se
non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click
qui
|
21 novembre
2012 - 7 Kisler 5773 |
|
|
|
|
|
|
|
David
Sciunnach,
rabbino
|
“Ecco, una scala era poggiata a terra mentre la sua cima
giungeva al cielo…” (Bereshìt 28, 13) I Maestri commentano questi versi
paragonando la scala sognata da Yakòv all’uomo: se un uomo si sente
piccolo ed umile, quindi “posato in terra”, allora “la sua cima
giungerà in cielo” egli sarà veramente grande agli occhi del cielo.
Così come è scritto nello Zohar: “colui che è piccolo è un grande” ed
egli meriterà ciò che è scritto nel verso seguente: “Ed ecco che il
Signore è sopra lui” cioè che la Shechinà - la presenza di Dio, si
poserà su di lui.
|
|
|
Davide
Assael,
ricercatore
|
|
Riguardo
la già etichettata “seconda guerra di Gaza”, mi pare, questa volta, che
i commenti del giornalismo italiano siano un po’ più realistici, a
cominciare dal riconoscimento che la differenza del numero dei morti
(se questo argomento ha un senso) dipenda dal fatto che Israele
protegge i propri civili con un sistema di difesa all’avanguardia,
fatto di missili anti-missili e di puntualissime allerte, mentre
dall’altra parte la popolazione è utilizzata (forse, per strategia
obbligata) come scudo delle rampe missilistiche. Ho, invece, meno
apprezzato le analisi politiche, che spesso riflettono enorme
disillusione per il futuro, trascinati dalla consuetudine del passato.
C’è stato, poi, chi ha addirittura esteso il conflitto, parlando
(Caracciolo) di un problema ebraico/islamico, che, se esiste, non
esiste in misura maggiore di quello ebraico/cristiano o
ebraico/buddista. Davvero, non si comprende questa indebita estensione
dal politico al religioso, non foss’altro perché le cronache più
recenti ci parlano di iniziative comuni: in Francia, Comunità Islamica,
Ebraica e Cristiana si sono trovate unite nel contrasto al disegno di
legge sulle nozze gay proposto dall’amministrazione Hollande.
|
|
|
"Israele esempio di civiltà e progresso"
|
Annunciando
la propria presenza alla manifestazione a favore della corretta
informazione nei confronti di Israele e del conflitto mediorientale, il
presidente dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aderisce alla maratona
oratoria "Per la Verità, per Israele" in programma domani pomeriggio a
piazza Montecitorio. Noi tutti, uniti e determinati, abbiamo il compito
di rendere chiaro a ognuno che Israele è il fulgido esempio di uno
Stato che pur costretto a combattere per affermare il proprio diritto a
esistere non ha mai rinunciato né al rispetto dei diritti umani, né
alla civiltà e al progresso civile e sociale, né alla libertà e alla
democrazia, né a percorrere tutte le strade possibili per arrivare a
una pace stabile e sicura.
|
|
In tutta Italia la solidarietà a Israele
|
Camminano per strada con indifferenza. Poi, a un segnale
preciso, tirano fuori striscioni e bandiere biancoazzurre. Si stringono
tutti insieme, si dispongono a chet (la lettera ebraica che simboleggia
la parola chai, vita, con una forma analoga a quella di ferro di
cavallo). E intonano l’Hatikvah, l’inno israeliano alla speranza, con
la voce piena di emozione per testimoniare la vicinanza allo Stato
d’Israele colpito dai razzi.
La scena si è ripetuta ieri a Roma, Torino, Firenze, oggi a Milano,
dopo che era appena arrivata la notizia dell’autobus colpito da un
attentato nel cuore di Tel Aviv. Quando l’ultima nota si è spenta, le
persone sono tornate a passeggiare come se nulla fosse successo.
Sono arrivati tanti giovani in via dei Mercanti a Milano, per il flash mob all’ombra del Duomo, dopo che ieri le bandiere di Israele aveva sventolato anche sotto il Colosseo,
l’Arco di Tito, la cupola di Giotto. C’erano anche il presidente e il
portavoce della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi e Daniele
Nahum, che ha organizzato l'evento.
“Israele deve difendere i propri cittadini da attentati
terroristici contro una popolazione inerme. Non ha scelta. Cosa farebbe
l’Italia se missili si abbattessero su Milano? E’ ciò che accade
laggiù” le parole di Meghnagi, mentre Nahum ha messo in luce il poco
equilibrio dei media italiani nel raccontare il conflitto.
