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19 dicembre 2011 - 23 Kislev 5772
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rav Jonathan saks
Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova



"...riconosci a chi appartengono questo sigillo, questo cordone e questo bastone?" (Genesi 38:25) Disse Rabbì Yochanan: Il Signore disse a Yehudà "tu hai detto a tuo padre haker nà-riconosci, Io ti garantisco che Tamar dirà a te haker nà-riconosci" (Bereshit Rabbà 85:12). Le parole del midrash sono esemplari: Yehudà usa questa espressione (haker nà-riconosci) mostrando al padre la tunica di Yosef sporca di sangue, facendogli credere che l'amato figlio fosse morto; Tamar la usa mostrando i pegni (sigillo, cordone e bastone) che il suocero gli aveva lasciato, a dimostrazione del fatto che Yehudà era il padre dei gemelli che aveva in grembo. La reazione di Yehudà è quella di colui che sa riconoscere le proprie colpe e sa assumersi le proprie responsabilità: Tzadekà mimmenni - tu sei più giusta di me. Yehudà insegna ai suoi discendenti "Yehudim", che per avere un futuro bisogna essere responsabili, soprattutto per il bene collettivo...

Anna
Foa,
storica

   
anna foa
Torino e Firenze, ma anche il massacro di Utoya e il dilatarsi sul web e sui media di una propaganda razzista e antisemita che sembra aver superato un confine, essere divenuta ovvia e accettata. In questo contesto, quel che scriveva ieri Bidussa mi sembra fondamentale: "avere memoria è una condizione per saper leggere le peripezie possibili della realtà". Il contesto in cui ci troviamo oggi a ricordare (o anche a dimenticare) ci obbliga a rispondere alla domanda che ci assilla da molto tempo: ricordare a che scopo? Se dedicassimo d'ora in avanti le nostre riflessioni sul passato non a vane celebrazioni, ma a costruire un piccolo tassello di un pensiero che renda impossibili cose come queste, sarebbe sufficiente. Se destinassimo solo una piccola parte del nostro tempo ad insegnare ai più giovani che le razze non esistono e che gli esseri umani sono uguali, avremmo già fatto un buon uso della nostra memoria.

davar
Chanukkah accende l'Italia ebraica
Il countdown è partito, ancora poche ore e nell’aria fluttuerà nuovamente inconfondibile il profumo di sufganiot, le frittelle amatissime da grandi e piccini. Domani sera il calore di Chanukkah, la festa delle luci, tornerà infatti ad avvolgere l’Italia ebraica col suo carico di dolciumi, spensieratezza e voglia di stare assieme. Molte saranno le occasioni in cui le comunità ebraiche condivideranno questo momento lieto con tutta la società italiana partecipando ad accensioni di chanukkiot negli spazi comunitari, davanti alle sinagoghe, nelle pubbliche piazze. Un momento particolarmente significativo si avrà a Ferrara dove l’inizio della festa coinciderà con l’inaugurazione della prima porzione del nascente Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Forti emozioni anche a Torino dove sfondo della seconda accensione sarà la Mole Antonelliana, edificio simbolo del capoluogo piemontese inizialmente progettato per essere una sinagoga. A Casale Monferrato, come da tradizione, Chanukkah segna l’ingresso di nuovi magnifici e colorati candelabri nel Museo dei Lumi. Undici gli artisti che per il 2011 si sono cimentati con questa prova e di cui trovate pubblicati in esclusiva i lavori sul numero di Italia Ebraica in distribuzione. L’ebraismo casalese celebrerà anche oltreconfine: l’appuntamento, per la terza sera, è a Gerona in Spagna dove una delegazione comunitaria sarà ricevuta dall’amministrazione cittadina locale. Occasioni di incontro si avranno un po’ ovunque nello Stivale: da Genova a Trieste, da Parma a Napoli. A Milano il ritrovo più suggestivo è in piazza San Carlo, nei pressi di piazza del Duomo, mentre a Roma feste, balli e degustazioni animeranno il quartiere ebraico oltre a Piazza Barberini dove protagonisti saranno i rabbini del movimento Lubavitch. A Firenze infine risate di gusto con lo spettacolo Gnora Luna, commedia ghettaiola in salsa fiorentina che da sempre riscuote notevole consenso e partecipazione.


Qui Torino - Il ritorno della Mole

Ma che scherzi ti gioca la storia! Era il 1873 quando, dopo un contenzioso con l’architetto Antonelli che durava già da vari anni, l’Università Israelitica di Torino decise di disfarsi di quell’enorme, esagerato edificio che gli ebrei da poco emancipati avevano voluto come loro Tempio a celebrare la ritrovata libertà, e che però l’ardito sperimentatore immaginava sempre più alto senza portarlo mai a compimento, come una novella torre di Babele che gli crescesse tra le mani. E così, fatti due conti, gli ebrei torinesi abbandonarono alla sua strada l’interminabile progetto, cedendo l’edificio al Comune in cambio dell’area dell’attuale sinagoga. Avevano dato via niente meno che il simbolo di Torino, anche se allora ancora nessuno vedeva la Mole come tale. Ebbene, chi l’avrebbe mai detto? Il prossimo 21 dicembre alle ore 21, seconda sera di Chanukkah, gli ebrei torinesi ritroveranno la Mole sul loro cammino. Per gentile e significativa decisione del Comune, nel quadro delle attività messe a punto assieme al Comitato Interfedi, il concerto del coro ebraico milanese Kol Hakolot programmato per l’occasione si svolgerà proprio nel salone della Mole, oggi come è noto prestigiosa sede del Museo del Cinema. Insomma, riscrivendo la storia al contrario, canti ebraici finiranno per risuonare comunque sotto quell’immensa volta un tempo rifiutata.

