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7 giugno 2012 - 17 Sivan
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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L’episodio della scelta dei settanta anziani che dovranno
affiancare Moshè nella gestione del popolo contiene elementi tali da
suscitare più di qualche interrogativo. Due dei settanta prescelti,
Eldàd e Medàd, non si presentano alla chiamata presso la tenda del
convegno, preferendo rimanere nell’accampamento (il Talmùd, nel
trattato di Sanhedrìn, spiega che non hanno voluto mettersi in mostra),
ma ciò nonostante sono investiti dallo spirito profetico e si mettono a
profetizzare nell’accampamento. Yehoshùa‘, impressionato dalla cosa,
suggerisce a Moshè di intervenire con una certa forza; ma Moshè
rifiuta, auspicando che un simile spirito di profezia possa investire
ogni singolo ebreo.
Già visto in quest’ottica, l’episodio è tale da trasmetterci
insegnamenti validi per ogni generazione: come Moshè, nessuno deve
essere geloso delle sue prerogative, chi ha un incarico di
responsabilità deve sapere che le qualità che lo hanno portato ad avere
quel luogo possono non essere solo sue.
Ma anche altri aspetti hanno qualcosa da insegnarci. Il suggerimento di
Yehoshùa‘, come abbiamo detto, è preoccupato: “Adonì Moshè, kela’èm!”,
“Signor mio Moshè, imprigionali!”. Perché mai due persone che
manifestavano i sintomi di uno spirito divino avrebbero dovuto essere
imprigionati? Che cosa c’era di sbagliato nel loro profetare? Il
Midràsh dice che il contenuto della loro profezia avrebbe potuto essere
destabilizzante: Moshè morirà e Yehoshùa‘ porterà Israele alla sua
terra. Era esattamente ciò che sarebbe successo in realtà, ma in un
momento di crisi qual era quello che stavano vivendo, questa verità
avrebbe potuto suscitare timori incontrollabili; da qui l’urgenza della
richiesta di Yehoshùa‘. Ma Moshè non teme per la sua posizione: ha una
tale fiducia in Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ che ritiene che il dono profetico
possa avere solo effetti positivi, e nessuno che sia dotato di spirito
profetico può essere geloso della presenza del medesimo spirito in
chicchessia.
Esiste un altro piano di lettura dell’avvenimento. Rashì interpreta il
verbo “kela’èm” in maniera diversa dal suo senso più letterale; nel
Midràsh da lui riportato, il suggerimento di Yehoshùa‘, anziché essere
di forte pressione e di durezza, è frutto di una sottile scaltrezza:
Moshè – dice Yehoshùa‘ – se questo spirito divino che agita Eldàd e
Medàd è tale da essere destabilizzante, puoi dare loro degli incarichi
di pubblica utilità, e smetteranno da soli di profetizzare. In altri
termini, se l’esperienza del contatto col divino è tale da portare
fuori dal mondo sensibile, solo la necessità di preoccuparsi di cose
materiali può evitare di far perdere il senso del reale. Vivere questo
mondo è una necessità assoluta; l’estasi pura, l’astrarsi dal mondo
terreno, non fa parte della più genuina espressione dell’Ebraismo, che
resta un sistema di vita legato alla vita materiale, quotidiana:
anziché portare all’elevazione al di là del mondo, bisogna portare
l’elevazione nel mondo.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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"Hasdarà"
è una parola poco nota in ebraico ma in questi giorni la si è usata
moltissimo. Ieri la Knesset ha respinto a larga maggioranza la legge
sulla "Hasdarà" dimostrando ancora una volta che Israele è uno Stato
democratico fondato sul rispetto dei diritti fondamentali e sul
riconoscimento della divisione fra i tre poteri costituzionali:
esecutivo, legislativo, e giudiziario. "Hasdarà" – derivativo di
"séder" che vuol dire "ordine" – significa "sistemazione" o
"regolamentazione", ma si potrebbe anche dire "rimpolpettamento" oppure
"pastetta": nel senso di dare valenza legale a una cosa manifestamente
illegale. Era successo che ai bordi del paese di Bet El (7000 abitanti)
in Cisgiordania, un imprenditore aveva costruito cinque case su
unterreno di proprietà di un palestinese, falsificando i permessi o
comunque ingannando le venti o più famiglie che in buona fede avevano
preso possesso delle abitazioni. La Corte Suprema decretava lo sgombero
e la demolizione delle case abusive entro il 1° luglio. Le correnti più
militanti in parlamento proponevano allora un provvedimento di
sanatoria dell'atto illegale, sostenendo che non si demoliscono
costruzioni abusive se il proprietario del terreno offeso non ne fa
richiesta entro quattro anni. Era una legge intesa ad annullare
retroattivamente una sentenza della Corte Suprema – legge che peraltro
sarebbe stata subito impugnata davanti alla stessa Corte Suprema. Il
significato poteva anche essere questo: se un palestinese costruisce
illegalmente sul terreno di un ebreo, la casa si demolisce subito; se
invece un ebreo costruisce illegalmente sul terreno di un palestinese,
la casa resta in piedi. Bibi Netanyahu sembra abbia capito in tempo i
limiti e le regole dello stato di diritto, e non ha accettato il gioco.
