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 21 novembre 2012 - 7 Kisler 5773
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moked è il portale dell'ebraismo italiano
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david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


“Ecco, una scala era poggiata a terra mentre la sua cima giungeva al cielo…” (Bereshìt 28, 13) I Maestri commentano questi versi paragonando la scala sognata da Yakòv all’uomo: se un uomo si sente piccolo ed umile, quindi “posato in terra”, allora “la sua cima giungerà in cielo” egli sarà veramente grande agli occhi del cielo. Così come è scritto nello Zohar: “colui che è piccolo è un grande” ed egli meriterà ciò che è scritto nel verso seguente: “Ed ecco che il Signore è sopra lui” cioè che la Shechinà - la presenza di Dio, si poserà su di lui.

 Davide 
Assael,
ricercatore



davide Assael
Riguardo la già etichettata “seconda guerra di Gaza”, mi pare, questa volta, che i commenti del giornalismo italiano siano un po’ più realistici, a cominciare dal riconoscimento che la differenza del numero dei morti (se questo argomento ha un senso) dipenda dal fatto che Israele protegge i propri civili con un sistema di difesa all’avanguardia, fatto di missili anti-missili e di puntualissime allerte, mentre dall’altra parte la popolazione è utilizzata (forse, per strategia obbligata) come scudo delle rampe missilistiche. Ho, invece, meno apprezzato le analisi politiche, che spesso riflettono enorme disillusione per il futuro, trascinati dalla consuetudine del passato. C’è stato, poi, chi ha addirittura esteso il conflitto, parlando (Caracciolo) di un problema ebraico/islamico, che, se esiste, non esiste in misura maggiore di quello ebraico/cristiano o ebraico/buddista. Davvero, non si comprende questa indebita estensione dal politico al religioso, non foss’altro perché le cronache più recenti ci parlano di iniziative comuni: in Francia, Comunità Islamica, Ebraica e Cristiana si sono trovate unite nel contrasto al disegno di legge sulle nozze gay proposto dall’amministrazione Hollande.

davar
"Israele esempio di civiltà e progresso"
Annunciando la propria presenza alla manifestazione a favore della corretta informazione nei confronti di Israele e del conflitto mediorientale, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:

L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aderisce alla maratona oratoria "Per la Verità, per Israele" in programma domani pomeriggio a piazza Montecitorio. Noi tutti, uniti e determinati, abbiamo il compito di rendere chiaro a ognuno che Israele è il fulgido esempio di uno Stato che pur costretto a combattere per affermare il proprio diritto a esistere non ha mai rinunciato né al rispetto dei diritti umani, né alla civiltà e al progresso civile e sociale, né alla libertà e alla democrazia, né a percorrere tutte le strade possibili per arrivare a una pace stabile e sicura.


In tutta Italia la solidarietà a Israele
Camminano per strada con indifferenza. Poi, a un segnale preciso, tirano fuori striscioni e bandiere biancoazzurre. Si stringono tutti insieme, si dispongono a chet (la lettera ebraica che simboleggia la parola chai, vita, con una forma analoga a quella di ferro di cavallo). E intonano l’Hatikvah, l’inno israeliano alla speranza, con la voce piena di emozione per testimoniare la vicinanza allo Stato d’Israele colpito dai razzi.
La scena si è ripetuta ieri a Roma, Torino, Firenze, oggi a Milano, dopo che era appena arrivata la notizia dell’autobus colpito da un attentato nel cuore di Tel Aviv. Quando l’ultima nota si è spenta, le persone sono tornate a passeggiare come se nulla fosse successo.
Sono arrivati tanti giovani in via dei Mercanti a Milano, per il flash mob all’ombra del Duomo, dopo che ieri le bandiere di Israele aveva sventolato anche sotto il Colosseo, l’Arco di Tito, la cupola di Giotto. C’erano anche il presidente e il portavoce della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi e Daniele Nahum, che ha organizzato l'evento.
 “Israele deve difendere i propri cittadini da attentati terroristici contro una popolazione inerme. Non ha scelta. Cosa farebbe l’Italia se missili si abbattessero su Milano? E’ ciò che accade laggiù” le parole di Meghnagi, mentre Nahum ha messo in luce il poco equilibrio dei media italiani nel raccontare il conflitto.
La Comunità di Milano si ritroverà nuovamente alla Sinagoga centrale domani sera, alle 19, stringendosi in una preghiera per Eretz Israel.

