La
Memoria scende in campo: Milano e l'Inter rendono omaggio ad Arpad
Weisz. In un’epoca in cui al numero degli scudetti vinti dalle big si
dedica un’attenzione spasmodica, non si può non ricordare una leggenda
del calcio italiano e della storia nerazzurra, che guidò l’Inter,
all’epoca “Ambrosiana”, alla conquista del primo titolo del campionato
a girone unico (stagione 1929-1930). Se poi l’allenatore in questione è
anche colui che scoprì il giovanissimo Giuseppe Meazza, l’omaggio
sportivo è ancora più doveroso. Ma la storia di Arpad Weisz, Mourinho
ante litteram, che fu capace di conquistare due titoli anche col
Bologna (nel 1936 e nel 1937), ha un esito che dovrebbe scuotere le
coscienze di tutti coloro che amano lo sport, e soprattutto di coloro
che fingono di amarlo dimenticando cosa furono capaci di causare il
razzismo e il fascismo, che negli stadi italiani restano una piaga. Nel
1938 le leggi razziste costrinsero Weisz a lasciare l’Italia. Catturato
dai nazisti in Olanda morì ad Auschwitz insieme alla moglie e ai due
figli nel 1944. Al Renato Dall’Ara, lo stadio del capoluogo emiliano,
già una targa ricorda ciò che l’allenatore ungherese fece per la città.
Ora anche San Siro, lo stadio in cui lo stesso Giuseppe Meazza divenne
uno dei grandi, e che prende il suo nome, avrà il suo luogo di Memoria,
precisamente nel foyer della sala tribuna rossa, grazie all’iniziativa
del Comune di Milano. Una mozione proposta dai consiglieri Ruggero
Gabbai ed Elisabetta Strada, e presentata con la firma dei capigruppo
di tutti i partiti presenti in Consiglio. “Io amo definirmi un
milanista riveriano - scherza Gabbai - ma sono particolarmente contento
che questo progetto vada in porto pensando al mio papà, interista
sfegatato. E l’Inter ha accolto l’idea con grandissimo entusiasmo”.
Grandissimo entusiasmo davvero, considerando che venerdì pomeriggio
quando la targa verrà apposta a San Siro saranno presenti il presidente
Massimo Moratti, l’allenatore Claudio Ranieri, e il capitano Javier
Zanetti, che ci teneva particolarmente a essere presente alla
cerimonia, nonostante il fitto calendario nerazzurro di questa
settimana, che vede la squadra in trasferta a Napoli per i quarti di
finale di Coppa Italia mercoledì e poi a Lecce per continuare a sognare
lo scudetto (o almeno un posto in Champions League) domenica. Oltre a
loro, l’assessore comunale allo sport Chiara Bisconti, il presidente
della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach, e alcuni
rappresentanti del Milan, per una iniziativa al 100 per cento
condivisa. “Fu un personaggio unico” conclude Susanna Wermelinger,
direttore editoriale di FC Internazionale, interpretando l'omaggio di
tutti gli sportivi. La mozione per la targa sarà al vaglio del
Consiglio comunale, salvo sorprese, questo giovedì. Giusto in tempo per
una celebrazione del Giorno della Memoria diversa dalle altre e che
potrà forse raggiungere anche un pubblico diverso dal solito.
Rossella Tercatin
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Qui Firenze - Ricordare, a 50 anni dal processo Eichmann
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Una
riflessione sul male nel tempo e nello spazio. Partendo dai carnefici,
da chi subì le conseguenze delle atrocità commesse e da chi vi si
oppose mettendo a rischio la propria esistenza e quella dei suoi cari.
La Regione Toscana ha organizzato per il Giorno della Memoria un
intenso calendario di iniziative dedicate all'approfondimento degli
orrori della Shoah e alla sensibilizzazione, rivolta in particolare ai
più giovani, contro ogni ideologia di morte, violenza e sopraffazione.
