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18 dicembre 2012 -5 Tevet 5773 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Ci sono differenti modi di
reagire dopo aver sognato. Yaaqòv si sveglia e dice: “…in questo luogo
c’è l’Eterno…e io non lo sapevo…” (Bereshìt, 28; 16). Il Faraone si
sveglia e si riaddormenta…e sogna di nuovo (Bereshìt, 41;
5).
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Dario
Calimani,
anglista
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Ammettiamo, con Monti un po’ ci si annoiava.
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Qui Londra - Rav
Ephraim Mirvis sostituirà il rav Sacks
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Rav Ephraim Mirvis, rabbino
capo della Finchley United Synagogue di Londra, una delle più
importanti della città, è stato nominato nuovo rabbino capo di Gran
Bretagna (nell’immagine assieme al sindaco della metropoli britannica
Boris Johnson). A rav Mirvis, 55 anni, originario del Sud Africa,
rabbino capo di Irlanda dal 1985 al 1992, il compito di prendere il
posto del rav lord Jonathan Sacks, che ricopre l’incarico dal 1991 e
che è diventato un’autorità morale non soltanto per gli ebrei inglesi,
ma per l’intero paese e anche fuori dai confini nazionali. L’annuncio è
stato dato ieri dalla United Synagogue, la federazione delle comunità
ebraiche ortodosse del paese. L’avvicendamento è previsto per il
prossimo settembre. Rav Mirvis viene da una famiglia di rabbini e
insegnanti. Riproponiamo qui un suo intervento sul tema dell’educazione
pubblicato nel dossier Melamed di Pagine Ebraiche dello scorso luglio 2012.
Riformare la
scuola? Servirebbe un amico
Un antichissimo metodo di
studio potrebbe rivelarsi utile per migliorare le scuole britanniche.
Il professor Peter Tymms, capo della Scuola di pedagogia della Durham
University, ha recentemente pubblicato i risultati di alcune sue
ricerche sui sistemi educativi più efficaci. La sua indagine su 129
scuole primarie scozzesi, il campione più grande mai utilizzato
sull’insegnamento collaborativo fra alunni di età diverse, ha mostrato
che bambini anche di soli sette o otto anni ricevono grande beneficio
da sessioni di tutoring uno a uno. Lo studioso vorrebbe ora vedere
questo sistema applicato in molte realtà del Regno Unito.
“L’esperimento mostra che il modello di tutoring potrebbe essere
applicato in distretti scolastici scelti su tutto il territorio
nazionale: i ragazzi più grandi hanno molto aumentato le loro
conoscenze e capacità diventando tutor e i più piccoli hanno avuto un
grande beneficio dall’avere come tutor, in un rapporto uno a uno, dei
bambini di poco più grandi”. Un altro autorevole accademico, il
professor Keith Topping, della Dundee University, ha riferito di aver
ricevuto sul progetto eccellenti feedback da parte degli insegnanti: il
92 per cento ritiene che abbia funzionato bene. I bambini hanno
apprezzato particolarmente l’idea di assumere il ruolo di tutor e hanno
risposto in maniera positiva a una tale responsabilità. I risultati di
questo metodo considerato innovativo sono noti in campo ebraico da
molto tempo nella forma della chavruta (studio uno a uno), che è per
esempio l’elemento chiave del programma educativo del Kinloss Community
Kollel a Finchley, novità significativa per la United Synagogue di
Londra. Nell’esaltare le virtù dell’idea stessa di chavruta il saggio
talmudista rav Chaninà afferma: “Ho imparato molto dai miei maestri, di
più dai miei colleghi, e il massimo dai miei studenti” (Ta’anit 7a). Il
modello di apprendimento uno a uno, che è in uso da più di due millenni
in campo ebraico, continua ad essere la caratteristica dello studio
della Torah nelle yeshivot, nei seminari e nelle scuole religiose
ebraiche in tutto il mondo. I risultati ottenuti dal professor Tymms
confermano la nostra esperienza. Gli studenti rispondono bene alle
sessioni di apprendimento formale guidate da un compagno. Lo studente
più debole viene istruito, guidato e ispirato da un ragazzo più
preparato, e le conoscenze del partner più preparato vengono meglio
strutturate e migliorano grazie all’esperienza di apprendimento
condiviso. Inoltre, l’organizzazione in chavruta incoraggia entrambi i