David Sorani, vicepresidente della Comunità ebraica di Torino


Qui Livorno - Un momento “laico” di gioia condivisa

La lettera di testa pubblicata l'altro giorno da "Il Tirreno" in cronaca di Livorno, è di un cittadino che si complimenta con l'Azienda di Trasporto Locale che, dai propri bus, mostrerà alla città dei pensieri natalizi dei bambini delle scuole. "Ancor più bello" aggiunge l'estensore della missiva Bruno Barontini, "sarebbe veder ricordate anche le feste di altre religioni" e cita Chanukkah e le feste islamiche tra quelle che cadono in questo mese. "Dai tuoi autobus, incalza il lettore, può essere mostrata la vera Livorno delle tante e diverse Nazioni. Una ricchezza, questa sì, da ostentare con orgoglio". Il giornale ha titolato "Sui bus mostriamo la faccia multirazziale di Livorno" e a me il termine "razza", anche se declinato variamente e in positivo come in questo caso, non è che piaccia molto ma la proposta, nella sua semplicità, è un vero esempio di laicità che non vuol dire, come strumentalmente dichiarano spesso i suoi avversari, "antireligiosità": anzi, è proprio il contrario perché nella società laica il sentimento religioso è libero nella sua espressione e tutelato, purché ciò, con reciproco rispetto, valga ovviamente per tutti.

Gadi Polacco, consigliere della Comunità ebraica di Livorno


Qui Casale - Cento lumi verso Gerona

Chanukkah letteralmente significa inaugurazione. Anche quest’anno la Comunità di Casale ha avuto una nuova, prestigiosa inaugurazione: 22 opere del Museo dei Lumi sono state scelte da Assumpciò Hosta, direttore del Museo Ebraico di Gerona, per l’allestimento di una mostra temporanea ospitata dalla Red de Juderias de Espana. Gli imballaggi delle opere di recente acquisizione sono stati realizzati appositamente con estrema precisione e professionalità dalla falegnameria Costanzo, eccellenza monferrina nel settore degli imballaggi. Le casse in legno chiaro, sicure, leggere, climatizzate ed ignifughe hanno potuto così accogliere i preziosi lavori. Il prestito di opere del Museo dei Lumi di per sé non è una notizia, ma la notizia è che per due mesi, fino al primo febbraio 2012, nelle sale del Museo ebraico di Gerona avverrà un gemellaggio ideale tra la l’ebraismo sefardita, tra i più antichi e blasonati d’Europa, e l’ebraismo casalese che, con caparbietà, gioia e amore ha deciso di lottare contro la demografia ed abitare giorno dopo giorno, ricorrenza ebraica dopo ricorrenza ebraica, gli spazi  dell’antico Ghetto e della splendida sinagoga degli Argenti. Dieci anni or sono a Casale Monferrato Elio Carmi e Antonio Recalcati hanno voluto coinvolgere tanti amici artisti e chiedere loro di donare una lampada di Chanukkah che sarebbe andata a formare il primo nucleo di una raccolta di lampade uniche al mondo. Con il 2011 la collezione, ospitata nel forno delle azzime della Comunità, ha raggiunto le 125 opere. La Fondazione Arte Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale ONLUS ha inoltre finanziato la pubblicazione di un prezioso volume in italiano, francese ed inglese edito da Skirà.
Dopo la prestigiosa esposizione temporanea ospitata nel dicembre 2010 dal Museo Ebraico di Parigi nelle Sale dell’Hotel de Saint Aignan, 71 Rue du Temple, nel cuore del Marais, le opere sono state richieste a Gerona dalla Red de Juderias de Espana, ente responsabile dei siti, delle manifestazioni e degli itinerari ebraici nella Penisola Iberica.
A Gerona, 45 miglia a nord di Barcellona, è stato minuziosamente recuperato e restaurato un quartiere ebraico medievale. Gerona e Barcellona ospitarono due comunità radicalmente differenti. Gerona fu uno dei maggiori centri europei della Cabbalà. Qui vissero alcuni dei maggiori scrittori e maestri cabalisti del Medioevo. Barcellona, invece, ospitò una comunità di studiosi razionalisti. La prima testimonianza scritta sugli ebrei a Gerona risale all'890. La zona ebraica fiorì per oltre 500 anni per poi conoscere esplosioni di violento antisemitismo. L'ultima sinagoga costruita in Spagna fu completata a Gerona a metà del Quattrocento. Dopo il 1492 il quartiere ebraico fu chiuso, murato e cancellato dalla memoria collettiva della città fino alla fine del ventesimo secolo quando è stato riportato alla luce e restaurato con grande cura. Oggi l’area ospita il centro Benastruc ça Porta, comprendente il Museo ebraico catalano e un archivio storico aperto agli studiosi. La terza sera di Chanukkah il sindaco di Gerona Carles Puigdemont accoglierà una numerosa delegazione di ebrei casalesi che intoneranno benedizioni e canti secondo il rito monferrino, offrendo gli immancabili krumiri e brindando con Moscato piemontese ai futuri viaggi dei Lumi del Museo.

