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5 aprile
2012 - 13 Nisan
5772 |
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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"In ogni generazione ognuno deve considerare se stesso come
se fosse personalmente uscito dall'Egitto". Quest'affermazione, che
ogni anno ripetiamo al Séder, contiene il succo della festa di Pésach.
Ognuno deve riuscire a sentire non solo che con l'uscita dei nostri
Padri noi siamo liberi (ma bisognerebbe soffermarsi a pensare da che
cosa siamo liberi), ma che ognuno deve liberare se stesso da tutte
quelle limitazioni che provengono dall'ambiente esterno per essere
assolutamente se stesso. Come millenni fa, anche oggi possiamo
accorgerci che la strada che ci porta fuori dai condizionamenti esterni
è quella indicata da D., ossia la strada di una identità che unisce
passato e presente.
Pésach kasher we-samèach.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Viaggiare
attraverso la Galilea e nella zona di Nazareth in questi giorni rivela
un panorama geografico e umano di sorprendente bellezza e ottimismo.
Fra i prati, le colline e i boschi del nord di Israele si alternano le
abitazioni, a volte estensive, a volte concentrate, di un'enorme
regione urbanizzata, con molti moderni impianti industriali, aree
attrezzate a servizi, produzioni agricole che includono di tutto e
anche pregiati vini. A giudicare dalla qualità delle abitazioni, dalle
belle strade quasi tutte a doppia corsia (tranne gli ultimissimi
chilometri prima di arrivare a Nazareth), dalla fiumana di autovetture
che creano periodiche congestioni stradali, dalle luci dei centri
commerciali, e in generale dalla cura dell'ambiente, sembrerebbe di
essere in Svizzera. Yafía, il sobborgo occidentale, sta a Nazareth,
come Mevasseret sta a Gerusalemme: la buona borghesia si costruisce i
cottage fuori dal grande centro abitato, dove c'è aria migliore e oltre
a tutto i prezzi sono (o meglio erano) più vantaggiosi. In tutto questo
bel distretto del Nord vivono oggi un milione e trecentomila cittadini
israeliani. Di questi, la maggioranza (55 per cento) sono arabi. Nel
sotto-distretto di Yzre'el, che comprende Nazareth, la maggioranza
araba sale al 56%, e nel sotto-distretto di Acco sale al 65%. Nei
giorni in cui si rinnova il tentativo di allargare una minoritaria
presenza ebraica al centro della città di Hevron, in Giudea, la
presenza ebraica è già minoritaria in un'intera, e molto attraente,
regione di Israele, la Galilea.
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Pesach 5772 - Esodati
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Stamani,
mentre prendevo un caffè con un collega al Cnr, è venuto il discorso
sugli esodati. Ho capito, più o meno, che categoria di lavoratori
siano. Ma non mi era chiaro cosa significasse la parola. Il mio amico
mi ha spiegato che deriva da esodo.
Che dopo 3300 anni l’esodo degli ebrei dall’Egitto possa ancora servire
da esempio, positivo o negativo, secondo i casi, mi è sembrato un fatto
rimarchevole. E anche appropriato a questi giorni che precedono la
Pasqua.
Buon Pesach a tutti gli esodati.
Gianfranco Di Segni,
Collegio rabbinico italiano
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Pesach 5772 - Il nome di Mosè
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Rabbì
Yosè di Galilea diceva: da dove impariamo che gli egiziani furono
colpiti in Egitto da dieci piaghe e sul mare da cinquanta? Riguardo
all’Egitto il testo dice – i maghi dissero al faraone “questo è il dito
di D-o” (Esodo 8:15) - e riguardo al mare il testo dice - “Israele vide
la mano grande con cui il Signore operò contro gli egiziani e il popolo
temette il Signore ed ebbe fiducia in D-o e in Moshè suo servo” (Esodo
14:31).
Il senso di questo Midrash è basato su una proporzione numerica
riguardo alle due espressioni “il dito di D-o” e “la mano grande”. Se
le dieci piaghe in Egitto sono opera del “dito di D-o” e il dito è un
quinto della mano, sul mare le piaghe sono cinquanta perché è
intervenuta tutta la mano. Ma il Midrash citato, nasconde un’altra
curiosità del Midrash: questo è il brano dell’Haggadah in cui appare,
per l’unica volta, il nome di Moshè Rabbenu. Addirittura, ci sono
edizioni di Haggadot in cui questo brano non compare per nulla
cosicché, il nome di Moshè risulta essere assente nella narrazione
degli avvenimenti di cui, come tutti sanno, ne è personaggio
principale. Si tratta di un fatto casuale o l’esclusione è
intenzionale? E se così fosse, cosa ci vuole insegnare?
