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13 agosto 2012 - 25 Av 5772
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Adolfo Locci, rabbino capo
di Padova

"Voi siete figli per l'Eterno vostro D-o" (Devarim 14:1)

Come il Signore sopporta noi per le nostre mancanze, così un maestro deve essere paziente con i suoi allievi, perché sta insegnando Torah ai figli del Santo Benedetto Egli sia...(Rav Ya'akov Neiman, Darche Musar)


Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Chi da piccolo non ha visto Bambi? Io come tutti, ma senza sapere - ce lo racconta ieri Repubblica - che il film, uscitosettant'anni fa, nel 1942, cioè nel bel mezzo della guerra, fosse tratto da un libro, pubblicato nel 1923, di uno scrittore austriaco ebreo, Felix Salten, emigrato a Zurigo sotto Hitler, amico di Schnitzler, Kraus, Freud. Come opera di un ebreo, il suo libro era stato proibito e dato alle fiamme dai nazisti nel 1936. Quanto al film, anche qui le reazioni dei nazisti furono durissime, perchè fu considerato un'allegoria politica del nazismo e della persecuzione degli ebrei europei. Ma anche negli Stati Uniti, il film, con la terribile scena dell' inseguimento della madre di Bambi da parte dei cacciatori e dei loro cani, su cui tanti bambini hanno pianto, suscitò violente reazioni. Le associazioni dei detentori di armi, preoccupati per le sorti della caccia, chiesero la messa al bando del film o almeno che Disney vi ponesse una premessa favorevole alla caccia, richiesta che per fortuna il grande regista rifiutò.

davar
Sport & valori - Quell'abbraccio che ha unito l'Italia
Ventidue candeline per Mario Balotelli, il grande campione che ha fatto sognare l'Italia del calcio regalando emozioni indimenticabili anche fuori dal campo di gioco. A fianco l'omaggio grafico di Elisa Baldissera che immortala l'abbraccio tra il centravanti azzurro e sua madre adottiva, l'ebrea bresciana Silvia Nostro, sugli spalti del National Stadium di Varsavia dopo la semifinale europea vinta contro la Germania proprio grazie a due straordinarie reti di Supermario.

