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26
aprile 2012 - 4 Iyar
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Scialom
Bahbout,
rabbino capo di Napoli
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“Anno
I
di era italiana, W l’Italia libera. Finalmente abbiamo vissuto delle
grandi ore, ore di gioia e soddisfazione, ora tutti siamo degli
italiani coscienti e pronti per servire la Patria…Dio protegga la
nostra bella Patria e ci tenga lontani dai cattivi amici”: cosi
scriveva da Venezia ai suoi cari Pellegrino D’Angeli il 26 luglio,
appena il giorno dopo la nascita del Governo Badoglio. La Repubblica di
Salò avrebbe smorzato gli entusiasmi e si sarebbe dovuto aspettare il
25 aprile per assistere alla caduta del Fascismo. Eppure, nonostante
tutto, gli ebrei italiani “ci avevano creduto”. Oggi che Yom Azmaùth
coincide con il 25 aprile, è lecito chiedersi se le promesse della
lotta all’antisemitismo, specie quello travestito da antisionismo,
siano state mantenute dai politici e dai leader spirituali, che sono
spesso rimasti indifferenti di fronte alla diffusione di informazioni
tendenziose e false che hanno alimentato l’antisemitismo moderno.
Mentre aspettiamo che il 25 aprile porti la promessa liberazione da
ogni forma di discriminazione, Yom Azmaùth ci ricorda che, pur con
tutte le critiche legittime che si possono sollevare, lo Stato
d’Israele è stato capace di realizzare la profezia di Ezechiele (cap.
36), un miracolo unico nella storia: trasformare le ossa secche di un
esilio senza speranza (Atzamòth hagolà עצמות הגולה) in quelle redente
dall’Indipendenza della redenzione (Azmaùth hagheullà, עצמאות הגאולה).
Una nuova speranza (Hatikvà) - alimentata dal mistero della àlef א,
prima lettera del Nome divino e dell’alfabeto con cui fu creato il
mondo - ha conferito una svolta decisiva alla storia del popolo
ebraico: compito di ognuno è riportare quella àlef nella vita del
popolo ebraico, ovunque egli si trovi.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Per una di quelle acrobazie
del calendario ebraico – che seguendo il ciclo lunare si sfasa tutto il
tempo per poi ciclicamente riappaiarsi col ciclo solare, ma inoltre è
in grado di spostare le festività di un giorno quando queste
interferiscano con Shabbàt – quest'anno Yom Ha'atzmaùt inizia la sera
del 25 aprile. Ossia, la festa d'Indipendenza dello Stato d'Israele
combacia per diverse ore della serata e della notte con la festa della
Liberazione d'Italia. È una buona occasione per farsi reciproci auguri,
ma anche per evocare dei possibili parallelismi fra i due paesi. Certo,
in apparenza le differenze sono molte e profonde, ma l'occasione è
propizia per ricordare che i valori fondanti rinviano a due temi
fondamentali e condivisi. Il primo è che entrambi i Paesi sono nati da
sanguinose esperienze di lotta contro ideologie deliranti e regimi
totalitari. Nel caso di Israele il conflitto primario non è ancora
concluso, anzi si aggrava a causa del micidiale incremento delle
tecnologie belliche, e richiede costante vigilanza. Nel caso
dell'Italia, come dell'Europa, le manifestazioni più evidenti del
totalitarismo sono state debellate ma le sue radici profonde e latenti
non sono estinte e richiedono pari vigilanza. Il secondo grande tema
riguarda la futura coesione sociale e politica di due società
idealmente unitarie ma entrambe molto eterogenee per formazione
culturale e stratificazione economica. Nella risoluzione dei problemi
collettivi, il buon senso richiamerebbe a una larga aggregazione
politica più che all'imposizione delle posizioni di un fronte a spese
di quelle del fronte contrapposto. Il che richiederebbe una superiore
capacità di analisi e di gestione da parte della classe dirigente.
Allora, auguriamoci più modestamente che, in Italia come in Israele, si
sappia sradicare la violenza dai campi di calcio – sintomo di ben più
profonde alienazioni.
