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15 luglio 2012 - 25 Tamuz 5772
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

Lo zelo sembra aver senso se tiene conto di una prospettiva più ampia, pacifica ed integra. A Pinhas lo zelante, in effetti, Dio concede come premio il Suo patto di Shalom. Lo zelo fine a se stesso rischia invece di essere esclusivamente distruttivo.



David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
La morte di Federico Coen, lo scorso 7 luglio, fondatore e per molti anni direttore di “Lettera internazionale” la rivista a cui si deve anche anche una parte di quel poco di coscienza di Europa democratica che ci è rimasta, è avvenuta in silenzio e non è stata seguita da commenti di rilievo. Quelle parole sono mancate non per motivi di rispetto, ma per indifferenza. Una parte significativa della riflessione democratica europea a partire dal 1984, anche di quella ebraica che si è interrogata sulla propria identità, sul rapporto inquieto e profondo con Israele, è passata per le pagine di quella rivista soprattutto per l’impegno, l’insistenza e la tenacia del suo direttore. Ma nessuno l’ha detto in questi giorni,come se fosse una cosa di poco conto, un particolare di nessun rilievo, oppure come si dovesse riconoscere un debito con qualcuno che ci si vergogna di aver conosciuto. Qualche volta viene da pensare che il fossato tra l’impegno per una qualità migliore della vita quotidiana individuale e collettiva e il non riconoscimento del debito umano, oltreché culturale, che si ha con chi ci prova e sia davvero incolmabile. Tanto da chiedersi se valga la pena di provare a ridurlo.

davar
La nuova Giunta UCEI già al lavoro
È già al lavoro in queste ore pomeridiane di domenica 15 luglio, a conclusione di una giornata molto intensa di confronto politico, la nuova Giunta dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane uscita dai lavori del Consiglio che si sono tenuti nella mattinata e nella prima parte del pomeriggio.
Il Consiglio ha varato, accettando con cinque astensioni e nessun voto contrario, la proposta formulata dal Presidente Renzo Gattegna, una Giunta così composta: rav Adolfo Locci (designato dalla Consulta rabbinica), Dario Bedarida, Giulio Disegni, Noemi di Segni, Roberto Jarach, Semi Pavoncello, Raffaele Turiel e Raffaele Sassun. Invitati permanenti ai lavori di Giunta Anselmo Calò e Victor Magiar. La proposta emersa dalle mediazioni fra tutte le componenti presenti in Consiglio prevede l'assegnazione della vicepresidenza a Giulio Disegni e Roberto Jarach.
La Giunta è stata immediatamente convocata dal Presidente a conclusione dei lavori di Consiglio per sbloccare le questioni più urgenti.
Fra le diverse scadenze in calendario una formulazione da sottoporre al prossimo Consiglio sule modalità di formazione delle Commissioni, l'elezioni dei Probiviri e la revisione dello statuto.


Libertà religiosa - “Alle promesse adesso seguano i fatti” 
Continua nel mondo la mobilitazione delle comunità ebraiche e musulmane a difesa del diritto alla circoncisione contro il quale si è recentemente espresso il tribunale di Colonia. Commentando gli ultimi sviluppi, con la decisa presa di posizione del governo tedesco a favore di una soluzione che tuteli i valori e le tradizioni delle comunità religiose, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, in una nota emessa poco prima di Shabbat, aveva espresso approvazione per le parole pronunciate dal portavoce Steffen Seibert. "L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – si legge nella nota – accoglie con soddisfazione la notizia che il governo tedesco si impegnerà a contrastare la sentenza che vietava la circoncisione emessa alcuni giorni fa dal tribunale di Colonia. Un pronunciamento che molto aveva fatto discutere nel mondo suscitando le reazioni sdegnate di quanti, ebrei italiani in testa, vedevano nell'agire di quei magistrati un gravissimo attacco al principio di libertà religiosa su cui si fondano le moderne società democratiche”. L'auspicio dell'UCEI, che si è da subito schierata al fianco delle autorità ebraiche di Germania che hanno deciso di investire direttamente il Parlamento della questione, è adesso che questa posizione “possa ulteriormente rafforzarsi” e che alle promesse “facciano presto seguito gli atti legislativi necessari e adeguati".