La Comunità di Milano si ritroverà nuovamente alla Sinagoga centrale
domani sera, alle 19, stringendosi in una preghiera per Eretz Israel.
|
|
UCEI - Prosegue il lavoro delle
Commissioni |
Prosegue
intensamente il lavoro delle Commissioni individuate dal Consiglio
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per svolgere un'essenziale
funzione di supporto ai nove componenti di Giunta. Un impegno,
coordinato dal consigliere e osservatore permanente di Giunta Anselmo
Calò, che procede nel segno di una sempre più avanzata definizione
degli assetti. Quattro, ad oggi, le commissioni che hanno scelto a
quali figure affidare il coordinamento delle proprie attività interne.
La Commissione Statuto, Regolamenti, Affari Legali (Barbara Pontecorvo
e Giorgio Sacerdoti), la Commissione Scuola, Educazione, Giovani
(Daniela Pavoncello), la Commissione Antisemitismo e Memoria (Liliana
Picciotto) e la Commissione Affari Sociali, Famiglia, Ebrei lontani
(Giorgio Mortara). Oggi è in programma a Roma la riunione della
Commissione Aliyah, mentre nei prossimi giorni, a Firenze, si
riuniranno le Commissioni Bilancio e Otto per Mille e Supporto alle
Comunità e Meridione, e ancora, a Milano, la Commissione Culto. In fase
di programmazione infine l'incontro riservato ai consiglieri coinvolti
nelle attività delle Commissioni Beni Culturali e Cultura.
|
|
Qui Roma - Il Medio Oriente e la sinistra
|
“Ritengo
che il rapporto tra sinistra e Israele si stia sviluppando in una fase
nuova. Non sento di grande attualità, nel mondo che conosco io, il tema
della ragione e dei torti, o di chi comincia prima o ancora della
contabilità dei morti. C'è molta insofferenza per la situazione nel suo
complesso. È l'ora di dire basta”. Ad affermarlo il segretario del
Partito Democratico Pierluigi Bersani, tra gli ospiti più attesi
dell'incontro svoltosi ieri pomeriggio al Pitigliani di Roma su impulso
dell'associazione di cultura ebraica Hans Jonas e in occasione della
presentazione del volume 'Israele e la sinistra' di Matteo Di Figlia.
Numerosi gli spunti emersi nel corso del dibattito, moderato da Tobia
Zevi, che ha visto protagonisti, oltre a Bersani e Di Figlia, il
presidente di Rcs libri Paolo Mieli, il responsabile sicurezza del Pd
Emanuele Fiano e il presidente delle Comunità ebraica di Roma Riccardo
Pacifici.
“Nel libro di Matteo ho trovato uno spaccato della mia storia e del mio
impegno nelle istituzioni. Credo – ha spiegato Fiano – che esista uno
specifico contributo ebraico alla politica e che questo contributo sia
individuabile in una particolare sensibilità che noi ebrei abbiamo
verso determinate tematiche. Parlo da antifascista, da figlio della
Shoah, da cittadino democratico che vede nella sinistra, una sinistra
scevra da approcci ideologici, l'unica strada per costruire un futuro
migliore”.
Molti però anche i nodi irrisolti. Tra i punti toccati da Pacifici la
forte contrapposizione, di queste ultime ore, con il leader di Sinistra
Ecologia e Libertà Nichi Vendola, schieratosi contro l'intervento
israeliano a Gaza in modo netto e perentorio. “Vendola ci ha tradito”,
è l'accusa lanciata dal palco del Pitigliani e prima ancora sulle
colonne del Messaggero attraverso una lettera aperta che ha avuto
grande impatto sui media. “Caro Nichi – afferma Pacifici – dov'eri
quando i bambini venivano uccisi in Siria? Perché non hai parlato?
Siamo stanchi di essere manipolati da politici che ci utilizzano a loro
comodo. È questo il rimprovero che faccio ad alcune espressioni della
sinistra”.
Un rimprovero condiviso da Mieli. Tre, racconta, sono i numeri su cui
vale la pena riflettere. Il primo di questi è cinque: cinque come le
vittime della strage di Itamar – padre, madre e tre figli. Una pagina
orribile del conflitto israelo-palestinese che una certa stampa,
commenta lo storico, ha raccontato in modo scorretto e fuorviante:
“Abbiamo letto di cinque coloni uccisi e non di cinque vite innocenti
spezzate”, la sua denuncia. Il secondo numero è diciannove: diciannove
come gli anni trascorsi dal 1948 al 1967, un lasso di tempo in cui la
parola palestinese “non è mai esistita”. Conclude la carrellata il
numero cento. “Cento per cento, il plebiscito di condanne che ogni
volta colpisce Israele da sinistra. Mai che ci fosse uno, non ebreo,
che per qualche ragione gli dà ragione una volta ogni tanto”.
