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24 ottobre
2012 - 8 Cheswan 5773 |
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David
Sciunnach,
rabbino
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“… E
lo benedisse dicendo: Sia benedetto Avràm dal Signore Eccelso padrone
del cielo e della terra” (Bereshìt 14, 19). Nel verso precedente a
questo ed in quello successivo, la Torah narra dell’incontro tra Avràm
e Malkitzèdek re di Shalèm e sacerdote del Signore Eccelso. Il grande
Rabbì Chayìm ben ‘Attar, conosciuto come ‘Or ha-Chayìm ha-Kadosh, si
domanda quale fosse la benedizione che Avràm ricevette da Malkitzèdek.
Egli spiega che la benedizione è nascosta nelle parole del verso
stesso. E cioè che per mezzo di Avràm l’umanità riconoscerà il Signore
Eccelso come padrone e creatore del cielo e della terra.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Il tema della
violenza sulle donne è certamente un indicatore imprescindibile per
valutare quanto una società abbia fatto i conti con le universali
pulsioni di gerarchia e di possesso. In questo senso, come spesso si
sente dire, è indice del grado di civiltà di un Paese. Le cronache, non
solo italiane, degli ultimi tempi non sono certo incoraggianti e fanno
pensare come un sistema democratico non offra, di per sé, gli anticorpi
necessari per arginare il fenomeno, che pare piuttosto ripresentarsi
sotto nuove ed ambigue spoglie. A tutto ciò, oggi, si aggiungono
elementi squisitamente politici: una recente ricerca mostra come
l’ascesa dell’estrema destra europea (si parla di Alba d’orata o dello
Jobbik) stia riproponendo una cultura di subalternità della donna, che
è l’anticamera dei peggiori abusi. Un ulteriore segno del processo
involutivo che stiamo vivendo.
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Gattegna: "I nuovi squadrismi minacciano la scuola"
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Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
Le reiterate azioni vandaliche compiute da studenti
di estrema destra in alcune scuole di Roma sono un inquietante
campanello d'allarme che non deve essere sottovalutato.
Questi episodi, esecrabili di per sé, testimoniano infatti il tentativo
di ricostituzione di gruppi protagonisti, anche in passato, di
inaccettabili comportamenti violenti.
È stato deliberatamente colpito il mondo della scuola, il luogo più di
ogni altro deputato alla formazione e alla maturazione di una
consapevolezza civile e democratica nei giovani. Valori, questi ultimi,
da tutelare per contrastare ogni ideologia discriminatoria e razzista.
Confidiamo nell'impegno di tutti, forze dell'ordine, dirigenti
scolastici, testimoni oculari, affinché i responsabili possano essere
individuati e chiamati a rispondere delle loro azioni.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Qui Milano – In Comunità il sindaco Giuliano Pisapia
“Per il bene della città, grazie di essere voi stessi”
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Oggi
sono felice di essere in questa scuola, in questa comunità, per
ringraziare tutti voi per quello che siete e che fate, per il
contributo che date alla città come portatori di cultura e tradizione,
di essere voi stessi”. Si è aperta con queste parole la visita del
sindaco Giuliano Pisapia alla Comunità ebraica di Milano e alla sua
scuola. Una visita lunga e ricca di momenti di incontro e riflessione,
in cui il primo cittadino, accompagnato dall’assessore alle politiche
sociali Pierfrancesco Majorino e dal consigliere comunale e presidente
della Commissione Expo Ruggero Gabbai, ha avuto la possibilità di
toccare con mano alcuni punti nevralgici della vita comunitaria: la
scuola, la Residenza anziani, le nuove infrastrutture che hanno
potenziato la sicurezza intorno all’istituto.
Accolto tra gli altri dal presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi, da diversi
esponenti del Consiglio, tra cui l’assessore alla scuola Daniele
Schwarz e il responsabile rapporti istituzionali Daniele Nahum, oltre
che dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Roberto Jarach e dal rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, Pisapia ha
ripercorso le tappe del suo recente viaggio in Israele e nei Territori
palestinesi insieme ai ragazzi del liceo, dopo aver sottolineato
l’importanza della comunità ebraica nel tessuto cittadino “Sono state
giornate intense, in cui sono rimasto molto colpito dall’attenzione che
Israele riserva a Milano e dal suo impegno per Expo che sarà per noi
fondamentale dati i temi cui la rassegna è dedicata, alimentazione e
energie rinnovabili”. Il primo
cittadino non si è tirato indietro davanti alle domande degli studenti,
che hanno spaziato dalla situazione delle piste ciclabili in città alla
questione israelo-palestinese. L’incontro in aula magna è stato
occasione anche per offrire un riconoscimento a una delle educatrici
della scuola dell’infanzia Francesca Fallati, che è stata infatti la
prima a soccorrere la bimba di 18 mesi figlia della coppia assassinata
nel duplice omicidio di via Muratori.