Ha minacciato di licenziamento chi nel suo governo avesse votato a
favore della proposta di legge. Alcuni ministri e deputati della
coalizione hanno fatto la voce grossa, poi al momento del voto si sono
squagliati tutti: due erano all'estero, altri al bar, altri ancora
gravemente malati. E la legge della "Hasdarà" è stata respinta.
Interessante in proposito il voto contrario dei deputati di Degel
Hatoràh, una delle fazioni molto religiose-ortodosse. Secondo la legge
ebraica, "non si può obbligare un uomo a vendere un campo se lui non
vuole venderlo". Questo l'ebraismo tradizionale lo sa da millenni. Ma
tra i politici c'è sempre chi vuole fare un di più.
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Memoria - La sofferenza e l'orgoglio
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Silenzio,
sguardi tesi, lacrime. Ad Auschwitz e Birkenau gli Azzurri del pallone
hanno mostrato un volto che non conoscevamo svolgendo in pieno quel
ruolo di ambasciatori della Memoria da molti auspicato alla vigilia
della visita. Un messaggio potentissimo, quello lanciato dalla
Nazionale in prossimità dell'esordio ai Campionati Europei di Polonia e
Ucraina, che ha raggiunto e commosso milioni di persone in tutto il
mondo. La sofferenza e l'orgoglio di Mario Balotelli che, spiazzando
tutti come sua abitudine, racconta alla stampa delle origini ebraiche
della madre e di quanti nella sua famiglia adottiva persero la vita per
mano del nazifascismo; il pianto di Riccardo Montolivo davanti alle
scarpe dei bambini raccolte nel museo di Auschwitz e Cesare Prandelli
che, alle sue spalle, è costretto a volgere altrove lo sguardo per il
dolore insopportabile causato da quella visione di infanzia spezzata;
il pentimento di Gigi Buffon, protagonista in passato di alcune
sgradevoli uscite pubbliche e che adesso, dopo aver ascoltato le parole
dei Testimoni Sami Modiano, Piero Terracina e Hanna Weiss, chiede scusa
perché “ho capito” e abbraccia il presidente del Maccabi Italia
Vittorio Pavoncello che in passato lo aveva accusato per quella famosa
maglia numero 88, secondo alcuni un omaggio in cifre a Adolf Hitler,
indossata dal portiere della Nazionale ai tempi del Parma.
“Probabilmente è stato un errore di gioventù, sono felice che siamo
riusciti a chiarirci con un abbraccio che ha suggellato una visita
speciale che ha toccato tutti” ha affermato Pavoncello di ritorno dalla
Polonia dove accompagnava il presidente dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. “Erano tutti colpiti, nessuno
escluso. Mi
ha colpito vedere la fisicità imponente di questi ragazzi e il loro
raccoglimento sincero. Con la visita ad Auschwitz – ha affermato il
presidente UCEI appena sbarcato a Roma – è stata aperta una nuova
frontiera di comunicazione della Memoria che potrà aiutarci moltissimo
a costruire un futuro senza odio e violenza".