Un film già visto

La decisione di una corte tedesca di considerare reato la circoncisione rituale di un minorenne è in un certo senso "un film già visto", una storia allarmante molto antica che si ripresenta con abiti nuovi. Due i motivi di allarme.
Primo: l'aspetto giuridico.  Varie volte nella storia ebraica, nei peggiori momenti, la circoncisione è stata proibita per motivi diversi. La vietarono i Seleucidi in odio ai riti ebraici, i Romani sotto Adriano nell'ambito di norme contro le mutilazioni sessuali dei riti orientali (che erano ben altra cosa). Queste decisioni contribuirono a scatenare rivolte, la prima, dei Maccabei, vittoriosa, la seconda, di Bar Kochbà, disastrosa per noi. L'aspetto nuovo della decisione tedesca è che in questo caso, ammessa l'assenza di spirito ostile, ma comunque in presenza di incomprensione, entra in gioco un diritto quasi nuovo (in questa applicazione) come quello della tutela del minore. La sostanza non cambia, il divieto della milà ritorna a galla, ma la forma in cui si manifesta è nuova, come contrapposizione di diritti, quello della libertà religiosa da una parte e quello della tutela del minore dall'altra. Davanti a questo strano "scontro di civiltà" bisogna comprendere i termini e le implicazioni e prendere le
nostre decisioni come ebrei, eredi e custodi dell'ordine divino dato ad Abramo, di circoncidere ogni figlio a 8 giorni, in totale opposizione al modo in cui oggi qualcuno intende il diritto dei minori. Insomma questo è un momento e un tema nel quale bisogna scegliere da che parte si sta.
Questo introduce al secondo motivo di allarme. Il problema non è solo di una corte tedesca, il problema è interno al mondo ebraico. Sembra che il magistrato tedesco si sia meravigliato dell'ondata delle proteste, raccontando come dopo la sua sentenza abbia ricevuto numerosi messaggi di congratulazione da Israele. Sì, da Israele, dove sono attivi piccoli ma vivaci movimenti di ebrei contrari alla circoncisione sui minori. Come per qualsiasi altro tema della tradizione, anche sulla milà vi sono stati sempre discussioni e rifiuti.
Tornando ai tempi dei Maccabei, l'incontro con i greci che in palestra giocavano nudi (da qui la parola ginnastica), espose gli ebrei circoncisi al ludibrio e molti corsero ai ripari con un intervento "estetico" correttivo, scelta giudicata con orrore dalla tradizione rabbinica. Per tanti motivi, antichi e recenti, una parte seppure piccola di ebrei si sottrae alla milà. Anche qui bisogna fare la scelta, da che parte stare. Ma che si sappia che è una scelta radicale ed essenziale dell'identità ebraica.

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Lo status delle Comunità, una controversia da risolvere
“Le comunità ebraiche sono ONLUS? La risposta è sì, direi inequivocabilmente sì, eppure, non tutti sono d’accordo. Soprattutto, non sono d’accordo tra di loro le agenzie per le entrate delle diverse regioni italiane”. Valerio Di Porto, coordinatore della Commissione Statuto dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che nell'appena conclusa stagione ha gestito la riforma istituzionale dell'ebraismo italiano e consigliere della Camera dei Deputati, dove coordina l’Osservatorio sulla legislazione, riassume in poche parole una controversia particolarmente complessa dal punto di vista tecnico, e allo stesso tempo fondamentale per la vita delle Comunità ebraiche italiane: il loro riconoscimento chiaro e univoco, da parte dello Stato, come organizzazioni non lucrative di utilità sociali, senza bisogno di nessuna iscrizione all'anagrafe delle ONLUS e senza necessità di accertamenti da parte delle agenzie delle entrate.
A questo proposito il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano ha presentato negli scorsi giorni un’interrogazione parlamentare. “Il tema del riconoscimento come ONLUS delle comunità ebraiche, riconoscimento che ha dirette ricadute sulla possibilità di accesso al 5 per mille, è assai controverso - si legge nel testo presentato alla Camera che riassume anzitutto lo stato dell’arte della questione - Infatti, le direzioni regionali delle entrate hanno assunto posizioni tra loro divergenti, facendo venir meno ogni certezza del diritto e creando evidenti sperequazioni tra regione e regione. In tempi recenti, le comunità ebraiche di Ancona e di Milano sono state cancellate dall'elenco delle ONLUS con provvedimento della competente direzione generale delle entrate. La comunità di Ancona ha presentato un ricorso avverso il provvedimento di cancellazione, che è in queste settimane in trattazione. La comunità di Milano è stata anche sottoposta ad ispezioni da parte della medesima Agenzia”.
In seguito al ricorso presentato, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha disposto la reiscrizione della comunità nell’anagrafe unica delle ONLUS per la parte relativa all'assistenza sociale e socio-sanitaria agli anziani. Ad Ancona il ricorso verrà discusso la settimana prossima.
Apparentemente, la risposta al quesito è già contenuta nella legge, e in particolare nell’articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 (“Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”): gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese (le comunità ebraiche sono equiparabili ad enti ecclesiastici e lo Stato ha firmato l’Intesa con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con la legge n. 101 del 1989) sono considerati ONLUS limitatamente all'esercizio delle seguenti attività: assistenza sociale e socio-sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico, a condizione che per tali attività siano tenute separatamente le scritture contabili.
“Dunque, basta tenere scritture contabili separate e null’altro occorre: il testo è chiaro. Eppure, c’è chi dice no. E dal no conseguono le più diverse richieste ed indagini sulle Comunità e le loro attività” spiega ancora Di Porto.
“Appare necessario - al fine di superare le divergenti linee di condotta assunte dalle Agenzie delle entrate - che il Ministro dell'economia e delle finanze assuma un indirizzo univoco” la conclusione dell’interrogazione dell’onorevole Fiano.


