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18 novembre 2011 -21 Cheshwan 5772 |
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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La
seconda parte della parashà della settimana è occupata dalla ricerca di
una moglie per Itzchak. Questo episodio è preceduto da un verso in cui
si dice che Dio benedì Avrahàm in tutto. Rashì, commentando questo
verso dice che la parola "bakòl" - in tutto - ha lo stesso valore
numerico di "ben" - figlio. L'osservazione di Rashì sembra superflua,
del figlio di Avrahàm si parla ampiamente nella parashà precedente e
non c'è bisogno di sottolineare l'esistenza di un figlio. Secondo Rabbi
Moshe Feinstein la ghematria di Rashì ha un significato importante e
strettamente legato all'episodio successivo. Avrahàm è un uomo che
riesce a ottenere straordinari successi sia da un punto di vista
materiale sia da un punto di vista culturale e spirituale ma tutti
questi successi avrebbero poco senso se non riuscisse a garantire una
continuità. Avrahàm viene benedetto in tutto ma questo tutto è
racchiuso nella parola "ben" - figlio.
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Anna
Segre,
insegnante
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Noi ebrei,
che riusciamo a celebrare il seder di Pesach senza quasi nominare Mosè,
siamo – o, almeno, dovremmo essere – poco propensi ad affidarci ai
leader carismatici. Forse anche per questo fa uno strano effetto aver
passato diciassette anni della storia italiana a confrontarci sempre
con lo stesso personaggio (capo del governo o dell’opposizione, ma
comunque sempre presente): un tempo infinito soprattutto per i giovani,
i miei allievi ma anche gli ex allievi, che non hanno mai conosciuto
l’Italia prima di lui. Ricordo riferimenti scherzosi alla caduta del
suo primo governo nella recita di Purim che avevo preparato con una
prima media; intanto sono scoppiate guerre e sono terminate, sono
caduti dittatori che sembravano eterni, presidenti e premier in giro
per il mondo hanno iniziato e concluso la loro parabola politica; un
ragazzo di quella prima media siede ora nel consiglio della comunità.
Quella recita di Purim potrebbe essere ripetuta tale e quale con i
medesimi riferimenti. Auguro agli undicenni di oggi che le loro recite
tra diciassette anni suonino datate.
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Saluto degli Italkim al ministro Giulio Terzi di Sant'Agata
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Auguri
affettuosi di buon lavoro al nuovo esecutivo, e in particolare al nuovo
ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, sono stati trasmessi
dal Comitato degli italiani residenti in Israele. Il presidente del
Comites Israele, Beniamino Lazar, ha espresso, a nome del Comitato e di
tutta la collettività italiana residente in Israele, profonda
soddisfazione per la nomina dell'ambasciatore Giulio Terzi di
Sant'Agata a ministro degli Esteri nel nuovo governo presieduto da
Mario Monti. Nella lettera scritta in proposito all'ambasciatore
d'Italia in Israele Luigi Mattiolo, Lazar ricorda con apprezzamento
l'impegno svolto da Terzi di Sant'Agata nel corso della sua missione
diplomatica in loco, menzionando in particolare la "promozione degli
interessi bilaterali, della collaborazione e dell'amicizia fra i due
Paesi" e il ruolo avuto nella costituzione del Comites. Al nuovo
ministro degli Esteri si augura nella missiva "di svolgere al meglio la
sua nuova importante e delicata missione"
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Paola Severino
alla Giustizia. “Applauso di noi studenti”
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“È
una vittoria importante per la giustizia italiana e per il diritto. In
questo momento ce n'era proprio bisogno per ridare fiducia ai
cittadini”. Con queste parole, la giurista e docente Paola
Severino commentò gli esiti del processo al criminale nazista Erich
Piebke che l'aveva vista al fianco dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane (la Corte di Cassazione riaprì allora il processo contro l'ex
ufficiale delle Ss). Oggi, accompagnata da un fragoroso, commosso
applauso dei suoi studenti, la professoressa Severino è il nuovo
ministro
della Giustizia (la prima volta, per una donna) di un'Italia che tenta
il rilancio. Creare un esecutivo tecnico. È stato questo il compito
che il Quirinale ha affidato al professore Mario Monti all'indomani
della fine del governo Berlusconi.
Dopo scommesse e disparate
previsioni in Italia e in tutto il mondo, il nuovo presidente del
Consiglio ha scelto la squadra che lo affiancherà nella lunga strada
per salvare lo Stato italiano dalla crisi.
Il governo da poco formato è composto da docenti, banchieri,
professionisti, imprenditori: nessun politico al suo interno.
I
candidati erano innumerevoli, eppure Monti ha optato per persone nuove,
mai state sotto i riflettori della politica, ma abituate ad avere un
approccio pragmatico ai problemi quotidiani.
Tutti curricula
eccellenti. Corrado Clini, negoziatore climatico per l'Italia in campo
internazionale, come nuovo ministro dell'Ambiente, o Giulio Terzi di
Sant'Agata, ambasciatore italiano a Washington, alla guida della
Farnesina, ne sono alcuni esempi.
