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20 dicembre 2011 - 24 Kislev 5772 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Si
percepisce spesso nelle nostre Comunità un diffuso disagio nella
frequentazione delle attività collettive. Le ragioni, talvolta
registrate, sono riconducibili a una certa insofferenza nei confronti
di alcune persone che si preferisce non incontrare. Eppure quando
l’uomo – angelo chiede a Yoseph che vaga per i campi cosa stesse
ricercando, Giuseppe risponde decisamente: “…cerco i miei fratelli…” !
(Bereshìt, 37; 15 e 16 ). Nonostante la forte avversione che provavano
nei suoi confronti Yoseph continua a cercare i propri fratelli. Ecco
uno dei motivi per cui le luci di Chanukkà devono essere accese verso
l’esterno delle nostre case. Non possiamo limitarci a illuminare con la
luce della Torah solo noi stessi e i membri della nostra famiglia, ma
dobbiamo fare ogni sforzo per procurare luce anche a coloro che vagano
alla ricerca dei propri fratelli e del proprio ebraismo.
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Dario
Calimani,
anglista
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Ogni
settimana, rileggendo su Moked queste righe che si producono di volta
in volta, talora anche per tentare un dialogo a distanza, si è colti
dal sospetto di parlare con qualcuno che non sente, o non ascolta, o
non legge, o non capisce. È la sensazione di un dialogo mancato, che è
fallimento proprio e altrui. Forse chi scrive non è in grado di farsi
sentire. O si presume troppo delle possibilità della comunicazione. O
manca il presupposto della fiducia. O della buona fede di ciascuno di
noi. O forse, da qualsiasi parte lo si guardi, è solo il problema del
ridicolo isolamento di ciascuno di noi. “We perished, each alone”, dice
il poeta, “siamo tutti morti da soli”, ma, ancor prima, si ha la
sensazione di star tutti vivendo da soli, nella più completa cecità. E
la cosa, pur di fronte alla possibilità di fastidiose conseguenze,
sembra non procurarci grandi assilli.
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torna su ˄
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Qui Ferrara - "Una casa di tutti gli italiani"
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Primo passo di un
cammino lungo, importante e impegnativo. L’inaugurazione di oggi
pomeriggio, con l’esposizione di tre mostre, della Palazzina di via
Piangipane a Ferrara, nell’area dell’ex carcere cittadino, segnerà un
passaggio fondamentale nella realizzazione del Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Nel primo giorno della festa
ebraica di Chanukkah, istituzioni ebraiche e non, cittadini, semplici
curiosi parteciperanno al primo atto ufficiale di quello che sarà il
MEIS. Un luogo di memoria e di storia dell’Italia, non solo
dell’ebraismo italiano perché, come spiega Raffaella Mortara,
consigliera della Fondazione Meis e vicepresidente della Fondazione
Cdec di Milano, “non sarà il museo degli ebrei per gli ebrei, ma la
casa di tutti gli italiani”.
La coincidenza di una festività gioiosa e allegra come Chanukkah con
l’inaugurazione di quello che sarà l’avamposto del futuro MEIS non è
casuale. La Festa delle Luci commemora la riconsacrazione del Tempio di
Gerusalemme dopo il giogo ellenista. E anche per l’edificio di via
Piangipane si può parlare di un nuovo corso: un tempo teatro di dolore
e violenza, l’ex carcere è una testimonianza di una delle pagine più
nere del Novecento italiano. Là furono imprigionati antifascisti ed
ebrei, alcuni dei quali barbaramente trucidati dai repubblichini o
deportati nei lager nazisti. Tra gli ebrei reclusi nel carcere a causa
della militanza antifascista, tra il maggio e il luglio del 1943 cu fu
anche un detenuto illustre, il grande scrittore Giorgio Bassani. E ora
quello stesso luogo diventerà un tassello importante della memoria
della plurimillenaria presenza ebraica in Italia. Dai tempi dei romani
ai giorni nostri, il museo racconterà la storia di personaggi, di
eventi, di idee che nei secoli hanno legato gli ebrei a questo paese.