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Contando
l'Omer - La necessità di crescere |
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Giovedi 26 Aprile, diciannovesimo
giorno dell’Omer,
due settimane e cinque giorni.
Alla conta antica, rituale e codificata di
questi giorni e settimane dell'Omer oggi se ne aggiunge un'altra,
recente, irrituale e spontanea, degli anni passati dalla fondazione
dello Stato d'Israele, che ora sono 64. All'inizio lo si faceva come
per il compleanno di un bambino con la trepidazione e la soddisfazione
insieme. Poi il bambino è cresciuto e ora è nella "terza età".
Continuiamo a contare gli anni della medinà con la stessa trepidazione
spontanea di chi vede qualcuno crescere e prosperare malgrado tutto. La
conta dell'Omer insegna che siamo immersi in un cammino di crescita
che parte dalla liberazione materiale per arrivare alla perfezione
spirituale. La conta degli anni della medinà, per un ebreo non deve
essere solo la ripetizione di una lezione di storia ma la presa di
coscienza del senso di incompiuto, della necessità di crescere sempre
che segna la nostra condizione.
rav Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma - twitter @raviologist
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Qui Roma - 64
candeline, aspettando Gilad |
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L'annuncio arriva da Riccardo
Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma: “Il 19 maggio –
anticipa alla folla radunatasi al Portico d'Ottavia per i
festeggiamenti di Yom Haazmaut – Gilad Shalit sarà con noi, nella
Capitale, per ritirare di persona la cittadinanza onoraria conferitagli
dal Comune”. La notizia, inaspettata, coglie di sorpresa la piazza che
reagisce con un'ovazione e una lunghissima serie di applausi
preparandosi all'abbraccio, non più virtuale ma finalmente concreto,
con Gilad. Sarà questo uno dei momenti di maggiore intensità relativo
alle iniziative che la Comunità, come di consueto, ha organizzato per
le strade del quartiere ebraico per gioire dei compleanni dello Stato
di Israele. Quest'anno le candeline da spegnere sulla torta, che viene
portata sul palco dove hanno luogo gli interventi dei rappresentanti
istituzionali, sono 64. Tra gli altri portano un saluto e una
testimonianza d'affetto l'ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon,
il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo
Gattegna, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, il presidente
della Regione Lazio Renata Polverini, il presidente della Provincia
Nicola Zingaretti e il sindaco Gianni Alemanno.
Tutt'attorno intanto brulica la
vita. Gli stand delle varie associazioni ebraiche che prendono parte
alla manifestazione offrono opportunità di conoscenza sulle proprie
attività, tra distribuzione di flyers, proiezione di filmati e
immancabili stuzzichini. Tra i più attivi i ragazzi dell'Unione Giovani
Ebrei d'Italia, che svelano in questa circostanza il volto del nuovo
logo (ideatore Manuel Kanah, il cui lavoro è stato scelto tra più di
quaranta loghi pervenuti al Consiglio Ugei). A fare da colonna sonora
alla serata le musiche della Mazaltov
Band, accompagnate dalla danza sfrenata dei giovanissimi e
dall'entusiasmo del pubblico. Ci si saluterà solo a tarda notte:
felici, speranzosi, consapevoli.