Claudia De Benedetti, vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(Italia Ebraica, gennaio 2012)

pilpul
In cornice - Yehudà Hamakkabi
daniele liberanomeLa storia di Channukkà e la figura di Yehudà Hamakkabi, che ci paiono totalmente nostre, sono state fatte proprie dal mondo cristiano in modo sorprendente e variabile.
La scorsa settimana, passeggiando all'esterno dell'abside del Duomo di Milano, ho guardato la statua di Yehudà Hamakkabì datata 1497 (è una delle migliaia del complesso). E' vestito da soldato di Roma – proprio quello che era diventato secondo le accuse dei nostri Maestri dei tempi del Talmud. Possibile che lo scultore, un artigiano dal nome di Andrea Fusina, avesse letto le nostre fonti? Non è così - attenzione a guardare tutto dalla nostra prospettiva. Yehudà Hamakkabì divenne, dal '200 e soprattutto dal '300, una figura popolare nella letteratura cavalleresca, esaltata dal poeta Jacques de Longoyon (ma anche da Dante nel Paradiso) come uno dei cosiddetti “nove prodi”. Cosa aveva fatto? Era morto giovane combattendo contro i pagani, come fosse un cavaliere medievale, non un ebreo del II secolo a.e.v. La storia era popolare soprattutto in Francia e in Germania dopo il fiasco delle Crociate, in cui i primi a farne le spese eravamo stati soprattutto noi. Un assurdo, se vogliamo. Come assurdo è il modo in cui il “prode” Yehudà viene scolpito nel Medioevo, con uno strano turbante arabo al posto dell'elmo (si veda il bassorilievo del Comune di Colonia o la fontana di Norimberga). Il nostro Fusina, ha fatto un passo in più. Yehudà è diventato un soldato romano, tipicamente occidentale, pronto per diventare un campione della cristianità. Difatti lo si trova anche a discutere di eucaristia (?!) nella stanza della Segnatura di Raffaello in Vaticano. L'Oriente non andava più di moda e quel che di buono aveva l'ebraismo andava totalmente fatto proprio. Prima che la Controriforma lo facesse sparire e lo si ritrovasse nel Settecento. Ma questa è un'altra storia.

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for two - Mezzanotte di magia a Parigi
rachel silveraMidnight in Paris. Dopo Londra e Barcellona e prima di Roma Woody Allen è approdato a Parigi. Se in Tutti dicono i love you il contesto era una Parigi ricoperta da una opulenza natalizia, qui ci troviamo  di fronte a qualcosa di diverso: più magico delle lucine al neon e più affascinante delle vetrine di Rue Saint-Honoré. Perché Allen stufo della contemporaneità catapulta il sorprendente Owen Wilson negli anni '20: tra una Zelda Fitzgerald party girl e un Ernest Hemingway che cerca la rissa a tutti i costi. Una parte importante è riservata a Gertrude Stein, protettrice degli artisti scapestrati della prima metà del secolo. Ritratta da Picasso in una delle sue opere cruciali, Gertude (di origine ebraica) si trasferisce con i suoi fratelli a Parigi. Era lì infatti che l'avanguardia fremeva per fare il suo ingresso in società. Tutti i fratelli diventano presto collezionisti. Sara, moglie di Michael Stein, sarà alunna di Matisse. Con un innato fiuto artistico Gertrude incornicerà alla parete della sua casa, proprio vicino al caminetto, perfino dei disegni di uno dei famosi taccuini di Picasso. Woody Allen incornicia perfettamente il personaggio grazie alle doti dell'attrice Kathy Bates. Ora non resta che scendere in strada a Parigi con il rintocco di mezzanotte sperando che il prodigio si avveri nuovamente.

Rachel Silvera, studentessa

notizie flash   rassegna stampa
La Batsheva Dance Company 
di Tel Aviv si esibisce a Basilea
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La Batsheva Dance Company di Tel Aviv guidata da Ohad Naharin, uno dei coreografi contemporanei più interessanti (il festival Romaeuropa l'ospiterà il prossimo anno) ha proposto in questi giorni un'installazione di danza alla Fondazione Beyeler, un museo
d'arte moderna che fino al 29 gennaio ospita la mostra «Surrealismo a Parigi» - e lo spettacolo «Deca Dance» alla Kaserne, a pochi passi dal Reno.





 
 
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