Tre mostre, si diceva, curate da Raffaella Mortara, saranno al centro
dell’evento inaugurale di oggi (rimarranno aperte fino al 5 febbraio
2012). Un assaggio di quello che diventerà il MEIS una volta
completato. Versione Beth, È arrivato l’ambasciatore e Italia
di Luci: questo il titolo delle tre rassegne, che rappresentano un
excursus espositivo tra storia, tradizione e cultura dell’ebraismo
italiano. Un racconto che in Versione Beth inizia dal XIV secolo per
arrivare fino a oggi. “Nel titolo c’è una doppia allusione – spiega
Mortara – da una parte si fa riferimento alla lettera Beth,
un richiamo a Bereshit, il primo libro della Torah, perché sia
d’augurio all’inizio del grande e difficile cammino che si prospetta
davanti museo. Dall’altra, si tratta di un gioco di parole che allude
alla versione Betha, alla versione di prova rappresentata dalla
palazzina di via Piangipane”. Anche per È arrivato
l’ambasciatore troviamo l’intersecarsi di due piani diversi: con la
riproduzione in gigantografia del trattato fra la prima ambasceria di
Jehuda ha-Maccabi (Giuda Maccabeo) e il Senato di Roma, viene
presentata una significativa testimonianza dell’antica presenza ebraica
in Italia (161-162 a.e.v.) mentre con il racconto delle vicende di
Jehuda ha-Maccabi, peraltro la prima figura storica che inviò
ambasciatori in terra straniera, ricorda la festa di Hanukkah. Il primo
simbolico passo del MEIS è dunque stato fatto. Il progetto è vivo,
dinamico, come dimostrano le iniziative del passato e come quelle
previste per il futuro che, come spiega ancora Mortara, “daranno voce
alla storia nazionale, perché la storia degli ebrei è la storia di
tutto il Paese, ed è fondamentale favorire il suo recupero: non può
crescere una coscienza collettiva se non a partire dalla comprensione
di un vissuto comune”.
Daniel Reichel
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Chanukkah con gli
artisti
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La
festa delle luci segna, per il Museo dei Lumi di Casale Monferrato,
l’ingresso in collezione di undici nuove Chanukkiot realizzate nel
solco di una consolidata tradizione di generosità che ha coinvolto in
questi anni numerosi esponenti più o meno noti del panorama artistico
contemporaneo. Le novità di questo fine 2011, un caleidoscopio di
colori, forme e materiali che interpretano in più modi il significato
di Chanukkah, sono uno straordinario regalo che la Comunità ebraica di
Casale ha voluto fare ai lettori di Italia Ebraica (il numero è in
distribuzione) e che troverete pubblicato in più puntate anche su
questo notiziario. (Fotografie di Dario Canova, schede tecniche a cura
di Cristina Mancini)
Luigi
Giachero
15 x 25 x 25 cm
Blocco
unico in arenaria, legno, bronzo
L’opera, ricavata da un
blocco unico di arenaria proveniente da Colma di Rosignano e svuotata
con martello e scalpello, rappresenta l’albero del melograno. I frutti
sono tagliati a metà, con al centro un foro per inserire i lumi.
Accanto ai rami sono state ricavate le foglie per dare maggiore rilievo
all’albero e creare una policromia di colori, così da fare risaltare
l’intera lampada. La parte centrale del tronco sovrastante è in legno
di acacia, il foro centrale che porta lo shammash è in bronzo
proveniente da un antico strumento musicale di fine Ottocento. Attorno
alla base ottagonale la scritta “Pace” scolpita a basso rilievo in
undici lingue; leggendole in senso orario: ebraico, francese, latino,
arabo, inglese, russo, italiano, tedesco, greco, spagnolo, albanese.