partecipanti a sentirsi responsabilizzati oltre al loro compito
specifico di apprendimento perché non vogliono lasciare nei guai il
proprio compagno di studi. I compagni più grandi spesso trovano che il
ripasso del materiale già appreso necessario per insegnare a qualcun
altro permette loro di raggiungere nuove ed entusiasmanti profondità
nella comprensione. I commenti e le domande dei loro compagni più
piccoli, per quanto possano essere innocenti ed ignoranti, possono
portare a scoprire e approfondire informazioni e un livello di
comprensione che sarebbero altrimenti per loro irraggiungibili. Inoltre
la sfida che si presenta quando si devono sviluppare, articolare e
sostenere le proprie idee di fronte a un compagno di studi rende più
profonda la comprensione e permette di ricordare meglio quanto si è
appreso. Due menti che si applicano sullo stesso problema sono quasi
sempre meglio di una sola. E in realtà il Talmud si spinge oltre,
sostenendo che chi studia la Torah da solo rischia di divenire uno
stolto (Berachot, 63a). Il sistema della chavruta spesso aiuta i
partecipanti a creare delle connessioni sociali che dureranno tutta la
vita. Il termine stesso viene dall’aramaico e significa amicizia.
Inoltre il rispetto e la dignità con cui gli studenti si comportano
l’uno con l’altro hanno spinto i nostri saggi a dire che “Quando due
studenti di Torah si ascoltano a vicenda, Dio sente le loro voci”
(Shabbat 63a). Diverse comunità britanniche si stanno accorgendo che il
sistema di apprendimento ebraico, se di qualità e presentato
professionalmente, attira molti partecipanti. Più di 400 persone hanno
partecipato all’evento di apertura del trimestre primaverile del
Kinloss Learning Centre, la straordinaria struttura educativa per
adulti della Finchley Synagogue, che sta raccogliendo un enorme
successo. Il programma educativo è al suo decimo anno di attività, e il
suo successo è condiviso da molte altre comunità grazie a programmi di
studio per adulti. Mentre le sinagoghe hanno messo in evidenza il
significato dei loro nomi, bet hakenesset (casa di ruinione) e bet
tefillah (casa di preghiera), la maggior parte delle sinagoghe oggi è
anche un vero e proprio shul (dalla parola tedesca che significa
scuola) con straordinari programmi educativi per tutte le età. Il
Kinloss Community Kollel è stato strutturato in questa direzione: si
tratta di un programma innovativo, ad ampio spettro, rivolto sia a
uomini che a donne con i background e i livelli di conoscenza più vari,
che ha raggiunto il suo terzo trimestre, con grande successo. Il
sistema di apprendimento della chavruta è centrale per l’esperienza
quotidiana del kollel, attraverso cui i partecipanti hanno la
possibilità di sedersi con un compagno a studiare un testo di propria
scelta. Che si tratti di una sessione di ripasso dell’alef bet o di una
pagina di Ghemarà, l’esperienza della chavruta aumenta il livello della
conoscenza ebraica e rafforza l’impegno a mantenere e rispettare i
valori ebraici. L’eccitazione di studiare nell’ambiente del Beit
Hamidrash insieme ad altre persone motivate è un motivo in più per
sentirsi ispirati e per percepire l’ora di studio come una esperienza
che arricchisce profondamente. Il sistema della chavruta ha
recentemente avuto una evoluzione grazie allo studio di coppia
attraverso la possibilità della comunicazione telefonica e le
opportunità offerta da Internet e dalla teleconferenza. Il nostro
antico sistema di studio uno a uno, sperimentato e testato, sta
guadagnando terreno nel mondo ebraico e adesso, ancora di più dopo i
risultati delle ricerche pedagogiche, potrebbe diventare un sistema di
studio utilmente utilizzato per l’insegnamento in tutte le scuole
britanniche.
rav Ephraim
Mirvis, Pagine Ebraiche, luglio 2012
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Qui Roma - Quando la carta diventa arte |
Il frutto di un anno di
lavoro come ponte di cultura tra Italia e Israele. About Paper. Israeli
Contemporary Art, volume che riassume l'esperienza dell'omonima
rassegna dedicata alla trasformazione artistica della carta – ancora in
corso – alla Galleria Marie Laure Fleisch di Roma, sarà presentato
questo pomeriggio nella sala cinema del Macro Testaccio. “About Paper.
