se
non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui
|
3 luglio 2012 - 13 Tamuz 5772 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Roberto
Della Rocca,
rabbino
|
In questi periodi di crisi economica
che vedono il dramma di molti ricchi trasformarsi in poveri può
confortare un vecchio detto giudaico romanesco:
" ...meglio povertà che odorano di ricchezze che puzzano..."
|
|
|
Dario
Calimani,
anglista
|
|
Tre ultraortodossi
antisionisti sono finiti in carcere per aver deturpato Yad Vashem Museo
dedicato alla memoria della Shoah. A dimostrazione che non ci sono
ebrei che odiano se stessi, ma solo ebrei che di tanto in tanto odiano
altri ebrei, spesso per biechi motivi ideologici. L’ortodossia, per noi
ebrei italiani, anche non ortodossi, era un tempo un punto di
riferimento ideale, ed era un ideale di tolleranza e di convivenza.
Ora, portata da certuni al settarismo estremo, sembra volersi imporre
senza esclusione di colpi come unica via al ‘vero’ ebraismo. E la
visione diventa così per molti di noi irriconoscibile. Qualcuno, per
essere migliore, si è inventato il proprio Messia e l’intolleranza
prende piede. A contrastare questa moda si corre il rischio di sentirsi
dare dell’antisemita, o dell’anti-israeliano, o dell’ebreo che odia se
stesso. Verrebbe voglia di dire: di antisemiti veri ce n’è che basta
per non doverceli inventare anche fra di noi.
|
|
|
Il presidente di tutti |
Il
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
ha tenuto, presentando la sua candidatura alla guida dell'Unione in
occasione del Consiglio della scorsa domenica, 1 luglio, il seguente
intervento programmatico:
Cari
consiglieri, cari amici, certamente a voi interessa sapere perché
ho deciso di candidarmi per il Consiglio dell'UCEI e anche perché ho
deciso di dare la mia disponibilità a essere candidato per la
presidenza. Le mie motivazioni sono forti e discendono tutte da
un'unica convinzione che è maturata soprattutto nei sei anni trascorsi,
durante i quali ho ricoperto la carica di presidente
dell'Unione. Ritengo che sia iniziata per gli ebrei una nuova era.
E spiego in che senso. Noi tutti apparteniamo a quelle fortunate
generazioni che, dopo la Shoah, hanno assistito o partecipato alla
nascita dello Stato di Israele e che hanno conquistato libertà,
eguaglianza, rispetto, piena partecipazione e integrazione nella vita
dei paesi democratici nei quali viviamo. Devo ammettere che questa
convinzione è fondata su fattori diversi, alcuni sentimentali, altri
razionali. Per mia natura sono un ottimista, ma spero di riuscire
sempre a conservare, ben salda, una forte dose di sano realismo. Quindi
spero, anzi credo, che tutti i cambiamenti che sono avvenuti non solo
in Italia, ma nel mondo, abbiano fatto nascere una congiunzione di
fattori che ci permette di tentare di imprimere una svolta decisiva
alla nostra storia e al nostro futuro. Ritengo che esistano le
condizioni e che noi abbiamo acquistato la forza sufficiente per
abbattere una volta per tutte i pregiudizi e le discriminazioni e
uscire definitivamente dalla condizione di gruppo perseguitabile
impunemente e diventare invece il popolo simbolo della sconfitta del
razzismo sotto qualsiasi forma e contro chiunque. Forse sono un
sognatore, un illuso a dire questo. Ma non credo, al contrario e
ritengo che sarebbe colpevole non saper leggere e interpretare i
segnali che provengono dalla società. Se non li riconoscessimo, li
ignorassimo, li trascurassimo, ricadrebbe sulle nostre spalle, di
leaders ebraici, la responsabilità di aver perso un'occasione storica,
forse unica, forse irripetibile, di decidere il nostro futuro e di non
subire più le iniziative e le decisioni altrui. Questa è la grande
novità dei tempi nostri. Se in passato gli ebrei hanno imparato a
sopravvivere nella povertà, nella segregazione, fra le persecuzioni;
oggi gli ebrei devono adeguare i loro comportamenti e il loro modo di
rapportarsi con il mondo, devono essere all'altezza di inventare nuovi
modelli, nuove categorie. Per essere più chiaro, cito alcuni
esempi: dopo esserci adattati ai ghetti, dobbiamo imparare a vivere in
un mondo senza muri e senza confini; dopo aver imparato a vivere
privati dei diritti fondamentali, dobbiamo imparare a gestire bene la