Clicca qui per leggere
l'intervento del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna
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25 aprile - Milano in
festa, tra Liberazione e Indipendenza
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Ritrovarsi in quel mare di
gente variopinta non è stato facile. C’erano tante persone, tante
bandiere, musica a tutto volume e folklore. Ma alla fine la missione è
andata a segno: davanti ai Giardini pubblici di via Palestro, sotto il
gonfalone dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, si sono
raccolti tanti rappresentanti dell’UCEI e della Comunità di Milano, i
ragazzi dei movimenti giovanili, Hashomer Hatzair e Benè Akiva,
numerosi leader degli enti ebraici milanesi, semplici iscritti. Tutti
insieme per partecipare alla Festa della Liberazione, riportando alla
luce una storia quasi dimenticata, quella della medaglia d'oro al valor
civile conferita all’Unione per i suoi meriti durante gli anni
difficili della persecuzione e dell’occupazione nazifascista. Una
storia uscita dalla soffitta dei ricordi grazie al direttore della
Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea Michele
Sarfatti, come è stato ricordato dal vicepresidente UCEI Anselmo Calò
durante il corteo, cui hanno partecipato entrambi. Insieme a loro
l’assessore UCEI Giorgio Mortara e i consiglieri Riccardo Hoffman e
Annie Sacerdoti, il direttore del Dipartimento educazione e cultura rav
Roberto Della Rocca (che nell'immagine sfila con gli altri sotto al
gonfalone), il presidente della Comunità Roberto Jarach con tanti
componenti del suo Consiglio, l’assessore comunale Ruggero Gabbai, il
parlamentare e ex presidente della Comunità Emanuele Fiano. Pochi metri
più in là sventolano le bandiere bianche e azzurre sopra lo striscione
della Brigata ebraica, la gloriosa formazione che combatté per liberare
la Penisola inquadrata nell’esercito alleato.
In cammino verso piazza del Duomo, punto d’arrivo del corteo, la gente
faceva la spola tra un gruppo e l’altro, chiacchierava, intonava canti
(con grande entusiasmo dei giovani). A un certo punto, da un gruppo che
sventola bandiere palestinesi e cartelloni in sostegno della flottilla
si alza qualche espressione aggressiva, che però non scalfisce la
festa, e non copre gli applausi che si levano al passaggio del
gonfalone UCEI e delle bandiere della Brigata ebraica.
Al termine della manifestazione, i discorsi delle autorità. Poi molti
vanno via di corsa, c’è da preparare la festa per Yom HaAtzmaut,
l’anniversario della nascita dello Stato d’Israele, che quest’anno, per
una significativa coincidenza, cade proprio la sera del 25 aprile: una
giornata di celebrazioni per l’ebraismo italiano, da un’Indipendenza
all’altra. Una giornata di festa anche per il Portale dell’ebraismo
moked.it, che ha inaugurato ieri la sua finestra live per permettere a
tutti i lettori di seguire le dirette twitter sul sito. Neanche a farlo
apposta, i lanci tra gli eventi di Milano, Roma e i contributi della
redazione centrale sono stati proprio 25. In quella giornata, il numero
perfetto.
Rossella
Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Qui Torino - Il canto
delle Primule Rosse
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Quest’anno la Comunità ebraica
di Torino ha vissuto un 25 Aprile davvero speciale, sia per la
coincidenza tra la festa della Liberazione e il 64° compleanno dello
Stato d’Israele, sia perché – oltre alla tradizionale cerimonia al
Cimitero monumentale per ricordare davanti alla lapide dei deportati il
sacrificio degli ebrei caduti per la libertà e di coloro che sono morti
nei campi di sterminio ed oltre alla grande festa seguita alla funzione
al Tempio per Yom haAtzmaut – un concerto di canti resistenziali e
pacifisti ha segnato la vigilia della festa. L’Asset, l’associazione
degli ex allievi e amici della Scuola Ebraica, ha voluto caratterizzare
il 25 aprile con un evento musicale di grande significato nella
consueta serata “Resistenza ora e sempre”, che dalla sua recente
nascita l’Assoociazione dedica ogni anno alla Liberazione, per
tramandare alle giovani generazioni il ricordo della lotta
antifascista. “Le Primule Rosse”, un gruppo di giovani ventenni che
cantano e reinterpretano le canzoni della Resistenza, oltre a canti
pacifisti e a brani legati alla Shoah, ha tenuto banco per oltre due
ore con un suggestivo concerto molto apprezzato dal pubblico. Il gruppo
è seguito e guidato da Maria Grazia Alemanno, docente all’istituto
d’arte Renato Cottini di Torino (Cottini era un giovane scultore nato a
Torino nel 1921; divenuto sergente di fanteria, dal 1° aprile 1944
partigiano della VI Divisione G.L., fu catturato a Rivarolo e fucilato
con tre compagni il 26 maggio 1944 al Colle Braida, presso Valgioie di
Giaveno).
