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31 luglio 2012 - 12 Av 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Nella parashà di Devarìm, letta lo scorso Shabbat, Moshè ritorna sulla fallita missione degli esploratori narrata nei capitoli 13 e 14 del Libro di Bemidbar. In questa seconda versione Moshè usa delle parole differenti dal primo racconto e queste sottili differenze costituiscono un prezioso indizio per comprendere in modo più profondo lo sconveniente  comportamento degli esploratori. La stessa azione dell’“esplorare” nel Libro dei Numeri , 13; 2 , è indicata col verbo “latùr”, “girare” (in senso turistico) , mentre la seconda volta, nel libro di Devarim, 1; 22 , il verbo usato per esprimere la stessa azione esplorativa è “lachpòr” che letteralmente significa “scavare”. Il Talmùd, scavando ancora di più, richiama un significato ulteriore dell’etimo “lachpòr” come qualcosa che rimanda al tentativo di svergognare e screditare. È proprio da questo apparentamento linguistico che i Maestri del Talmùd (Sotah, 34 b ) deducono che “...gli esploratori non avevano altra intenzione che quella di svergognare la Terra di Israele...” È indubbio che esplorare equivale a scavare. Talvolta però scavare troppo a fondo può significare svergognare e scoprire ciò che per natura dovrebbe restare un po’ celato e ben custodito. 

Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Non è difficile tenere un rapporto in verticale, con Chi dall’alto non rimprovera mai errori e manchevolezze; meno facile è rispettare invece il rapporto orizzontale, con chi ci sta di fronte. Così, accade spesso di imbattersi in osservanti rigorosi di regole e principi, ma raramente in osservanti del rispetto altrui. Una persona di riguardo, osservante e dotta, è ospite di Shabbat in casa di amici. Secondo tradizione familiare, dopo il kiddush il padre dà la sua berachà ai figli. L’ospite d’onore si porta allora davanti al capofamiglia, china il capo e gli chiede anche lui la berachà. La famiglia assiste sorpresa e il padrone di casa, un po’ imbarazzato, accorda. Una semplice richiesta diventa insegnamento: rispetto nei riguardi di chi ospita e riconoscimento dei ruoli, conferimento di onore di fronte alla famiglia, un atto umile che insegna a essere umili e a esprimere la propria gratitudine. E a tutti viene spontaneo pensare che sia questo il modo giusto di mettere in pratica la Torah su questa terra, e nutrono il sospetto che stia proprio qui la differenza fra un insegnante e un Maestro. Ma l’ospite è una persona particolare, non è solo un dotto osservante, è anche, ça va sans dire, una persona di estrema sensibilità ebraica. E l’onore va tutto a lui.

