce la sto mettendo tutta, nel breve periodo di insegnamento che ancora mi resta, a cercare di suscitare nei miei studenti almeno un filo di interesse, di passione, perché solo da lì può partire il desiderio di capire, di imparare, di leggere. Solo questo, ne sono convinta, può far scattare la scintilla in grado di riattizzare il fuoco. Ma non posso fare a meno di sentirmi una sopravvissuta. Scusate il pessimismo, anticamera della rinuncia.

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davar
Antisemitismo: un Rapporto come antidoto all'odio
È stato presentato questa mattina a Palazzo Montecitorio il documento conclusivo sull’antisemitismo appena approvato all’unanimità dal Comitato parlamentare di Indagine Conoscitiva presieduto dalla vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein. Alla presenza tra gli altri del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e di autorevoli rappresentanti del mondo istituzionale, della Chiesa e della società civile – letti inoltre in apertura i messaggi del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del presidente della Camera Gianfranco Fini e del ministro degli Esteri Franco Frattini – sono stati illustrati i punti salienti di questo prezioso documento, articolato nelle molte declinazioni più o meno manifeste del fenomeno dell’antisemitismo, che lancia più di un campanello di allarme sul livello di tolleranza e apertura della società italiana. C’è un numero in particolare che fa riflettere: il 44 per cento degli italiani, stando a quanto riporta lo studio statistico realizzato dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, dichiara di non provare simpatia per gli ebrei. Analogo sentimento per oltre un giovane italiano su cinque. Desta poi molta preoccupazione, tra i vari aspetti censiti, la crescita esponenziale del razzismo in rete con 8mila siti web nel mondo, di cui non pochi nel nostro paese, impegnati quotidianamente nell’odio antiebraico e nella diffusione del pregiudizio. Su questi e su molti altri punti di criticità si è concentrata l’attività dei parlamentari del Comitato, impegnati allo stesso tempo a individuare soluzioni per contrastare il fenomeno. “I dati emersi sono allarmanti quanto innovativi” spiega Fiamma Nirenstein auspicando, al pari degli altri relatori, che il documento possa rappresentare un punto di riferimento per future modalità di intervento pedagogico-sociali. Apprezzamento per la conclusione della ricerca è stato tra gli altri espresso dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, dal presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Leone Paserman e dal semiologo Ugo Volli, firma autorevole e apprezzata dei media UCEI che ha parlato di “iniziativa che onora il Parlamento”. “Ringrazio a nome dell’ebraismo italiano il Comitato che ha lavorato alacremente e affermo che noi siamo qui oggi per riconoscere il valore di un’indagine che ricorda il passato guardando al futuro” ha detto Claudia De Benedetti. Nel suo intervento la vicepresidente UCEI si è inoltre soffermata sulla drammatica vicenda di Stefano Gay Taché, giovanissima vittima romana dell’odio, ed ha chiuso con le seguenti parole: “Grazie per essere venuti qui oggi a riflettere e ricordare. Ma soprattutto grazie per ciò che farete affinché i tanti spunti che ci vengono offerti non siano inascoltati”.

a.s

Qui Roma - Gattegna: "Vigilanza contro ogni discriminazione"
In occasione della marcia silenziosa organizzata a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio in ricordo del rastrellamento nazista degli ebrei capitolini in data 16 ottobre 1943, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha pronunciato il seguente intervento:

Tante volte abbiamo detto e ci siamo detti che ci salva una vita salva il mondo intero. Abbiamo usato questa frase in positivo per esaltare il valore incommensurabile dell'opera dei Giusti, dei Giusti tra le Nazioni, di coloro che rischiarono la propria vita per salvare quella degli altri.
È stato un comportamento di altissimo valore umano e civile di cui sono state protagoniste persone di diverse cittadinanze, religioni e opinioni politiche. Ma se è vero che ci salva una vita salva un mondo, purtroppo è anche vero che chi sopprime una vita sopprime un mondo intero e allora la nostra mente si smarrisce quando considera che milioni di mondi sono stati annientati quando i regimi nazista e fascista rivelarono in pieno la mostruosità del loro volto. Coloro che ebbero il coraggio di opporsi alle dittature furono eroi che tennero acceso un barlume di speranza quando il mondo, e soprattutto l'Europa, erano precipitati in un baratro di barbarie e terrore.
Le loro furono imprese eroiche e disperate perché attuate quando la situazione era già precipitata ed era ormai tardi per evitare l'immenso sterminio.
Il nazismo e il fascismo, alleati tra loro, basati su ideologie razziste che predicavano e diffondevano il principio della superiorità dell'uomo sull'uomo portata alle estreme conseguenze, erano già riusciti a disumanizzare totalmente i loro uomini, trasformandoli in macchine di morte che hanno esercitato con spietata crudeltà un “diritto”, o meglio un presunto diritto, che non avevano e che si erano arrogati, quello di vita o di morte verso chiunque. Anche i crimini più efferati furono commessi come se si fosse trattato dell'esercizio di un “diritto”, che in definitiva sarebbe stato quello di eliminare altri uomini, senza pietà ed infliggendogli il massimo di dolore, di umiliazione, di disperazione.
Quando le stesse leggi dello Stato contengono principi criminogeni e viene annullato il confine tra lecito e illecito, tra il diritto e il crimine, è già troppo tardi perché non c'è più difesa, sono già venute meno le condizioni minime indispensabili per la convivenza umana e si cade nell'arbitrio assoluto. La nostra aspirazione è quella di vivere in società nelle quali non possa mai accadere che i crimini commessi o ordinati dai governanti vengano considerati comportamenti legittimi e in paesi che non si propongono di compiere epiche imprese, che sempre nascondono folli e megalomani sogni di conquista.
Sono ormai 18 anni che ogni 16 ottobre ci ritroviamo qui e con il trascorrere del tempo diventa sempre più chiaro che noi conserviamo la sacra e incancellabile memoria di milioni di vittime inermi e innocenti. Ma allo stesso tempo è sempre più chiaro che non siamo qui solo per commemorare fatti del passato. Noi siamo qui anche e soprattutto per preparare il futuro, per rinsaldare e dare continuità alla nostra alleanza, per rinnovare il patto che ci unisce, al di là e al di sopra delle differenze, affinché nel mondo si affermino società libere, democratiche, pacifiche e rispettose dei diritti fondamentali.
Quando questi diritti vengono violati, in qualsiasi parte del mondo e nei confronti di chiunque, ogni sottovalutazione, ogni indulgenza, ogni distrazione, ogni silenzio diventa complicità. Ogni cedimento prepara il successivo e così di seguito, e quando ci si rende conto del pericolo è già troppo tardi, La lezione da non dimenticare rimane sempre quella che è necessario coltivare la memoria e vigilare attentamente per individuare e colpire i semi dell'odio e del pregiudizio con tempestività, per non permettere che questi possano crescere e consolidarsi.
Concludo con un commosso omaggio alla memoria di due persone speciali scomparse quest'anno: Romeo Salmonì z.l e Ida Marcheria z.l.
Per sintetizzare il senso della loro vita dopo il ritorno da Auschwitz non servono molte parole. È sufficiente ripetere il titolo del libro pubblicato da Salmonì nello scorso mese di gennaio, “Ho sconfitto Hitler”, di cui possiedo una copia che gli mi ha donato con una bella dedica che conservo gelosamente. Un titolo che contiene una verità storica e un monito di natura politica di come ci dovremo comportare nei confronti di tutti i dittatori presenti e futuri.