Domani, a Milano, una nuova presentazione dell'opera di De Figlia.
Appuntamento alle 21 al Cam Garibaldi con, tra gli altri, David
Bidussa, Peppino Caldarola e Gabriele Eschenazi. Sarà presente l'autore.
a.s. twitter @asmulevichmoked
|
|
Qui Milano - JCall di fronte al conflitto
|
Tregua
sì, tregua no. Le notizie che arrivano da Israele, le vittime civili,
il diluvio di razzi sparati sulle città dello Stato ebraico, l’azione
militare su Gaza, hanno reso ancora più attuale il primo incontro
organizzato a Milano dagli esponenti italiani di JCall, che si presenta
come un “movimento di opinione ebraico impegnato nel sostegno al
negoziato fra israeliani e palestinesi fondato sul principio due
popoli-due Stati”. Tantissima la gente accorsa alla Casa della Cultura
per l’evento La sicurezza di Israele: quale ruolo per l'Ebraismo
europeo. A tratti molto teso il clima del dibattito, soprattutto a
causa della presenza di un piccolo gruppo di esponenti dei movimenti di
boicottaggio contro Israele, protagonisti di diversi interventi di
contestazione. Ad ascoltare le parole del segretario generale di
JCall-Europa David Chemla, del coordinatore di JCall Italia David
Calef, del giornalista Gad Lerner e di Stefano Levi Della Torre,
scrittore e pittore, moderati dal giornalista e consigliere della
Comunità ebraica Stefano Jesurum, sono accorsi numerosi ebrei milanesi,
incluso il vicepresidente della Comunità Daniele Cohen. Non è invece
potuto intervenire per rimanere accanto alla sua famiglia Shaul Arieli,
ex comandante di brigata dell’esercito israeliano nella striscia di
Gaza, e co-promotore degli Accordi di Ginevra del 2003. Numerosi i
punti cardine in comune tra i vari relatori: prima di tutto la costante
preoccupazione degli ebrei della Diaspora per lo Stato di Israele dal
1948 in avanti, condivisa dai firmatari dell’Appello alla ragione con
cui nacque JCall nel 2010. I quali tuttavia disapprovano quello che
definiscono il sostegno “incondizionato” della maggior parte
dell’ebraismo europeo alle politiche del governo israeliano (duri ieri
sera nei confrontidell’attuale primo ministro Netanyahu), rigettando
allo stesso tempo qualsiasi critica diretta alla delegittimazione dello
Stato ebraico in quanto tale e battendosi per un dialogo basato sul
riconoscimento del presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen come
interlocutore e del congelamento degli insediamenti israeliani. Diverse
le sfumature con cui gli ospiti hanno interpretato le linee generali,
in una maniera che ha spesso suscitato la perplessità di molti presenti
in sala, manifestata da diffusi mormorii. “Nell’ebraismo europeo oggi
sembra non esserci spazio per il dibattito su quale sia la strategia
migliore per arrivare alla soluzione del conflitto basata sul
riconoscimento dei diritti delle persone vicine - ha esordito David
Calef di JCall Italia – Noi di JCall amiamo Israele, ma a volte
dissentiamo dalle sue politiche. Esprimiamo preoccupazione per la sua
delegittimazione, ma anche per gli insediamenti. Siamo del parere che
senzaaffrontare il nodo degli insediamenti la situazione non si possa
sbloccare. E riteniamo grave che non venga riconosciuta e rafforzata la
posizione di AbuMazen come interlocutore per la pace”. “Disse una volta
lo scrittore Amos Oz ‘Aiutateci a divorziare’. JCall risponde proprio a
questo – ha sottolineato David Chemla – Ecco perché noi siamo per una
soluzione basata su due Stati e non per un unico stato binazionale, che
ci sembra allo stato attuale, fuori dalla realtà. Per noi che siamo qui
e non subiamo il conflitto sulla nostra pelle è importante rimanere
lucidi e lavorare dall’esterno per rafforzare la posizione dei
moderati”. Di “stati d’animo” ha voluto parlare invece Lerner,
innanzitutto del suo stato d’animo nel vedere i titoli dei giornali
degli scorsi giorni sulle “stragi di bambini”: “Devo confessare che il
mio primo pensiero, è stato domandarmi perché titoli simili non sono
apparsi in riferimento alla Siria, o anche ai 50 bambini morti in
Egitto nell’incidente fra un treno e un pullman negli scorsi giorni. Un
pensiero che ho scacciato perché è un problema di moralità: quando è