UCEI - Prosegue il lavoro delle Commissioni
Prosegue intensamente il lavoro delle Commissioni individuate dal Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per svolgere un'essenziale funzione di supporto ai nove componenti di Giunta. Un impegno, coordinato dal consigliere e osservatore permanente di Giunta Anselmo Calò, che procede nel segno di una sempre più avanzata definizione degli assetti. Quattro, ad oggi, le commissioni che hanno scelto a quali figure affidare il coordinamento delle proprie attività interne. La Commissione Statuto, Regolamenti, Affari Legali (Barbara Pontecorvo e Giorgio Sacerdoti), la Commissione Scuola, Educazione, Giovani (Daniela Pavoncello), la Commissione Antisemitismo e Memoria (Liliana Picciotto) e la Commissione Affari Sociali, Famiglia, Ebrei lontani (Giorgio Mortara). Oggi è in programma a Roma la riunione della Commissione Aliyah, mentre nei prossimi giorni, a Firenze, si riuniranno le Commissioni Bilancio e Otto per Mille e Supporto alle Comunità e Meridione, e ancora, a Milano, la Commissione Culto. In fase di programmazione infine l'incontro riservato ai consiglieri coinvolti nelle attività delle Commissioni Beni Culturali e Cultura.

Qui Roma - Il Medio Oriente e la sinistra
“Ritengo che il rapporto tra sinistra e Israele si stia sviluppando in una fase nuova. Non sento di grande attualità, nel mondo che conosco io, il tema della ragione e dei torti, o di chi comincia prima o ancora della contabilità dei morti. C'è molta insofferenza per la situazione nel suo complesso. È l'ora di dire basta”. Ad affermarlo il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, tra gli ospiti più attesi dell'incontro svoltosi ieri pomeriggio al Pitigliani di Roma su impulso dell'associazione di cultura ebraica Hans Jonas e in occasione della presentazione del volume 'Israele e la sinistra' di Matteo Di Figlia.
Numerosi gli spunti emersi nel corso del dibattito, moderato da Tobia Zevi, che ha visto protagonisti, oltre a Bersani e Di Figlia, il presidente di Rcs libri Paolo Mieli, il responsabile sicurezza del Pd Emanuele Fiano e il presidente delle Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
“Nel libro di Matteo ho trovato uno spaccato della mia storia e del mio impegno nelle istituzioni. Credo – ha spiegato Fiano – che esista uno specifico contributo ebraico alla politica e che questo contributo sia individuabile in una particolare sensibilità che noi ebrei abbiamo verso determinate tematiche. Parlo da antifascista, da figlio della Shoah, da cittadino democratico che vede nella sinistra, una sinistra scevra da approcci ideologici, l'unica strada per costruire un futuro migliore”.
Molti però anche i nodi irrisolti. Tra i punti toccati da Pacifici la forte contrapposizione, di queste ultime ore, con il leader di Sinistra Ecologia e Libertà Nichi Vendola, schieratosi contro l'intervento israeliano a Gaza in modo netto e perentorio. “Vendola ci ha tradito”, è l'accusa lanciata dal palco del Pitigliani e prima ancora sulle colonne del Messaggero attraverso una lettera aperta che ha avuto grande impatto sui media. “Caro Nichi – afferma Pacifici – dov'eri quando i bambini venivano uccisi in Siria? Perché non hai parlato? Siamo stanchi di essere manipolati da politici che ci utilizzano a loro comodo. È questo il rimprovero che faccio ad alcune espressioni della sinistra”.
Un rimprovero condiviso da Mieli. Tre, racconta, sono i numeri su cui vale la pena riflettere. Il primo di questi è cinque: cinque come le vittime della strage di Itamar – padre, madre e tre figli. Una pagina orribile del conflitto israelo-palestinese che una certa stampa, commenta lo storico, ha raccontato in modo scorretto e fuorviante: “Abbiamo letto di cinque coloni uccisi e non di cinque vite innocenti spezzate”, la sua denuncia. Il secondo numero è diciannove: diciannove come gli anni trascorsi dal 1948 al 1967, un lasso di tempo in cui la parola palestinese “non è mai esistita”. Conclude la carrellata il numero cento. “Cento per cento, il plebiscito di condanne che ogni volta colpisce Israele da sinistra. Mai che ci fosse uno, non ebreo, che per qualche ragione gli dà ragione una volta ogni tanto”.
Domani, a Milano, una nuova presentazione dell'opera di De Figlia. Appuntamento alle 21 al Cam Garibaldi con, tra gli altri, David Bidussa, Peppino Caldarola e Gabriele Eschenazi. Sarà presente l'autore.

