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24 gennaio 2012 - 29 Tevet 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

"... Mi Sono fatto vedere da Avraham, Ytzchaq e Yaaqov, ma con il Mio Nome non Mi Sono fatto conoscere da loro...."(Shemot, 6; 3). I vari Nomi divini rappresentano i diversi modi con cui l'Eterno si rivela all'uomo. Da questo verso si può comprendere la differente e particolare relazione che il Signore stabilisce con Moshe con il quale si impegna a mantenere le promesse fatte ai tre Patriarchi. Ma questo verso ci invita altresì a prendere atto che non sempre arriviamo a conoscere ciò che vediamo. Viceversa si può riuscire a conoscere ciò che non si vede.

Dario
 Calimani,
 anglista


Dario Calimani
Il fascismo e l’antisemitismo (quando non il filonazismo) di grandi letterati e pensatori è un argomento che produce sempre opposte fazioni belligeranti. Eppure la questione sembra così semplice. Si pensi a T.S. Eliot, a Pound, a Céline. Non occorre rinunciare al riconoscimento della loro arte per dichiararli fascistoidi, razzisti, pieni di sciagurati pregiudizi. Ma dichiararli fascistoidi, politicamente e umanamente deplorevoli, non significa dover rinunciare alla loro arte. Si può evitare di leggerli, ma ci si può anche convivere senza problemi, per non attuare a nostra volta una forma di pregiudizio. Insomma, non occorre assolvere Heidegger dalla sua vicinanza al nazismo per riconoscergli originalità di pensiero. Non creiamo demoni, ma non creiamo neppure santi. E non eleggiamoli a maestri di vita. Semplicemente: grandi nell’arte e nel pensiero, ma piccoli e meschini nel quotidiano. Una doppiezza che è di questo mondo. In fondo, in persone così ci si può imbattere a ogni angolo di strada. L'importante è aver la fortuna di riconoscerle.

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davar
rav Sacks e rav Davis: "I leader di tutte le componenti ebraiche devono allentare le tensioni e rigettare l'odio immotivato"
Molti lettori continuano a invocare chiari pronunciamenti rabbinici sui gravi fatti di intolleranza avvenuti nelle scorse settimane in alcuni ambienti Haredim israeliani.
Dopo gli interventi dedicati a questo tema elaborati, fra gli altri, del presidente emerito dell'Assemblea rabbinica italiana rav Giuseppe Laras, del rav Gianfranco Di Segni del Collegio rabbinico italiano e del rav Dov Linzer, rettore della Yeshivat Chovevei Torah (Riverdale-Bronx), riprendiamo oggi la presa di posizione congiunta emessa dal rabbino capo del Commonwealth rav lord Jonathan Sacks e dal rav Baruch Davis, presidente del Rabbinical Council della United Sinagogue di Gran Bretagna, la maggiore organizzazione ortodossa operante in Europa.

"Condanniamo in maniera categorica gli atti di intimidazione nei confronti di bambini in età scolare avvenuti a Bet Shemesh. Pur consapevoli che questi e altri eventi collegati sono espressione di una piccola frangia delle comunità coinvolte, è importante affermare che simili comportamenti non hanno spazio in una società civile, tantomeno se compiuti da coloro che vedono se stessi, e vengono visti dagli altri, come rappresentanti dei valori dalla Torah, le cui “vie sono vie di pace.
"In un momento in cui Israele si trova a fronteggiare gravi pericoli dovremmo ricordare le lezioni impartiteci dalla storia ebraica e cosa essa ci insegna sulle conseguenze del Sinat Chinam, l’odio immotivato, e delle divisioni da esso provocate.
"È giunto ora il momento in cui i leader di tutte le componenti dell’ebraismo sentano il dovere di cercare modalità pacifiche per allentare la tensione e per risolvere scontri e problemi che sono parte inevitabile di una società libera, quale rimane, grazie a D., la società israeliana".

