Il primo a diventare
follower è stato Kosher Kingdom, un supermercato glatt kosher in quel
della Florida. Come e perché un negozio di alimentari a un oceano e
decine di migliaia di chilometri di distanza abbia scelto di seguire il
profilo Twitter di Pagine Ebraiche, ancora durante la sua fase di
sperimentazione, è un mistero del mare magnum del web 2.0 in cui la
nave Pagine Ebraiche fa ora il suo debutto. In compagnia di Italia
Ebraica, il mensile di voci dalle Comunità, e di DafDaf, il giornale
ebraico dei bambini, oltre che delle news del notiziario quotidiano
online l’Unione Informa e del Portale dell’ebraismo italiano
www.moked.it. Tanti servizi in più per il lettore, a cominciare da
un’applicazione che consente di leggere e consultare le testate
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane direttamente all’interno
Facebook. D’altra parte lo dicono le statistiche. Ma anche
l’esperienza. In Italia si naviga sempre di
più su internet. E sempre più tempo è trascorso sui social network.
Secondo il Social Media Report 2011 compilato da Nielsen, società
internazionale che si occupa di analisi di mercato, gli italiani
infatti passano sui social network circa un terzo del tempo che
trascorrono online. Superando persino gli americani che limitano la
socializzazione virtuale al 25 per cento dei loro minuti sul web.
Facebook, geniale invenzione del 26enne Mark Zuckerberg, conta 800
milioni iscritti in tutto il mondo e 21 milioni in Italia, un terzo
della popolazione, secondo le ultime statistiche, che
annoverano il Belpaese all’undicesimo posto per numero di utenti (il
primato va agli Stati Uniti, con 157 milioni). Un trend in costante
aumento. D’altronde l’annuario virtuale più famoso del mondo, al suo
ottavo compleanno, rappresenta un mezzo potentissimo per rimanere in
contatto con amici lontani, farsi un po’ i fatti degli altri,
dedicarsi a giochi e varie attività ludiche. E leggere i giornali.
Provare per credere. Grazie all’applicazione sviluppata da Paperlit,
azienda leader italiana nello sviluppo di sfogliatori virtuali, un
cuore a Cagliari e l’altro nella leggendaria Silicon Valley, che ha
portato su tablet e smartphone decine di grandi testate italiane e
internazionali, e che ha curato anche l’app di Pagine ebraiche. “In
tutto il mondo i giornali hanno cominciato a creare la propria fan page
su Facebook, e a rendere fruibili una parte dei propri contenuti
proprio attraverso i social network - spiega Mario Mariani di Paperlit
- Da qui abbiamo pensato di portare il modello del social reader a un
livello successivo, partendo dall’esperienza che abbiamo accumulato
nelle applicazioni per tablet. Rispettando quindi quello che è il
nostro principio di base: che i giornali digitali sono più apprezzati
quando hanno il formato originario”. Paperlit è la
prima al mondo a proporre un prodotto del genere. Prodotto che in
pochissimo tempo ha già riscosso grande successo, se è vero
che decine di giornali e riviste
si preparano a lanciare questa nuova forma di social reader (in Italia
a essere pionere insieme a Pagine Ebraiche è il Fatto quotidiano, che
ha debuttato a metà gennaio). Oggi il giornale dell’ebraismo italiano è
dunque interamente leggibile dalla propria posizione Facebook, completo
dei contenuti multimediali, della possibilità di zoommare o di scorrere
le pagine per una visione di insieme, dell’archivio completo degli
arretrati. Ma non è questa l’unica novità. Cosa andrà nel notiziario di
metà giornata? Chi sarà il personaggio dell’intervista del mese su
Pagine ebraiche? Quali sono le news delle realtà ebraiche del Paese?
Solo alcune delle domande a cui risponderanno i cinguettii più famosi
del web, quelli di Twitter. Fondato nel 2006 da Jack Dorsey, il social
network formato 140 caratteri, non rilascia statistiche ufficiali ma si
calcola ormai abbia
raggiunto i 200 milioni di iscritti nel mondo, di cui 2.4 in Italia,
dove al dicembre del 2011 si contava lo scambio di 200 tweet al minuto.
