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29 gennaio 2012 - 4 Shevat 5772 |
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Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino
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"E sarà per te come ricordo
tra i tuoi occhi" abbiamo letto ieri nella parashà di Bo in riferimento
ai tefillin. A volte una memoria esterna aiuta a non intasare
eccessivamente quella interiore. E lascia spazio ad una molteplicità di
ricordi.
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David
Bidussa,
storico sociale delle idee
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Alle volte le parole sembrano
incomprensibili, poi la realtà ci fornisce esempi significativi e
pregnanti e così ciò che prima era oscuro diventa chiaro. Per esempio
si prenda l’espressione “banalizzatore della storia". Lo definisco
così:; il banalizzatore è colui che degrada un fatto storico, lo
spoglia di ciò che esso ha di particolare e di rilevante, in modo da
occultarne la complessità e dunque alla fine contribuendo al suo
annullamento. Forse è ancora oscuro. Allora faccio una proposta:
prendete la prima pagina de “Il Giornale” di venerdì scorso, 27 gennaio
2012, leggetela e riflettete sul titolo che il suo direttore ha dato al
suo editoriale e la banalizzazione della storia la avrete davanti. Non
è in discussione se quella fosse l’intenzione. Quello comunque è stato
l’effetto. Ed è ciò che rimane.
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Memoria - Combattiamo i
balordi che negano i fatti,
ma anche le manovre di chi nega le responsabilità
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Lo
Shabbat è il momento giusto per ragionare e questa settimana ho trovato
di che tenere impegnata la testa. Appena terminato l'insieme di
cerimonie, commemorazioni, incontri e convegni dedicati al Giorno della
Memoria, siamo entrati in uno Shabbat dove credo molti ebrei italiani
avranno riflettuto sugli avvenimenti e i discorsi. Per quanto mi
riguarda ho tentato di fare un inventario delle idee destinate a
restare e a lasciare il segno. I momenti di importante riflessione e
conoscenza erano molto numerosi, credo che resteranno le parole
pronunciate al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, che assieme al presidente dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e al ministro dell'Istruzione
Francesco Profumo ha tenuto, sotto lo slogan “Un filo spinato non può
fermare il vento”, con tantissimi studenti la cerimonia ufficiale in
memoria della Shoah. Credo che resterà una nuova consapevolezza della
necessità di combattere con vigore il negazionismo, una coscienza che
va crescendo anche grazie all'accorato appello contenuto nel libro di
Donatella Di Cesare “Se Auschwitz è nulla” (il Melangolo edizioni). Per
quanto mi riguarda resterà il momento in cui, solo pochi giorni fa,
circondato da centinaia di giovani giunti da tutta Italia, il rav
Alberto Funaro ha lacerato con il suono del suo Shofar il cielo grigio
di Auschwitz di cui il lettore trova una commovente testimonianza
fotografica nella fotonotizia di Pagine Ebraiche attualmente in
distribuzione. Eppure, subito prima di questo Shabbat, due fatti di
segno opposto hanno contrassegnato la giornata. È utile metterli a
fuoco, perché credo siano destinati a lasciare, ciascuno a suo modo, un
segno profondo. Il primo lo si trova nelle parole con cui il ministro
Profumo ha concluso il suo intervento al Quirinale rispondendo al
presidente Gattegna. Un alto rappresentante della Repubblica si è
scusato esplicitamente riconoscendo senza mezzi termini le
responsabilità italiane, dalle leggi razziste alla collaborazione
nazifascista, che trascinarono gli ebrei nella Shoah e l'onore
nazionale nel fango. Rileggiamole
assieme, prendiamo buon nota del coraggio di chi le ha pronunciate:
“Oggi, insieme a tutti gli insegnanti, i dirigenti scolastici, gli
studenti e i genitori al di fuori di questa solenne Aula, chiedendo
perdono per il male che gli italiani di allora fecero o non seppero
impedire, onorando in modo particolare i nostri concittadini ebrei, che
più di tutti patirono la tragedia delle persecuzioni, solennemente ci
impegniamo a operare sempre più per realizzare gli obiettivi che il
Giorno della Memoria ci indica”.