a.s. twitter @asmulevichmoked

Qui Milano - JCall di fronte al conflitto
Tregua sì, tregua no. Le notizie che arrivano da Israele, le vittime civili, il diluvio di razzi sparati sulle città dello Stato ebraico, l’azione militare su Gaza, hanno reso ancora più attuale il primo incontro organizzato a Milano dagli esponenti italiani di JCall, che si presenta come un “movimento di opinione ebraico impegnato nel sostegno al negoziato fra israeliani e palestinesi fondato sul principio due popoli-due Stati”. Tantissima la gente accorsa alla Casa della Cultura per l’evento La sicurezza di Israele: quale ruolo per l'Ebraismo europeo. A tratti molto teso il clima del dibattito, soprattutto a causa della presenza di un piccolo gruppo di esponenti dei movimenti di boicottaggio contro Israele, protagonisti di diversi interventi di contestazione. Ad ascoltare le parole del segretario generale di JCall-Europa David Chemla, del coordinatore di JCall Italia David Calef, del giornalista Gad Lerner e di Stefano Levi Della Torre, scrittore e pittore, moderati dal giornalista e consigliere della Comunità ebraica Stefano Jesurum, sono accorsi numerosi ebrei milanesi, incluso il vicepresidente della Comunità Daniele Cohen. Non è invece potuto intervenire per rimanere accanto alla sua famiglia Shaul Arieli, ex comandante di brigata dell’esercito israeliano nella striscia di Gaza, e co-promotore degli Accordi di Ginevra del 2003. Numerosi i punti cardine in comune tra i vari relatori: prima di tutto la costante preoccupazione degli ebrei della Diaspora per lo Stato di Israele dal 1948 in avanti, condivisa dai firmatari dell’Appello alla ragione con cui nacque JCall nel 2010. I quali tuttavia disapprovano quello che definiscono il sostegno “incondizionato” della maggior parte dell’ebraismo europeo alle politiche del governo israeliano (duri ieri sera nei confrontidell’attuale primo ministro Netanyahu), rigettando allo stesso tempo qualsiasi critica diretta alla delegittimazione dello Stato ebraico in quanto tale e battendosi per un dialogo basato sul riconoscimento del presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen come interlocutore e del congelamento degli insediamenti israeliani. Diverse le sfumature con cui gli ospiti hanno interpretato le linee generali, in una maniera che ha spesso suscitato la perplessità di molti presenti in sala, manifestata da diffusi mormorii. “Nell’ebraismo europeo oggi sembra non esserci spazio per il dibattito su quale sia la strategia migliore per arrivare alla soluzione del conflitto basata sul riconoscimento dei diritti delle persone vicine - ha esordito David Calef di JCall Italia – Noi di JCall amiamo Israele, ma a volte dissentiamo dalle sue politiche. Esprimiamo preoccupazione per la sua delegittimazione, ma anche per gli insediamenti. Siamo del parere che senzaaffrontare il nodo degli insediamenti la situazione non si possa sbloccare. E riteniamo grave che non venga riconosciuta e rafforzata la posizione di AbuMazen come interlocutore per la pace”. “Disse una volta lo scrittore Amos Oz ‘Aiutateci a divorziare’. JCall risponde proprio a questo – ha sottolineato David Chemla – Ecco perché noi siamo per una soluzione basata su due Stati e non per un unico stato binazionale, che ci sembra allo stato attuale, fuori dalla realtà. Per noi che siamo qui e non subiamo il conflitto sulla nostra pelle è importante rimanere lucidi e lavorare dall’esterno per rafforzare la posizione dei moderati”. Di “stati d’animo” ha voluto parlare invece Lerner, innanzitutto del suo stato d’animo nel vedere i titoli dei giornali degli scorsi giorni sulle “stragi di bambini”: “Devo confessare che il mio primo pensiero, è stato domandarmi perché titoli simili non sono apparsi in riferimento alla Siria, o anche ai 50 bambini morti in Egitto nell’incidente fra un treno e un pullman negli scorsi giorni. Un pensiero che ho scacciato perché è un problema di moralità: quando è Tzahal a fare questi morti, fa dieci volte più male, non soltanto perché uno Stato che ha a disposizione una superiorità tecnologica e militare ha anche una responsabilità superiore, ma anche perché se si sceglie come risposta la tecnica delle uccisioni mirate, che violano qualsiasi diritto internazionale, ci si mette sullo stesso piano di coloro che lanciano i razzi”. Preoccupato per l’inerzia della politica in Israele, non solo nei confronti della questione palestinese, ma anche delle Primavere arabe, si è detto Stefano Levi Della Torre, che ha aggiunto “In questo momento Hamas è stato riconosciuto come interlocutore per una tregua da Netanyahu, mentre i tentativi di Abu Mazen vengono messi all’angolo. Pensiamo che questo sia pericoloso per il futuro di Israele, che già nel 2006 quando si ritirò da Gaza non coinvolse e corresponsabilizzò la controparte, trasformando l’evento in una vittoria per Hamas. Hamas che oggi spende soldi in missili iraniani e non per esempio in rifugi antiaerei per la popolazione. È necessario riprendere il dialogo per la creazione di uno Stato palestinese perché altrimenti Israele non potrà, negli anni a venire, mantenersi uno Stato allo stesso tempo ebraico e democratico”. 