La visita è poi proseguita in alcune classi della scuola elementare,
dove Pisapia si è soffermato con i bambini della prima, per concludersi
infine alla Residenza anziani.
Al momento dei saluti, il presidente della Comunità e il sindaco si
sono lasciati con una promessa: organizzare nei prossimi mesi un
festival della cultura ebraica per la città, perché l’ebraismo milanese
possa confermare ancora una volta il proprio ruolo di punto di
riferimento in una Milano sempre più multietnica e rilevante sul piano
internazionale.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Qui Roma - Amarcord fra sport e amicizia
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Splendida serata di amarcord, ieri, in un ristorante kasher di Roma.
Per volere di personaggi che hanno fatto la storia dello sport ebraico
romano, una quarantina di ex giovani atleti, si sono rivisti ieri sera,
per parlare di episodi che si perdono nella notte dei tempi, davanti ad
un fritto o a delle fettuccine fumanti.
Lo spunto, lo straordinario e storico pareggio strappato alla Nazionale
israeliana di calcio a una Maccabiade, con gli stessi protagonisti di
allora. Maccabi, Zim, Haganà, El Al, la Stella Azzurra,tutte ben
rappresentate. Mario Papà, Nicchio, Franco e Sergio Birbillone,
l'ossatura dello storico Maccabi di metà anni '60, a cena, al tavolo
insieme con i "nemici" della Zim, Gianni Ascoli, Sergio Marino, Benigno.
I vincitori di mille battaglie in Coppa dell'Amicizia, Pacifichetto o
Gabriellino, Vittoriuccio Sonnino, sommessamente il sottoscritto, due
mostri sacri come Burone e Leo Barone.
Smaltino, Bibione, Rebi, Robertino, Leonello, il Gemello di Zio Ninone,
Omo Piccolo e il Condor. II grande Cesare Di Veroli, giocatore prima e
magico Mister dei primi Maccabi giovanili.
Chiedo scusa se dimentico qualcuno, ognuno di loro importante e imprescindibile.
Certo la malinconia montava forte, ieri sera, il tempo passa
inesorabilmente per tutti, ma bastava una battuta, raccontare un
episodio curioso, nascosto nei meandri della nostra mente, per
rispolverare ed animare quello spirito di gioia e di magia che la
serata stava trasmettendo.
Lo sport, il calcio, compie sempre il miracolo.
Anche dopo 40 anni, anche se stati acerrimi nemici in campo, quando ci
si rivede, si incontra un indimenticato fratello, una parte di noi
stessi e qualche lacrimuccia parte.
Vittorio Pavoncello, consigliere UCEI
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Ticketless - I grilli di Mom
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Sui
treni regionali, d’estate, quando fa, come quest’anno, molto caldo,
mettendo fuori dalle testa dal finestrino si capiscono molte cose del
“patriottismo” ebraico-italiano. Fra Bologna e Ferrara l’odore del
fieno, che dà il titolo a un libro di Giorgio Bassani; fra Milano e Torino il
pensiero corre naturalmente alle “montagne brune” di Levi nel capitolo
su Ulisse. In viaggio con me quest’estate mi sono portato il decimo
Contributo di Arnaldo Momigliano, uscito postumo dalle consuete
Edizioni di Storia e Letteratura. A un certo punto si legge: “Per me
che porto dal mio villaggio piemontese un bisogno insaziabile di colli
e di alberi e di grilli”. Lo speciale
patriottismo ebraico-italiano è tutto qui. E’ l’attaccamento al
paesaggio, prima che alla nazione. Non la lontananza da dove, ma la
vicinanza a qualcosa, anche un bisogno insaziabile del canto dei
grilli.Il Ticketless di questa settimana è dedicato dunque alla cara memoria di Mom.