libertà di pensiero, l'eguaglianza e il dialogo con tutti, proponendoci
senza remissività e senza arroganza, senza defilarci, per non apparire
e senza cadere in dannose, fastidiose e ingiustificate
sovraesposizioni; dopo aver imparato a riconoscere e a evitare i
nemici, dobbiamo imparare a conquistare sempre nuovi amici. Qualcuno
potrebbe obbiettare che esiste ancora l'antisemitismo e che Israele
subisce quotidiane aggressioni e minacce. Sono fatti ed eventi che
vanno tenuti d'occhio, controllati, contrastati e combattuti
efficacemente, ma dobbiamo evitare di cadere nell'errore di
ingigantirli e di enfatizzarli, sia per non far apparire i nostri
nemici più forti e più importanti di quanto essi siano, sia per non
proiettare un'immagine di noi stessi costantemente nel ruolo di
vittime. Ricordiamoci che le vittime non ispirano né simpatia, né
amore, né rispetto, né ammirazione. Al massimo possono suscitare
pietà e commiserazione e non è questo che noi vogliamo. Sarebbero
atteggiamenti vecchi, non più attuali e sarebbero dei regali fatti ai
nostri nemici. Negli ultimi decenni molte delle nostre risorse e
delle nostre energie intellettuali sono stati concentrati sui due
grandi eventi del secolo scorso: la Shoah e la memoria della Shoah e la
nascita dello Stato di Israele e la vita e la sicurezza dello Stato di
Israele. Ritengo che senza nulla togliere all'importanza di questi
argomenti sia oggi maturo e necessario nel mondo ebraico un
allargamento dei temi che non dobbiamo perdere di vista. Noi non
siamo mai stati e non vogliamo essere considerati il Popolo della
Shoah, noi siamo il Popolo ebraico con tutte le sue tradizioni e tutti
i suoi valori. La Shoah ci riguarda perché ci ha colpito in maniera
disumana e ne siamo stati le vittime maggiori, ma un'analisi interiore
dovrebbero essere fatta da tutti coloro che l'hanno realizzata, che ne
sono stati complici, che non si sono opposti, che si sono voltati
dall'altra parte per non guardare e quindi deliberatamente non vedere;
ma ormai, più che i diretti responsabili, abbiamo di fronte i loro
eredi spirituali. Lo Stato di Israele, un grande evento che
ha del miracoloso, una parte di noi stessi e della nostra vita, un
oggetto di orgoglio, di ammirazione e di amore. La nostra condizione di
ebrei italiani non può e non deve essere trasformata e vissuta come
quella di israeliani irrealizzati. Chi vuol fare l'Aliyah deve essere
aiutato a realizzare il suo sogno. Ma chi rimane nella Diaspora
deve essere cittadino a pieno titolo del proprio Stato ed essere
cosciente dell'importante funzione che può svolgere nell'ambito
ebraico, in tutti i campi, compreso quello politico. L'impegno
politico è qualcosa di importante e di nobile, che deve essere svolto
da chi lo desidera e ritiene di averne le capacità. Ma le istituzioni
ebraiche non possono intrattenere alcun tipo di contiguità o di
collateralità con alcun partito, e devono rapportarsi sempre con le
istituzioni. Sarebbe anche un regalo ai nostri nemici esagerare e
accentuare le diverse posizioni ideologiche e politiche e le possibili
tensioni interne fra differenti gruppi ebraici.
Trasformare la dialettica interna in conflitti sarebbe un modo
per arrecare a noi stessi un duplice danno, indebolendoci in senso
culturale e politico e proiettando all'esterno un'immagine di
frantumazione e di discordia che minerebbe il prestigio e la
rappresentatività delle nostre istituzioni. L'unico modo per
uscire vincitori di fronte a tutte queste sfide è quello di realizzare
come minimo la concordia interna e il rispetto reciproco, come massimo
l'unità nel governare e nel lavorare tutti insieme per obbiettivi
condivisi. Per tutte queste ragioni lavorerò intensamente per la
creazione di organi rappresentativi all'interno dei quali tutte le
forze siano adeguatamente presenti. A questo intendo puntare con
forza e determinazione, per offrire a tutti la possibilità di donare
alle Comunità la propria intelligenza, la propria professionalità, il
proprio talento. Questo è l'unico modo di governare che intendo
adottare se potrò godere della vostra fiducia e se mi concederete
l'onore di ricoprire in questo mandato la carica di presidente. Il
presidente di tutti.