pilpul
Davar acher - La sentenza di Colonia
Ugo VolliIl recente episodio di cronaca della condanna della circoncisione da parte di un giudice tedesco merita una riflessione approfondita, al di là della prima risposta di scandalo o delle trattative e delle pressioni che le autorità ebraiche europee hanno condotto per risolvere il caso, ottenendo finora l'impegno del governo tedesco a proporre una legge in parlamento che dovrebbe risolvere il caso in termini comunque non brevissimi. Com'è noto un giudice di Colonia è intervenuto su un incidente accaduto nel 2010 quando un bambino musulmano durante il rito della circoncisione (che nel caso islamico avviene nell'infanzia e non otto giorni dopo la nascita come per gli ebrei) ebbe a soffrire di una emorragia, peraltro risolta senza danni ulteriori. Come ha scritto il sito della CER, "per il giudice tedesco – si legge nelle motivazioni della sentenza – la circoncisione “è contraria all’interesse del bambino che dovrà decidere più tardi e consapevolmente della sua appartenenza religiosa”. “Il diritto del bambino alla sua integrità fisica” quindi “deve prevalere sul diritto dei genitori” in materia di educazione e di libertà religiosa." La sentenza del giudice di Colonia riguarda il caso singolo ed è soggetta ad appello e può essere smentita da altre corti, ma per ora fa testo ed è efficace, perché stabilisce una responsabilità consapevole, un dolo vero e proprio per chi oggi provasse a praticare circoncisioni sul territorio tedesco.
Naturalmente che in Germania, teatro settant'anni fa del tentativo sistematico e industriale di eliminazione del popolo ebraico, si proibisca la pratica identitaria basilare dell'ebraismo, non può non fare rabbrividire. Ma al di là delle posizioni soggettive del giudice, di cui non so nulla, sarebbe sbagliato interpretarla semplicemente come un atto consapevolmente antisemita. Una lettura del genere, in tutta la sua gravità, sarebbe perfino consolatoria. Essa invece va accostata alle varie posizioni emerse negli ultimi anni sempre nell'Europa del Nord per proibire la macellazione rituale, considerata non rispettosa dei diritti dell'animale. Essa evidenzia cioè una tensione crescente fra le concezioni umanitarie più "avanzate" e alcune caratteristiche della vita ebraica (e in parte anche islamica). Da questo punto di vista "il diritto del bambino alla sua integrità fisica" e quello dell'animale ad evitare la sofferenza inutile devono prevalere sull'organizzazione religiosa della vita.
Ma il giudice di Colonia che proibisce la circoncisione non si sognerebbe di mandare la polizia in casa della gente per verificare che i bambini non siano ipernutriti fino all'obesità, provocando loro danni veri e permanenti (la predisposizione al diabete, com'è noto, è legata all'alimentazione infantile); coloro che vogliono impedire la macellazione ebraica senza stordimento chimico dell'animale non si sognano di proibire l'allevamento intensivo di pollame, svolto in condizioni di affollamento e reclusione veramente inumane per accelerare l'ingrasso, oppure quel vero e proprio obbrobrio che è la produzione di foie gras realizzando ingozzando forzatamente le oche in modo da provocare in esse quella malattia che è il fegato grasso o steatosi - e mille casi del genere, dal piercing all'abbronzatura infantile, dalla mattanza dei tonni alla caccia.
Se lo facessero sarebbero accusati di invadere la privacy delle famiglie o di interferire col commercio e con l'industria, di violare cioè diritti riconosciuti e tutelati in quanto seri e fondati. Circoncisione e macellazione secondo il rito ebraico o islamico non fanno parte di questi interessi protetti, perché sono atti religiosi (o etnici, una distinzione importante che non è possibile approfondire qui) e dunque rientrano nella sfera individuale; ma soprattutto perché la religione viene concepita secondo il modello cristiano e ancor più protestante come "fede", cioè un atto cognitivo che non può essere imposto e può essere assunto dall'individuo solo quando le sue capacità cognitive si siano sviluppate a sufficienza; come fosse, diciamo, il sostegno a un partito o a un movimento di idee. Per questa ragione, come ho citato sopra, la circoncisione “è contraria all’interesse del bambino che dovrà decidere più tardi e consapevolmente della sua appartenenza religiosa”. Il problema è che questa definizione di religione come credenza non coglie affatto la natura dell'ebraismo (e probabilmente neanche dell'Islam), perché essa è soprattutto un fare, una "forma di vita" per dirla nei termini della filosofia del Novecento e anche una pedagogia di questa appartenenza, che inizia proprio dalla circoncisione, da quel brit milà che è letteralmente "il patto del taglio" (ma si può leggere anche "della parola"): il patto comunque, il segno di un'appartenenza che è relazione, e relazione anche fisica, concreta, riguardando il corpo e la vita.
