Ogni
strumentalizzazione politica e ogni generalizzazione nel giudizio deve
essere evitata di fronte alla strage di Tolosa. In una mattinata
drammatica, che ha portato a Gerusalemme agli strazianti funerali delle
quattro vittime dell'assalto alla scuola ebraica, nel Sud della Francia
alle esequie dei militari assassinati precedentemente e nella città di
Tolosa all'individuazione del giovane estremista islamico quasi
certamente responsabile di entrambe le stragi, il compito più delicato
è toccato al rabbino capo di Francia Gilles Bernheim, massima autorità
morale dell'ebraismo d'Oltralpe. Salito all'Eliseo nel corso della
mattinata, il rav Bernheim, che aveva a fianco non a caso i leader
delle comunità islamiche di Francia e che negli scorsi giorni, in una
clamorosa uscita pubblica, aveva chiarito che nessun ebreo francese
poteva sentirsi autorizzato a esprimere il proprio voto a favore della
candidata della destra xenofoba alle presidenziali Marine Le Pen, ha
usato nuovamente parole chiare.
In
un messaggio immediatamente rilanciato dalle radio e dalle televisioni
che ha raggiunto decine di milioni di francesi, il Rav ha chiarito che
“chi attacca dei militari e attacca dei bambini che entrano in una
scuola, attacca innanzitutto i valori della Francia. Proprio perché
hanno voluto attaccare degli ebrei in quanto ebrei, hanno messo in
questione la sicurezza e la dignità nazionale. Per questo la reazione a
questi attacchi sarà francese e non sarà limitata a una comunità”. “Il
maggiore pericolo – ha chiarito il Rav – è quello di lasciar passare
anche al nostro interno le piccole violazioni nei toni e nei
comportamenti dei valori che testimoniamo e che ci uniscono:
eguaglianza, giustizia, accettazione, rispetto dell'altro, amore del
prossimo”. Una ferma messa in guardia, mentre la campagna per le
elezioni presidenziali entra nella fase più calda e gli interessi delle
diverse parti politiche rischiano di cedere alla tentazione di trarre
profitto dell'ondata emozionale suscitata dall'azione terroristica. In
un messaggio rivolto al rabbinato francese, il Rav ha raccomandato per
il prossimo Shabbat la lettura dei salmi 90, 91 e 21 prima dell'uscita
del Sefer Torah in tutte le sinagoghe della maggiore realtà ebraica
europea.
g.v.
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“Uniti contro l'odio in qualsiasi forma esso si manifesti” Il presidente Gattegna risponde al ministro Profumo
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Il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
ha appena inviato il seguente messaggio al ministro dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo.
Caro Ministro Profumo,
ti
ringrazio per la splendida e significativa lettera che mi hai inviato e
che è per tutti gli ebrei italiani motivo di grande conforto in queste
ore di angoscia per i fatti di Tolosa e per le conseguenze che tali
accadimenti possono avere per tutti noi. Trovo inoltre di particolare
importanza il fatto che questo scambio di missive avvenga in
concomitanza con la Giornata Mondiale contro il razzismo, momento di
riflessione internazionale che incoraggia in particolare i nostri
giovani a dire no al pregiudizio sotto qualsiasi forma esso si
manifesti. Niente e nessuno riporteranno purtroppo alla vita le
quattro vittime di questa infame tragedia perpetrata, come evidenziano
le notizie che ci arrivano dalla Francia, nel nome di un odio che
sembra difficile da sradicare anche nel cuore dell'Europa. Un odio che
è espressione di una galassia articolata di nemici della democrazia che
agiscono sotto varie ideologie, spesso inconciliabili se non
addirittura antitetiche, ma che trovano un punto comune di lotta nel
rancore verso gli ebrei e verso altre identità. Si tratta di una
situazione di fortissima criticità che investe anche il nostro paese
come hanno dimostrato il recente rogo al campo rom di Torino,
fortunatamente senza vittime, e la caccia mortale al senegalese per le
strade di Firenze. È poi ancora di pochi giorni fa la notizia
dell'arresto di un giovane aspirante terrorista che puntava a compiere
un attentato alla sinagoga di Milano e proprio ieri tornava in rete,
opera di un gruppo di estrema destra che attinge dal più orrendo
frasario nazista, una lista di professori e intellettuali ebrei (o
presunti tali) al servizio della cosiddetta “entità sionista”. Sono
tutti segnali inquietanti sui quali, in collaborazione con le
istituzioni e le forze dell'ordine che non hanno mai fatto mancare il
loro supporto, non possiamo e non intendiamo abbassare la guardia. La
battaglia contro i fautori dell'odio, come hai giustamente evidenziato,
si combatte soprattutto nelle scuole. Serbo anch'io nel cuore gli
intensi momenti trascorsi al tuo fianco e al fianco di centinaia di
ragazzi da tutta Italia in occasione dell'ultimo viaggio della Memoria
in Polonia, occasione che si rivelò fondamentale per arrivare pochi
giorni dopo alla firma di uno storico accordo tra l'UCEI e il Ministero
dell'Istruzione per portare la cultura del ricordo in tutte le aule
italiane. La grande sensibilità che hai dimostrato proponendo per oggi
un minuto di silenzio nelle scuole in memoria delle vittime di Tolosa
dimostra ancora una volta la serietà dell'impegno che hai preso con le
comunità ebraiche e con tutti i cittadini italiani. Un impegno del
quale, oltre a ringraziarti, prendiamo atto come un sicuro punto di
riferimento per proseguire la difesa dei valori di libertà e
uguaglianza sui quali si fonda il sistema democratico del nostro paese.
Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Ieri,
in una lettera privata che ha acconsentito a rendere pubblica, il
ministro Profumo si era così rivolto al presidente Gattegna:
Caro Presidente Gattegna,
l'attentato
alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, che ha ucciso quattro
persone, tra cui tre bambini con davanti la vita e il futuro, mi
sconvolge come uomo e come rappresentante delle istituzioni. Desidero
esprimenti personalmente la mia ferma condanna per un crimine tanto
mostruoso e inaccettabile, contro vittime innocenti e contro la
comunità ebraica, commesso per di più dinanzi al luogo deputato
all'insegnamento dei valori di una cittadinanza integrata: il rispetto
dell'altro, l'impegno sociale, le regole del vivere civile. Ho
ancora negli occhi e nel cuore i momenti vissuti assieme ad Auschwitz,
proprio in compagnia di tanti giovani studenti, dinanzi al ricordo
dell'immane tragedia che ha colpito il popolo ebraico nel corso della
seconda guerra mondiale. Rimango perciò senza parole e lacerato
nell'animo, quando la follia umana e l'antisemitismo si ripresentano
con la stessa crudeltà di allora, come se la Storia nulla ci avesse
insegnato. Mi accorgo una volta di più, in un momento tragico e
triste come questo, di quanto il solenne “che non avvenga mai più” sia
appeso alla fragilità degli eventi e quanto forte e continuo debba
essere da parte nostra l'impegno affinché non divenga una semplice
frase di maniera. Sono convinto che dobbiamo impegnarci a fondo,
tutti insieme, contro la cultura dell'intolleranza, del razzismo e
dell'antisemitismo in ogni sua forma, agendo con attività di
prevenzione nelle famiglie, nei contesti sociali, e soprattutto nelle
scuole, attraverso la formazione e l'impegno dei più giovani. L'Italia
è in questo senso tra i paesi pi attivamente impegnati, e gli eventi di
Tolosa – che ricordano tragicamente l'attentato alla sinagoga di Roma
del 1982 – costituiscono un monito a non abbassare la guardia. Con
l'auspicio che venga presto fatta luce sui tragici eventi accaduti,
esprimo a te, a tute le comunità ebraiche e soprattutto alla famiglia
delle vittime, la vicinanza più sentita, mia e di tutto il governo, e
ti rinnovo la disponibilità a porre in essere ogni passo utile per
combattere l'antisemitismo, a partire dall'educazione scolastica.
Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
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"Mai
così uniti, mai così decisi"
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L'Italia
ebraica continua a raccogliersi nel dolore per i tragici fatti di
Tolosa. Numerose cerimonie hanno avuto luogo e altre si svolgeranno
ancora, domani tra le tante a Roma e Milano, nelle sinagoghe e nelle
varie sedi comunitarie. Questa la testimonianza pervenuta da Mauro
Tabor, assessore alla cultura della Comunità ebraica di Trieste.