Qui Catania - Someck e Maoz, fratelli in arte
La poesia di Ronny Someck e i virtuosismi di Eyal Maoz. Questi due grandi nomi del panorama artistico israeliano si incontreranno questa sera a Catania per dar vita ad uno spettacolo unico. Dall’unione delle parole di Someck, considerato uno dei maggiori poeti israeliani in attività, con le note del chitarrista e compositore Maoz, nasce infatti “Israele: musica e poesia del nostro tempo”, esibizione, promossa dall’ufficio cultura dell’Ambasciata di Israele a Roma, che andrà in scena questa sera al Centro Zo di Catania. “E’ la terza volta che vengo a Catania ed è sempre affascinante - ci racconta Someck in una breve intervista – Mi sono trovato subito con Eyal, direi che siamo diventati fratelli in arte e anche con la band riusciamo a lavorare molte bene”. Sul rapporto tra musica e poesia, che spesso si accompagna nei suoi lavori, Someck utilizza un breve racconto come metafora. “I protagonisti sono un gatto e un topolino: una volta un topolino, cercando di scappare da un gigantesco gatto, si infilò in un buco nel muro. Pensò di rimanere rintanato fino a che il gatto non se ne fosse andato. A un certo punto il topolino sentì l’ululato di un cane e pensò di essere salvo. Uscì dalla tana ma si trovò di fronte il gatto. ‘Prima di mangiarmi, spiegami perché ho sentito un cane ululare’, chiese il topolino. ‘Caro topolino’ disse il gatto ‘oggigiorno nessuno può sopravvivere senza sapere almeno due lingue’. Ecco io come il gatto – conclude Someck – non posso fare a meno di intrecciare queste due lingue meravigliose che sono la musica e la poesia”. Particolare menzione, inoltre, Someck la dedica a Sarah Kaminski, che introdurrà la serata di oggi, e Maria Teresa Milano, traduttrici in italiano dei suoi lavori. “Non sono soltanto io a dirlo – afferma il poeta – ma parlando con la band sono rimasti stupiti della bellezza della traduzione e mi hanno confessato che le poesie sembrano scritte da un autore italiano”.
Dopo il successo come ospite all’ultimo Festival Internazionale di Letteratura Ebraica di Roma, Someck si presenta dunque nuovamente al pubblico italiano. Nato a Baghdad nel 1951, il celebre poeta si è affermato negli anni, diventando esponente di spicco della poesia israeliana. Ha pubblicato nove antologie di poesia e un libro per bambini. In Italia è stata tradotta la sua opera “Il bambino balbuziente” per i tipi di Mesogea. Tra i tanti premi che gli sono stati conferiti, ricordiamo il prestigioso Yehudah Amichai nel 2006.
Ad accompagnare Someck in questo viaggio tra note e parole sarà il citato chitarrista Eyal Maoz. Nato a Haifa ma newyorkese d’adozione, Maoz si è esibito al Montreal Jazz Festival, al Winter JazzFest e al Brooklyn Academy Of Music Festival di New York City. La sua musica unisce mondi diversi quello Medio Orientale, quello classico, il jazz e l’avant-garde.
Assieme a Someck e Maoz, il pubblico catanese vedrà esibirsi anche i musicisti della Pocket Poetry Orchestra (Giovanni Arena contrabbasso, Marina Borgo marimba, Riccardo Gerbino tabla e percussioni).

d.r.

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pilpul
Tende e sukkòt
Donatella Di CesareFragile riparo, costruito da frasche e rami, la sukkà è come una tenda, un’abitazione precaria e temporanea. Si potrebbe dire allora che mai sia stata attuale come quest’anno in cui le tende degli «indignati», che campeggiano in Israele, e nelle città di mezzo mondo, sono il simbolo di una giusta protesta contro una precarietà subita.
Ma tra la sukkà e la tenda c’è una differenza che non deve sfuggire. La tenda, fatta di tessuto, è più simile all’abitazione; è chiusa e insieme anche angusta. Dopo un po’ è inevitabile rimpiangere la vecchia casa o, per chi non ce l’ha, desiderarne una normale. Al contrario la sukkà è aperta, invita all’incontro, all’ospitalità. E per di più nella sukkà, che è separata dalla terra, si deve poter vedere il cielo in alto. Riparo e apertura, è il luogo da cui guardare in una nuova, inconsueta prospettiva la propria vita, il mondo, gli altri, per scoprire come la rinuncia di agi, comodità e oggetti, possa talvolta mutarsi in una nuova libertà.