La testimonianza commovente di alcuni episodi della lotta al
nazifascismo da parte di una staffetta partigiana ha accompagnato i
canti resistenziali che la band studentesca ha regalato al pubblico
dell’Asset in un crescendo di applausi.
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Sipario - Il Principe
di Homburg
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Pochi mesi prima di uccidersi
con un colpo di pistola sulle rive del tristemente famoso Wannsee
presso Berlino nel 1811, Heinrich Von Kleist scrisse un Schauspiel,
ossia un dramma a metà fra tragedia e commedia: Il Principe di Homburg.
Il testo tratta una questione che nell’Italia di oggi può purtroppo far
sorridere e di cui mi sembra particolarmente significativo occuparsi
nei giorni in cui si festeggia la liberazione d’Italia dalla dittatura
nazifascista: l’importanza della legalità e il rapporto fra legge e
giustizia. “Proprio per questo motivo ho deciso di portarlo in scena”,
mi spiega Cesare Lievi, regista dell’onirico allestimento prodotto dal
Teatro Nuovo Giovanni da Udine che vede in scena in questi giorni al
teatro Elfo Puccini di Milano una compagnia di attori di grande talento
e intensità.
La trama in due parole è questa: il principe di Homburg comanda il suo
battaglione all’attacco prima di averne ricevuto l’ordine, e vince la
battaglia. Il Principe elettore lo condanna a morte per
insubordinazione, ma al tempo stesso festeggia la vittoria. Homburg non
vuole morire, non si sente in vena di fare l’eroe.. proprio lui che
mille volte in guerra ha visto in faccia la morte ora, da fermo, la
trova troppo orrenda. L’Elettore proclama di essere pronto a graziare
Homburg se questi dichiarerà che la legge che lo condanna è ingiusta.
Homburg non è però disposto a rinnegare la legge, che riconosce come la
base dello Stato e di tutte le umane convivenze. E’ pronto piuttosto a
morire, fra lo strazio dei suoi ufficiali e della donna che lo ama.
Proprio per questo gesto avrà alla fine salva la vita. Forse…
“Vero protagonista del dramma” prosegue Lievi, “è la dialettica fra
l’Elettore e Homburg, fra i due sistemi nei quali essi agiscono: da un
lato la legalità senza eccezioni, dall’altro il sentimento. L’utopia si
realizza nel momento in cui i due mondi riescono a incontrarsi, a fare
ognuno un passo verso l’altro: Homburg riconosce la legge e accetta la
condanna, l’Elettore decide allora di graziarlo, di deviare dalla legge
per realizzare la giustizia. Bisogna però rimanere consci del fatto che
questa è utopia, che un sogno realizzato non è più un sogno.
Quest’aspirazione ci vede guidare, ma non è detto che possiamo
viverla.” Proprio per questo motivo, nella regia di Lievi, la vicenda
ha un doppio finale: in proscenio Homburg viene salvato
dall’esecuzione, ma sullo sfondo lo vediamo cadere sotto un colpo di
fucile.
Difficile rimanere concentrati sulla vicenda, coglierne appieno la
problematicità. Proprio come in un sogno lucido, ho l’impressione che
se appena mi distraessi un momento scomparirebbe tutto, o meglio la
questione si banalizzerebbe, ritorneremmo all’Antigone, al derby fra
legge dello Stato e individuo. Invece qui la questione è più sfumata,
verte sul rapporto tra legge e giustizia: soltanto graziando Homburg la
legge realizza la giustizia.
Quanto rimane nell’italiano di oggi del kantiano “Fà ciò che devi,
segua ciò che può”?