Appena finite le fatiche di Polonia e Ucraina. Appena somatizzati gioie, trionfi e dolori della massima competizione calcistica d'Europa, Mario Balotelli ha dato un nuovo abbraccio a sua madre. Questa volta lontano dalle telecamere che avevano immortalato la commovente manifestazione d'affetto sugli spalti del National Stadium di Varsavia alcuni istanti prima della semifinale tra Italia e Germania, la partita che ha forse dato una svolta definitiva alla sua carriera. In quelle ore la stampa internazionale celebrava con articoli a nove colonne Balotelli, l'uomo che con il suo ardore agonistico, con la sua potenza e con la sua classe grezza ancora in parte da scoprire ha annichilito i favoritissimi tedeschi regalando la finale agli Azzurri. La parentesi sarebbe stata breve: pochi giorni e si sarebbe infatti tornati al solito circus mediatico. Mario paparazzato in discoteca, Mario che si ubriaca al tavolino seminudo insieme alle cubiste, Mario prossimo alla paternità. C'est la vie.
Ma dicevamo di quell'abbraccio. Un simbolo mediaticamente potente e soprattutto una spontanea dichiarazione d'amore filiale. All'indomani della finalissima Balotelli si è nuovamente gettato tra le braccia di mamma Silvia a Concesio, provincia di Brescia, il paese dove è cresciuto e dove vivono ancora i genitori e due dei suoi tre fratelli. Il campione nero, simbolo della nuova Italia che cresce e affronta le sfide del futuro nel segno della multiculturalità. E Silvia Nostro, la madre adottiva, l'ebrea bresciana che tiene sotto al letto le testimonianze epistolari dei parenti inghiottiti dal vortice della Shoah e mai più tornati a casa. Il peso di quella storia Mario lo ha esternato in tutta la sua drammaticità in occasione della visita della Nazionale ad Auschwitz.
Gli occhi non mentono e quelli di Balotelli esprimevano chiaramente tutto il suo turbamento interiore. “Mario ehad shelanu”, “Mario uno di noi”, titolava non a caso il quotidiano israeliano Yediot Ahronoth in un recente articolo di approfondimento sulle vicende familiari del centravanti del City con particolare attenzione sul suo rapporto tutto speciale con la madre.
Mamma Silvia è la persona che, nel bene e nel male, non lo giudicherà mai e questo suo figlio lo sa bene. È soprattutto la garante della sua privacy. Una promessa cui non viene meno neppure quando la incontriamo all'ingresso della sobria villetta dei Balotelli a Concesio. Un'oasi di tranquillità per il campione. Dietro l'angolo un grande centro commerciale, di fronte i campi dell'oratorio di Sant'Andrea dove nessuno ha dimenticato le sue prodezze precoci (“Amava le acrobazie, preferiva divertirsi e far divertire piuttosto che segnare” dice il signor Giovanni, giardiniere in pensione). Intorno molto verde, abitazioni e persone decisamente normali. Non è un luogo per vip e fa sorridere pensare al contrasto tra queste strade di periferia abbastanza noiose che portano all'imbocco della Val Trompia e la frenetica vita inglese a nove zeri di Supermario. Silvia Balotelli è una donna piccola nel fisico ma forte, fortissima nel carattere. E lo dimostra anche in questa circostanza. Non smentisce però quanto uscito sui media e lo stesso accade con i figli Corrado e Giovanni, proprietari di una ditta di consulenza sull'energia solare alle porte di Brescia. L'input è quello di non rilasciare interviste ma il silenzio cordiale e un sorriso tutto sommato complice in questo caso valgono molto più di un'affermazione.
aSono stimati da tutti in paese, i Balotelli. “Persone semplici e molto attente alla discrezione”, spiega una vicina di casa quando l'improvvido cronista si accinge a scattare una foto della loro abitazione. La prova di quanto affermato dalla signora è proprio nella relativa modestia del villino plurifamiliare di via delle Camerate. Tanti altri, nella loro situazione, avrebbero cambiato residenza e stile di vita. Ma non i Balotelli, che continuano a frequentare gli stessi amici e gli stessi luoghi di sempre. Ogni giornata inizia con la colazione nel caffè sulla strada principale di Concesio e molti altri sono gli appuntamenti fissi della loro tranquilla quotidianità. “La signora Silvia è di casa. E quando Mario è a Concesio noi siamo i primi ad accorgercene perchè non manca mai di farci un saluto”, dice Laura, la proprietaria del caffè. Dal parroco al sindaco, dal benzinaio al giornalaio: tutti hanno una buona parola per il centravanti di Prandelli e per chi, dopo averlo preso in affido in tenerissima età, non lo ha mai lasciato da solo fino a quando, emancipatosi a suon di goal e giocate spettacolari, il giovanotto ha spiccato il volo verso il calcio professionistico e verso una nuova definizione del suo mondo senza però per questo dimenticare le origini. È proprio all'oratorio dove Balotelli ha mosso i primi passi da calciatore che incontriamo Lino Fasani e Antonio Abba, rispettivamente presidente e direttore sportivo dell'Unione Sportiva Mompiano. “Era un fenomeno. Lo si vedeva già allora che aveva qualità decisamente superiori alla media – racconta Abba aprendo la stanza dei trofei (sono davvero tanti, chissà in quanti ha messo lo zampino) – e che avrebbe fatto strada nel pallone. Partiva dalla difesa, scartava tutti e andava dritto in porta. Era formidabile, un centravanti nato”. Si parla di calcio ma anche di integrazione e di quello che Balotelli attraverso il suo singolare percorso può rappresentare nella lotta al pregiudizio. E inevitabilmente si parla anche del periodo della sua formazione. Fasani ricorda benissimo di quando Mario e Silvia arrivavano mano nella mano all'oratorio. “Silvia Balotelli – dice – era sempre accanto al suo bambino. Si informava sui suoi progressi in campo ma ad interessarle erano soprattutto le imprese a scuola. Già a quei tempi Mario si distingueva per una certa vivacità e la grande paura di sua madre era che il rendimento in classe potesse risentirne. Era spaventata dall'idea che potesse sfondare nel calcio perché l'ambiente professionistico non la convinceva affatto”. Giovanni Valenti, primo allenatore di Balotelli al Mompiano, oggi mister dei Pulcini 2001 al Milan, conferma questo approccio con un aneddoto curioso: consapevole dello straordinario talento del figlio, la signora Balotelli aveva addirittura paventato la possibilità di farlo iscrivere in una squadra di pallacanestro per allontanarlo dalle numerose società che già gli ronzavano intorno. Una forma di protezione materna che stride con l'idea che si ha spesso di genitori famelici che proiettano sui figli aspirazioni di successo, soldi e benessere da raggiungere attraverso la bravura dei propri pargoli. “Rimasi senza parole – dice Giovanni – poi fortunatamente cambiò idea. Ma ancora oggi si aspetta che Mario le dia soddisfazioni nella vita e non tanto sul campo. Già da piccolo era un concentrato di energie e i suoi genitori lo iscrivevano a tante attività per farlo stancare. Non c'è mai riuscito nessuno”. Al bar dell'oratorio Paola e la Nucci, storiche figure del posto, si commuovono ripensando a quello scatenato ragazzino che veniva spesso a fare rifornimento al bancone. Il pit stop prevedeva come carburante ghiaccioli e cioccolatini. “Era golosissimo”, spiegano. E anche loro ci regalano un affresco decisamente diverso rispetto a quello che si è portati a pensare sulla vita privata del Balo. “Macchè arrogante, macchè prepotente – spiega Paola – È una persona squisita che si dà molto da fare nel sociale così come i suoi fratelli. Ho un nipote con delle disabilità e lui è stato tra i primi a occuparsene. È un ragazzo d'oro e questo bisogna che si sappia in giro perché non viene detto abbastanza”. Per ulteriori delucidazioni chiedere a Francesco Gnutti, titolare del bar Maclan, dove alle pareti abbondano i gadget e le magliette di Balotelli e dove le sue imprese sono quotidiano argomento di discussione assieme alle partite della Beneamata (il locale è sede di un Inter club) e alle gare di ciclismo. “I giornali possono scrivere quello che voglioni e talvolta è anche colpa sua che dà loro spago – spiega – ma Mario rimane sempre un grande. Un bravissimo figliolo cresciuto con valori importanti che qua da noi sarà sempre benvoluto”. E chissà se un giorno, all'ingresso di Concesio, accanto alla targa che ricorda che in quei luoghi nacque un pontefice, un onore simile sarà riservato a quel bresciano d'adozione che magari avrà meno santi in paradiso di Paolo VI, ma che in quanto a consenso popolare sembra oggi non temere rivali.