Alberto Cavaglion
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La testimone Elsa Morante
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Non
mi pare che sia stata adeguatamente celebrata, quest’anno, la
ricorrenza del centenario della nascita di Elsa Morante: scrittrice, a
mio avviso, tra le più grandi di tutti i tempi, straordinaria testimone
letteraria della tragedia della guerra e delle sofferenze del popolo
ebraico (a cui apparteneva per parte materna, in quanto figlia naturale
della maestra ebrea Irma Poggibonsi), una tra le pochissime voci a
essere riuscita a coniugare mirabilmente il magistero della creazione
narrativa con la responsabilità dell’insegnamento etico. Insegnamento
duro, di pietra, privo di sbocchi (come quello, per esempio, di Elie
Wiesel) sul piano della fede, quantunque ferita e lacerata, o (come per
Primo Levi) sul terreno della missione educativa e pedagogica, della
fiducia, nonostante tutto, nell’umana ragione. Un insegnamento chiuso,
sigillato, la cui moralità pare risiedere in null’altro all’infuori
della pura rappresentazione del dolore. Il dolore degli ultimi, degli
sconfitti, dei diseredati, di tutti coloro che la Storia, nel suo
flusso crudele, schiaccia e travolge, senza lasciare traccia, segno,
memoria. Un dolore che non sarà mai consolato, riscattato, vendicato e,
forse, non chiede neanche di essere ricordato. Tanto, a che serve? Solo
l’oblio cancellerà il dolore, per lasciare posto a nuovo dolore.
Vale la pena, credo, a distanza di 38 anni dalla pubblicazione del
capolavoro della scrittrice, il romanzo La Storia, interrogarsi sulla
feroce accoglienza che ad esso riservò buona parte del mondo
intellettuale dell’epoca, dedicando al libro – pur accolto da un
gradissimo successo di pubblico: anzi, forse proprio in ragione di tale
successo – un’impressionante serie di stroncature, volte a demolirlo
non solo sul piano narrativo (sdolcinato, sentimentale, retorico…) ma
anche, e soprattutto, politico (borghese, reazionario,
“antiresistenziale”…: all’epoca non si parlava ancora di
‘revisionismo’, ma il senso era quello). Senza addentraci su un terreno
che non ci compete, osserviamo solo, sul primo punto, che le critiche
appaiono ingiustificate, ma ben comprensibili, dal momento che la
rappresentazione che la Morante fa del dolore è talmente vera, talmente
cruda, che il lettore – e soprattutto il critico – si vede costretto
parteciparvi emotivamente, o a vergognarsi – inconsciamente – per il
proprio rifiuto a farlo. E questo, naturalmente, può mettere in
imbarazzo. Quanto al secondo punto (ossia le censure ‘politiche’),
credo che il carattere scandaloso del libro sia consistito
semplicemente nella scelta dell’ambientazione cronologica del racconto,
che va, com’è noto, dal gennaio 1941 al giugno 1947, attraversando
l’ultimo periodo della guerra, la cacciata degli invasori, i primi mesi
di libertà. Ma in questo breve lasso di tempo, che in tutti i libri di
storia del mondo è segnato da una frattura radicale, da un assoluto
spartiacque tra un ‘prima’ e un ‘dopo’, mentre la grande Storia dei
libri registra la Grande Svolta, la piccola storia dei protagonisti del
romanzo, uomini e animali (nessuno, come la Morante, ha dato alle
bestie un’anima, una ‘personalità’) continua a consumarsi nel segno
della sconfitta, dell’irrimediabile solitudine delle creature viventi.
Poteva, tale visione, non essere vista come un attentato al mito della
Resistenza, della Liberazione, del Nuovo Inizio? Eppure, nessuno come
la Morante ha capito, e descritto, l’orrore del nazifascismo. Ma la sua
conoscenza dell’animo umano le ha fatto capire come il dolore
attraversi la vittoria come la sconfitta, e come il destino dei viventi
non possa essere espresso attraverso alcun sentimento, se non quello
della pietà. E la sua conoscenza della storia le ha fatto esprimere una
dura verità, che sarebbe poi stata ripetuta anche da Primo Levi: “la
guerra è sempre”. Non conosce fine, ma, a volte, soltanto una “tregua”.
Francesco
Lucrezi, storico
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Da Gaza razzi nel sud d'Israele
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Leggi la rassegna |
Tre feriti, di cui due in condizione gravi, e diverse abitazioni
danneggiate. E' questo il bilancio dei razzi sparati in mattinata da
Gaza verso la regione di Eshkol nel sud d'Israele. L'attacco è stato
rivendicato dal braccio armato di Hamas.
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