Israeli Contemporary Art – spiega la curatrice, Giorgia Calò – è un
progetto tutto al femminile pur non avendo alcuna connotazione
femminista. Nasce infatti come iniziativa che si pone l'obiettivo di
mostrare al pubblico italiano la ricerca di alcuni artisti israeliani
che lavorano con la carta e usano il disegno come mezzi privilegiati di
un personale linguaggio”. Un linguaggio perfettamente in linea con
l'indagine condotta fin dalla sua apertura dalla Galleria capitolina la
cui peculiarità, prosegue Calò, “sta proprio nel presentare artisti
nazionali e internazionali che usano questi mezzi come base di partenza
per le proprie sperimentazioni”. L'elegante volume dato alle stampe
grazie a Postmedia Books vuol essere uno strumento per analizzare
l'attività e l'orizzonte di riferimento dei nomi coinvolti in questi
mesi ma anche una chiave per approfondire, più in generale, il fertile
scenario del contemporaneo made in Eretz. A stimolare la riflessione
gli interventi, con differenti sfumature, di quattro curatori e
direttori di musei israeliani. Il quadro che emerge è di notevole
complessità e suggestione. “Con questo progetto – afferma Calò – ho
cercato di dare visibilità a una ricerca propriamente israeliana
espungendola dai temi geopolitici che di norma ne invadono la scena,
per approdare invece in un complesso universo di simboli e citazioni.
Ciononostante è interessante notare come le artiste, pur partendo da
una ricerca introspettiva lontana da qualsiasi riferimento politico o
pseudo tale, arrivino, quasi sempre non intenzionalmente, al concetto
più vasto di territorialismo, elaborando frammenti di un’identità
nazionale che deve quotidianamente trovare la sua affermazione”.
All'incontro odierno in programma alle 18.30 interverranno, oltre
all'autrice, anche l'addetto culturale dell’Ambasciata d’Israele in
Italia Ofra Fahri; Ronit Sorek, Curator Department of Prints and
Drawings dell’Israel Museum di Gerusalemme; Ruth Direktor, Chief
Curator del Haifa Museum of Art; Drorit Gur Arie, Director e Chief
Curator del Petah Tikva Museum of Art, e Alfredo Pirri, artista ed ex
docente della Bezalel Academy di Gerusalemme.
Adam Smulevich
– twitter @asmulevichmoked
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Qui Firenze - Incontro con l'ambasciatore |
Missione a Firenze per
l'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Zion Evrony che,
accompagnato dalla consorte, ha colto l'occasione per una visita alla
Comunità ebraica. Numerosi gli argomenti affrontati nel corso
dell'incontro svoltosi nell'arco di un'intera mattinata e al quale
hanno preso parte il neo presidente Sara Cividalli, il rabbino capo
Joseph Levi, il presidente dell'Opera del Tempio Ebraico Renzo Funaro e
il consigliere Ariet Lea Jelinek. Particolare attenzione è stata
dedicata ai temi del dialogo interreligioso, a Firenze tradizionalmente
molto proficuo, e alle sfide dell'informazione e della proiezione in
tutta la società italiana dei valori di cui la comunità e lo stato
ebraico sono depositari. “È stato un incontro molto positivo con
l'ambasciatore che ha dimostrato grande attenzione alla realtà
fiorentina. Ci siamo lasciati con la speranza di poterci presto
incontrare di nuovo”, afferma Cividalli. A suggellare l'appuntamento
una visita ai locali ottocenteschi del Tempio. Un grande luogo di
incontro, ha ricordato Funaro, dove all'insidie portate dall'esterno –
i danni bellici e la terribile alluvione del 1966 – si è prontamente
reagito con un'opera di preservazione e valorizzazione dell'immenso
patrimonio culturale custodito che ne fanno – oggi più che mai – un
autentico fulcro della vita cittadina.