Adam Smulevich (Pagine Ebraiche agosto 2012) - twitter @asmulevichmoked

Drake, il provocatore che gioca sul filo dell'identità
Era la notte nella quale l'Italia si era rinfrancata, la notte nella quale Balotelli aveva assestato due goal che facevano brillare gli occhi perfino alle disinteressate di pallone. I due Mario si contendevano lo scettro di regnante d'Italia. Durante il post partita i giornalisti si avventano sull'eroe nazionale e cercano di strappargli sorrisi, terminano con una domanda per curiosi: "Mario ma cosa ascolti sempre nelle tue cuffie?" "Drake". Silenzio tombale, nessuno sa chi sia questo Drake e tutto passa in sordina. Mario Balotelli, il byronic hero del nostro secolo: alto, nobile, scanzonato, dal passato difficile ed eternamente latin lover (ha già iniziato a diffondere la sua prole), è stato l'argomento scottante dell'ultimo numero di Pagine ebraiche di agosto nel dossier speciale sul mondo dello sport. Ma quel Drake ignorato ai più chi è? Quello che spande le sue note nelle orecchie del calciatore e di milioni di ragazzini americani. Aubrey Drake Graham, classe 1986 di casa a Ontario, Canada. Padre afroamericano, madre ebrea. Prima attore nella serie Degrassi poi la consacrazione nel mondo dell'hip hop con singoli di successo come Best I Ever Had. Annovera collaborazioni con Rihanna, Mary J. Blige e Stevie Wonder. Una carriera in ascesa, una marea di fan che si compiacciono nell'aver trovato finalmente un rapper jewish edition. A questo punto manca solo una piccola provocazione. Che il vecchio Drake non si fa mancare. Nel video della canzone HYFR, il cantante decide di riproporre scene del suo bar mitzvah facendo un mash up piuttosto stonato con l'immaginario comune dei video rapper. Ecco quindi kippoth che si mescolano a signorine discinte. La risposta non tarda ad arrivare e la stampa ebraica americana si scatena. Sul The Canadian Jewish news si legge "Grazie alla star dell'hip hop Drake ci sono più occhi concentrati sul tempio Israel’s bimah che durante le festività". "Può aiutare gli ebrei a riavvicinarsi alla religione" fa eco il presidente della sinagoga Ben Kuehne, ma non convince. Dopo aver visto il video completo però fa un passo indietro: "Il video non si sposa certo con la storia e la reputazione del Tempio Israel". Drake dal canto suo aggiunge: "Sono cresciuto da ebreo e ho frequentato la scuola ebraica e nessuno capiva cosa significava essere ebreo e di colore". Il rapper ebreo Y-love ha spiegato come il ritrovato e proclamato rapporto di Drake con l'ebraismo porterà molti bambini a vedere la religione con occhi diversi. Sull'Huffington post il rabbino Daniel Brenner inizia scherzando: "Questo è il video del bar mitzvah più visto della storia". La domanda però è la seguente: "Come dobbiamo reagire di fronte a un video ambientato in sinagoga che mescola alcol, donne dalla sessualità aggressiva e jet privati? (...) Ho la sensazione che questo video possa essere un tentativo di trovare una definizione  della sua doppia identità, ho chiesto a mio figlio un commento e lui ha detto che sembra stia guardando al suo passato e raccontando il suo essere orgoglioso del suo ebraismo, vuole mostrare chi è veramente". Mario Balotelli, Drake, due ragazzacci che incespicando tra scandali e vittorie si barcamenano tra tante identità.