Tzahal a fare questi morti, fa dieci volte più male, non soltanto
perché uno Stato che ha a disposizione una superiorità tecnologica e
militare ha anche una responsabilità superiore, ma anche perché se si
sceglie come risposta la tecnica delle uccisioni mirate, che violano
qualsiasi diritto internazionale, ci si mette sullo stesso piano di
coloro che lanciano i razzi”. Preoccupato per l’inerzia della politica
in Israele, non solo nei confronti della questione palestinese, ma
anche delle Primavere arabe, si è detto Stefano Levi Della Torre, che
ha aggiunto “In questo momento Hamas è stato riconosciuto come
interlocutore per una tregua da Netanyahu, mentre i tentativi di Abu
Mazen vengono messi all’angolo. Pensiamo che questo sia pericoloso per
il futuro di Israele, che già nel 2006 quando si ritirò da Gaza non
coinvolse e corresponsabilizzò la controparte, trasformando l’evento in
una vittoria per Hamas. Hamas che oggi spende soldi in missili iraniani
e non per esempio in rifugi antiaerei per la popolazione. È necessario
riprendere il dialogo per la creazione di uno Stato palestinese perché
altrimenti Israele non potrà, negli anni a venire, mantenersi uno Stato
allo stesso tempo ebraico e democratico”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
|
|
Qui Milano - Ugei, giovani da coinvolgere
|
Dopo
il primo positivo appuntamento primaverile di RashiSushi, l’iniziativa
dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia in collaborazione con Efes2, è
risultato chiaro che per rendere una lezione di Torah un evento da non
perdere per un numero considerevole di giovani basta condirla con un
po’ di salsa di soia. Nella serata di ieri a Milano, la lezione di
Torah di rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione
e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha però
significato anche qualcosa di più. L’argomento scelto, quello dei
rapporti di coppia e della creazione e del mantenimento di famiglie
ebraiche, ha infatti inserito a tutti gli effetti anche i giovani nel
dibattito comunitario milanese che ormai da qualche mese si concentra
su questa delicata tematica. Dopo aver esaminato attraverso le parole
della Torah quali siano le caratteristiche che una coppia deve avere
per essere solida e pronta a superare tutte le incertezze della società
attuale, il Rav ha espresso la sua preoccupazione per la situazione
italiana: “Quando si parla di matrimonio ebraico, non si può non
rilevare come oggi tutte le comunità italiane in cui non c’è stato un
progetto di costruire famiglie ebraiche stanno scomparendo, e questo è
un dato di fatto dal quale non si può scappare”. I vari interventi dei
commensali hanno poi spontaneamente portato a sviluppare l’argomento
proposto, andando così a toccare alcuni punti a esso strettamente
connessi, come quello delle famiglie miste e quello dell’educazione
ebraica. Il coinvolgimento e il confronto anche dei giovani milanesi su
questi temi sono stati dunque avviati con successo.
Francesca Matalon twitter @MatalonF
|
|
|
Ticketless
- Il Libro dei Buoni, Savinio e la città del Worbas
|
Questa
settimana niente Ticketless. Una scheda dal Libro dei Buoni. Mi è
venuta voglia di proporla, sfogliando il terzo tomo dell’”Atlante della
Letteratura Italiana”, appena uscito a cura di Domenico Scarpa
(Einaudi). Pesa alcuni chilogrammi, non è una lettura da treno, ma
quando sta fermo un viaggiatore che si rispetti deve tenere sempre a
portata di mano un atlante. Per la prima volta, in una grande
operazione editoriale, il posto che gli ebrei italiani hanno occupato
nella storia nazionale fra Otto e Novecento è al centro di diversi
contributi nell’Atlante. Adesso
tuttavia risulta più chiaro quanto poco si siano curati del
“personaggio ebreo” le patrie lettere, tolte rare eccezioni. Tra queste
Alberto Savinio. Mi piace oggi associare il ricordo del Savinio
ferrarese (“l’ora ebrea”, Isabella Hasson, ma soprattutto “la città del
Worbas e del pan massì) alla cara memoria di Paolo Ravenna, scomparso
nei giorni scorsi. Wor bas è il motto scritto sui cartigli nella torre
dei leoni del Castello Estense. Due parole scritte fra due leoni.