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Qui Bologna - Progettualità e condivisione |
Non solo Bologna, ma anche
le realtà ebraiche di Mantova, Livorno, Padova, Firenze e Siena
presenti alla festa di fine Chanukkah celebrata nella città felsinea in
compagnia dei madrichim dell'Ufficio Giovani Nazionale UCEI. Una grande
occasione di incontro che ha visto accorrere in Comunità oltre 40
bambini e – al loro fianco – un piccolo esercito di parenti e
accompagnatori. “È stato un momento di condivisione molto bello –
spiega David Menasci, consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane – reso possibile dal lavoro di tanti giovani ebrei italiani.
Un grazie particolare a Genny Di Consiglio e ai madrichim Sharon
Pavoncello, Michail Caimi, Claudia Jonas, Sara Astrologo, Lev Barki e
Karen Di Veroli che si sono prodigati per l'esito positivo
dell'iniziativa svegliandosi all'alba per andare a prendere i bambini
nelle Comunità e rendere possibile questo gioioso Nes Gadol”. E mentre
i piccoli giocavano e imparavano la storia di Hanukkah gli adulti si
ritrovavano in una sala adiacente per un momento conviviale organizzato
dalle mamme bolognesi. Un momento estremamente proficuo, sottolinea
Menasci. “Sono stati in tanti a contribuire con il loro prezioso
sostegno. Un ringraziamento particolare oltre ad Alberto e Giordana
Servi di Firenze che mi hanno aiutato in cucina – conclude – intendo
rivolgerlo a Clelia Piperno Sermoneta, moglie del rabbino capo, alla
segretaria della Comunità ebraica Cristina Lanternari Carpi, al
presidente Adei Ines Miriam March, a Tullia Marach e alla coordinatrice
Deborah Romano Menasci, tra i motori dell'iniziativa insieme a sua
madre”.
Qui Bologna – La festa della luce
Hanukkah
all'insegna della partecipazione a Bologna. La prima sera, motzae
shabbat, dopo la tefillà e l'accensione della hanukkiah, che hanno
visto il Tempio pieno di gente, si è tenuta una festa in Comunità con
la partecipazione di molti bambini e adulti. Alcune signore hanno
preparato e offerto dolci tipici. Martedì pomeriggio, in occasione
delle lezioni al gan e al Talmud Torah, si è tenuta, oltre a una mia
lezione, una nuova festa alla quale hanno partecipato tutti i bambini
insieme, grandi e piccoli. Giovedì sera è stata organizzata una serata
in mensa, da Vittorio Sermoneta, con gli studenti israeliani assieme ai
ragazzi della kehillah. Il cloù è stato domenica a pranzo dove, grazie
all'iniziativa del nostro consigliere David Menasci, si è tenuta una
braciata che ha visto la partecipazione di nostri correligionari
provenienti da tante altre Comunità di Italia. Il tutto parallelamente
a un'iniziativa dei Centri Giovanili, che hanno organizzato, con i loro
madrichim, un'attività che ha visto la presenza di moltissimi bambini
di altre realtà ebraiche nazionali. La festa di Hanukkah è conosciuta
come la vittoria dei "pochi su molti” ('al ha nissim: "rabim be jad
me'attim"). Grazie al Cielo, anche le piccole Comunità, che hanno la
caratteristica di un numero minore di iscritti, hanno potuto vedere
molte persone riunite gioire insieme per celebrare questa importante
occasione. L'augurio è che il prossimo anno si possa raccogliere un
numero di persone ancora maggiore e illuminare nuovamente il volto
dell'ebraismo e nel caso specifico, dell'ebraismo italiano, considerato
una "minoranza nella minoranza".
Rav Alberto
Sermoneta, rabbino capo di Bologna
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"Il Consiglio Ucei deve fissare la linea politica" |
Le Consigliere Elvira Di Cave e Barbara Pontecorvo hanno fatto pervenire alla redazione la seguente nota:
In
relazione all’articolo apparso su Moked il 17 dicembre scorso, nel
quale si fa espresso riferimento ad una mozione da noi presentata e
successivamente ritirata, ci teniamo a precisare e chiarire il
significato di quel documento (il cui contenuto è stato oggetto di
altra discussione in Consiglio), che riteniamo di grande importanza, e
che certamente produrremo nuovamente in altra seduta. Vorremmo, per
inciso, chiarire che il documento non è stato ritirato, bensì non è
stato sottoposto alla votazione del Consiglio (che, a fine seduta, era
in via di scioglimento), così come non era stato sottoposto a votazione
il documento contenente le dichiarazioni del Presidente Gattegna.