Si è partiti ieri mattina con l'inaugurazione di una mostra dedicata ad
Adolf Eichmann, l'elaboratore della soluzione finale, e tra un
appuntamento e l'altro fervono adesso i preparativi per l'incontro con
migliaia di studenti toscani giovedì prossimo al Palamandela Forum di
Firenze. Il tutto, come spiega lo storico referente Ugo Caffaz, “per
una memoria consapevole, da vivere e comprendere 365 giorni all'anno”. Ogni anno un tema, una chiave di lettura sempre nuova. Cosa avete scelto per l'edizione 2012? L'idea
è stata quella di impostare le nostre attività legandole al
cinquantesimo anniversario del processo celebrato in Israele contro
Adolf Eichmann. Abbiamo dato vita a un incontro con il male in più
declinazioni, un ragionamento ed una lezione che toccano da vicino la
sensibilità di ciascuno attraversando le epoche e gli scenari. La
mostra inaugurata all'ex comprensorio carcerario delle Murate (“Il
processo – Adolf Eichmann a giudizio 1961-2011”, visitabile fino al 18
febbraio) è un appuntamento imperdibile, in anteprima italiana, che
offre la possibilità di immergersi in quella drammatica pagina della
nostra coscienza grazie a documenti e contributi straordinari. Il
processo ad Eichmann come paradigma, un momento imprescindibile con il
quale ciascun cittadino consapevole è chiamato a fare i conti. C'è
l'orgoglio di essere i primi in Italia a proporre questa mostra che
vuole essere un monito affinché il male, spesso nella sua sconvolgente
banalità ed ignoranza, torni a crescere in noi, ma anche il rammarico
di constatare come ben pochi nel nostro paese si siano ricordati di una
data così importante. Come avete
strutturato il consueto incontro con i ragazzi delle scuole, tra i
momenti tradizionalmente più sentiti delle celebrazioni legate alla
Memoria? Dividendo l'iniziativa in due macrotemi: il
racconto dei sopravvissuti e le storie dei Giusti. Apriremo il meeting,
esaurito il momento dei discorsi ufficiali, con gli interventi di
Shlomo Venezia, delle sorelle Andra e Tatiana Bucci, di Marcello
Martini e Antonio Ceseri. Cinque voci dai lager, cinque testimonianze
da scolpire nella mente che anticiperanno le parole della scrittrice
Helga Schneider, abbandonata giovanissima dalla madre che volle
adempiere il ruolo di ausiliaria delle SS e di guardiana nei campi di
sterminio. Un intervento originale nel suo genere che dimostra il
nostro interesse ad avvinarci il più possibile al male penetrando
all'interno del vasto universo dei suoi artefici ed esecutori. Saranno
poi Andrea Bartali, figlio del grande Gino campione della bicicletta
che fu staffetta della Delasem, e Padre Lapsley, pastore anglicano
perseguitato per il suo coraggio nel Sud Africa dell'apartheid, ad
introdurci al mondo dei Giusti, a quanti scelsero a rischio della vita
di impegnarsi nella salvaguardia e nella difesa delle vittime
dell'odio. In conclusione un altro straordinario momento di intensità
con la lectio magistralis di Abraham Yehoshua, che segue di due anni
l'intervento nella stessa sede e nello stesso contesto di Amos Oz, e un
concerto dedicato al dialogo tra i popoli a cura di Enrico Fink e della
sua orchestra assieme al gruppo multietnico Gen Verde. Il Giorno della Memoria 2012, a Firenze e in Toscana, ha una dedica speciale. Ce ne vuoi parlare? Nello
spirito più autentico di questa iniziativa, una lezione universale
contro il razzismo, abbiamo pensato che fosse giusto dedicare qualcosa
più di un pensiero a Mor Diop e Modou Samb, i due venditori senegalesi
recentemente massacrati a Firenze in nome dell'odio. La dedica è quindi
per loro, perché ciò che è accaduto non abbia a ripetersi, perché da
questa pagina straziante si possa uscire con rinnovato slancio per
costruire un futuro di condivisione e amicizia. Di pari passo, nelle
scorse settimane, la Regione si è mossa con la presidenza della
Repubblica e con il ministero dell'Interno per il conferimento della
cittadinanza onoraria ai loro tre connazionali sopravvissuti alla
strage. Dobbiamo dignità ai loro nomi, alle loro storie. Non è
possibile restare indifferenti ed è la realtà stessa ad imporci questa
attenzione visto che in Europa cresce l'adesione a movimenti di fattura
xenofoba e neonazista così come in Italia si intensificano episodi di
terribile gravità tra cui il tentato pogrom al campo nomadi di Torino.