Possiamo pensare che l’omissione del nome di Mosè sia collegata alla
volontà di attribuire il merito dell’uscita prodigiosa dall’Egitto
esclusivamente al Signore. Il racconto dell’apertura del Mar Rosso,
momento clou della liberazione del popolo ebraico, esalta in qualche
modo la figura di Mosè così, forse, gli autori dell’Haggadah hanno
pensato di scongiurare una possibile attribuzione del miracolo al
profeta ricordando che tutto ciò che è avvenuto è opera di D-o: non
attraverso un messo, non attraverso un Saraf (una delle categorie
angeliche) e non attraverso un incaricato, ma il Santo Benedetto Egli
sia, Egli stesso con la Sua Maestà.
Un altro Midrash (Mechiltà deRabbì Shim‘on bar Yochai 14, 21)
interviene su questa questione: e stese Mosè sul mare la sua mano…;
quando Mosè arrivò al mare gli disse di aprirsi in nome di D-o e non
accettò; gli mostrò il bastone dei prodigi e non accettò; siccome il
mare vide la presenza di D-o “il mare vide e fuggì” (Salmo 114, 3);
allora Mosè disse al mare: ti ho parlato in nome di D-o e non hai
accettato, ti ho mostrato il bastone e non hai accettato – “che cosa
hai o mare che fuggi?” (Salmo 114, 5) Il mare rispose: non a causa tua
figlio di Amram, ma “davanti al Padrone tremi la terra” (Salmo 114, 7).
Non dobbiamo pensare al ridimensionamento dell’importanza di Moshè,
anzi, la sua grandezza è tale che anche la sua “assenza” ci lascia un
insegnamento. Certamente dobbiamo essere riconoscenti a Mosè e, come
dice Rav Avigdor Nevenztal, dobbiamo esserlo addirittura del faraone
senza il quale non celebreremmo Pesach. “L’assenza di Mosè”, ci insegna
che la nostra riconoscenza va solo al Signore poiché “non v’è altri
all’infuori di Lui” (Devarim 30:35).
Adolfo Locci, rabbino capo
di Padova
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Pesach 5772 - Riconquista della matzah
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Una
delle procedure più strane della cena pasquale è quella della divisione
della matzah centrale che si trova nel cesto del Sèder: una metà viene
rimessa nel cesto e un’altra metà viene nascosta sotto la tovaglia,
viene poi estratta e mangiata come Afikomen alla fine della cena.
Ogni uomo, quando è incontaminato, può essere paragonato a una matzah
che non è stata aggredita e modificata dai fermenti. Se la matzah che
resta in evidenza nel cesto rappresenta quella parte di Israele che è
riuscita a mantenere intatta la propria matzah, la propria identità,
senza lasciarsi ammaliare o ingannare da altre culture e civiltà,
l’altra metà è quella che è rimasta nascosta, nell’attesa che noi la
facessimo emergere dal buio della storia, dalle conversioni forzate.
Agli ebrei di Trani, Sannicandro, Brindisi, Palmi, Siracusa e Palermo i
miei migliori auguri per un Pèsach di liberazione e di riconquista
della propria matzah.
Scialom Bahbout, rabbino
capo di Napoli
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Pesach 5772 - L'Haggadah da 50 milioni
di copie
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Il
testo
apparso ieri di Jonathan Safran Foer che presenta la "New American
Haggadah" appena pubblicata evocava la leggendaria Maxwell Haggadah
stampata in oltre 50 milioni di copie. L'articolo che segue può
costituire una risposta alle molte domande e richieste di informazione
al riguardo pervenute dai lettori.
Perché questa Haggadah è diversa questo Pesach da tutti gli altri
Pesach? Gli altri anni la Haggadah descriveva Dio come un Re,
quest’anno invece
Dio è un Monarca. Tutti gli altri anni la Haggadah ci raccontava dei
quattro figli, compresi quello saggio e quello malvagio. Quest’anno la
Haggadah parla di “quattro differenti tipi di figli”.