Il secondo fatto sta stampato sulla
prima pagina del quotidiano Il Giornale di venerdì. Il collega
Alessandro Sallusti, che lo dirige, per rispondere alla antipatiche
critiche elevate dal settimanale tedesco Der Spiegel riguardo al
naufragio all'isola del Giglio, ha pensato bene di titolare “A noi
Schettino, a voi Auschwitz”. Se si trattasse solo di uno sberleffo di
cattivo gusto, di una mancanza di rispetto ai sentimenti delle vittime
della persecuzione, di una sbadata stupidità, non ci sarebbe forse
nemmeno da voltarsi indietro. Purtroppo è ben di peggio e anche in
questo caso mi sembra opportuno valutare attentamente la situazione.
L'operazione di Sallusti, infatti, non consiste unicamente nel
maneggiare con disinvoltura a proprio comodo i simboli della Shoah, ma
condotta sotto la copertura dell'idea di risvegliare l'orgoglio
nazionale tenta di negare le responsabilità del fascismo e dell'Italia
di allora.
Questo non è il negazionismo di chi nega la realtà dei
fatti, dei balordi contro i quali, come ha ricordato il collega Paolo
Mieli in un recente lucidissimo intervento, rischia di essere persino
troppo facile, se non controproducente, scagliarsi. Questo è il
negazionismo di chi riconosce i fatti, per negarne le responsabilità.
Nel nome dell'orgoglio nazionale si tenta di circoscrivere ai tedeschi
in quanto tali la responsabilità della persecuzione e dello sterminio e
di accreditare all'Italia di allora meriti che, come ha ricordato anche
il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici,
purtroppo non possono essere vantati, nonostante i gesti di coraggio
espressi da una ristretta minoranza di eroi.
Il fine è chiaro: giocando
sulle emozioni e usando un ipocrita tono di amicizia nei confronti
degli ebrei, si tenta di evitare proprio il passaggio più imbarazzante:
fare i conti con la propria storia. Ma questo non giustifica una
campagna come quella scatenata da Sallusti e atta a negare le
responsabilità italiane. E non giustifica nemmeno l'indecorosa
raffigurazione di un Gianfranco Fini cui si rimprovera il capo coperto
da una kippà, finito nel mirino di Libero apparso sabato mattina.
Sono
comportamenti che vanno denunciati e su cui sarebbe meglio ragionare.
Come pure sarebbe utile ragionare sugli effetti di due importanti
uscite televisive avvenute in parallelo sempre in occasione del 27
gennaio. In un'analisi apparsa su l'Unione
informa di venerdì abbiamo
già presentato i contenuti e la differenza di modelli fra un Porta a
porta di Rai Uno (dove Bruno Vespa ha avuto ospiti i Testimoni Edith
Bruck e Sami Modiano, il ministro della Cooperazione e
dell’integrazione Andrea Riccardi, il presidente della Comunità ebraica
di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI delegato alla Memoria
Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la filosofa Donatella Di
Cesare e Roberto Olla, autore del filmato Le non persone) e un Otto e
mezzo (Auschwitz e la memoria corta”) di La7 dove Lilli Gruber ha
invitato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la filosofa del
linguaggio e semiotica Valentina Pisanty, autrice di “Abusi di memoria.
Negare, banalizzare, sacralizzare la Shoah” (Giorgio Mondadori
editore). Ci si sarebbe potuti attendere che un numero maggiore di
telespettatori seguisse più facilmente il grande contenitore Rai, che
per quantità di ospiti, varietà del materiale filmato e maggiore
immediatezza degli argomenti trattati poteva sembrare più adatto alla
sensibilità delle masse. Ci si sarebbe potuti immaginare che il lavoro
della Gruber, più denso, più attento ai problemi che alle emozioni,
avrebbe coinvolto solo pochi appassionati. Ma al termine di questo
Shabbat, dati alla mano, abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Porta a
porta ha avuto un milione 181 mila spettatori. Otto e mezzo, che pure
va in onda nella fascia oraria in cui la concorrenza fra le reti è più
intensa, 1.426.272. La trasmissione ha aperto il dibattito sulle
mistificazioni e i rischi di una religione della morte che minaccia di
inquinare la religione di vita tramandata dagli ebrei di generazione in
generazione, raggiungendo, mentre il rav Di Segni e la professoressa
Pisanty denunciavano precisamente questi pericoli, 1.849.102 spettatori
e ha raccolto complessivamente quasi 3,6 milioni di contatti. A quanto
pare agli italiani non dispiace ragionare. E il nobile messaggio del
ministro Profumo è un segno di conferma. Non resta che sperare che
anche il collega Sallusti ne possa prendere atto al più presto
possibile.