|
|
Terremoto - A Mirandola l'aiuto da Israele |
"Davanti
a un dramma non si possono chiudere gli occhi". Lo ha affermato il
benefattore e imprenditore di origine tripolina Walter Arbib presente a
Mirandola (Modena), una delle località più colpite dal sisma, assieme
fra gli altri al ministro degli Esteri di Israele Lieberman e al
Consigliere Ucei e presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo
Pacifici, per donare quattro strutture prefabbricate che saranno
utlizzate nell'area ospedaliera. "Da Toronto, dove vivo attualmente -
ha aggiunto Arbib (nella foto in basso) - le scene che venivano
trasmesse dai vari telegiornali mi hanno
fatto assumere la decisione di aiutare. Il governo Israeliano e il
ministro degli esteri Liberman e il mio amico l'ambasciatore d'israele
in Italia mi hanno dato la possibiltà di dare una mano a questa regione
e ai suoi cittadini. Ringrazio le comunità ebraiche di Roma e di
Toronto che mi hanno incoraggiato e assistito. E' questa l'occasione
per me, ebreo di Libia,che assieme a migliaia di miei confratelli ha
vissuto la tragedia della perdita di vite e di
proprietà e il dramma dell'esilio, di ringraziare l'Italia
e Israele che ci hanno abbracciato forte e aiutato nel
difficile momento
in cui siamo divenuti profughi dalla Libia. Noi con i nostri fratelli
della comunità italiana esuli della Libia abbiamo perso tutto lasciando
il paese ma come voi abbiamo trovato la forza di reagire e ricostruire
una nuova vita con tenacia e volontà. Sono queste le caratteristiche
che ci accomunano agli emiliani, i quali, come hanno saputo creare
imprese e prodotti ammirati in tutto il mondo, sapranno adesso
ricostruire e progredire. Noi siamo con voi". L'incontro con le
autorità locali ha visto anche gli interventi del sindaco di Mirandola
Maino Benatti e degli assessori regionali Paola Gazzolo e Giancarlo
Muzzarelli.
|
|
|
Unanimità
|
Si è riunito domenica il
nuovo Consiglio dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (UCEI),
nella nuova versione allargata del «Parlamentino» degli ebrei italiani.
Il Consiglio ha rieletto all’unanimità Renzo Gattegna presidente,
premiando le sue capacità di mediazione e di inclusione, garantite
anche, al momento delle elezioni, dall’alleanza «innaturale» tra le
diverse anime della comunità ebraica romana.
Sono contento della rielezione di Gattegna, e penso che la scelta
politica che ne ha consentito il nuovo mandato - la coesistenza nella
stessa lista di avversari storici dell’ebraismo romano, con tutta
probabilità destinati a rimanere tali – abbia avuto il merito di dare
continuità a una leadership seria e di favorire indirettamente
l’emersione di forze nuove, rappresentate dalla lista tutta femminile
di «Binah» .
Ma c’è una questione più generale che mi pare interessante. L’unanimità
è un bene? Le«grandi coalizioni» sono un passo avanti o uno indietro?
Il tema non riguarda ovviamente il piccolo mondo ebraico italiano, ma
realtà assai più rappresentative: il Governo Monti è retto da una
vastissima maggioranza «innaturale» imposta dall’emergenza economica, e
anche in altri paesil’urgenza della crisi ha sospeso la normale
dialettica tra forze politiche. Senza contare le pressioni delle
istituzioni sovranazionali, che proponendo ricette necessarie e urgenti
limitano nei fatti lo spazio della divisione e della discussione.
Istintivamente parlando, ma forse anche ebraicamente parlando,
l’unanimità non mi piace. Nasconde generalmente più insidie del
confronto a viso aperto, sebbene a volte sia utile a smorzare toni che
spesso tracimano nell’inciviltà. Ma è anche vero che ci sono momenti
storici particolari, che richiedono soluzioni particolari. L’importante
è che il tempo della sospensione sia breve, e che poi si torni a
discutere. Continuando, anche in queste parentesi, a ragionare con la
propria testa.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi
|
|
Storie - Il contributo
degli Italkim alla costruzione di Israele
|
Lo Stato di Israele è stato
costruito anche dagli ebrei italiani (gli Italkim), tra cui il
partigiano e sionista Enzo Sereni. È il tema della due giorni di studi
che si è tenuta la settimana scorsa al Mishkenot Shaananim di
Gerusalemme: «L'Italia in Israele: il contributo degli ebrei italiani
alla nascita e allo sviluppo dello Stato d'Israele», organizzata
dall'ambasciata italiana e da Hevrat Yehudè Italia.
Il convegno ha rappresentato il seguito naturale di quello tenutosi
l’anno scorso per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, in
occasione della visita ufficiale del Presidente Giorgio Napolitano in
Israele, che aveva puntato lo sguardo sull’affinità ideale tra il
sionismo e il Risorgimento italiano.
La comunità degli ebrei italiani in Israele, pur essendo numericamente
esigua, ha svolto un ruolo importante. Lo testimonia il volume
pubblicato dalla Fondazione Corriere della Sera, intitolato
Italia-Israele: gli ultimi 150 anni, presentato nella due giorni, che
ha raccontato l'epopea dei primi cento ebrei italiani, per lo più
intellettuali, emigrati in Palestina con il sogno del nuovo Stato.