Sono fatti che ci costringono a prendere coscienza che negli ultimi
anni qualcosa è cambiato e che il razzismo sta uscendo sempre più
dall'ombra ed ha conquistato gli spazi sociali della convivenza, le
maniere di pensare, i linguaggi, i comportamenti e perfino le pratiche
istituzionali. Dodici edizioni del Giorno della Memoria. Quale il bilancio di questa esperienza in Toscana? Eccezionale,
specie in ambito formativo, con il coinvolgimento ogni anno di
centinaia di insegnanti e migliaia di studenti nella preparazione dei
viaggi della Memoria, iniziativa lanciata per la prima volta dalla
Regione Toscana, e in tutte le altre iniziative legate al ricordo e
alla trasmissione dei valori positivi di inclusione e di lotta al
pregiudizio che devono essere necessariamente incarnati da questa
ricorrenza. È un lavoro che si svolge giorno dopo giorno, nella
quotidianità delle aule, e che trova nel Giorno della Memoria un
momento di riordino delle idee ma non l'unica occasione di per una
riflessione in questo senso. Adam Smulevich
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Qui Torino - Pedalando nelle strade del cielo
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Piccolo,
esile, apparentemente timido, Piero Nissim conquista con la sua
profondità e la sua forza comunicativa il pubblico della Comunità
ebraica di Torino accorso al Centro Sociale di Piazzetta Primo Levi ad
ascoltarlo. Basta una storiella di umorismo ebraico a rompere il
ghiaccio: subito l'atmosfera si fa aperta e calda, e tutti siamo pronti
a seguire Piero nel suo viaggio personale nella musica ebraica,
continuamente arricchito da approfondimenti storici, critici,
letterari. Sì perché Nissim non è solo un interprete preparato, è anche
un costruttore di itinerari culturali attraverso la presentazione e la
penetrazione dei canti da lui scelti. E così il concerto non è più solo
un concerto, e la serata diventa l'occasione per scoprire mondi nuovi,
prospettive personali, storie familiari che contribuiscono in modo
decisivo alla vicenda degli ebrei italiani. La prima parte di questo
viaggio ha per meta l'ebraismo dell'Europa orientale, ove il canto
accompagna e descrive i momenti dello studio, la vita quotidiana, la
sofferenza ineluttabile, l'amore e la scoperta del mondo. È certo molto
noto e frequentato, questo universo yiddish. Eppure Nissim ce ne fa
riscoprire le più sottili sfumature inserendo nel canto anche la
versione italiana dei testi da lui elaborata, capace di restituirne
l'atmosfera poetica, la condizione umana e sociale. Il ricordo si fa
intimo nella sua canzone dedicata a Vilna, la città lontana e quasi
mitica di sua madre. Poi l'orizzonte si sposta sul tema della Shoah e
della memoria, centrale sempre e in questo giorni fulcro della
riflessione collettiva: canti della Resistenza, canti desolati e
sofferenti dal lager. E una perla: la sua versione musicale della
poesia che precede “Se questo è un uomo”. Finché la memoria e la
commozione di Piero si fanno più personalmente coinvolte: ecco la
storia di Giorgio e di Gino. Giorgio Nissim, suo padre – instancabile
membro della Delasem sempre in giro a portare aiuto; e Gino Bartali,
campione generoso legato alla rete di solidarietà e latore
insospettabile di documenti falsi per gli ebrei nascosti: due amici
ideali in sella alle loro diversissime e preziose biciclette, che
Nissim, in musica, vede pedalare insieme sulle strade del cielo. Ma la
memoria è sopratutto impegno per l'oggi, perché oggi altri uomini sono
perseguitati per la loro diversità: diversità di pelle, di provenienza,
di abitudini. Con canzoni come “Nero Rosarno” Nissim porta la sua
solidarietà agli immigrati, talvolta anche da noi sfruttati come
schiavi. Il finale inaspettato e intenso è una Ha-Tikwà intonata anche
in italiano, e non solo come inno israeliano ma anche come perenne
speranza comune del popolo ebraico. Un caldo successo ha siglato la
serata, in quell'atmosfera di simpatia (nel senso etimologico del
termine) e di amicizia che Piero Nissim ha saputo subito creare nella
sala del Centro sociale. David Sorani
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Calendari
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La prima mitzvah che il
popolo riceve, ancora da schiavo, suona con le parole "questo mese sarà
per voi il capo dei mesi, sarà il primo dei mesi
dell'anno". La mitzvah è quella di fissare una data di
riferimento per formare un
calendario; tutto mentre sull'Egitto si abbatteva la piaga della morte
dei primogeniti. I commentatori si chiedono cosa abbia a che
fare questa mitzvah con la liberazione dalla schiavitù. A
questo si risponde che chi non sa darsi delle date di riferimento e non
è padrone del proprio tempo, non può essere un Uomo libero.
Alberto
Sermoneta, rabbino capo di Bologna
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Il naufragio
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Gli uomini non sono tutti
uguali. O, se preferite, alcuni uomini sono più uguali di altri.