Twitter è sia un social network che un microblog e nel mondo
dell’informazione ha avuto particolarmente presa considerando il numero
sempre crescente di giornali e giornalisti che utilizzano attivamente
il proprio profilo. A cui da ora si aggiungono Pagine Ebraiche, DafDaf
e Italia Ebraica, che si trovano @paginebraiche, @italiaebraica e
@ciaodafdaf, con aggiornamenti sempre a portata di smartphone. Non
potevano poi mancare, nel Faccialibro, le pagine di cui diventare fan,
per rimanere aggiornati in tempo reale su cosa bolle in pentola in
redazione, con link, foto e molto altro. Le pubblicazioni dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane entrano dunque a pieno titolo nel
mondo del web 2.0. Per avvicinarsi sempre più ai propri lettori. E per
offrire loro un servizio prezioso: avere un’ottima scusa per passare
ancora più tempo nella piazza virtuale senza sentirsi un perdigiorno.
Rossella
Tercatin, Pagine Ebraiche, febbraio 2012
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Qui Roma - Storie di ordinario terrorismo |
Se
centinaia, migliaia di persone si dichiarano disposte ad immolarsi,
stiamo assistendo a un suicidio di massa? Fino a che punto il
terrorismo palestinese è un fenomeno locale o piuttosto uno dei tanti
tentacoli di una jihad globale? Quali sono i rischi in Italia e in
Europa? C'è qualcosa che possiamo fare, tramite il dialogo e la
politica, per porre fine all'odio? Sono alcuni degli interrogativi cui
Alberto Mayer, studioso e storico dell'ebraismo contemporaneo, prova a
dare una risposta in Mabruk! Storie di vita e di morte dei kamikaze
palestinesi (Aliberti Castelvecchi 2010), intensa testimonianza che,
basandosi su documenti originali, cronache e inchieste giudiziarie,
ricostruisce il contesto in cui fermenta e si riproduce l'ideologia
dell'odio e della morte verso Israele (“Vivere per morire, morire per
vivere”, recita efficacemente il sottotitolo dell'opera). I temi
affrontati da Mayer sono stati al centro di una partecipata tavola
rotonda svoltasi ieri sera al Museo ebraico di Roma. Protagonisti,
oltre all'autore, i docenti universitari Luigi Lojacono e Francesco
Lucrezi e il senatore Luigi Compagna. Ad introdurre i lavori, moderati
dal giornalista Daniel Reichel, l'assessore alla cultura della Comunità
ebraica di Roma Livia Ottolenghi. “Ho scritto questo libro per cercare
di capire quali siano gli input e le motivazioni che portano a un gesto
così estremo. Le conclusioni cui sono giunto – ha spiegato Mayer –
lasciano con un forte senso di angoscia per l'incisività della
propaganda e dell'educazione alla morte che in molte circostanze, nel
mondo arabo, trasformano l'atto del suicidio in una pratica della
quotidianità”. Una sorta di “banalità dell'orrore” quindi, come ha
spiegato il professor Lojacono parafrasando Hannah Arendt, che è tra i
fattori di maggiore instabilità per una pacifica coesistenza tra i
popoli e le nazioni e che da sempre caratterizza la storia dell'umanità
travalicando appartenenze di etnia, cultura e religione. Suicidio come
male, suicidio come eroismo: l'intervento di Lojacono si è sviluppato
lungo questa antinomia con particolare riferimento alla plurimillenaria
vicenda delle tre fedi monoteiste offrendo numerosi spunti di
riflessione che guardano sì al passato ma anche inevitabilmente al
nostro presente e all'annosa contrapposizione tra israeliani e
palestinesi. Secondo Compagna, in materia di terrorismo islamico, la
comunità internazionale ha dato fino ad oggi risposte insufficienti. Il
senatore definisce tra gli altri"vergognoso" il comportamento delle
Nazioni Unite, coscientemente incapaci di mettere all'ordine del giorno
un argomento di questa attualità e portata, e ripercorre alcuni recenti
passaggi di controversa storia politica italiana in materia. Rincara la
dose Lucrezi che arriva ad auspicare un'uscita degli Stati Uniti
dall'ONU, possibilità già paventata da alcuni candidati alle primarie
repubblicane, e ammonisce contro i rischi di un antisemitismo sempre
presente nel mondo occidentale. "Israele fa in qualche modo da
parafulmine - commenta il professore - ma sono convinto che se lo Stato
ebraico non esistesse tornerebbero oggi sempre più insistenti antiche
accuse che hanno inquinato la storia dell'Europa nel corso dei secoli.