Qui Milano - La Memoria scende in campo a San Siro
Tutta la città con l'Inter per l'omaggio ad Arpad Weisz 
La Memoria scende in campo: Milano e l'Inter rendono omaggio ad Arpad Weisz. In un’epoca in cui al numero degli scudetti vinti dalle big si dedica un’attenzione spasmodica, non si può non ricordare una leggenda del calcio italiano e della storia nerazzurra, che guidò l’Inter, all’epoca “Ambrosiana”, alla conquista del primo titolo del campionato a girone unico (stagione 1929-1930). Se poi l’allenatore in questione è anche colui che scoprì il giovanissimo Giuseppe Meazza, l’omaggio sportivo è ancora più doveroso. Ma la storia di Arpad Weisz, Mourinho ante litteram, che fu capace di conquistare due titoli anche col Bologna (nel 1936 e nel 1937), ha un esito che dovrebbe scuotere le coscienze di tutti coloro che amano lo sport, e soprattutto di coloro che fingono di amarlo dimenticando cosa furono capaci di causare il razzismo e il fascismo, che negli stadi italiani restano una piaga. Nel 1938 le leggi razziste costrinsero Weisz a lasciare l’Italia. Catturato dai nazisti in Olanda morì ad Auschwitz insieme alla moglie e ai due figli nel 1944. Al Renato Dall’Ara, lo stadio del capoluogo emiliano, già una targa ricorda ciò che l’allenatore ungherese fece per la città. Ora anche San Siro, lo stadio in cui lo stesso Giuseppe Meazza divenne uno dei grandi, e che prende il suo nome, avrà il suo luogo di Memoria, precisamente nel foyer della sala tribuna rossa, grazie all’iniziativa del Comune di Milano. Una mozione proposta dai consiglieri Ruggero Gabbai ed Elisabetta Strada, e presentata con la firma dei capigruppo di tutti i partiti presenti in Consiglio. “Io amo definirmi un milanista riveriano - scherza Gabbai - ma sono particolarmente contento che questo progetto vada in porto pensando al mio papà, interista sfegatato. E l’Inter ha accolto l’idea con grandissimo entusiasmo”. Grandissimo entusiasmo davvero, considerando che venerdì pomeriggio quando la targa verrà apposta a San Siro saranno presenti il presidente Massimo Moratti, l’allenatore Claudio Ranieri, e il capitano Javier Zanetti, che ci teneva particolarmente a essere presente alla cerimonia, nonostante il fitto calendario nerazzurro di questa settimana, che vede la squadra in trasferta a Napoli per i quarti di finale di Coppa Italia mercoledì e poi a Lecce per continuare a sognare lo scudetto (o almeno un posto in Champions League) domenica. Oltre a loro, l’assessore comunale allo sport Chiara Bisconti, il presidente della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach, e alcuni rappresentanti del Milan, per una iniziativa al 100 per cento condivisa. “Fu un personaggio unico” conclude Susanna Wermelinger, direttore editoriale di FC Internazionale, interpretando l'omaggio di tutti gli sportivi.
La mozione per la targa sarà al vaglio del Consiglio comunale, salvo sorprese, questo giovedì. Giusto in tempo per una celebrazione del Giorno della Memoria diversa dalle altre e che potrà forse raggiungere anche un pubblico diverso dal solito.