L’anima del Worbas pervade, secondo Savinio, il pan pepato e il pan di
cedro, dolci ferraresi che si trovano “nella Vignatagliata, nel vicolo
Mozzo, in quella via Sabbionara che divenne poi via Mazzini, per
riconoscenza alle istituzioni liberali inaugurate dal giovine Regno,
che infranse le catene, di cui ancora si scorgono i mozziconi pendenti
dai pilastri delle porte di pietra, aprendo il serraglio”, dove gli
ebrei di Ferrara “annaspavano rinserrati, tra puzzi d’olii e odor di
panazimi”. Assai prima di Bassani, Savinio ha legato per sempre
all’ebraismo il paesaggio ferrarese. Ogni volta che mi capiterà in
futuro di pensare a Paolo Ravenna, a quanto con tenacia ha fatto per la
sua città, mi farà piacere rileggere dal mio Libro dei Buoni la pagina
di Savinio in cui si pronuncia l’elogio di quei “dolci metallici,
compatti più dei libri di Balzac”.
Alberto Cavaglion
|
|
Bambini
|
Il
dio Moloch, com’è noto, era una divinità sanguinaria, adorata dai
Cananei, che avrebbero usato sacrificare ad essa i propri figli,
ardendoli nel fuoco. Il suo ricordo ricorre più volte nella Bibbia,
ove, tra i comandamenti sinaitici, figura esplicitamente, nel
Deuteronomio (18.10), quello di non fare passare i figli attraverso il
fuoco, a imitazione della pratica in uso presso i precedenti abitanti
del Paese. Ma la barbara usanza appare attribuita dalle fonti anche a
svariate altre popolazioni antiche, come, per esempio, i Cartaginesi
(anche se, in tal caso, si tratta, probabilmente, di un’invenzione
della storiografia romana, atta a mettere in cattiva luce la potenza
nemica).
Il dio Moloch ci è tornato alla mente nel guardare, in questi giorni,
le immagini dei bambini di Gaza. Bambini riuniti in scuole, asili e
palestre dai cui tetti i terroristi di Hamas lanciano, quotidianamente,
i loro messaggini di saluto indirizzati alle scuole, gli asili e le
palestre dei loro vicini israeliani. Bambini allevati, fin dalla più
tenera età, in una cultura nichilista, secondo la quale il valore della
vita umana è zero, chiuso esclusivamente nell’imperativo religioso di
dare la morte, o riceverla. Bambini destinati al sacrificio, in modo da
potere, col loro sangue, concimare l’infinita ripugnanza verso il
mostruoso nemico annidato, spaventoso e invisibile, a pochi chilometri
dalle loro case. Se colpiti, i loro piccoli corpi, avvolti in bandiere
nazionali, saranno avidamente ripresi dalle telecamere, e le loro
esequie avranno una straordinaria risonanza mediatica: l’intero mondo
sarà testimone delle loro vite troncate, perché tutti possano
partecipare al rito collettivo del loro sacrificio. E saranno privati
perfino delle lacrime delle loro madri, a cui sarà ordinato di
trasformare il dolore in rabbia, odio e invettiva (con la proibizione,
ovviamente, di maledire i veri responsabili della loro fine). Se
risparmiati dalla guerra, saranno in ogni caso destinati a un’esistenza
miserabile, priva di colori, libri, giochi, e piena di missili, urla,
sirene. Bambini che suscitano tutti – vivi e morti, quelli che vivranno
e quelli che moriranno – infinita pena, infinita tristezza, infinita
pietà.
“Il giorno in cui ameranno i loro bambini – disse Golda Meir,
quarant’anni fa – più di quanto odiano noi, quel giorno avremo la
pace”. Non sappiamo se, nel pronunciare queste parole, così tristi e
così vere, la grande Golda sperava, in cuor suo, che tale giorno
sarebbe mai arrivato, se non nel suo secolo, almeno in quello
successivo. Oggi, purtroppo, i fatti ci dicono che l’odio verso Israele
è cresciuto, e i loro bambini, anziché essere amati, vengono nuovamente
consacrati al dio dei Cananei.
Francesco
Lucrezi, storico
|
|
|
Gaza:
informazione e propaganda |
I corpi straziati dei bambini sono un'immagine raccapriciante.