Dobbiamo tenere alta la vigilanza, sostenere in ogni modo la cultura
della vita contro chi propugna la morte e la distruzione".
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Ama
il tuo paese, criticalo |
In
Italia ci sono persone sensibili e intelligenti e persone volgari: una
contraddizione affascinante che abbiamo in comune con voi. Parole del
regista israeliano Amos Gitai al Circolo dei Lettori di Torino in
occasione della presentazione del libro Storia di una famiglia ebrea,
raccolta delle lettere della madre del regista, Efratia Gitai.
L’atmosfera (nonostante i soliti volantini che se la prendono per
principio con tutto ciò che è “sionista”, cioè israeliano) è cordiale;
il saluto del sindaco Fassino sembra più il benvenuto ad un amico che
un discorso di circostanza, e infatti sarà citato poco dopo dal regista
con un informale “come ha detto Piero…”. I torinesi che hanno osato
sfidare il freddo (“io vengo da un posto molto più caldo, in tutti i
sensi” ha detto Gitai ringraziandoli) si sono trovati di fronte a un
personaggio forse diverso dall’idea che ci si potrebbe fare di lui
vedendo i suoi film, pronto alla battuta e autoironico, ma anche
appassionato nel discutere sui problemi e sul futuro del suo Paese.
Gitai racconta di aver studiato inizialmente architettura per cercare
un contatto con il padre da poco scomparso ma di aver optato, dopo
l’esperienza nella guerra del Kippur, per un mezzo di comunicazione
maggiormente in grado di restituire la dimensione umana delle vicende
mediorientali. La generazione dei suoi genitori coltivava il sogno di
una società nuova, a cui l’Israele di oggi deve molto. Da sua madre
Efratia Gitai sostiene di aver imparato il valore della critica, che a
suo parere costituisce l’essenza della cultura ebraica, come dimostra
già tremila anni fa l’esempio del profeta Natan che rimprovera il re
David. Le critiche servono per migliorare, quindi sono il più grande
favore che si possa fare a qualcuno: ama il tuo paese, sii critico.
Parlando
del futuro di Israele Gitai prende in giro bonariamente la sua
traduttrice, e presentatrice della serata, Elena Loewenthal: “sei
ottimista perché vivi a Torino”. Eppure anche Gitai stesso sottolinea
la necessità di essere ottimisti nonostante tutto, e cita Rabin che
diceva che chi vive in un posto senz’acqua, anche se ha già scavato più
pozzi inutilmente, o va a vivere da un’altra parte o non può fare altro
che continuare a scavare. L’arma migliore per Israele secondo Gitai è
conservare la libertà, la democrazia, i diritti delle minoranze, degli
arabi, delle donne, l’indipendenza della Corte Suprema; tutte queste
cose garantiscono anche la sicurezza dello Stato; il regista si
dichiara fiero del fatto che un Presidente della Repubblica sia stato
processato e condannato: una cosa - sottolinea - che non è accaduta ai
politici di molti altri Paesi, compresa l’Italia.
Gitai afferma di
aver posto alla base del suo film “Terra promessa” un altro
insegnamento di sua madre: una società che non rispetta le donne è
condannata. Una massima certamente attuale, che potrebbe essere utile
anche per l’Italia.
Anna
Segre, insegnante
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Israele - L'autogol che passerà alla storia
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Ashraf
Soliman, difensore del Maccabi Umm al-Fahm, rimarrà nella storia.
All'89° della partita contro l'Hapoel Afula, probabilmente nel
maldestro tentativo di compiere un salvataggio in corner ha stoppato un
cross avversario e spedito il pallone direttamente nella propria porta,
sotto gli sguardi allibiti dei compagni (e dei tifosi). Un attaccante
avversario forse non avrebbe saputo fare di meglio.
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Commento
breve per una rassegna stampa stringata in assenza di fatti rilevanti,
almeno per quanto concerne direttamente il mondo ebraico e
Israele. A tale riguardo il rimando è soprattutto all’articolo di
Giulio Meottti su il Foglio,
rispetto alla paventata ipotesi di un attacco preventivo da parte di
Gerusalemme contro l’Iran nel caso in cui la soglia di tollerabilità
nel programma nucleare di cui si è dotato Teheran dovesse essere
superata.
Claudio
Vercelli
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