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Milano - Ugei, giovani da coinvolgere
Dopo il primo positivo appuntamento primaverile di RashiSushi, l’iniziativa dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia in collaborazione con Efes2, è risultato chiaro che per rendere una lezione di Torah un evento da non perdere per un numero considerevole di giovani basta condirla con un po’ di salsa di soia. Nella serata di ieri a Milano, la lezione di Torah di rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha però significato anche qualcosa di più. L’argomento scelto, quello dei rapporti di coppia e della creazione e del mantenimento di famiglie ebraiche, ha infatti inserito a tutti gli effetti anche i giovani nel dibattito comunitario milanese che ormai da qualche mese si concentra su questa delicata tematica. Dopo aver esaminato attraverso le parole della Torah quali siano le caratteristiche che una coppia deve avere per essere solida e pronta a superare tutte le incertezze della società attuale, il Rav ha espresso la sua preoccupazione per la situazione italiana: “Quando si parla di matrimonio ebraico, non si può non rilevare come oggi tutte le comunità italiane in cui non c’è stato un progetto di costruire famiglie ebraiche stanno scomparendo, e questo è un dato di fatto dal quale non si può scappare”. I vari interventi dei commensali hanno poi spontaneamente portato a sviluppare l’argomento proposto, andando così a toccare alcuni punti a esso strettamente connessi, come quello delle famiglie miste e quello dell’educazione ebraica. Il coinvolgimento e il confronto anche dei giovani milanesi su questi temi sono stati dunque avviati con successo.

Francesca Matalon twitter @MatalonF


pilpul
Ticketless - Il Libro dei Buoni, Savinio e la città del Worbas
Questa settimana niente Ticketless. Una scheda dal Libro dei Buoni. Mi è venuta voglia di proporla, sfogliando il terzo tomo dell’”Atlante della Letteratura Italiana”, appena uscito a cura di Domenico Scarpa (Einaudi). Pesa alcuni chilogrammi, non è una lettura da treno, ma quando sta fermo un viaggiatore che si rispetti deve tenere sempre a portata di mano un atlante. Per la prima volta, in una grande operazione editoriale, il posto che gli ebrei italiani hanno occupato nella storia nazionale fra Otto e Novecento è al centro di diversi contributi nell’Atlante. Adesso tuttavia risulta più chiaro quanto poco si siano curati del “personaggio ebreo” le patrie lettere, tolte rare eccezioni. Tra queste Alberto Savinio. Mi piace oggi associare il ricordo del Savinio ferrarese (“l’ora ebrea”, Isabella Hasson, ma soprattutto “la città del Worbas e del pan massì) alla cara memoria di Paolo Ravenna, scomparso nei giorni scorsi. Wor bas è il motto scritto sui cartigli nella torre dei leoni del Castello Estense. Due parole scritte fra due leoni. L’anima del Worbas pervade, secondo Savinio, il pan pepato e il pan di cedro, dolci ferraresi che si trovano “nella Vignatagliata, nel vicolo Mozzo, in quella via Sabbionara che divenne poi via Mazzini, per riconoscenza alle istituzioni liberali inaugurate dal giovine Regno, che infranse le catene, di cui ancora si scorgono i mozziconi pendenti dai pilastri delle porte di pietra, aprendo il serraglio”, dove gli ebrei di Ferrara “annaspavano rinserrati, tra puzzi d’olii e odor di panazimi”. Assai prima di Bassani, Savinio ha legato per sempre all’ebraismo il paesaggio ferrarese. Ogni volta che mi capiterà in futuro di pensare a Paolo Ravenna, a quanto con tenacia ha fatto per la sua città, mi farà piacere rileggere dal mio Libro dei Buoni la pagina di Savinio in cui si pronuncia l’elogio di quei “dolci metallici, compatti più dei libri di Balzac”.