davar
Daf Yomi - Una festa per lo studio del Talmud
L’evento principale si terrà negli Stati Uniti domani sera, quando 92 mila persone si raduneranno nel New Jersey's MetLife Stadium, normalmente teatro delle grandi partite di football delle compagini newyorkesi. Ma le celebrazioni sono già cominciate e proseguiranno tra stasera e domani a Londra, Tel Aviv, Gerusalemme e nel resto del mondo. L’occasione è di quelle importanti: si festeggia il termine del Daf Yomi, il programma di studio che prevede di affrontare l’approfondimento di una pagina del Talmud babilonese ogni giorno. L’idea è nata nel 1923, quando al primo congresso dell’organizzazione religiosa Agudat Israel in Polonia, il rabbino Meir Shapiro propose di adottare questo particolare approccio per incoraggiare il grande pubblico a dedicare quotidianamente del tempo allo studio della Torah e creare un denominatore comune tra studenti di ogni provenienza. Un ciclo dura circa sette anni e mezzo (per 2711 pagine): da allora la Siyum HaShas (festa per aver completato lo studio di un intero testo biblico, affine a una cerimonia di laurea) è stata celebrata 12 volte.
Dopo quasi un secolo infatti, il Daf Yomi rappresenta un successo senza pari. Nel concentrarsi su quello che è il suo punto d’arrivo, non si deve perdere di vista il valore principale del programma: l’idea di portare decine di migliaia di uomini e donne in tutto il mondo con diversi background e diversi livelli di osservanza, a studiare la medesima porzione di testo nel medesimo giorno. Forse uno degli esempi di studio collettivo più potenti di questa epoca. Con dei risvolti pratici non indifferenti: il viaggiatore potrà trovare una lezione e dei compagni di studio partendo da New York e arrivando a Parigi, lasciando Israele per raggiungere Londra, e così via.
Uno stadio è stato scelto anche per la Siyum HaShas che si è tenuta ieri sera a Tel Aviv: il Nokia Arena, capacità 11 mila persone. Una festa che per gli haredim ashkenaziti è stata anche l’occasione di ritrovarsi dopo la scomparsa di rav Yosef Shalom Elyashiv. Le celebrazioni proseguiranno nei prossimi giorni a Gerusalemme, dove già si sono riuniti anche i sefarditi che hanno come punto di riferimento il movimento dello Shas guidato dal rabbino Ovadia Yosef: al Teddy Stadium sono confluti in oltre 25 mila.
Già esauriti da due settimane i biglietti per il MetLife. “Per chi come la gente della mia comunità non va mai allo stadio o al circo, vedere così tante persone a un evento per celebrare la Yiddishkeit (tradizione e cultura ebraica ndr) è davvero commovente” ha spiegato al quotidiano Haaretz Alexander Rapaport, hassid di Borough Park che ricorda bene la sua prima Siyum HaShas a Madison Square Garden, poco prima del Bar Mitzvah, in compagnia di suo padre, anno 1990. Quest’anno parteciperà insieme ai suoi sette fratelli e alle loro spose. Secondo le stime degli organizzatori, allo stadio del New Jersey domani le donne saranno circa il 20 per cento degli spettatori. Tra loro ci sarà Michelle Huttler Silver, Modern Orhodox e fotografa professionista: “Sapere che è possibile riempire non soltanto uno stadio, ma decine di luoghi in tutto il mondo per festeggiare lo studio del Talmud è davvero meraviglioso. È questo a rendere speciale l’evento”.

Rossella Tercatin - Twitter @rtercatinmoked

Londra 2012 - Raisman, Hava Nagila con il fiato sospeso
La ginnasta in gara: l'ansia dei genitori in tribuna”. Così il sito del quotidiano la Repubblica titola il video che mostra i genitori della ginnasta americana Alexandra Raisman, durante la sua performance nelle qualificazioni alle finali di ginnastica artistica targate Londra 2012. Un video che per la sua ilarità ha fatto il giro del web. Mamma e papà Raisman trattengono il fiato, si agitano, mormorano tra sé e sé parole di incoraggiamento alla loro Aly, seguendone con la testa tutti i movimenti. Uno spasso che la stampa ebraica mondiale non si è fatta sfuggire: un minuto e trenta secondi di ansia da genitori dal sapore molto jewish. Alexandra Raisman è uno dei tanti esponenti della International Jewish Hall of Fame che partecipa ai Giochi olimpici. E la preoccupazione dei genitori non è l’unico elemento della tradizione ebraica che la Raisman ha portato con sé: il suo esercizio a corpo libero ha infatti conquistato giudici e pubblico grazie alle coinvolgenti note di Hava Nagila. Un’apoteosi, che ha garantito al capitano della squadra USA l’accesso alla finale All-Around ai danni della sua più accreditata compagna di squadra Jordyn Wieber
Affidabile, tenace, gran lavoratrice, Aly, definita dai media americani “la brava ragazza del Massachusetts” aveva sempre abituato gli estimatori della ginnastica artistica a piazzamenti dietro alle compagne, a una carriera da campionessa dietro le quinte. Stavolta ha davvero stupito tutti e potrà togliersi diverse soddisfazioni. Già oggi pomeriggio scenderà in campo per guidare gli Stati Uniti nella finale a squadre in cui competono le migliori otto nazionali del mondo (per la prima volta nella storia ci sarà anche l’Italia).
Nei prossimi giorni sarà la volta delle competizioni individuali. Sempre al ritmo di Hava Nagila.