Guido Vitale
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Qui Milano - Omaggio a
Weisz, la Memoria entra in campo
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C’erano il Capitano
dell’Inter, il Mister, la Signora: Javier Zanetti, Claudio Ranieri,
Milly Moratti. C’era l’assessore allo sport del Comune di Milano,
Chiara Bisconti, i consiglieri Ruggero Gabbai ed Elisabetta Strada,
Matteo Marani che ne ha scritto la biografia dopo tre anni di
appassionate ricerche, “Dallo Scudetto ad Auschwitz” (Aliberti, 2007),
il Console generale d’Ungheria Istvan Manno. C’era Roberto Jarach,
presidente della Comunità ebraica di Milano e appassionato interista,
insieme a un piccolo drappello di iscritti alla Comunità più che mai
orgogliosi della propria fede nerazzurra. Tutti insieme per rendere
omaggio, nel Giorno della Memoria, a un grande personaggio della storia
dello sport, nerazzurra, cittadina, nazionale: Arpad Weisz, allenatore
ebreo ungherese che dopo i grandi successi con l’Inter (allora
Ambrosiana) e con il Bologna, che portò addirittura sul tetto d’Europa,
nel Torneo dell’Esposizione Universale, antenato dell’odierna Champions
League, nel 1938 fu costretto a lasciare l’Italia in seguito alle leggi
razziste, e nel 1944 fu deportato dall’Olanda ad Auschwitz, dove fu
ucciso insieme a tutta la sua famiglia.
“La cultura dello sport è prima di tutto rispetto e tolleranza - ha
messo in evidenza l’assessore Bisconti - Milano vuole rinnovare ancora
una volta il suo ‘no’ alla violenza e il suo ‘sì’ alla convivenza tra
identità e culture diverse, per costruire una città di pace. È la
grande lezione dello sport. Figure come quella di Arpad Weisz ci
spingono a rinnovare insieme, ogni giorno, questo impegno”.
Una targa posata nel foyer della tribuna rossa di San Siro, lo stadio
dedicato proprio a quel Giuseppe Meazza che Weisz fece debuttare a 17
anni in Coppa Volta, ricorderà infatti per sempre ciò che l’allenatore
fece per l’Inter e per lo sport italiano, e ciò che fu capace di
infliggergli il nazifascismo. “È un onore per me essere qui a ricordare
un grande uomo, parte della famiglia Inter e dei valori che spero
possano essere d’esempio per tutti i giovani” le parole del capitano
Zanetti. “Mi ha fatto impressione leggere che Weisz fu il primo
allenatore a mettersi una tuta e scendere in campo con i calciatori -
gli ha fatto eco Claudio Ranieri - È una storia importante, che mi
auguro aiuti a non dimenticare ciò che è stato”.
Proprio dai giovani, che la storia di Weisz può aiutare a far
riflettere sulla Shoah più forse di quanto non facciano libri e
conferenze, è partita l’iniziativa: dagli alunni del liceo artistico
milanese Umberto Boccioni insieme al loro preside Giuseppe Como. Che
hanno segnalato la figura di Weisz di cui avevano letto nel libro di
Marani ai consiglieri Gabbai e Strada, che hanno proposto una mozione
per la targa commemorativa votata all’unanimità da tutto il Consiglio
comunale.
“Accogliere giocatori di varie nazionalità fa da sempre parte del DNA
dell'Inter, che scelse il nome Internazionale non a caso, quando fu
fondata. L’integrazione è un principio nerazzurro fondamentale, un
principio al cui servizio la nostra squadra si porrà sempre - ha
sottolineato Milly Moratti. Che a margine dell’incontro, alla proposta
di rendere omaggio a Weisz anche nel corso di un incontro al Meazza,
magari il prossimo Inter-Bologna in programma la terza settimana di
febbraio, perché la storia di Weisz raggiunga l’intero popolo di San
Siro, ha accolto l’idea con entusiasmo. Le porte della Scala del calcio
si aprono dunque alla Memoria, con un segnale che potrà dare un
contributo fondamentale per combattere il razzismo e l’intolleranza che
ancora troppo spesso tornano alla ribalta negli stadi italiani.