Alberto Cavaglion

Bambini
Francesco LucreziIl dio Moloch, com’è noto, era una divinità sanguinaria, adorata dai Cananei, che avrebbero usato sacrificare ad essa i propri figli, ardendoli nel fuoco. Il suo ricordo ricorre più volte nella Bibbia, ove, tra i comandamenti sinaitici, figura esplicitamente, nel Deuteronomio (18.10), quello di non fare passare i figli attraverso il fuoco, a imitazione della pratica in uso presso i precedenti abitanti del Paese. Ma la barbara usanza appare attribuita dalle fonti anche a svariate altre popolazioni antiche, come, per esempio, i Cartaginesi (anche se, in tal caso, si tratta, probabilmente, di un’invenzione della storiografia romana, atta a mettere in cattiva luce la potenza nemica).
Il dio Moloch ci è tornato alla mente nel guardare, in questi giorni, le immagini dei bambini di Gaza. Bambini riuniti in scuole, asili e palestre dai cui tetti i terroristi di Hamas lanciano, quotidianamente, i loro messaggini di saluto indirizzati alle scuole, gli asili e le palestre dei loro vicini israeliani. Bambini allevati, fin dalla più tenera età, in una cultura nichilista, secondo la quale il valore della vita umana è zero, chiuso esclusivamente nell’imperativo religioso di dare la morte, o riceverla. Bambini destinati al sacrificio, in modo da potere, col loro sangue, concimare l’infinita ripugnanza verso il mostruoso nemico annidato, spaventoso e invisibile, a pochi chilometri dalle loro case. Se colpiti, i loro piccoli corpi, avvolti in bandiere nazionali, saranno avidamente ripresi dalle telecamere, e le loro esequie avranno una straordinaria risonanza mediatica: l’intero mondo sarà testimone delle loro vite troncate, perché tutti possano partecipare al rito collettivo del loro sacrificio. E saranno privati perfino delle lacrime delle loro madri, a cui sarà ordinato di trasformare il dolore in rabbia, odio e invettiva (con la proibizione, ovviamente, di maledire i veri responsabili della loro fine). Se risparmiati dalla guerra, saranno in ogni caso destinati a un’esistenza miserabile, priva di colori, libri, giochi, e piena di missili, urla, sirene. Bambini che suscitano tutti – vivi e morti, quelli che vivranno e quelli che moriranno – infinita pena, infinita tristezza, infinita pietà.
“Il giorno in cui ameranno i loro bambini – disse Golda Meir, quarant’anni fa – più di quanto odiano noi, quel giorno avremo la pace”. Non sappiamo se, nel pronunciare queste parole, così tristi e così vere, la grande Golda sperava, in cuor suo, che tale giorno sarebbe mai arrivato, se non nel suo secolo, almeno in quello successivo. Oggi, purtroppo, i fatti ci dicono che l’odio verso Israele è cresciuto, e i loro bambini, anziché essere amati, vengono nuovamente consacrati al dio dei Cananei.