Un' Anì Ma'amin
sentito e partecipato è uscito ieri dalle bocche degli ebrei triestini
riuniti in fretta e furia per una funzione corale per ricordare e
rispondere con fierezza e commozione al crudele atto perpetrato a
Tolosa nei confronti dei nostri fratelli, nei confronti di quei bambini
ebrei che sono la speranza per il nostro futuro. L'intento malvagio dei
delinquenti che colpiscono i nostri figli nella loro età più
spensierata, l'infanzia, è quello di gettare il popolo
ebraico in galut nel panico ma per fortuna la reazione è assolutamente
contraria, mai così uniti mai così decisi. Davanti a fatti di questa
portata restiamo tutti lacerati e colpiti, proprio questa lacerazione
ha portato alla decisione comunitaria di organizzare subito una
tefillah ed un incontro a cui tutti hanno risposto. L'Hatikva che ha
concluso la preghiera ha visto una comunità compatta, una voce unica.
la voce del nostro popolo.
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Rav
David
Prato, un rabbino che sapeva parlare alla gente
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Posti in piedi
domenica scorsa al Centro Bibliografico dell’Ucei “Tullia Zevi” per il
convegno sulla figura di Rav David Prato, rabbino capo di Roma e
Direttore del Collegio rabbinico negli anni 1937-38 e 1945-51. Il
convegno è stato organizzato congiuntamente dal Centro di cultura della
Comunità ebraica di Roma e dal Collegio rabbinico italiano, con il
patrocinio della Fondazione Museo della Shoah. Dopo i saluti di Miriam
Haiun e di Leone Paserman, gli interventi dei relatori sono stati
introdotti ed egregiamente coordinati da Mario Toscano, professore di
storia alla Sapienza Università, che ha inquadrato il contesto storico
e culturale (il ventennio fascista, il sionismo) in cui Rav Prato si
formò e svolse il suo operato rabbinico. Angelo Piattelli, responsabile
del Museo di Arte ebraica italiana U. Nahon a Gerusalemme, ha tracciato
un dettagliato excursus sulla vita e le opere di Rav Prato, nato a
Livorno nel 1882 e trasferitosi giovanissimo a Firenze alla scuola di
Rav Margulies, di cui raccolse l’ultimo respiro il giorno di Purim del
1922. Piattelli ha accompagnato l’intervento con decine di fotografie
del rabbino e della moglie Corinna Servi e dei figli in diverse
comunità ebraiche del Mediterraneo e proprio di queste ha parlato
Simonetta Della Seta, Consigliere per gli Affari culturali
dell’Ambasciata d’Italia in Israele, che ha descritto il periodo in cui
Rav Prato fu Gran Rabbino ad Alessandria d’Egitto (dove c’era una folta
comunità ebraica in buona parte italiana) e Direttore del Collegio
rabbinico di Rodi (che dal 1912 era sotto il dominio italiano). In
entrambi i luoghi Rav Prato diede una sferzata all’educazione ebraica,
nelle scuole e nelle comunità in generale.
Dopo il coffe break, Anselmo
Calò, in qualità di vicepresidente, ha
portato i saluti dell’Ucei, e ha stimolato i relatori a riflettere
sulla fuga precipitosa di Rav Prato dall’Italia fascista nel 1938 per
rifugiarsi in Eretz Israel, da dove sarebbe tornato solo a guerra
finita per riprendere le redini della Comunità stravolta dalle
persecuzioni, le deportazioni e le tragiche vicende interne. Su questo
periodo si è incentrato l’intervento di Rav Riccardo Di Segni, attuale
Rabbino capo di Roma e Direttore del Collegio rabbinico, che ha
presentato diversi documenti tratti dai verbali del Collegio e
dall’Archivio storico della Comunità di Roma, oltre che riportare
memorie della sua stessa famiglia. Particolare impressione ha suscitato
nell’affollata sala la lettera di Rav Prato all’esattoria delle tasse
che continuava insistentemente a chiedere un pagamento a Laura Prato,
figlia del rabbino: ma Laura era stata ammazzata ad Auschwitz e la sua
casa di Firenze era andata completamente distrutta. “Che cosa si vuole
di più? E che cosa si vuole da me o dalle due minorenni orfane rimaste
sfornite di tutto?”, scriveva il rabbino nella lettera.