Tre le donne scelte da Monti: Elsa
Fornero per le Pari opportunità, Anna Maria Cancellieri agli interni e
Paola Severino al ministero della Giustizia. Quest'ultima è, nella
storia della Repubblica italiana, la prima donna a sedersi sulla
poltrona di via Arenula. Allieva di Giovanni Maria Flick, ministro
della Giustizia nel primo governo Prodi e presidente emerito della
Corte Costituzionale, si è laureata in giurisprudenza nel 1971,
all'Università di Roma La Sapienza. Al momento della sua nomina a
ministro, all'università Luiss Guido Carli è scoppiato l'applauso degli
studenti. Qui è infatti prorettore vicario e professoressa ordinaria di
Diritto penale. Con interesse e piacevole sorpresa è stata accolta la
notizia della sua carica. Infatti, oltre ad essere stata l'avvocato di
clienti famosi come Romano Prodi e Francesco Gaetano Caltagirone, il
nuovo guardasigilli ha rappresentato, come già detto, l'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane nel processo al criminale nazista Erich
Priebke.
Quello di Monti, sembra
quindi essere un governo di uomini e donne capaci ed impegnati nel
sociale. Basta pensare ad Andrea Riccardi, uno dei cinque ministri
senza portafoglio. Il nuovo delegato alla Cooperazione internazionale,
oltre ad essere professore ordinario di Storia contemporanea
all'Università di Roma 3 è il fondatore della Comunità di Sant'Egidio.
Sempre in prima linea per difendere la pace e i diritti sociali, ha
vestito più volte il ruolo di mediatore in diversi conflitti. Stima e
rispetto reciproco sono ormai sentimenti consolidati tra la Comunità
ebraica di Roma e Riccardi, il quale, dal 1994, organizza una
manifestazione di commemorazione delle vittime del 16 ottobre 1943.
A
pochi giorni dalla formazione del nuovo governo non vi è ancora spazio
per critiche e constatazioni sull'operato di Monti e della sua equipe.
Giudizi favorevoli e segnali positivi sono intanto arrivati dal Fondo
monetario internazionale, dall'Unione europea e dalle agenzie di rating.
È una strada non facile quella che i 17 nuovi ministri hanno
intrapreso.
Le sfide sono molte e la situazione italiana non è delle migliori. Con
la crisi e le varie problematiche che affliggono lo stato italiano,
nessuno può dire con certezza quanti successi questo governo possa
raggiungere. Resta il fatto che il nuovo esecutivo si sta dimostrando
capace di richiamare molte speranze.
Sara
Pavoncello
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Qui
Milano - Confronto senza compromessi
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Milano,
quasi inverno. Fuori nebbia e sciopero dei mezzi pubblici. Nella sala
della libreria Claudiana, storico luogo di incontro sempre attento ai
temi dell'attualità e della cultura ebraica, un incontro diverso dal
consueto. A presentare “Ascolta la sua voce” (Giuntina editore), il
libro che Chaim Cipriani (rabbino della sinagoga riformata Lev Chadash)
ha dedicato alla condizione della donna nell'ebraismo, arrivano grandi
nomi della scena culturale, come Andrée Ruth Shammah e Ugo Volli, la
giovanissima regista teatrale Miriam Camerini. E con loro anche il
direttore del dipartimento Educazione e cultura dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca, che proprio da
Milano, sua nuova sede di attività, sta rilanciando su scala nazionale
un grande progetto intercomunitario di formazione e di cultura.
La
sala è stracolma e fra i presenti, oltre a molti amici di Lev Chadash,
anche tanti esponenti della Comunità (Consiglieri di maggioranza e di
opposizione, intellettuali, persone impegnate in prima fila nelle
attività ebraiche, fianco a fianco ebrei ortodossi ed ebrei che si
sentono lontani dall'ortodossia).
Un confronto su temi vivi e
attuali, talvolta netto, duro, sempre sereno e civile. Un confronto
condotto con la determinazione di riaffermare senza timidezze e senza
complessi se stessi, le proprie scelte, la propria storia e le proprie
ragioni.
A chi gli domandava ragione della sua presenza in un
ambiente tanto diversificato, il Rav Della Rocca ha risposto
serenamente di esserci “non dovendo presentare a nessuno certificati di
buona condotta” e sentendosi libero “di dialogare dal punto di vista di
una ferma posizione ortodossa con chiunque abbia qualcosa da dire”.
“Dialogare – ha aggiunto – è un dovere e un diritto, quando si
riscontra onestà intellettuale nell'interlocutore. Se accettiamo di
farlo con il papa e con l'imam, lo dobbiamo poter fare anche fra di
noi”.
Parole chiare, ha lasciato intendere il Rav, che segnano,
contrariamente a quello che alcuni avrebbero potuto temere, l'apertura
di una nuova prospettiva, ma anche un rinnovato slancio nell'affermare
le ragioni e i valori dell'ebraismo ortodosso e della tradizione
ebraica italiana.
gv
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Scialla
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Si fa un gran parlare in
questi giorni alla radio e televisione e sui giornali di Scialla, il
nuovo film di Francesco Bruni premiato a Venezia con Fabrizio
Bentivoglio e uno stuolo di giovani sullo slang dei teenager italiani.