pilpul
Lampedusa non è un'isola
Tobia Zevi​Chideria ha tre mesi di vita e viene dalla Nigeria. I suoi occhietti hanno già visto una guerra, una fuga tra le bombe, una traversata in mare con altre quattrocento persone, un quarto delle quali sono morte di fame, di sete o di freddo. I suoi occhietti hanno visto i loro corpi buttati in mare per alleggerire il carico, e hanno già conosciuto il Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa. Chideira adesso è coccolata da tutti, ma le condizioni igieniche del Centro le hanno causato, in pochi giorni, una bronchite, un’infezione agli occhi e una dermatite da punture di insetto. Anche Omar ha soltanto tre mesi, ma arriva dal Darfur. Anche i suoi occhietti hanno già visto una guerra, una fuga precipitosa, trecento persone ammassate su una barca e le risse per rimanere in vita. I suoi occhietti hanno visto suo padre accoltellato e preso a pugni fino a quando un elicottero non ha illuminato a giorno l’imbarcazione e messo fine alla lotta per sopravvivere. Nel Centro va un po’ meglio, se non fosse per quell'operatrice che, dopo essersi offerta di fargli un bagnetto, ha pensato bene di ustionargli la gamba.
I ragazzini non se la passano tanto meglio. Girano con il coltello e con lo spray al peperoncino perché i più grandi li aggrediscono e li derubano; non conoscono quale sia il loro destino e in molti casi non sono neanche stati identificati; ogni giorno mangiano solo pasta al sugo, talmente immangiabile che gli stessi agenti invitano a buttarla per terra. Si cammina sui maccheroni. Del resto questa pasta non è affatto economica: ogni ospite/detenuto costa allo Stato 33 euro al giorno, versati regolarmente a “Lampedusa accoglienza”.
Traggo queste storie dal diario dell’avvocato Alessandra Ballerini, pubblicato in buona parte in “Lampedusa non è un’isola – Rapporto sullo stato dei diritti in Italia” a cura di Luigi Manconi e Stefano Anastasia. Un volume prezioso, che studia il “caso-Lampedusa” come emblema delle contraddizioni e delle ingiustizie italiane in materia di immigrazione. Pensiamo a questi bambini, quando saremo in spiaggia. Pensiamo a quanto sarebbe brutto il mare sull’altro lato dell’isola.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi

notizie flash   rassegna stampa
Israele - Il freepress Israel ha Yom
il giornale più letto nel paese
  Leggi la rassegna

Israel ha-Yom è il giornale più letto in Israele, mentre i suoi rivali diretti (Yediot Ahronot, Maariv e Haaretz) sono costretti a tagliare severamente i costi di produzione per restare a galla. Distribuito gratuitamente in centinaia di migliaia di copie, Israel ha-Yom è finanziato totalmente dall'uomo d’affari statunitense Sheldon Adelson. Secondo una recente indagine di mercato, Israel ha-Yom viene letto dal 38,7 per cento di chi sfoglia un quotidiano in Israele, seguito da Yediot Ahronot (37,6), Maariv (11,9) e Haaretz (7). Nell’edizione del week-end, tuttavia, Yediot Ahronot mantiene ancora il primato (43,4), seguito da Israel ha-Yom (31,3), Maariv (22) e Haaretz (7,9).




 

"E infine ci siamo noi, cittadini democratici e progressisti che, giustamente, scendiamo in piazza per protestare contro la politica di Israele nei territori occupati, ma che al cospetto della carneficina in corso in Siria non organizziamo nemmeno una timida dimostrazione, eccezion fatta per qualche corteo di sparuti gruppi di esuli siriani. Eppure il numero delle vittime non ha uguali in Medio Oriente. Giusto o sbagliato che sia, il messaggio è semplice e chiaro: chiediamo giustizia per gli arabi e protestiamo solo se a massacrarli sono gli occidentali e gli israeliani" (...)

Ugo Volli twitter @UgoVolli

















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