Rav Amedeo Spagnoletto, presente virtualmente grazie a un filmato
registrato, ha parlato dei Sifrè Torah di Roma, il cui restauro fu
realizzato per iniziativa di Rav Prato, e della storia del Sefer Torah
donato alla Comunità ebraica di Addis Abeba (ma che a quanto pare non
ci arrivò mai). L’ultima parte del convegno è stata dedicata alle
testimonianze dirette di parenti, allievi e conoscenti, seguite con
molto interesse. Per primo ha parlato il nipote di Rav Prato, che porta
il suo stesso nome, David Prato, avvocato in Israele, arrivato apposta
per il convegno insieme alla sua famiglia, che ha ricordato con
commozione gli anni in cui visse a Roma da bambino (“Davidino
briccolino”, era chiamato) e di quando riceveva la berakhà sotto al
talled del nonno al Tempio Grande. Ha proseguito poi Rav Alberto
Piattelli, che di Rav Prato fu giovane allievo, ricordando il giorno
della morte, l’8 marzo 1951, e la profonda partecipazione che tutta la
comunità manifestò per il proprio rabbino. Natan Orvieto, di famiglia
toscana come Rav Prato, ha sottolineato la voce lirica, armoniosa e
vibrante del rabbino, che in gioventù era stato primo chazan al tempio
di Firenze. Fortunata Di Segni ha parlato anche lei di ricordi di
famiglia e ha ricordato il sorriso che Rav Prato aveva sempre per
tutti. Dopo alcuni interventi dal pubblico (Giorgio Sestieri, in
qualità di presidente dell’Ose, il cui asilo verrà intitolato alla
figura di Rav Prato, Giuliana Piperno Beer, Claudio Fano), ha concluso
la densa mattinata Rav Vittorio (Chaim) Della Rocca, che ha parlato
dell’affetto che Rav Prato aveva per gli orfani della comunità (Rav
Prato stesso divenne orfano in tenera età) e di come proprio grazie
all’intervento di Rav Prato il giovane Chaim iniziò la sua lunga
carriera di chazan e poi di morè e rabbino. Tutte le testimonianze
hanno tracciato una figura rabbinica le cui “parole toccavano il cuore
della gente… un rabbino che sapeva mantenere il contatto con la sua
gente ed esprimerne le emozioni” (dall’autobiografia di Amos Luzzatto,
Conta e racconta, Mursia 2008, pp. 45-46).
Il convegno si è concluso con le note dell’Hatikvà cantata da rav
Prato. Da brividi: sentire per credere clicca
qui la
registrazione audio/video dell’intero convegno sarà disponibile nel
sito moked.it/cultura/collegio rabbinico e gli atti saranno pubblicati
da La Rassegna Mensile d’Israel.
rav Gianfranco Di Segni,
coordinatore del Collegio rabbinico italiano
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La vergogna
d'Europa
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L’orrenda strage di Tolosa cade
in uno dei momenti forse più brutti e inquietanti che il popolo ebraico
abbia mai vissuto, dalla fine della seconda guerra mondiale. I segnali
di odio e disprezzo contro gli ebrei si moltiplicano non solo nei Paesi
musulmani, ma – basti pensare al sinistro fenomeno del dilagante
antisemitismo via web – in tutta l’Europa, in Italia come in Francia,
nel Regno Unito come in Olanda e Polonia; la ‘primavera araba’ ha
rapidamente gettato la maschera, scoperchiando il vaso di Pandora di
masse fanatiche, eccitate dall’idea dell’eterna guerra contro l’eterno
“nemico sionista”; Paesi che ci eravamo abituati a considerare “amici
freddi”, come l’Egitto e la Tunisia, tornano a occupare la loro
tradizionale posizione di nemici, “senza se e senza ma”; la lenta
marcia dell’Iran verso il nucleare pare vicina al termine, col mondo
che sta a guardare e non fa che raccomandare a Israele – vittima
sacrificale designata – di non muoversi, di non fare nulla; i luoghi
simbolo dell’ebraismo, sinagoghe e ambasciate, tornano a essere presi
d’occhio da assassini di varia formazione ideologica, le cui
piattaforme ideologiche appaiono spesso ignote, o confuse (islamici?
neonazisti? terzomondisti?), ma i cui obiettivi di morte risultano,
invece, di assoluta chiarezza.
Talora – come pochi giorni fa, a Milano – gli attentatori vengono
neutralizzati prima che siano riusciti a colpire; altre volte, i loro
colpi vanno a segno. Come a Tolosa, lunedì. Un fatto che ricorda molto
da vicino l’attentato che fu portato dinanzi al Tempio Maggiore di
Roma, nel 1982, e che costò la vita al piccolo Stefano Taché. Anche in
quei giorni, in tutta Europa, soffiava un furioso vento antisemita per
le strade europee (come è triste e avvilente dovere sempre ripetere le
stesse cose!), acceso – come pretesto, s’intende - dalle vicende del
Libano, e anche allora gli ebrei erano nel mirino, lasciati soli di
fronte ai loro nemici; anche allora molteplici segnali di allarme erano
stati sistematicamente ignorati dalle autorità competenti, che invece
parvero affrettarsi a portare la loro tardiva solidarietà alle vittime.