La figura chiave è quella del romano Enzo Sereni, classe 1905, sionista
e socialista, che fece aliyah in Palestina (allora sotto il mandato
britannico) nel 1927 e fu tra i fondatori del mitico kibbutz di Givat
Brenner, dove nacquero la secondogenita Hagar e il terzo figlio Daniel.
Nel giugno 1944 Sereni, dopo un periodo di addestramento in Puglia, fu
paracadutato nell’Italia del Nord per collaborare con la Resistenza.
Catturato, fu rinchiuso a Bolzano e poi trasferito a Dachau, dove in
novembre fu ucciso dai tedeschi. Sereni è stato celebrato in Israele
con l’emissione di francobolli e l’intitolazione di un kibbutz.
Ma gli «italkim» si distinsero anche nella ricerca scientifica,
tecnologica, agricola, nel mondo universitario e in quello artistico e
musicale. Un’altra storia emozionante è quella del triestino Martino
Godelli, pioniere del sionismo socialista italiano, sopravvissuto ad
Auschwitz e immigrato in seguito nel kibbutz Netzer Sereni, di cui è
stata proiettata una lunga intervista realizzata dal corrispondente Rai
Claudio Pagliara. La vicenda più incredibile è però quella
del gruppo di circa settanta abitanti del paesino della
provincia di Foggia, San Nicandro Garganico, guidato dal bracciante
Donato Manduzio, che nel 1930 abbracciò l’ebraismo, resistette alle
leggi razziste e, dopo la liberazione, tra il 1948 e il 1950 decise
d'emigrare in Israele, alla quale è stato dedicato il film San
Nicandro, Sefat. Il viaggio di Eti, del regista Vincenzo Condorelli. I
loro discendenti vivono tuttora con le loro famiglie in Israele.
Mario
Avagliano - twitter
@MarioAvagliano
|
|
Figli della stessa nazione
|
È vero che dei morti si
tende a parlare sempre bene ed è anche vero che il Presidente di uno
Stato è legato a un certo contegno istituzionale, ma colpiscono le
parole pronunciate da Shimon Peres al funerale di Izhak Shamir. I due,
si sa, appartenevano a schieramenti politici opposti, ma questo non ha
impedito che in passato avessero lavorato insieme per il bene del Paese
e che il Presidente abbia definito Shamir appunto l'altro ieri “uno dei
migliori leader della democrazia israeliana” e nonostante abbia più
volte alluso alle differenze ideologiche, ha anche enfatizzato che
“eravamo figli della stessa nazione”.
In un periodo nel quale ogni occasione è buona per aggredire gli
avversari (politici, sportivi, ecc.), sarebbe bene che tutti
prendessero esempio da questa lezione di stile e che la praticassero
non solo verso i defunti, ma anche e soprattutto verso i vivi.
Elena Lattes
|
|
notizie
flash |
|
rassegna
stampa |
Un ulivo simbolo di pace e fratellanza fra Israele e San Marino
|
|
Leggi la rassegna |
Visita ufficiale a San
Marino per il vice primo ministro e ministro degli Esteri israeliano
Avigdor Liberman che ha accolto l'invito del Segretario di Stato per
gli Affari Esteri Antonella Mularoni. Nell'incontro sono stati ribaditi
"gli ottimi rapporti bilaterali di amicizia e di collaborazione negli
organismi internazionali" e "la volontà di intensificare le relazioni
in tutti i campi, anche attraverso la stipula di intese di natura
economica". Mularoni ha espresso la volontà sammarinese "di dare il
massimo contributo per una pacifica soluzione della questione
israelo-palestinese, nel rispetto dei valori di cooperazione, di
salvaguardia dei diritti umani, di tolleranza e di dialogo fra i popoli
che hanno sempre caratterizzato il nostro piccolo Paese".
Liberman ha "condiviso la volontà di reciproca cooperazione
in ambito internazionale e di approfondimento delle già ottime
relazioni bilaterali". Prima di lasciare San Marino, il
ministro ha preso parte alla cerimonia di piantumazione di un
ulivo, donato dallo Stato di Israele, "quale simbolo di pace e di
fratellanza".
|
|
Oggi
la rassegna ci parla soprattutto dei rigurgiti del nazisfascismo. Dopo
la partita della nazionale con la Spagna sono stati arrestati,
condannati ma anche subito liberati un paio di naziskin che agitavano
una bandiera con la svastica, tiravano petardi sulla folla radunata al
Circo Massimo e bottiglie contro il maxischermo (fra gli altri, Meloni
sulla Stampa e Vincenzi su Repubblica).
Ugo Volli twitter
@UgoVolli
|
|
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|