Rossella Tercatin

Qui Firenze - Ricordare, a 50 anni dal processo Eichmann 
Una riflessione sul male nel tempo e nello spazio. Partendo dai carnefici, da chi subì le conseguenze delle atrocità commesse e da chi vi si oppose mettendo a rischio la propria esistenza e quella dei suoi cari. La Regione Toscana ha organizzato per il Giorno della Memoria un intenso calendario di iniziative dedicate all'approfondimento degli orrori della Shoah e alla sensibilizzazione, rivolta in particolare ai più giovani, contro ogni ideologia di morte, violenza e sopraffazione. Si è partiti ieri mattina con l'inaugurazione di una mostra dedicata ad Adolf Eichmann, l'elaboratore della soluzione finale, e tra un appuntamento e l'altro fervono adesso i preparativi per l'incontro con migliaia di studenti toscani giovedì prossimo al Palamandela Forum di Firenze. Il tutto, come spiega lo storico referente Ugo Caffaz, “per una memoria consapevole, da vivere e comprendere 365 giorni all'anno”.
Ogni anno un tema, una chiave di lettura sempre nuova. Cosa avete scelto per l'edizione 2012?
L'idea è stata quella di impostare le nostre attività legandole al cinquantesimo anniversario del processo celebrato in Israele contro Adolf Eichmann. Abbiamo dato vita a un incontro con il male in più declinazioni, un ragionamento ed una lezione che toccano da vicino la sensibilità di ciascuno attraversando le epoche e gli scenari. La mostra inaugurata all'ex comprensorio carcerario delle Murate (“Il processo – Adolf Eichmann a giudizio 1961-2011”, visitabile fino al 18 febbraio) è un appuntamento imperdibile, in anteprima italiana, che offre la possibilità di immergersi in quella drammatica pagina della nostra coscienza grazie a documenti e contributi straordinari. Il processo ad Eichmann come paradigma, un momento imprescindibile con il quale ciascun cittadino consapevole è chiamato a fare i conti. C'è l'orgoglio di essere i primi in Italia a proporre questa mostra che vuole essere un monito affinché il male, spesso nella sua sconvolgente banalità ed ignoranza, torni a crescere in noi, ma anche il rammarico di constatare come ben pochi nel nostro paese si siano ricordati di una data così importante.
Come avete strutturato il consueto incontro con i ragazzi delle scuole, tra i momenti tradizionalmente più sentiti delle celebrazioni legate alla Memoria?
Dividendo l'iniziativa in due macrotemi: il racconto dei sopravvissuti e le storie dei Giusti. Apriremo il meeting, esaurito il momento dei discorsi ufficiali, con gli interventi di Shlomo Venezia, delle sorelle Andra e Tatiana Bucci, di Marcello Martini e Antonio Ceseri. Cinque voci dai lager, cinque testimonianze da scolpire nella mente che anticiperanno le parole della scrittrice Helga Schneider, abbandonata giovanissima dalla madre che volle adempiere il ruolo di ausiliaria delle SS e di guardiana nei campi di sterminio. Un intervento originale nel suo genere che dimostra il nostro interesse ad avvinarci il più possibile al male penetrando all'interno del vasto universo dei suoi artefici ed esecutori. Saranno poi Andrea Bartali, figlio del grande Gino campione della bicicletta che fu staffetta della Delasem, e Padre Lapsley, pastore anglicano perseguitato per il suo coraggio nel Sud Africa dell'apartheid, ad introdurci al mondo dei Giusti, a quanti scelsero a rischio della vita di impegnarsi nella salvaguardia e nella difesa delle vittime dell'odio. In conclusione un altro straordinario momento di intensità con la lectio magistralis di Abraham Yehoshua, che segue di due anni l'intervento nella stessa sede e nello stesso contesto di Amos Oz, e un concerto dedicato al dialogo tra i popoli a cura di Enrico Fink e della sua orchestra assieme al gruppo multietnico Gen Verde.
Il Giorno della Memoria 2012, a Firenze e in Toscana, ha una dedica speciale. Ce ne vuoi parlare?
Nello spirito più autentico di questa iniziativa, una lezione universale contro il razzismo, abbiamo pensato che fosse giusto dedicare qualcosa più di un pensiero a Mor Diop e Modou Samb, i due venditori senegalesi recentemente massacrati a Firenze in nome dell'odio. La dedica è quindi per loro, perché ciò che è accaduto non abbia a ripetersi, perché da questa pagina straziante si possa uscire con rinnovato slancio per costruire un futuro di condivisione e amicizia. Di pari passo, nelle scorse settimane, la Regione si è mossa con la presidenza della Repubblica e con il ministero dell'Interno per il conferimento della cittadinanza onoraria ai loro tre connazionali sopravvissuti alla strage. Dobbiamo dignità ai loro nomi, alle loro storie. Non è possibile restare indifferenti ed è la realtà stessa ad imporci questa attenzione visto che in Europa cresce l'adesione a movimenti di fattura xenofoba e neonazista così come in Italia si intensificano episodi di terribile gravità tra cui il tentato pogrom al campo nomadi di Torino. Sono fatti che ci costringono a prendere coscienza che negli ultimi anni qualcosa è cambiato e che il razzismo sta uscendo sempre più dall'ombra ed ha conquistato gli spazi sociali della convivenza, le maniere di pensare, i linguaggi, i comportamenti e perfino le pratiche istituzionali.
Dodici edizioni del Giorno della Memoria. Quale il bilancio di questa esperienza in Toscana?
Eccezionale, specie in ambito formativo, con il coinvolgimento ogni anno di centinaia di insegnanti e migliaia di studenti nella preparazione dei viaggi della Memoria, iniziativa lanciata per la prima volta dalla Regione Toscana, e in tutte le altre iniziative legate al ricordo e alla trasmissione dei valori positivi di inclusione e di lotta al pregiudizio che devono essere necessariamente incarnati da questa ricorrenza. È un lavoro che si svolge giorno dopo giorno, nella quotidianità delle aule, e che trova nel Giorno della Memoria un momento di riordino delle idee ma non l'unica occasione di per una riflessione in questo senso.
 