A Roma, nell’82, tale contrasto fu tanto stridente, che la Comunità
Ebraica decise di non volere nessun rappresentante delle Istituzioni
alla cerimonia funebre; e fu solo una telefonata personale del
Presidente Pertini al Rabbino Capo Toaff – lo racconta lo stesso Toaff,
nel suo libro di memorie “Perfidi giudei fratelli maggiori” – a far
desistere da tale proposito). Soprattutto, a Tolosa nel 2012, come a
Roma nel 1982, non si tratta di gesti isolati di individui fuori di
senno. Quelli di Roma furono individuati, qualcuno fece perfino un po’
di galera, si trattava di militanti palestinesi, sorretti da forte
sostegno politico e finanziario. Ora si parla di un folle neonazista.
Certo, attribuire il gesto ai nazisti è più comodo e tranquillizzante,
quelli sono i ‘cattivi’ per definizione; magari è vero, ma ha poi tanta
importanza? È evidente, comunque, anche in questo caso, che si tratta
di professionisti, dotati di ampi appoggi e di una preparazione di tipo
militare.
Mentre, comunque, il mondo si interroga sull’accaduto (diviso, come di
consueto, nei tre gruppi di sempre: gli ebrei colpiti; i nemici
compiaciuti; “il resto del mondo” oscillante tra solidarietà,
preoccupazione, imbarazzo, indifferenza, fastidio), un giovane padre -
di trent’anni - e tre bambini – di tre, cinque e dieci - hanno concluso
la loro esistenza. Lo hanno fatto sulle soglie di un luogo, la
sinagoga, deputato, da millenni, a insegnare i valori del timor di Dio,
della tolleranza, del rispetto, dell’amore per il prossimo. Tutti, in
tutto il mondo, in questi giorni avranno modo di ricordare, per
l’ennesima volta, che quei valori, tanto cari ad alcuni, sono invece
tanto odiati da altri, da molti. E, come tante altre volte, le giovani,
sante vittime avranno ulteriormente cementato, col loro sacrificio, un
patto di fedeltà che nessun odio mortale potrà mai incrinare.
Una parola, per concludere, sulle ripugnanti parole della responsabile
Esteri dell’Unione Europea, Catherine Ashton, che, paragonando le
vittime di Tolosa ai bambini palestinesi uccisi a Gaza, si è di fatto
allineata alle posizioni dei terroristi assassini. Vergogna. Se questa
è l’Europa, non vogliamo appartenervi. Condividiamo in pieno l’auspicio
formulato dal Presidente dei Giovani Ebrei d’Italia, Daniele M. Regard,
affinché il Governo italiano chieda ufficialmente la rimozione della
Signora dal suo incarico.
Francesco
Lucrezi, storico
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Liste dell'odio, nuove reazioni
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Molte
reazioni nel mondo ebraico e in quello istituzionale a seguito
dell'ennesima pubblicazione di liste antisemite sul web. “Bisogna
applicare la legge Mancino che punisce l'odio razziale e le
discriminazioni” chiede la storica Anna Foa, che pur colpita da questo
ennesimo episodio di odio che la vede coinvolta (è numero 66 della
lista) dice di non sentirsi “particolarmente esposta”. “Altri – afferma
la professoressa – sono i canali da cui arrivano le vere minacce, vedi
quello che è successo a Tolosa.
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Dove vai, ancora una volta, Europa? La baronesa inglese (già,
inglese...) Catherine Ashton, ministro degli esteri dell'Europa,
paragona la "sparatoia" di Tolosa a quelle della Siria, della Norvegia
e di Gaza! Non è certamente casuale se lady Ashton, della quale si
conosce bene il pensiero personale nelle questioni che riguardano
Israele, ha "dimenticato" di citare, ad esempio, anche i bambini di
Israele uccisi in anni di terrorismo; mi permetta il lettore di
ricordare qui, al posto del ministro, tra tutti questi, i tre bambini
di Itamar uccisi nella loro casa dall'odio antisemita più vergognoso.
Emanuel Segre Amar
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delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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