Rachel Silvera - twitter
@RachelSilvera2

pilpul
In cornice - Su due gambe
daniele liberanomeIl Padiglione di Arte Contemporanea, uno degli spazi pubblici più prestigiosi di Milano, dedica una mostra personale a Elad Lassry, trentacinquenne israeliano che vive negli Stati Uniti. Chi non ha voglia di dedicare qualche minuto di attenzione a ciascuna sua opera, ne uscirà con la sensazione di aver perso il proprio tempo, di aver visto un altro artista contemporaneo incomprensibile, o che le sue fotografie poteva scattarle chiunque. In questo caso cadrebbe nella trappola che gli ha teso l'artista: le sue immagini apparentemente ovvie, ma, a ben guardare, sono assurde. Il fenicottero appoggiato su un tavolo pare non aver niente da dire, se non fosse che poggia su due zampe e non su una come al solito, i riflessi dei gioielli-ciliegia nello specchio non sono affatto congruenti, la mano di uno dei tre fotomodelli fotografati è fuori dimensione e viene dal nulla. Lassry presenta immagini che ci paiono ovvie perché ripropongono lo stesso format e gli stessi soggetti che vediamo in pubblicità: ed è proprio il fatto che abbiamo bisogno di qualche minuto per accorgerci che sono ingannevoli, dimostra quanto siamo abituati a guardare e accettare le immagini senza nessuna analisi critica. Spesso si dice che l'arte contemporanea è difficile da capire; secondo Lassry- e non solo lui- il problema è invece che siamo abituati a guardare il mondo che ci circonda senza spirito critico e senza attenzione, e invece l'arte contemporanea richiede ambedue.


Daniele Liberanome, critico d'arte

notizie flash   rassegna stampa
Calcio - L'Hapoel prepara
lo storico assalto alla Champions
  Leggi la rassegna

Cresce l'attesa per il match che di andata che tra una settimana opporrà i campioni di Israele dell'Hapoel Kiryat Shmona ai bielorussi del Bate Borisov nell'ultimo turno preliminare di Champion's League. Un'occasione forse irripetibile per la matricola terribile del calcio israeliano che punta alla prima storica qualificazione tra i big del pallone preparandosi anche spiritualmente alla difficile sfida di Minsk (Nell'immagine alcuni giocatori dell'Hapoel in visita al Muro del Pianto mentre esibiscono il titolo vinto a sorpresa in primavera).
 

Nella pigrizia (nostra, non altrui) di metà agosto non campeggiano notizie tali da sollecitare l’attenzione collettiva oltre il livello di guardia. Va da sé che il Mediterraneo, con quanto è avvenenuto dal tardo autunno di due anni fa ad oggi, rimanga un’area assai poco serena. In Medio Oriente campeggia il confronto tra il presidente Moahammed Morsi e l’uomo forte dell’esercito, il feldmaresciallo (la carica parrebbe quasi ridicola se non fosse per il fatto che è ricoperta da un settantaseienne immarcescibile,  personaggio da sempre di potere) Hussein Tantawi, comandante delle forze armate e ministro della Difesa fino a quarantotto ore fa(...)
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Claudio Vercelli





















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