Per gli uomini di Prandelli la parola passa al terreno di gioco. Le
insidie su questo fronte sono tante, ma allo stesso tempo è forte la
consapevolezza di aver comunque vinto la partita forse più importante
di questo Europeo.
Adam Smulevich - twitter @asmulevichmoked
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Il grande abbraccio tra Noa e Napoli apre il Festival
Il pubblico porta in trionfo la cultura di Israele
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Meravigliosa!
Grida da un palchetto una signora con la o aperta e la s sorda. Siamo
al Teatro San Carlo di Napoli e Noa ha appena finito di cantare il
secondo bis. Immediatamente prima ha regalato al pubblico numeroso e
festante la canzone scritta per il film La vita è bella, suo cavallo di
battaglia. Il pubblico straripante la ascolta ormai in piedi per
renderle omaggio e continua con lunghissime ovazioni a trattenerla sul
palco. Un trionfo per Napoli, per Israele e per tutte le genti del
Mediterraneo.
Noapolis, Noa sings Napoli, si intitola così il concerto che ha aperto
ieri sera il Napoli teatro festival Italia, 25 giorni di spettacoli per
un totale di 130 rappresentazioni che si terranno in oltre 30 luoghi
fra teatri classici e location inusuali fra il 7 e il 24 giugno e dopo
la pausa estiva dal 25 al 30 settembre. Quest'anno il festival dedica
ampio spazio alla cultura israeliana, in particolare alla sua danza
contemporanea, che sta vivendo una stagione importantissima e molto
vitale. Il numero di giugno di Pagine Ebraiche dedica proprio a questo
tema il dossier Passo di danza che sarà distribuito alle decine di
migliaia di visitatori del festival napoletano.
Per questo motivo, il nuovo direttore artistico Luca De Fusco ha scelto
di affidare a Noa, regina della world music e cantante israeliana per
eccellenza, la serata inaugurale: una presentazione dell'ultimo disco
dell'artista, dedicato alla canzone napoletana. Accompagnata dal
quartetto d'archi napoletano Solis String Quartett e da Gil Dor,
chitarrista israeliano che scoprì il suo talento 23 anni fa e suo
direttore musicale da allora, Noa canta i classici più famosi della
canzone napoletana, da Torna a Surriento a Era de maggio, a Santa
Lucia. In un napoletano quasi perfetto declama con grande chiarezza
trame misteriose e topoi arcaici, come quello della ragazza promessa
dai genitori, per denaro, a un uomo che non vuole sposare. E' il caso
di Sia maledetta l'acqua stamattina, di cui Noa propone subito dopo la
"gemella" yemenita: una canzone sullo stesso tema che ha imparato da
sua nonna. Tutto il mondo è paese.
L'atmosfera è molto intima, nonostante l'ufficialità della serata,
l'eleganza delle signore napoletane che affollano il teatro assieme ai
loro accompagnatori e l'imponenza del teatro San Carlo pieno, imponenza
verso la quale Noa compie, con ragione, un gesto di sorpresa ed
emozione all'accendersi delle luci a fine concerto. Si ha l'impressione
di assistere a un evento di pura musica, dove nulla è concesso alla
spettacolarità per concentrarsi unicamente sulla perfezione e la
bellezza del suono. Palco spoglio, in scena soltanto gli strumenti,
qualche sedia e sgabello, luci monocolori e disposte in un'unica fila.
Perfino Noa ha rinunciato a ogni sfarzo: indossa semplici pantaloni e
un top nella prima parte del concerto, un abito altrettanto semplice
nella seconda. Tutto nero. Anche i maestri del Solis String Quartett
ostentano una certa sobrietà e si concentrano unicamente sulla musica.
La precisione dell'esecuzione non toglie nulla, e anzi giova al
sentimento dell'interpretazione, che è caldo, e, per ammissione di Noa
stessa, “da innamorata”. La cantante racconta infatti di come il suo
amore per la cultura napoletana si sia acceso molti anni prima di
metter piede in città, grazie ai suoi vicini di casa, napoletani
emigrati, che abitavano accanto ai suoi genitori quando da ragazzina
viveva nel Bronx, a New York. Il pubblico esplode poi in una risata
compiaciuta quando Noa racconta che il suo primo impiego è stato
proprio in una pizzeria napoletana, a 15 anni.