Quale sia l'origine della parola scialla, usata per dire ''sta
tranquillo, prendila comoda'', non è chiaro. Il Messaggero del 13/11
intervista un gruppo di giovani e uno di loro dice che scialla viene da
shalom, pace. Non credo sia la spiegazione più probabile, ma è notevole
che qualcuno (un ragazzo!) l'abbia proposta, forse neanche sapendo che
è il saluto usuale fra gli ebrei di tutto il mondo da più di tremila
anni.
rav
Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
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Irena
Sendler, l'anima buona del ghetto di Varsavia
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Ultimamente
gira in internet una catena dedicata a Irena Sendler. È ovvia
l’irritazione causata da un tale mezzo di comunicazione, tanto più se
va a toccare argomenti tanto seri. Inoltre, come sempre avviene, il
file abbonda di imprecisioni ed errori (perché, ad esempio, definire
Irena “tedesca”?) Visto però che ogni medaglia ha il suo rovescio,
anche la “catena” può aiutarci a riscoprire questa straordinaria figura
di donna.
Irena Sendler (ovvero Sendlerowa, secondo l’uso polacco di
declinare il cognome), era nata a Varsavia nel 1910. A partire dal 1942
fu a capo del Dipartimento Infanzia di “Żegota”, il Concilio Polacco
per l’Aiuto agli Ebrei. In tutti i lunghissimi anni dell’occupazione
tedesca, “Żegota” è stato l’unico raggruppamento capace di unire
polacchi ed ebrei, militanti della sinistra, cattolici come Wladyslaw
Bartoszewski, poi due volte ministro degli esteri nella Polonia
democratica, e addirittura antisemiti dichiarati come Zofia
Kossak-Szczucka, che di “Zegota” fu uno dei fondatori. In questo
gruppo, composto da persone che comunque si faticherebbe a definire
altrimenti che eroi, la polacca Irena Sendler è forse una delle figure
più luminose e dalle capacità più straordinarie. Basti ricordare che
dei 9000 bambini fatti uscire dal ghetto di Varsavia, lei sola riuscì a
prendersi cura di almeno 2500. Il grande storico della letteratura
Michal Glowinski nel suo romanzo autobiografico “Tempi Bui” (Giuntina
2004) scrive de “la grande, splendida Irena Sendler, l’anima buona di
tutti coloro che si nascondevano”. L’attore yiddish Yonas Turkow,
rinchiuso nel ghetto di Varsavia e la cui figlia fu salvata da Irena,
la definisce «una figura splendida e luminosa. Ricercata perché
patriota polacca e membro della resistenza, continuò a salvare bambini
ebrei dallo sterminio, rischiando la vita». Quei bambini venivano
sistemati presso famiglie polacche, in orfanotrofi e conventi; al
termine della guerra Irena sperava di restituirli alle famiglie – ma la
maggior parte delle famiglie erano rimaste a Treblinka. Arrestata e
condannata a morte dai tedeschi, ferocemente torturata, venne liberata
dalla resistenza polacca; dopo la distruzione del ghetto riuscì a
salvare la documentazione della sua attività in un barattolo sepolto,
poi rinvenuto fra le rovine della capitale.
Socialista da sempre,
poi addirittura membro del Partito Operaio Polacco fino al 1968, ma
anzitutto indipendente e originale nelle sue scelte: la storia e la
personalità di Irena deviano troppo da ogni canone per venir iscritte
all’interno di una narrazione mitica, come quella creata, ad esempio,
intorno ad Oskar Schindler. Pensare che è stata “scoperta” solo nel
1999, e non in Polonia, e neanche in Europa: ma in un college del
Kansas, i cui studenti hanno creato un progetto internazionale per
popolarizzarne la vita e le opere, tuttora attivissimo
(www.irenasendler.org).
Nel 2003 Irena, che sarebbe morta cinque
anni dopo, fu insignita del premio Jan Karski, dal nome del mitico
“corriere del ghetto”. Nella motivazione è scritto: “La signora Irena
non ha salvato solo noi, ma anche i nostri figli, i nipoti e la
generazione successiva. Ha salvato il mondo dall’odio e dalla
xenofobia. Per tutta la vita ha pronunciato parole di verità, di amore
e di tolleranza nei confronti degli altri.”
Laura Quercioli Mincer, slavista
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notizieflash |
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rassegna
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A
Sorgente di Vita il Kolno'a Festival,
Alessandro Fersen e Silvio Wolf
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Leggi la rassegna |
Il
Pitigliani Kolno’a Festival apre la puntata di Sorgente di vita di
domenica 20 novembre: tra tanti documentari, film e cortometraggi su
Israele e l’ebraismo in questa sesta edizione l’attenzione
è puntata sul cinema di animazione e sulla produzione
dell’Accademia Bezalel, la fabbrica dei talenti artistici d’Israele.
p.d.s
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