Rossella
Tercatin
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Qui Firenze - Al
Franchi per dire no al razzismo
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Cambiano i protagonisti, ma
il messaggio non cambia. Un no corale al pregiudizio, un appello ai
tifosi e a tutti gli appassionati di pallone per un'opposizione comune
all'odio e all'intolleranza. In occasione delle celebrazioni per il
Giorno della Memoria torna a farsi sentire la voce della Fiorentina
Calcio che, attraverso un video trasmesso sul proprio sito ufficiale
che vede protagonisti il capitano Alessandro Gamberini e il suo vice
Stefan Jovetic (l'anno scorso era stata la volta di Riccardo Montolivo)
e uno striscione esposto quest'oggi da alcuni atleti delle squadre
giovanili pochi istanti prima del derby toscano con il Siena, rinnova
così il proprio impegno di Memoria. “La Fiorentina dice no al razzismo
ed è unita nel rifiutare ogni forma di discriminazione” dice JoJo nel
breve ma intenso filmato mentre sullo sfondo scorrono, accompagnate dal
violino di Itzhak Perlman, alcune immagini dei campi di sterminio
nazisti. L'iniziativa, applaudita dal popolo del web, trae origine da
una partnership tra dirigenza viola e Regione Toscana.
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Allo Yad Vashem, per
rinnovare l'impegno del ricordo
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Grande intensità e
partecipazione hanno caratterizzato la cerimonia organizzata dagli
italiani d'Israele allo Yad Vashem in occasione delle celebrazioni per
il Giorno della Memoria. La commemorazione, svoltasi per il settimo
anno consecutivo (ad aprire questa tradizione ormai consolidata
l'allora ambasciatore d'Italia in Israele e oggi ministro agli Esteri
del governo Monti Giulio Terzi di Sant'Agata), ha avuto luogo nella
Tenda della Rimembranza alla presenza tra gli altri dell’ambasciatore
Luigi Mattiolo, del consigliere d’Ambasciata Gabriele Altana e di tutti
i funzionari e il personale della rappresentanza diplomatica. In
apertura la deposizione di una corona d'alloro da parte
dell'ambasciatore cui hanno fatto seguito due diversi momenti: il
ravvivamento della fiamma perenne e la lettura di un brano per
ricordare tutte le vittime della Shoah ma anche quanti misero a
repentaglio la propria vita per salvare il prossimo. Al termine della
cerimonia il pubblico si è raccolto nell’Auditorium dello Yad Vashem
dove l'ambasciatore è nuovamente intervenuto ricordando l’impegno
dell’Italia nella lotta contro l’antisemitismo e nella trasmissione di
una cultura della Memoria alle nuove generazioni. Erano tra gli altri
presenti il presidente del Tempio italiano di Gerusalemme Eliahu Ben
Zimra, il presidente dell’Associazione immigrati dall’Italia Vito Anav,
il presidente del Com.It.Es. Israele Beniamino Lazar, il presidente del
Fondo Anziani Italiani Bisognosi (FAIB) Bruno Di Cori e vari
rappresentanti delle altre organizzazioni italiane operanti nel paese.
Tra questi il professor Sergio Della Pergola, membro della Commissione
dello Yad Vashem che esamina le pratiche dei Giusti fra le Nazioni
(Chassid Umot Haolam). Sempre in occasione del Giorno della Memoria
l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, in collaborazione con
l’Istituto Italiano di Haifa, aveva organizzato negli scorsi giorni a
Tel Aviv una presentazione del libro “L’Italia fascista e la
persecuzione degli ebrei”. In quest'occasione l'autrice, Marie-Anne
Matard-Bonucci, era intervenuta raccontando come e perché il fascismo
arrivò all'antisemitismo di Stato, come fu orchestrata la propaganda e
come fu infine realizzata la persecuzione dal 1938, anno di
promulgazione delle leggi razziste, fino al tragico epilogo della
deportazione nei campi di sterminio. Nelle stesse ore a Gerusalemme, a
cura di alcune associazioni locali, era stato invece più volte
rappresentato al Teatro Khan un rifacimento tratto dall’opera di Primo
Levi “Se questo è un uomo”.