Prendiamo il naufragio della Concordia, che giustamente angoscia tutti
gli italiani: al netto delle responsabilità gravi, delle colpe
imperdonabili, delle umane miserie e dei personaggi eroici, il bilancio
si attesta per ora a quindici (15) morti. Una vera tragedia, destinata
probabilmente a crescere. Proviamo però a compiere un esercizio
macabro, della cui rozzezza mi scuso anticipatamente. Ogni quanto
muoiono quindici persone nei nostri mari? Fortunatamente disponiamo di
dati abbastanza precisi, sebbene siano arrotondati per difetto. Ogni
due giorni. Per tutto il 2011, infatti, sono annegate in media sette
persone al giorno: imbarcatesi sulle coste africane, speravano di
raggiungere le coste italiane con mezzi di fortuna. Già Luigi Manconi
ha spiegato quali siano gli elementi che rendono le due tragedie
difficilmente comparabili: invisibili gli uni e mediatici gli altri;
poveri gli uni e ricchi gli altri; lontani da noi gli uni e simili a
noi gli altri; precari gli uni e ricchi (ma fino a un certo punto) gli
altri; sepolti tra le lamiere di una baracca gli uni e tra i
cristalli di un grattacielo gli altri. E, tuttavia, se queste ragioni
ci inducono ad abbandonare preventivamente qualunque accenno di
moralismo, rimane il dato di fondo: nella nostra percezione gli uomini
non sono tutti uguali. C’è però una buona notizia. Il
ministro della Giustizia Paola Severino ha ripetuto anche ieri che le
carceri italiane sono un luogo di tortura e non di riabilitazione.
Questa sua insistenza mi pare lodevole e non scontata. I detenuti –
persone che hanno sbagliato e che scontano giustamente la propria pena
– sono i meno uguali tra noi. Lo Stato toglie loro la libertà per aver
violato le norme del patto sociale. È per questa ragione che il
rispetto dei loro diritti è fondamentale: la forza dello Stato è
legittima solo se garantisce la dignità di chi non è più libero.
Tobia
Zevi, Associazione Hans
Jonas
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Un sogno tramandato
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Mi
chiamo Anna. Ho dodici anni. Ho occhi e capelli castani. La mia
adolescenza è appena iniziata. Ma la mia vita sta per finire.
Mi
chiamo Rebecca. Ho cinque anni. Ho occhi azzurri e capelli biondi. Non
festeggerò mai il mio compleanno di sei anni. Mi chiamo Isaac. Non so
esattamente quanti anni ho. Forse uno. Forse due. L’unica cosa certa è
che mi hanno separato dalla mia mamma. E che non la rivedrò mai più. Mi
chiamo Ruben. Sarei dovuto nascere tra due mesi. La mia anima non
giungerà mai in questo mondo. Qualcuno ha deciso che non meritiamo di
vivere. Che siamo colpevoli di una diversità insopportabile. La lingua
parlata dai nostri genitori è troppo differente da quella del posto. Il
nostro modo di vestire non segue sempre le mode dettate dagli stilisti.
I nostri nomi, durante l’appello, risuonano come suoni stranieri tra le
mura di scuola. La nostra identità è troppo sentita per
passare
inosservata. Il nostro orgoglio come nazione troppo potente per
rimanere silente. Coloro che ci hanno negato il futuro avevano un unico
progetto in testa. Un sogno tramandato dal faraone fino al 1938.
Cancellare per sempre l’esistenza del popolo a cui apparteniamo.
Annientare il nostro presente per evitare un vostro domani. Un disegno,
grazie a D-o, mai trasformato in realtà. Voi, che vi trovate
lì
oggi, a leggere comodi in una sinagoga o tra le accoglienti pareti di
casa, potete scegliere. Se piangere per noi, commiserandoci e
ricordandoci. O riportarci in vita. Quando una bambina di nome Anna
compirà dodici anni e prenderà su di sé tutte le mizvot. Quando una
bambina di nome Rebecca accenderà una candela al venerdì sera. Quando
un bambino di nome Isaac pronuncerà ‘torà’ tra le sue prime parole.
Quando un bambino di nome Ruben vedrà la luce e farà il brit milà
all’ottavo giorno. Il sogno dei nostri nemici andrà in
frantumi.
E voi ci avrete ridato la nostra vita rubata.
Gheula
Canarutto Nemni
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rassegna
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Voto palestinese verso il rinvio |
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Si
va verso il rinvio delle elezioni presidenziali e legislative nelle
zone sotto amministrazione palestinese. Recentemente annunciate per il
prossimo maggio dal presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu
Mazen e dal leader di Hamas Khaled Meshal, le elezioni dovrebbero
slittare a data ancora da destinarsi a causa dei forti dissensi ancora
esistenti tra i dirigenti dell'Anp a Ramallah e quelli di Hamas a Gaza.
Ad annunciarlo il coordinatore del “Comitato per le libertà politiche”
Mustafa Barghuti.
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"Alcune
lezioni per sapere come vanno le cose nell'Italia del 2012, alla
vigilia delle solenni celebrazioni del Giorno della Memoria. Prima
lezione: alla vigilia delle celebrazioni del Giorno della Memoria
un giudice ha appena condannato un giornalista, Peppino Caldarola, reo
di aver satiricamente criticato una vignetta satirica di Vauro Senesi
sul Manifesto, in cui si caricaturizzava una donna italiana ebrea,
Fiamma Nirenstein...
Ugo
Volli
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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