L’ultimo Congresso dell’UCEI tenutosi nel 2010, ha creato un profondo
cambiamento per quanto riguarda il potere decisionale di questo Ente,
rimesso interamente al Consiglio nel quale siamo state elette (Art.43,
I comma, dello Statuto:“Il Consiglio assume le deliberazioni necessarie
per il raggiungimento dei fini dell’Unione”). Gli ultimi accadimenti
storici, la pressante crisi economica, il preoccupante scenario
internazionale con l’isolamento diplomatico dello Stato di Israele ed
il voto delle Nazioni Unite riguardo alla questione palestinese, in un
contesto ancor più grave di crescente antisemitismo, ci hanno fatto
avvertire la necessità che il Consiglio, nell’esercizio delle sue
funzioni, detti la linea programmatica dell’Unione su questi temi
vitali. Ci
viene eccepito, con una evidente incomprensione del nostro pensiero,
che la parola nei comunicati ufficiali su questi temi spetti unicamente
al Presidente, consultata la Giunta. Ciò
che noi vogliamo esprimere è cosa ben diversa. Lungi da noi dal pensare
che ogni qualvolta il Presidente parli debba consultarsi con 52
componenti dal Consiglio, ma che il Presidente si attenga, nelle sue
dichiarazioni, alla linea politica e programmatica espresso dal
Consiglio è, a nostro avviso, dovuto (Il Consiglio “esprime valutazioni
e delibera mozioni su questioni di rilevante importanza aventi comunque
riflessi sull’ebraismo italiano” : Art.43 lett.k). In altri termini,
come il Presidente del Consiglio italiano, nei sui discorsi, non può
non attenersi al programma di governo, così il Presidente dell’Ucei
dovrà attenersi all’indirizzo politico espresso dal Consiglio.
Trasportando questo esempio nella nostra realtà, ci domandiamo: qual è
il “programma di governo” dell’UCEI? La risposta è inequivocabile: è
quello che esprimerà presto il Consiglio (e che non ha finora potuto
fare perché da poco insediatosi) e che noi abbiamo con il nostro
documento sollecitato.
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Carceri
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Bernardo Provenzano è stato
operato al cervello nei giorni scorsi e attualmente si trova in coma
farmacologico. Se ci pensiamo, è una notizia che dovrebbe renderci
orgogliosi: uno dei boss più efferati della mafia, un criminale feroce
e sanguinario che può godere del massimo livello di cure sanitarie e
assistenza medica. Sebbene tutto ciò possa provocarci una dose di
diffidenza – ma come, le nostre tasse pagano la salute di Provenzano? –
sono proprio queste situazioni a definire la civiltà di un paese. La
responsabilità nei confronti di chi è privato dei diritti è maggiore.
Proprio da qui occorre partire per comprendere e poi sostenere la
battaglia solitaria ed eroica di Marco Pannella. Mentre tutti parlano
d’altro, si occupano di liste e spread, questo vecchio combattente si
ostina a ricordarci ciò che fingiamo di non sapere. Che le carceri
italiane sono indegne di un paese sedicente civile, che se è marcio
l’ultimo anello della catena anche gli altri sono a rischio. Nelle
prigioni italiane si moltiplicano i casi di suicidio (anche tra le
guardie), cresce la percentuale di immigrati e tossicomani, si attesta
quasi al 50% la quota di detenuti in attesa di giudizio. Un’autentica
vergogna.