Immagini di guerra. E in guerra si soffre e si muore. Il problema è che
molte TV, molti giornali, si soffermano a descrivere solo le sofferenze
di una parte, solo i morti di una parte. Perché? Perchè la guerra si fa
anche con la propaganda. Sono anni che in M.O. la propaganda ha la
meglio sulla verità. Il falso, ormai accertato in sede giudiziaria in
Francia (essendo stata una TV francese a diffondere il video), sul al
Doura; il falso massacro (in base agli stessi dati dell'ONU e di Human
Rights Watch) di Jenin; le menzogne diffuse (per paura o per sostegno
alla causa palestinese) ai tempi del cosiddetto assedio della Basilica
della Natività; il morto, che prima del funerale, cade dalla barella
e... si rialza. In particolare l'ostentazione dei cadaveri, frequente
tra i Palestinesi e in contrasto, invece, con la discrezione della
morte da parte israeliana, sono esempi di come operi la propaganda. Si
mostrano solo le vittime di una parte facendo credere che siano le
uniche vittime. Si citano i numeri delle vittime, facendo risaltare la
sproporzione, senza approfondire il perchè di quella sproporzione
dovuta al fatto che, mentre in Israele le abitazioni hanno rifugi e
camere rinforzate ed opera un sistema strutturato di difesa
antimissile, a Gaza non c'è niente di tutto questo. Mille
bombardamenti, 60-70 morti, in parte militanti di Hamas, in parte
civili. Sono numeri di un massacro deliberato? Un esercito
massacratore, con mille bombardamenti farebbe decine di migliaia di
morti. Queste considerazioni non vengono fatte da certi giornalisti
faziosi che, purtroppo, lavorano anche in RAI. Anni fa, in un periodo
di relativa tranquillità e assenza di scontri, un'orda di Palestinesi
linciò due riservisti israeliani che avevano sbagliato strada e si
erano ritrovati a Ramallah. Il linciaggio fu ripreso da un troupe del
TG5 e fece il giro del mondo, suscitando sgomento. Il giorno dopo,
l'allora responsabile della RAI per il M.O. scrisse una lettera "di
scuse" all'ANP per il fatto che quelle immagini fossero state diffuse,
giustificandosi col fatto che la troupe televisiva italiana non fosse
della RAI. Quante immagini non ci vengono mostrate da certi
corrispondenti e inviati? Questa è la domanda che faccio a chi,
giustamente impressionato dalle vittime palestinesi, accusa Israele.
Quanto peso ha avuto negli anni questa informazione drogata nella
formazione dei giudizi sul M.O. Qualcuno ha visto le immagini dei corpi
dei civili israeliani uccisi da un Grad caduto sul loro appartamento?
No. Qualcuno ha sentito le voci di civili israeliani costretti
quotidianamente, più volte al giorno, da anni a correre nei rifugi? No.
Perchè? Nel conflitto israelo-palestinese, dove i torti e le ragioni
delle due parti si somigliano e si confondono, le sofferenze ed il
dolore sono comuni, anche se è chiaro che la popolazione della parte
"militarmente" più debole patisca di più. Ma chi è il vero colpevole di
ciò? Hamas, come il fascismo, fa proclami e usa la violenza e la
propaganda, e come il fascismo fa patire al suo popolo, a causa degli
attacchi provocatori ad Israele, un prezzo altissimo per poi
avvalersene a fini propagandistici. Riflettete un pò di più, sforzatevi
di andare al fondo delle cose voi che giudicate manicheisticamente e
frettolosamente distribuite torti e ragioni.
Daniele Coppin, geologo
|
|
notizie
flash |
|
rassegna
stampa |
Qui Milano - Terra di Gerusalemme per il cardinale Carlo Maria Martini
|
|
Leggi
la rassegna |
Il
rabbino emerito di Milano Giuseppe Laras e il presidente dell'Assemblea
rabbinica italiana Elia Richetti hanno consegnato ieri in Duomo un
sacchetto di terra proveniente da Gerusalemme a monsignor Luigi
Manganini. La terra verrà deposta accanto alla tomba del cardinale che
aveva espresso il desiderio di essere seppellito a Gerusalemme dove si
era trasferito dopo aver lasciato la diocesi di Milano, prima di essere
costretto dalla malattia a rientrare in Italia.
|
|
Il
numero di articoli che entrano quotidianamente nella rassegna stampa
non accenna a diminuire: anche oggi le schede sono un centinaio ma
sembra si possa intravedere l’inizio di un cambio di rotta con un
aumento dei tentativi di analisi e di riflessioni rispetto ai titoli ad
effetto e alle cronache
|
|
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|