I cambiamenti apportati a qualsiasi testo religioso sono sempre
significativi, ma quelli che presenta la Maxwell Haggadah quest'anno
sicuramente saranno argomento di discussione a molte tavole del Seder
perché questa particolare Haggadah – narrazione della storia
dell’Esodo, con commenti e preghiere – è considerata da alcuni la più
popolare in tutto il mondo(...)
continua >>
Joseph Berger
(The New York Times, aprile 2011 - versione italiana di Ada Treves)
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Qui Milano - Una ricetta per combattere
la crisi
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Il
tempo passa e il 2012 diventa sempre più l’annus horribilis
dell’occupazione in Italia. Ogni giorno giornali e televisioni
raccontano di una realtà cruda, fatta di migliaia di posti di lavoro
persi, imprese chiuse, disoccupazione che continua a salire, specie fra
i giovani e fra le donne.Da questa situazione difficile le Comunità
ebraiche italiane non sono certo immuni: i vari servizi sociali
raccontano di un numero di iscritti che si rivolge a loro in cerca di
aiuto sempre più alto. Negli anni molte sono state le idee messe in
campo per fornire un aiuto concreto. Negli scorsi mesi la Comunità di
Milano ne ha lanciata una nuova: si tratta di Job, un progetto che si
propone di assistere coloro che si trovano nel processo della ricerca
di un lavoro, e di metterli dove possibile in contatto con imprese che
vogliono assumere. La notizia è che da alcuni giorni Job è
ufficialmente accreditato dal Ministero del Lavoro: potrà svolgere
attività di “intermediazione”, cioè favorire l’incontro di domanda e
offerta(...)
continua >>
Rossella Tercatin
twitter @rtercatinmoked
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Ingorghi
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Lontani
i tempi in cui per sapere la data precisa del seder si doveva aspettare
un messaggero a cavallo da Gerusalemme e allora c’erano due seder nel
timore che il messaggero arrivasse tardi. Adesso è semplice: c’è
il telefono, internet, la televisione, e soprattutto la gente ha il
calendario in cucina. Anche per il mondo cristiano, che celebra la
Pasqua in contiguità con Pesach, è semplice determinare la data.
Quest’anno per esempio sabato sera è Pesach, osserva il Tizio, e la
notte viene celebrata la Risurrezione. L’unico ritardo è l’anno che
continua a non collimare. 5722 e 2012. Uno scandalo. Da 21 secoli c’è
un ingorgo di cavalli e nessuno muove un dito.
Hag Pesach sameach.
Il Tizio della Sera
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Cosa intendiamo per libertà
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Domani
sera, con le nostre famiglie, festeggeremo la festa di Pesach
ricordando la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù
d’Egitto. La riconquista della libertà per Israele, anche dopo
tanti anni, assume un valore così importante da dover essere ricordato
in ogni generazione. Eppure ci dovremmo ricordare più spesso cosa
intendiamo per libertà. Non è infatti il semplice passaggio dalla
schiavitù a una condizione diversa, ma la possibilità per ogni ebreo di
poter vivere la propria esistenza secondo regole e principi ebraici.
Perché per un ebreo, essere liberi, non può significare solamente
scegliere quali precetti seguire, quanto invece la certezza di poter
vivere il proprio ebraismo secondo i precetti comandati. Per questo,
alla vigilia di Pesach, come ebrei, dobbiamo ricordarci che la nostra
libertà ha valore solo attraverso il rispetto di quegli insegnamenti
che ci sono stati tramandati fino ad oggi; consapevoli che sono
quelle regole, che possono piacere o meno, a far sì che in ogni
generazione possa esserci qualcuno a ricordare di quando fummo schiavi
in Egitto.
Daniel
Funaro, studente
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Firenze
- Torna Middle East Now |
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Leggi la rassegna |
A Firenze torna protagonista il Medio Oriente con la terza edizione di
Middle East Now (12-16 aprile), festival internazionale di cinema
ideato e organizzato dall’associazione culturale Map of Creation, che
andrà in scena al Cinema Odeon, all'Auditorium Stensen e in altre
location cittadine. Nel programma della rassegna, che si soffermerà sui
temi caldi della regione, 30 opere tra film, documentari e short film,
quasi tutti in anteprima italiana ed europea.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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