Sui luoghi di detenzione (anche CIE, CARA, OPG) si scaricano tutte le
contraddizioni di una giustizia che non funziona, di una società che
tende a confinare il disagio sociale, di una macchina amministrativa
spesso inefficiente. Solo che questi disservizi riguardano la vita
delle persone. Ma anche la nostra. Possiamo ignorare ciò che accade nei
bassifondi del nostro mondo ma, come sa qualunque medico, se il veleno
è inoculato prosegue la sua strada. E il virus dell’ingiustizia e
dell’illegalità può colpire chiunque. Grazie, e forza, Marco.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi
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Storie - Il «marrano» che
finì ad Auschwitz |
Nella
prima edizione del 1905 del suo celeberrimo «Dizionario moderno»
Alfredo Panzini definitiva «marrano» l’ebreo convertito al
cristianesimo, «poco fidato perché in segreto fedele al giudaismo». Un
termine usato in senso dispregiativo e che era rivelatore di una certa
dose di antisemitismo già presente nella cultura e nella società
italiana del primo Novecento. L’utilizzo in senso dispregiativo fu
accentuato alla fine degli anni Trenta, quando diversi ebrei italiani o
residenti in Italia, prima e dopo l’approvazione delle leggi razziste
di marca fascista, si battezzarono, oppure ancora minorenni furono
battezzati dalle famiglie, non certo per solide convinzioni religiose
ma nel solo intento di sfuggire alle persecuzioni. Un’illusione, perché
l’antisemitismo aveva radici biologiche più che fideistiche o
spirituali. E tanti ebrei convertiti finirono ugualmente ad Auschwitz.
Una
di queste storie, come scrive Luigi Accattoli nel suo blog, è
raccontata da Bruno Bartoloni, vaticanista di lungo corso per il
Corriere della Sera, nel libro «Le orecchie del Vaticano» (Mauro
Pagliai editore, pp. 252). Figlio di un giornalista italo-argentino
(anche lui corrispondente dalla Santa Sede) e di un’ebrea tedesca,
Bartoloni narra che il «nonno Fritz divenne un “marrano” insieme a mia
nonna Hilde nella speranza di salvarsi. Avevano seguito l’esempio di
mia madre Marianne che per potersi sposare con mio padre si era fatta
battezzare dal cardinale Eugenio Pacelli (…). Si fecero battezzare ma
so per certezza che fu per necessità. Fui battezzato anch’io per la
stessa necessità e non certo per mia scelta.
Dopo l’occupazione di
Roma da parte dei tedeschi, il nonno Fritz per intercessione del
Vaticano si nascose presso i collegi pontifici, nelle vicinanze di
Santa Maria Maggiore. Lì fu catturato dalla banda Koch nel corso della
retata del dicembre 1943, che portò al fermo di alcuni oppositori
politici e di alcuni ebrei, poi deportati dai nazisti in Polonia.
Bartoloni riassume così il suo dramma: «Lo sfortunato Fritz Warschauer
dovette fuggire da Berlino perché ebreo, si dovette nascondere a Roma
perché ebreo, trovò un rifugio perché cattolico ma fu preso come
“politico” e morì ad Auschwitz bollato due volte con il duplice marchio
di ebreo e di oppositore politico». Un dramma individuale che ha spinto
il nipote a «recuperare con orgoglio il nobile titolo di marrano»,
facendo coincidere con il 7 luglio 1944 il giorno della sua
integrazione «in questa sospetta categoria». Infatti fu proprio in quel
giorno, «voglio credere al tramonto», che il nonno materno di Bruno, il
tedesco Fritz Warschauer, morì di stenti nel blocco 19 di Auschwitz.
«Da quel 7 luglio dunque sono tornato a essere un ebreo, anche se
marrano come mio nonno. Recuperare l’identità ebraica mi è sembrato un
piccolo contributo di riparazione ideale all’intreccio di violenze e di
ingiustizie delle quali mio nonno è stato vittima, compresa la
mortificazione di farsi battezzare, spinto dal ricatto di una possibile
sopravvivenza».
Mario Avagliano twitter @marioavagliano
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
A confronto sull'informazione
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Leggi la rassegna |
Appuntamento
dedicato all'informazione questa sera al Centro Bibliografico
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un'occasione di incontro,
organizzata dalla lista Binah e dal titolo “Redazione aperta...anche di
notte!”, per confrontarsi sui media UCEI direttamente con
il coordinatore del dipartimento Informazione e Cultura Guido Vitale e
con i componenti della redazione di Pagine Ebraiche e del portale
dell'ebraismo italiano. I lavori avranno inizio alle 19.30.
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“Caro Sindaco non
servono slogan ma iniziative concrete per la pace”. È questo l’appello
che lancia, dalle pagine del Mattino, il rabbino capo di Napoli Scialom
Bahbout al sindaco Luigi De Magistris che ha invitato il presidente
palestinese Abu Mazen nella città partenopea per conferirgli la
cittadinanza onoraria.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono
rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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