Adam Smulevich

Qui Torino - Pedalando nelle strade del cielo 
Piccolo, esile, apparentemente timido, Piero Nissim conquista con la sua profondità e la sua forza comunicativa il pubblico della Comunità ebraica di Torino accorso al Centro Sociale di Piazzetta Primo Levi ad ascoltarlo. Basta una storiella di umorismo ebraico a rompere il ghiaccio: subito l'atmosfera si fa aperta e calda, e tutti siamo pronti a seguire Piero nel suo viaggio personale nella musica ebraica, continuamente arricchito da approfondimenti storici, critici, letterari. Sì perché Nissim non è solo un interprete preparato, è anche un costruttore di itinerari culturali attraverso la presentazione e la penetrazione dei canti da lui scelti. E così il concerto non è più solo un concerto, e la serata diventa l'occasione per scoprire mondi nuovi, prospettive personali, storie familiari che contribuiscono in modo decisivo alla vicenda degli ebrei italiani. La prima parte di questo viaggio ha per meta l'ebraismo dell'Europa orientale, ove il canto accompagna e descrive i momenti dello studio, la vita quotidiana, la sofferenza ineluttabile, l'amore e la scoperta del mondo. È certo molto noto e frequentato, questo universo yiddish. Eppure Nissim ce ne fa riscoprire le più sottili sfumature inserendo nel canto anche la versione italiana dei testi da lui elaborata, capace di restituirne l'atmosfera poetica, la condizione umana e sociale. Il ricordo si fa intimo nella sua canzone dedicata a Vilna, la città lontana e quasi mitica di sua madre. Poi l'orizzonte si sposta sul tema della Shoah e della memoria, centrale sempre e in questo giorni fulcro della riflessione collettiva: canti della Resistenza, canti desolati e sofferenti dal lager. E una perla: la sua versione musicale della poesia che precede “Se questo è un uomo”. Finché la memoria e la commozione di Piero si fanno più personalmente coinvolte: ecco la storia di Giorgio e di Gino. Giorgio Nissim, suo padre – instancabile membro della Delasem sempre in giro a portare aiuto; e Gino Bartali, campione generoso legato alla rete di solidarietà e latore insospettabile di documenti falsi per gli ebrei nascosti: due amici ideali in sella alle loro diversissime e preziose biciclette, che Nissim, in musica, vede pedalare insieme sulle strade del cielo. Ma la memoria è sopratutto impegno per l'oggi, perché oggi altri uomini sono perseguitati per la loro diversità: diversità di pelle, di provenienza, di abitudini. Con canzoni come “Nero Rosarno” Nissim porta la sua solidarietà agli immigrati, talvolta anche da noi sfruttati come schiavi. Il finale inaspettato e intenso è una Ha-Tikwà intonata anche in italiano, e non solo come inno israeliano ma anche come perenne speranza comune del popolo ebraico. Un caldo successo ha siglato la serata, in quell'atmosfera di simpatia (nel senso etimologico del termine) e di amicizia che Piero Nissim ha saputo subito creare nella sala del Centro sociale.
 
David Sorani

pilpul
Calendari
La prima mitzvah che il popolo riceve, ancora da schiavo, suona con le parole "questo mese sarà per voi il capo dei mesi, sarà il primo dei mesi dell'anno". La mitzvah è quella di fissare una data di riferimento per formare un calendario; tutto mentre sull'Egitto si abbatteva la piaga della morte dei primogeniti. I commentatori si chiedono cosa abbia a che fare questa mitzvah con la liberazione dalla schiavitù. A questo si risponde che chi non sa darsi delle date di riferimento e non è padrone del proprio tempo, non può essere un Uomo libero.

Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

Il naufragio
Gli uomini non sono tutti uguali. O, se preferite, alcuni uomini sono più uguali di altri. Prendiamo il naufragio della Concordia, che giustamente angoscia tutti gli italiani: al netto delle responsabilità gravi, delle colpe imperdonabili, delle umane miserie e dei personaggi eroici, il bilancio si attesta per ora a quindici (15) morti. Una vera tragedia, destinata probabilmente a crescere. Proviamo però a compiere un esercizio macabro, della cui rozzezza mi scuso anticipatamente. Ogni quanto muoiono quindici persone nei nostri mari? Fortunatamente disponiamo di dati abbastanza precisi, sebbene siano arrotondati per difetto. Ogni due giorni. Per tutto il 2011, infatti, sono annegate in media sette persone al giorno: imbarcatesi sulle coste africane, speravano di raggiungere le coste italiane con mezzi di fortuna. Già Luigi Manconi ha spiegato quali siano gli elementi che rendono le due tragedie difficilmente comparabili: invisibili gli uni e mediatici gli altri; poveri gli uni e ricchi gli altri; lontani da noi gli uni e simili a noi gli altri; precari gli uni e ricchi (ma fino a un certo punto) gli altri; sepolti tra le lamiere di una baracca gli uni e  tra i cristalli di un grattacielo gli altri. E, tuttavia, se queste ragioni ci inducono ad abbandonare preventivamente qualunque accenno di moralismo, rimane il dato di fondo: nella nostra percezione gli uomini non sono tutti uguali.  C’è però una buona notizia. Il ministro della Giustizia Paola Severino ha ripetuto anche ieri che le carceri italiane sono un luogo di tortura e non di riabilitazione. Questa sua insistenza mi pare lodevole e non scontata. I detenuti – persone che hanno sbagliato e che scontano giustamente la propria pena – sono i meno uguali tra noi. Lo Stato toglie loro la libertà per aver violato le norme del patto sociale. È per questa ragione che il rispetto dei loro diritti è fondamentale: la forza dello Stato è legittima solo se garantisce la dignità di chi non è più libero.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 


Un sogno tramandato
Mi chiamo Anna. Ho dodici anni. Ho occhi e capelli castani. La mia adolescenza è appena iniziata. Ma la mia vita sta per finire.  Mi chiamo Rebecca. Ho cinque anni. Ho occhi azzurri e capelli biondi. Non festeggerò mai il mio compleanno di sei anni. Mi chiamo Isaac. Non so esattamente quanti anni ho. Forse uno. Forse due. L’unica cosa certa è che mi hanno separato dalla mia mamma. E che non la rivedrò mai più. Mi chiamo Ruben. Sarei dovuto nascere tra due mesi. La mia anima non giungerà mai in questo mondo. Qualcuno ha deciso che non meritiamo di vivere. Che siamo colpevoli di una diversità insopportabile. La lingua parlata dai nostri genitori è troppo differente da quella del posto. Il nostro modo di vestire non segue sempre le mode dettate dagli stilisti. I nostri nomi, durante l’appello, risuonano come suoni stranieri tra le mura di scuola.  La nostra identità è troppo sentita per passare inosservata. Il nostro orgoglio come nazione troppo potente per rimanere silente. Coloro che ci hanno negato il futuro avevano un unico progetto in testa. Un sogno tramandato dal faraone fino al 1938. Cancellare per sempre l’esistenza del popolo a cui apparteniamo. Annientare il nostro presente per evitare un vostro domani. Un disegno, grazie a D-o, mai trasformato in realtà.  Voi, che vi trovate lì oggi, a leggere comodi in una sinagoga o tra le accoglienti pareti di casa, potete scegliere. Se piangere per noi, commiserandoci e ricordandoci. O riportarci in vita. Quando una bambina di nome Anna compirà dodici anni e prenderà su di sé tutte le mizvot. Quando una bambina di nome Rebecca accenderà una candela al venerdì sera. Quando un bambino di nome Isaac pronuncerà ‘torà’ tra le sue prime parole. Quando un bambino di nome Ruben vedrà la luce e farà il brit milà all’ottavo giorno.  Il sogno dei nostri nemici andrà in frantumi. E voi ci avrete ridato la nostra vita rubata.  

Gheula Canarutto Nemni


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notizie flash   rassegna stampa
Voto palestinese verso il rinvio   Leggi la rassegna

Si va verso il rinvio delle elezioni presidenziali e legislative nelle zone sotto amministrazione palestinese. Recentemente annunciate per il prossimo maggio dal presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen e dal leader di Hamas Khaled Meshal, le elezioni dovrebbero slittare a data ancora da destinarsi a causa dei forti dissensi ancora esistenti tra i dirigenti dell'Anp a Ramallah e quelli di Hamas a Gaza. Ad annunciarlo il coordinatore del “Comitato per le libertà politiche” Mustafa Barghuti.
 

"Alcune lezioni per sapere come vanno le cose nell'Italia del 2012, alla vigilia delle solenni celebrazioni del Giorno della Memoria. Prima lezione: alla vigilia delle celebrazioni del Giorno della Memoria un giudice ha appena condannato un giornalista, Peppino Caldarola, reo di aver satiricamente criticato una vignetta satirica di Vauro Senesi sul Manifesto, in cui si caricaturizzava una donna italiana ebrea, Fiamma Nirenstein...

Ugo Volli













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