Donatella Di Cesare, filosofa

Il ritorno dei marrani
miki steindlerIl primo giorno di Sukkot, ho avuto il piacere di fare la mizva di Ushpizin con un ospite particolare: una giovane ragazza spagnola che vive a Yerushalaim e a breve farà il suo ghiur o forse più correttamente un ghiur humrà. Tina questo il suo nome, discende da una famiglia di marrani, io e la mia famiglia siamo stati affascinati a ascoltare i racconti riguardo le usanze dei marrani in Spagna e di come per oltre cinque secoli abbiano tenuto accesa la fiamma dell’ebraismo nonostante il contesto ostile. Sempre più spesso, sulla stampa ebraica si parla del fenomeno delle comunità marrane presenti nel sud d’Italia, l’UCEI ha recentemente incaricato rav Gadi Piperno responsabile per le attività nel meridione. Devo ammettere di non aver capito l’importanza di ciò che sta succedendo, ho visto questo fenomeno con gli occhi disinteressati con cui guardo alle manifestazioni culturali in cui si racconta di quanto bella era la comunità ebraica di Roccacannuccia, di quanti ebrei abitavano nel piccolo comune, e di come ora facciamo una bella manifestazione culturale nel luogo in cui cento anni fa c’era una sinagoga … Sostanzialmente quanto sono belli gli ebrei che c’erano e oggi non ci sono più!  Ma il caso delle comunità marrane è ben diverso, mia moglie ha chiesto a Tina per quale motivo stia facendo tutto ciò e la risposta è stata splendida: per me l’ebraismo non è un fatto culturale, è un fatto religioso; a Tina non basta sapere cosa faceva suo nonno, a lei interessa vivere la Torà e Mizvot ora e per se stessa, per avere una famiglia ebraica che guardi al futuro e non al passato.
Le sue sagge parole mi sono sembrate un ottimo programma per l’UCEI, nel meridione non vi sono ex comunità, non vi sono luoghi abbandonati in cui fare sterili manifestazioni per incontrare i politici locali, il meridione non deve diventare l’ennesimo luogo in cui mettere la bandierina della ex presenza ebraica; nel meridione vi sono nostri fratelli a cui la violenza della storia ha impedito di poter vivere il proprio ebraismo, occupiamoci di queste persone che sono vive e chiedono di poter tornare all’interno del popolo ebraico, offriamo loro mezzi e persone – a Rav Gadi Piperno auguro brachà ve hazlahà – affinché come da sempre e per sempre l’antisemitismo di chi ci vuole morti nel corpo e nell’anima venga sconfitto dall’avat Israel, ognuno di noi deve sentire che all’ebraismo italiano manca la grande Comunità di quegli ebrei a cui temporaneamente è stato impedito di essere tali.
Quando ero bambino, a scuola ci insegnavano che con l’arrivo del Mashiach sarebbero tornate le dieci tribù disperse, io immaginavo segrete comunità che in isole sperdute dell’Oceano Pacifico, praticassero le mizvot … La realtà è molto più vicina a noi, speriamo che presto ricostruiremo la Sukka di David che sta cadendo, insieme a nostri fratelli a cui potremo dire dal profondo del cuore, bentornati in famiglia dopo cinque secoli di assenza.

Michele Steindler

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notizie flash   rassegna stampa
Qui Roma - I dipendenti comunali ebrei
dalle leggi razziste alla Shoah
  Leggi la rassegna

Presentato questa mattina in Campidoglio il progetto “Memorie in comune – I dipendenti comunali ebrei dalle leggi razziali alla Shoah”. L’evento è stata l’occasione per presentare un volume e un documentario legati alla storia dei dipendenti comunali ebrei, licenziati a causa delle leggi razziste del 1938. Il lavoro è stato realizzato dall’Associazione Mitintaly e dal Circolo Gianni Bosio.



 
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Dafdaf
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.