Come tutti sappiamo, è piuttosto difficile diventare ebrei da adulti (non sto parlando delle conversioni, qui, ma dell'osservanza), perché le regole da seguire sono complesse e assumere la loro risonanza emotiva. Le scelte del giudice tedesco derivano dall'idea, antropologicamente insensata, ma radicata nel pensiero contemporaneo, da Kant a Kelsen a Rawls, dell'uomo come un individuo astratto, privo di appartenenze, che eventualmente in cuor suo sviluppa una fede o non lo fa, ma questo riguarda solo lui e per il resto è un homo oeconomicus o iuridicus, un consumatore o un elettore indifferente a lingue, culture, identità, che deve essere rispettato come tale (protetto da un "velo" di indifferenza) da stati altrettanto neutri e astratti. E' lo stesso modo di pensare per cui le marche hanno più diritti delle origini territoriali del cibo nella legislazione europea, o per cui appare "razzista" o almeno "tribale" la richiesta di Netanyahu del riconoscimento di Israele come "Stato ebraico".
Eppure proprio questa circostanza ne mostra la necessità. Certamente è possibile difendere la circoncisione e la macellazione rituale mostrando che se esse sono condotte con competenza secondo le regole non sono affatto pericolosa l'una e specialmente dolorosa l'altra; che esse in realtà incorporano preoccupazioni igieniche e sanitarie diffuse al di là della barriera religiosa. E soprattutto bisogna sostenere che l'appartenenza a una religione (o a un popolo, non ne discutiamo qui) in primo luogo non è solo questione di fede ma di incorporazione culturale, di appartenenza a una forma di vita; in secondo luogo che le forme di vita (le religioni, le appartenenze) minoritarie meritano particolare tutela contro il pericolo di un'assimilazione automatica nei costumi maggioritari; infine, ma soprattutto, che la possibilità per un bambino di entrare nella religione (nel popolo, nella forma di vita) dei suoi avi non è solo un diritto dei genitori o del gruppo collettivo in cui egli entra (dell'ebraismo), ma innanzitutto un diritto suo. Perché non ci sono uomini astratti, tabulae rasae culturali, ma sempre solo individui concreti che crescono in una forma di vita o nell'altra. Dunque il giudice non ha tutelato la libertà del bambino, ma l'ha violata imponendogli un'assimilazione al modello cristiano (magari cristiano annacquato, come accade oggi) dominante.
E però non bisogna illudersi: questi argomenti possono far breccia, possono contrastare le posizioni superficiali e demagogiche sui "diritti dei bambini" e "degli animali" a essere trattati secondo la cultura e gli interessi dominanti. Ma il problema è molto serio. Nonostante il superficiale pluralismo delle mode e delle cucine, noi viviamo in tempi di globalizzazione. Come durante il Medioevo o l'Impero Romano, la sopravvivenza di minoranze culturali estranee ai costumi collettivi è un fatto imbarazzante, scandaloso, perfino illegale - con la differenza che non vi sono ghetti o statuti extraterritoriali. Anche sul piano delle regole di vita, oltre che su quello politico e della difesa dall'antisemitismo, la sola garanzia per l'ebraismo è l'esistenza di Israele e non come stato multinazionale o neutro, come vorrebbero i "modernisti", che porterebbe prima o poi esattamente agli stessi problemi, ma come Stato nazione del popolo ebraico.

Ugo Volli twitter @UgoVolli

notizieflash   rassegna stampa
Sorgente di vita - Libertà religiosa
e diritto alla circoncisione

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Un tribunale tedesco ha detto no alla circoncisione rituale, scatenando nella società civile un acceso dibattito sulla libertà religiosa. Immediate le reazioni delle comunità ebraiche e del rabbinato tedesco ed europeo.

p.d.s
 

Dall’agenda dei giorni correnti, ancora una volta segnata dalle ricorrenti preoccupazioni per lo stato dell’economia internazionale, prendiamo spunto per l’incipit facendo ricorso all’articolo di Alessandra Coppola pubblicato dal Corriere della Sera, dove a veloci pennellate si offre uno spaccato della crisi greca e dei suoi frutti velenosi.

Claudio Vercelli


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