Francesco Lucrezi, storico

Gaza: informazione e propaganda
I corpi straziati dei bambini sono un'immagine raccapriciante. Immagini di guerra. E in guerra si soffre e si muore. Il problema è che molte TV, molti giornali, si soffermano a descrivere solo le sofferenze di una parte, solo i morti di una parte. Perché? Perchè la guerra si fa anche con la propaganda. Sono anni che in M.O. la propaganda ha la meglio sulla verità. Il falso, ormai accertato in sede giudiziaria in Francia (essendo stata una TV francese a diffondere il video), sul al Doura; il falso massacro (in base agli stessi dati dell'ONU e di Human Rights Watch) di Jenin; le menzogne diffuse (per paura o per sostegno alla causa palestinese) ai tempi del cosiddetto assedio della Basilica della Natività; il morto, che prima del funerale, cade dalla barella e... si rialza. In particolare l'ostentazione dei cadaveri, frequente tra i Palestinesi e in contrasto, invece, con la discrezione della morte da parte israeliana, sono esempi di come operi la propaganda. Si mostrano solo le vittime di una parte facendo credere che siano le uniche vittime. Si citano i numeri delle vittime, facendo risaltare la sproporzione, senza approfondire il perchè di quella sproporzione dovuta al fatto che, mentre in Israele le abitazioni hanno rifugi e camere rinforzate ed opera un sistema strutturato di difesa antimissile, a Gaza non c'è niente di tutto questo. Mille bombardamenti, 60-70 morti, in parte militanti di Hamas, in parte civili. Sono numeri di un massacro deliberato? Un esercito massacratore, con mille bombardamenti farebbe decine di migliaia di morti. Queste considerazioni non vengono fatte da certi giornalisti faziosi che, purtroppo, lavorano anche in RAI. Anni fa, in un periodo di relativa tranquillità e assenza di scontri, un'orda di Palestinesi linciò due riservisti israeliani che avevano sbagliato strada e si erano ritrovati a Ramallah. Il linciaggio fu ripreso da un troupe del TG5 e fece il giro del mondo, suscitando sgomento. Il giorno dopo, l'allora responsabile della RAI per il M.O. scrisse una lettera "di scuse" all'ANP per il fatto che quelle immagini fossero state diffuse, giustificandosi col fatto che la troupe televisiva italiana non fosse della RAI. Quante immagini non ci vengono mostrate da certi corrispondenti e inviati? Questa è la domanda che faccio a chi, giustamente impressionato dalle vittime palestinesi, accusa Israele. Quanto peso ha avuto negli anni questa informazione drogata nella formazione dei giudizi sul M.O. Qualcuno ha visto le immagini dei corpi dei civili israeliani uccisi da un Grad caduto sul loro appartamento? No. Qualcuno ha sentito le voci di civili israeliani costretti quotidianamente, più volte al giorno, da anni a correre nei rifugi? No. Perchè? Nel conflitto israelo-palestinese, dove i torti e le ragioni delle due parti si somigliano e si confondono, le sofferenze ed il dolore sono comuni, anche se è chiaro che la popolazione della parte "militarmente" più debole patisca di più. Ma chi è il vero colpevole di ciò? Hamas, come il fascismo, fa proclami e usa la violenza e la propaganda, e come il fascismo fa patire al suo popolo, a causa degli attacchi provocatori ad Israele, un prezzo altissimo per poi avvalersene a fini propagandistici. Riflettete un pò di più, sforzatevi di andare al fondo delle cose voi che giudicate manicheisticamente e frettolosamente distribuite torti e ragioni.

Daniele Coppin, geologo


notizie flash   rassegna stampa
Qui Milano - Terra di Gerusalemme per il cardinale Carlo Maria Martini
  Leggi la rassegna

Il rabbino emerito di Milano Giuseppe Laras e il presidente dell'Assemblea rabbinica italiana Elia Richetti hanno consegnato ieri in Duomo un sacchetto di terra proveniente da Gerusalemme a monsignor Luigi Manganini. La terra verrà deposta accanto alla tomba del cardinale che aveva espresso il desiderio di essere seppellito a Gerusalemme dove si era trasferito dopo aver lasciato la diocesi di Milano, prima di essere costretto dalla malattia a rientrare in Italia.

 

Il numero di articoli che entrano quotidianamente nella rassegna stampa non accenna a diminuire: anche oggi le schede sono un centinaio ma sembra si possa intravedere l’inizio di un cambio di rotta con un aumento dei tentativi di analisi e di riflessioni rispetto ai titoli ad effetto e alle cronache



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