“L’Italia che viviamo oggi è un Paese che non problematicizza a
sufficienza la questione della legalità, ha rinunciato a una democrazia
nella quale a ognuno è garantito il diritto di esprimere la propria
opinione: ci sono cose delle quali è semplicemente meglio non parlare,
il teatro in particolare ha cessato di essere il luogo della parresia,
del dire il vero. In Germania invece, esso ricopre ancora questa
funzione fondamentale per la società civile.“
Poco fa sentivo alla radio un’intervista a un ex-partigiano il quale
sosteneva che l’unico vero messaggio ancora utile da tramandare alle
nuove generazioni è quello della legalità, dell’importanza della legge.
Nello stesso programma ho sentito giovani studenti intervistati
dichiarare ridacchiando di non sapere che cosa si festeggi il 25
aprile. Forse è giunto il momento di spiegarlo così.
Miriam
Camerini
Il principe di Homburg
di Heinrich von Kleist
traduzione e regia Cesare Lievi
con Principe elettore del Brandeburgo Stefano Santospago, Principessa
elettrice Ludovica Modugno, Natalia, nipote del principe elettore Maria
Alberta Navello, Feldmaresciallo Dörfling Emanuele Carucci Viterbi,
Principe di Homburg, generale di cavalleria Lorenzo Gleijeses,
Colonnello Kottwitz Graziano Piazza, Colonnello di fanteria Hennings
Fabiano Fantini, Colonnello di fanteria conte Truchss Sergio Marcherpa,
Conte Hohenzollern Andrea Collavino, Capitano di cavalleria von Der
Golz Paolo Fagiolo, Capitano di cavalleria conte Reuss Fabiano Fantini
drammaturgia Peter Iden, scene Josef Frommwieser, costumi Marina
Luxardo, disegno luci Gigi Saccomandi
Coproduzione Teatro Nuovo Giovanni da Udine e CSS Teatro stabile di
innovazione del Friuli-Venezia Giulia
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Speranza |
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Non è forse un caso che
Yom Ha'atzmaùt, la festa per l’indipendenza
dello Stato d’Israele, arrivi una settimana dopo Yom Hashoah. Come non
lo è sicuramente il fatto che in Israele non si ricordi l’apertura dei
cancelli di Auschwitz, ma la rivolta del Ghetto di Varsavia per
commemorare gli ebrei morti durante la Shoah. Perché se è vero che la
proclamazione dello Stato d’Israele ci fu solamente qualche anno più
tardi, si può tranquillamente dire che Israele nacque quel giorno. Dai
rivoltosi che non accettarono passivamente la loro fine, nacque la
consapevolezza comune che ci dovesse essere un destino diverso per gli
ebrei di tutto il mondo. Ma è proprio questo cambio di prospettiva che
rende impossibile a tanti di comprendere Israele e la sua
straordinarietà. Abituati all’ebreo silente di fronte ai soprusi, da
quel giorno qualcosa cambiò per sempre; mai più un ebreo sarebbe stato
colpito senza che il popolo ebraico rispondesse unito. Perché che
piaccia o no, il senso d’Israele è anche questo, quello di un popolo
che non ha smesso di dover difendere se stesso. E se qualcuno ancora
sostiene che senza la Shoah non ci sarebbe stato Israele sbaglia di
grosso; la verità è che con Israele non ci sarebbe stata mai nessuna
Shoah. Eppure oggi, c’è ancora qualcuno prova a mettere in discussione
il suo diritto ad esistere, ed è forse per questo le parole
dell’Hatikwa hanno tuttora un significato così attuale: “Non è
terminata la nostra speranza, la speranza figlia di duemila anni;
quella di essere un popolo libero nella nostra terra. La terra di
Gerusalemme. Hag sameach a tutti voi.
Daniel
Funaro, studente
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele -
"Grazie per il supporto"
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Leggi la rassegna |
“Cogliendo l'occasione del Giorno dell'Indipendenza voglio ringraziare
i milioni di amici di Israele in tutto il mondo per il loro supporto al
nostro paese, il solo e unico Stato ebraico sulla terra”. Così il primo
ministro dello Stato di Israele Benjamin Netanyahu nel messaggio
inviato alle Comunità della Diaspora per Yom Ha'atzmaùt.
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L'Unione
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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