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Davar acher - Memoria à la carte
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Fra le norme del lutto
contenute nel trattato talmudico Moed Katan ve n'è una che proibisce di
rivolgere la parola a chi è in lutto, prima che lui stesso inizi il
discorso. È una regola che forse si capisce meglio alla fine di ogni
Giorno della Memoria, quando ci si sente esausti emotivamente e
desiderosi di silenzio, stanchi anche delle solidarietà. Ma soprattutto
si fa fatica a reagire compostamente alle gocce di veleno che si
mescolano continuamente alle voci di consolazione. E però nel caso di
un lutto collettivo come quello della Shoà, non abbiamo il diritto di
restare storditi e passivi, come nelle vicende provate, bisogna
prendere atto che le forze profonde che hanno portato alla distruzione
del popolo ebraico sono ancora attive, anche se hanno assunto nuove
forme di espressione e nuovi soggetti Elenco alcune di queste gocce di
veleno, per dovere di testimonianza e di riflessione, tralasciando per
questa volta la ributtante ma patetica ostinazione dei negazionisti
espliciti, dei nostalgici del cattolicesimo dell'Inquisizione o del
fascismo di Salò. Antonello Bernardi, consigliere comunale PD
dell'Aquila, scrive in una sua "riflessione sulla Shoah", fra
l'altro che "celebrare la Giornata della Memoria senza nominare i
crimini commessi da Israele nei confronti del popolo palestinese in
nome della "sicurezza", significa legittimare posizioni ipocrite e
vergognose, esercitando una memoria parziale, ambigua, che replica ed
accentua la solitudine e l'isolamento colpevole in cui il popolo
palestinese è stato lasciato da parte della comunità internazionale."
Il sindaco di Mathausen, Thomas Punkenhofer, chiamato a Bologna a
celebrare la Giornata afferma: «È spaventoso che ancora oggi ci siano
politici che non esitano a sfruttare le paure degli uomini. Se ieri
furono attaccati gli ebrei, oggi lo sono gli stranieri». Come dire che
o gli immigrati in Europa vengono gasati in massa, o gli ebrei, essendo
stranieri, hanno subito dei limiti all'immigrazione, niente più.
Lo psichiatra Luigi Cancrini, rispondendo nella sua rubrica sull'Unità
a una domanda a proposito di che cosa vada " aggiunto" agli ebrei nella
celebrazione memoria (gay, rom, detenuti politici, portatori di
handicap), svicola e si lancia invece in un'estensione moto più ardita:
"il giorno della memoria va celebrato, a mio avviso, pensando al futuro
prima che al passato. Interrogandosi sul significato della frase "tutto
questo non deve accadere mai più" e partendo, per dare il contributo
che ognuno di noi può dare in questa direzione, da una domanda semplice
sul razzismo che c'è dentro ognuno di noi. [...] Quella di esportare la
democrazia con le armi è o no una scelta di stampo razzista? Sono
razziste o no alcune delle nostre leggi contro l'emigrazione e le
strutture cui esse hanno dato luogo? C'è o non c'è razzismo nella
violenza delle posizioni religiose espresse da Oriana Fallaci o da
Magdi Cristiano Allam e nel pregiudizio ancora così diffuso contro gli
omosessuali o contro i Rom? Pensare che l'odio razzista si sia esaurito
con Hitler e che noi non c'entriamo è comodo ma inutile." Come dire, il
problema dei nazisti è di essersi sentiti superiori, magari volevano
anche loro esportare la loro "democrazia" popolare, o magari il
"Fuehrerprinzip". E naturalmente l'odio da paragonare alla Shoah è
quello di notori amici di Israele, che hanno il torto di non essere
politicamente corretti.