Sotto alla base si trovano il giorno, il mese, l’anno di realizzazione
e la sigla GIAC.
Margherita
Levo Rosenberg - La
fatica della luce
45
x 80 x 80 cm
Pellicole
radiografiche su rete metallica
Il candelabro di Chanukkah è
interpretato come simbolo della tenuta della luce dopo la minaccia
della distruzione del Tempio. L’artista è stata colpita dalla
determinazione del popolo ebraico di mantenere in vita le sue
tradizioni e la sua identità nonostante tutto, in qualsiasi condizione.
L’opera è così stata costruita in due componenti: una selva oscura,
come base, nella quale i filamenti di pellicole radiografiche
rappresentano l’interiorità più nascosta dell’umanità – talvolta
assurdamente bestiale – dalla quale emergono con “fatica” i nove coni
azzurri trasparenti che rappresentano la luce. Da qui il nome
dell’opera: La fatica della luce.
Italia Ebraica, gennaio 2012
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Formazione
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La replica è più insidiosa
del debutto. Salendo per la prima volta sul palco, si vibra di
adrenalina, i sensi raggiungono la massima allerta, l’attenzione è alle
stelle; ma quando ci si deve ripetere rischiamo la leggerezza e
l’errore banale. Due anni fa fondammo l’associazione Hans Jonas con
vari obiettivi, il primo dei quali era contribuire a formare una nuova
classe di leader dell’ebraismo italiano; quasi in contemporanea
l’Unione delle Comunità sviluppò un proprio programma per giovani,
diverso nei contenuti e nelle modalità. Il fatto che la formazione
abbia assunto questa centralità tra i dirigenti delle Comunità ebraiche
è un fatto importantissimo, e induce a guardare con ottimismo al futuro
del nostro piccolo mondo antico, l’ebraismo italiano.
Tra il 15 gennaio e il 25 marzo è prevista a Roma la III edizione del
Master Hans Jonas, rivolta a giovani ebrei di tutta Italia tra i 18 e i
35 anni. L’impostazione rimane la stessa: che cosa significa essere
ebrei in una società in trasformazione, globalizzata, multietnica, in
crisi? Che cosa è significato essere ebrei nella storia, e come
l’identità religiosa si è trasformata da paese a paese, e come varia
oggi tra Israele e le Diaspore? Su questi temi discuteremo in
quattro sessioni, guidati dagli storici David Bidussa, Eugenio Montali,
Mario Toscano. Ma siccome per essere un leader non basta essere bravi
nella teoria, anche quest’anno puntiamo molto sulle competenze
pratiche: fund raising (Fabio Severino), pubblic speaking (Andrea
Mazzeo), management (Anselmo Calò). Nella scorsa edizione ogni sessione
si concludeva incontrando uno scrittore. Questa volta ogni giornata
terminerà con la conversazione tra un rabbino e un laico su una coppia
di parole: passione e apatia (Rav Benedetto Carucci e Luigi Manconi);
giustizia e amore (Anna Foa e Rav Roberto Della Rocca); diritti e
doveri (Pietro Gargiulo e Rav Roberto Colombo).
Tobia Zevi, Associazione Hans
Jonas
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notizie
flash |
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rassegna
stampa |
Nuove
strategie di promozione
per la sinagoga di Ostia Antica
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Leggi la rassegna |
È il 1961, nell’Italia in
pieno boom economico fervono i lavori per la costruzione della strada
che collega Roma all’aeroporto di Fiumicino. Ad Ostia Antica le ruspe
portano alla luce le arcaiche vestigia di una sinagoga.
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A parte una notizia di
Ettore Bianchi su Italia oggi a proposito del
dibattito israeliano sui tagli al bilancio e sul coinvolgimento dei
fondi della difesa, non vi sono oggi notizie che riguardino
direttamente Israele.
Ugo
Volli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
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