Voci a confronto

Commento breve per una rassegna stampa stringata in assenza di fatti rilevanti, almeno per quanto concerne direttamente il mondo ebraico e Israele. A tale riguardo il rimando è soprattutto all’articolo di Giulio Meottti su il Foglio, rispetto alla paventata ipotesi di un attacco preventivo da parte di Gerusalemme contro l’Iran nel caso in cui la soglia di tollerabilità nel programma nucleare di cui si è dotato Teheran dovesse essere superata. Cosa che nel testo di Meotti, sia pure in un’ottica di probabilità e non di certezza definitiva, è data come molto plausibile, anche se sulla medesima testata in un altro articolo, firma di Amy Rosenthal, l’elemento di quadro che viene inserito per ponderare le decisioni è il destino della Siria, il cui potere politico è oggi più che mai pencolante. A Damasco prosegue infatti l’orrenda guerra civile voluta dal clan Assad contro una parte del proprio paese e commentata oggi da Lucia Capuzzi su Avvenire, da Guido Olimpo per il Corriere della Sera e soprattutto da un lungo fondo di Adriano Sofri per la Repubblica. Un accenno d’obbligo è al fatto che oggi ricorre il «Giorno del ricordo», istituito con legge 32 il 30 marzo 2004, nell’ambito del quale, come afferma la lettera stessa della norma, ci si adopera «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Rimandi in tal senso si possono trovare per la firma di Rossana Mondoni su la Padania, di Vito Antonio Meuzzi per la Gazzetta del Mezzogiorno e di un polemico Marcello Veneziani su il Giornale. La sostanziale scarsità di articoli e commenti al riguardo sono il segno, più che di una disattenzione, di una diversa considerazione dell’impatto civile di quelle vicende non tanto su coloro che ne subiro i drastici effetti bensì sulla memoria collettiva del nostro paese. La questione commemorata in sé poco ha a che fare, almeno in linea diretta, con le vicende ebraiche, ed in particolare con la Shoah, e tuttavia, sia per il contesto storico in cui si inserisce, sia per il meccanismo politico, civile e culturale che ha dato corso alla istituzionalizzazione in una data, intesa come solennità civile, rinvia alla complessa e irrisolta partita dell’«uso pubblico del passato», ovvero al modo in cui esso assume rilevanza collettiva nella costruzione dei legami di cittadinanza. Per la serie “il nazismo magico”, o l’esoterismo all’opera, laddove diventa difficile se non impossibile comprendere dove finisca la pur legittima indagine su aspetti meno noti del passato ed intervenga invece una fervida fantasia, si può poi leggere l’articolo di Stenio Solinas su il Giornale riguardo all’ipotesi (una delle innumerevoli che circolano intorno alla mitografia che ha accompagnato il nazismo e la tragica memoria di esso) che Hitler abbia nascosto, ovviamente in un luogo impenetrabile e sicuro, a Norimberga, oggetti come la corona del Sacro romano impero, scomparsi e mai più ritrovati. Forse un po’ meno eclatante ma maggiormente attendibile è il resoconto che compare su la Nazione riguardo all’obiezione di coscienza che un operaio, August Landmesser, manifestò nell’Amburgo del 1936, rifiutandosi di salutare con il braccio teso, nel mezzo di una folla festante, il varo di una nave. La foto che il giornale riproduce, recuperata attraverso il web, è di per sé impressionante: un uomo solo, a braccia conserte, circondato da una grande quantitò di compagni di lavoro intenti a tributare l’osanna al regime. La storia di questo oppositore civile, compagno di una connazionale di origine ebraica, perseguitato per tale ragione dal regime e probabilmente morto nel 1944, è un esempio di come una parte del popolo tedesco, sia pure minoritaria, abbia comunque preservato la sua dignità, a rischio di essere esclusa, o comunque emarginata, dalla società stessa.

Claudio Vercelli