Sul sito del movimento 5 stelle del Piemonte, in occasione della
Giorno della Memoria, sono usciti una serie di testi e di immagini il cui senso
complessivo può essere così riassunto: "«Nazismo e sionismo? Le due
facce della stessa medaglia». Anzi, «forse il nazismo era anche più
soft del sionismo… il nazismo è un movimento nazionalsocialista, mentre
il sionismo è puro nazionalismo estremo». "Beh, dire che il nazzismo
era più soft mi sembra un pò eccessivo ma condivido l'idea che si vuole
dare della NON differenza.. Allo scadere della mezzanotte io ho postato
la bandiera della palestina, x non dimenticare... Chì da vittima è
diventato carnefice! " (gli errori di ortografia e la bizzarra
fraseologia sono sull'originale). Alla fine della giornata il gruppo
consigliare del movimento si è distanziato da queste espressioni
scrivendo: "Consci di una strumentalizzazione ormai quotidiana di molte
"uscite" pubbliche o meno del gruppo consiliare su temi sensibili e
ampi, siamo a puntualizzare alcuni dettagli a proposito della presenza
sulla bacheca facebook individuabile come "Movimento 5 Stelle Piemonte"
di alcuni link odierni che, più o meno apertamente, equiparano il
terribile olocausto antisemita di 70 anni fa con i gravi episodi
recenti che hanno visto il teatro di guerra israelo-palestinese al
centro delle cronache: con un improvvido tempismo e un'eccessiva
solerzia un nostro collaboratore ha più volte, nel corso della giornata
di oggi, aggiunto alla bacheca in questione collegamenti aventi per
tema la similitudine citata." Dire che gli israeliani sono peggio dei
nazisti è dunque per la leadership grilina piemontese "improvvido
tempismo" ed "eccessiva solerzia", non una falsità.
Si potrebbe continuare a lungo, per esempio citando la difesa che
Travaglio sul "Fatto" (e in maniera più timida e
contorta Gianni Cuperlo sul'"Unità" e Filippo Facci su "Libero") hanno fatto
della vignetta di Vauro Senesi contro Fiamma Nirenstein, dai contenuti
evidentemente antisemiti. Il Giorno della Memoria a prima vista non
c'entra, ma è evidente il fastidio per la concomitanza, messa in
evidenza dall'articolo di Pierluigi Battista che ha sollevato la
questione: che c'entra il ricordo delle stragi naziste con la polemica
contro un'ebrea che ha la colpa di entrare nelle liste di Berlusconi
invece di appoggiare disciplinatamente, come dovrebbe, la sinistra...
il Giorno della Memoria dev'essere contro i nazifascisti, cioè la
destra, non per la difesa della vita degli ebrei...
Perché citare questi episodi, almeno in apparenza marginali? Perché
bisogna riflettere che sotto le molte condoglianze e le molte
solidarietà e perfino sotto il rifiuto del negazionismo, emerge oggi un
revisionismo non sull'esistenza della Shoah ma sul suo significato, che
viene annacquato in termini di violenza e razzismo generici, fino a
rovesciarlo nel suo contrario, cioè nel motore di un nuovo
antisemitismo, diretto in nome delle vittime (gli ebrei morti) contro
gli ebrei vivi, che cercano di difendere il diritto all'esistenza del
nostro popolo. Assai più del grottesco negazionismo degli ottusi
neonazisti è questo nuovo revisionismo "pacifista" "progressista"
"politicamente corretto" a essere oggi pericoloso. Contro di esso
bisogna protestare e combattere, non solo il Giorno della Memoria, ma
tutto l'anno. Perché esso rischia di costruire il nuovo buonsenso
antisemita: come una volta gli ebrei erano affamatori del popolo e
deicidi, oggi sono "criminali", che ripetono gli orrori del nazismo.
Che queste falsità miserabili siano propagandate anche attraverso il
Giorno dela Memoria è un rischio grave e una tragica beffa ai danni
delle vittime della Shoah.
Ugo
Volli
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Sorgente
di Vita, puntata speciale
Giorno della Memoria
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Leggi la rassegna |
E’ tutta dedicata al Giorno della memoria la puntata di oggi di
Sorgente di vita: si apre con la premiazione, il 27 gennaio al
Quirinale, dei vincitori del concorso “I giovani ricordano la
Shoah” promosso dal Ministero dell’Istruzione e dall’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane e giunto alla decima edizione.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
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