Durante la cena di gala offerta in suo onore dopo il concerto dal nuovo
ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon, ricevuto con molto calore
e interesse al suo ingresso in teatro a inizio serata, Noa parla ancora
di Napoli, questa volta senza musica, per dire che sente nell'aria un
vento di cambiamento, una voglia di costruire per il futuro. "Pensavo -
aggiunge Gilon raggiante - di essere un buon ambasciatore, ma forse è
lei la nostra migliore ambasciatrice fra le genti".
Miriam Camerini
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Terremoto - Roma, scende in campo l'Ospedale israelitico
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La
situazione nelle zone colpite dal sisma è in continuo divenire, anche
per le scosse che proseguono intense, rendendo difficoltoso il ritorno
alla normalità. L’Italia ebraica continua nella sua corsa alla
solidarietà. Nelle prossime ore Giorgio Mortara, il coordinatore
nominato dall'ultima Giunta dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane per a seguire le diverse iniziative in campo, sarà in Emilia
per incontrare le Comunità ebraiche locali e monitorare in prima
persona la situazione, ma anche per decidere insieme a loro, sulla base
dell'esperienza e della conoscenza del territorio, come destinare i
fondi provenienti dalla sottoscrizione lanciata dall’UCEI. “Vogliamo
essere sicuri che il denaro raccolto arrivi a chi ne ha bisogno in modo
certo - spiega Mortara - per questo valuteremo se devolvere la nostra
raccolta direttamente alla Protezione civile oppure usarla per
finanziare un progetti specifico identificati insieme alle Comunità
ebraiche presenti nelle regioni colpite”. Interlocutori di Mortara, che
è anche presidente dell'Associazione medici ebrei, sono in particolare
le quattro comunità ebraiche presenti in Emilia (Parma, Modena, Ferrara
e Bologna), oltre alla Comunità ebraica di Mantova. Probabile la
presenza del dottor Mortara anche nella città lombarda, il cui
territorio è molto colpito dal sisma. Proprio a Mantova la prossima
settimana è in agenda una sessione di lavoro comune fra la redazione
del Portale dell'ebraismo italiano e la redazione di Articolo 3,
l'osservatorio contro le discriminazioni sviiluppato di concerto fra
Unione delle Comunità Ebraiche, Comunità ebraica locale e molte
organizzazioni rappresentative di minoranze etniche, culturali e
sociali.
Nel frattempo si moltiplica la disponibilità delle organizzazioni che
si mettono a disposizione dell’Italia che soffre. “Quanto sta avvenendo
ci ha colpito come italiani e come ebrei - tiene a sottolineare Bruno
Piperno, presidente dell’Ospedale israelitico di Roma, l'istituzione
sanitaria che è punto di riferimento non solo per la più antica
Comunità della Diaspora, ma anche di larghi strati della cittadinanza
nella Capitale - Per questo abbiamo risposto con grande partecipazione
alla sollecitazione dell’UCEI a fare qualcosa per la gente colpita dal
terremoto”. L’Ospedale israelitico conosce bene l’impegno nel sociale.
Da anni partecipa al Piano Freddo predisposto dal Comune di Roma per
portare assistenza, sanitaria e non solo, a persone che si trovano in
condizione di forte disagio sociale, e in particolare a coloro che sono
senza fissa dimora, garantendo le prestazioni relative a ortopedia,
gastroenterologia, cardiologia e geriatria. Oggi l’Ospedale si mette a
disposizione aprendo le porte alle vittime del sisma (per informazioni
si può contattare la direzione sanitaria al numero 0665589328).
Chi desidera partecipare alla raccolta fondi per le popolazioni colpite
dal terremoto potrà farlo versando il proprio contributo conto corrente
bancario intestato all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, IBAN
IT40V0200805189000400024817 causale Terremoto Emilia; oppure sul conto
corrente postale intestato all’unione comunita ebraiche italiane numero
45169000 sempre specificando la causale Terremoto Emilia.
Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Melamed.it, educazione e scuola sul web
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Nasce Melamed.it, il sito dedicato alle
tematiche della scuola promosso dall’Assessorato alle Scuole dell’UCEI
e realizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura.
Presentiamo con piacere l’ultimo nato in casa UCEI, Melamed.it un sito
di informazione sempre aggiornata, approfondimento, dibattito e
documentazione che si rivolge a tutti gli attori che contribuiscono a
dar corpo alla educazione e formazione delle giovani generazioni:
insegnanti e formatori, genitori e famiglie.
L’adeguata preparazione dei giovani ad affrontare le sfide di una
società globalizzata e competitiva unitamente ai processi di riforma
dei sistemi scolastici sono entrati prepotentemente, nel corso degli
ultmi anni, nell’agenda delle istituzioni in tutto il mondo.
Le scuole ebraiche condividono queste problematiche e ne gestiscono
ulteriori: perseguire l’obiettivo formativo di una identità ebraica
degli studenti legato alla conoscenza delle nostre tradizioni, cultura
e lingua.
Sulla base di queste premesse abbiamo deciso di fornire uno strumento
di informazione ad ampio spettro attraverso un rassegna di articoli e
segnalazioni tratte dalla stampa italiana, internazionale, ivi compresa
quella ebraica, aggiornata settimanalmente.
Il sito ospita inoltre interventi di insegnanti, direttori e formatori
rispetto a temi di attualità dei quali dibattere con i lettori e
presenta la documentazione di maggior interesse prodotta nell’ambito
dei percorsi di formazione progettati e svolti per Presidi,
Coordinatori ed insegnanti delle nostre scuole ebraiche comunitarie a
cura del Centro Pedagogico del DEC.
E’ prevista, per gli insegnanti e per i direttori delle scuole
ebraiche, la realizzazione di una piattaforma dedicata attraverso la
quale condividere informazioni, progetti, buone pratiche con
l’obiettivo di creare un circolo virtuoso che favorisca la relazione
tra coloro che lavorano in prima linea per la formazione dei nostri
ragazzi a Milano, Roma, Torino e Trieste.
Un primo passo verso l’allargamento della platea dei soggetti coinvolti
anche ad insegnati ed utenti dele scuole ebraiche non comunitarie
nonché a insegnanti, responsabili didattici e opinion leader in Italia,
Israele e nel mondo ebraico internazionale.
Per l’attività di realizzazione e il prosieguo di questa iniziativa,
che ci auguriamo incontri il favore del pubblico, vogliamo ringraziare
Odelia Liberanome, Gadi Piperno e Ada Treves per l’energia e
l’entusiasmo profuso.
Attendiamo, nello spirito di una relazione collaborativa ed interattiva
con gli utenti, i vostri commenti e suggerimenti sulle pagine di
www.melamed.it.
Raffaele Turiel, Assessore alle Scuole UCEI
rav Roberto Della Rocca,
direttore del dipartimento Educazione e Cultura UCEI
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A scuola
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Al
calcio italiano in cerca di redenzione, l'Europa ha offerto il lavacro
di Auschwitz. Accoccolati sulla terra battuta del campo, i calciatori
ascoltavano a capo chino il racconto dei sopravvissuti e la terra era
innaturalmente priva di milioni di orme.
Scaglie d'oro e di lusso si staccavano dai volti, lasciandoli nudi.
Il
Tizio della Sera
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Dedicato al Barcarolo
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Noi, il futuro
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Qui Roma - Al Festival Letterature
Amos Oz incontra Erri De Luca
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Leggi la rassegna |
Saranno
lo scrittore israeliano Amos Oz e il suo collega napoletano Erri De
Luca i protagonisti del sesto appuntamento del Festival Letterature in
programma questa sera delle 21 alla Basilica di Massenzio.
De Luca interpreterà il suo inedito, Il libro dev’esserevento, in cui
risponde alla domanda sul come si trasforma "una semplice vocazione a
scrivere in un’opera compiuta, complessa", mentre Oz leggerà in lingua
originale l’ultimo racconto della sua nuova opera, Tra amici.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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