Questo giovedì Benedetto XVI
metterà in pratica il suo progetto di abdicazione e tutti ci domandiamo
cosa abbia causato una decisione così grave e inusitata. Alcuni
giornali sempre affamati di sensazionalismo hanno sostenuto che la
causa è da ricercarsi fra gli scandali causati dai preti pedofili.
Credo che la causa prima vada ricercata nelle vicende dello Ior, la
Banca del Vaticano, e la impossibilità papale di ristabilirvi l'ordine
che deve regnarvi. Non è escluso che le forze oscure abbiano anche
esercitato pressioni sul papa per riuscire nel loro intento. La storia
non si ripete ma viene alla mente quanto avvenne nel 1978 quando papa
Luciani, Paolo Giovanni I, rimase in carica solo 33 giorni e morì
misteriosamente. Uno scrittore americano, David Yallop, dedicò un
libro, «In God`s name», alla vicenda che forse può dare qualche
indicazione perfino oggi. Secondo la fantasia dello scrittore la loggia
massonica P2 era coinvolta nella faccenda, la Mafia usava lo Ior per i
propri loschi affari in combutta con monsignor Marcinkus che copriva le
operazioni. Qualche anno dopo, il 17 giugno 1982, il cadavere del
banchiere Calvi penzolava dal ponte Blackfriar a Londra. La faccenda
attuale non è identica. Nel maggio 2012 il Presidente dello Ior, Ettore
Gotti Tedeschi, nominato da Benedetto XVI, viene destituito dalla
carica e il papa è costretto ad accettare le dimissioni. Gotti dice
«Pago per la legge antiriciclaggio» e aggiunge di aver scritto un
memoriale poiché teme per la sua vita. Dettaglio da ricordare poiché
non è escluso che chi minacciò Gotti, abbia minacciato anche il papa.
Questa sarebbe la spiegazione vera dell'abdicazione. L'anno scorso due
libri importanti sono stati pubblicati sull'argomento. Il primo di
Gianluigi Nuzzi, «Sua Santità » e il secondo di Maria Antonietta
Calabrò e Gian Guido Vecchi «I segreti del Vaticano». Rimando quindi i
lettori a questi due volumi molto ricchi di documentazione. Non è così
che avremmo voluto dire addio a Benedetto XVI ma il fatto importante
anche per gli ebrei è che resti in buona salute e possa al riparo nel
suo rifugio continuare a produrre i suoi studi sulla scia della
trilogia su Gesù.
Sergio
Minerbi
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Meghillath di Ester:
"scoprire il Nascosto" |
A differenza di Chanukkah,
Purim è la festa della proclamazione del miracolo nascosto. La
Meghillath Ester ci insegna a "scoprire il nascosto". Riscoprire colui
che è Nascosto. Nella Meghillà non compare mai il Nome di D-o, ma se ne
coglie la presenza nascosta dietro al "pur" ("goral", sorte, caso). Per
scoprire la presenza divina nella storia di Purim è necessario
srotolare completamente la Meghillà davanti a sé prima di cominciare a
leggerla, ed è necessario leggerla ininterrottamente dall'inizio alla
fine senza perdere l'attenzione, nemmeno per una sola parola. E ci si
accorge che dietro le "sorti" nulla è casuale. Il D-o della Storia è
nascosto dietro la storia. Così è anche la nostra vita, qui ed ora. Il
momento presente ci sfugge costantemente. In ebraico il verbo essere al
presente non esiste. Per riscoprire la presenza divina nel corso della
nostra vita, dobbiamo "srotolare" il "rotolo" della nostra vita passata
e ripercorrerlo, a posteriori, dal principio, facendo attenzione alla
causalità degli eventi, che non è affatto casualità. Solo in
questo modo possiamo scoprire il senso di tutto quello che ci accade e
scorgere dietro il velo della casualità la presenza di D-o. Ecco il
senso della risposta di D-o a Moshè: "farò grazia a chi vorrò far
grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia ... nessun
uomo può vedermi e restare vivo ... e vedrai le mie spalle (achorai),
ma il mio volto non si può vedere". Il volto di D-o è nascosto dietro
la cortina della Storia (Ester Panim). Ma lo possiamo percepire "dal di
dietro", a posteriori, osservando con attenzione il "rotolo" della
nostra vita.
Paolo
Sciunnach, rabbino
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La Memoria, gli oggetti
da museo |
I coniugi Franz e Anna Bial,
deportati e uccisi a Minsk nel 1942, avevano raccolto tre pacchetti di
giocattoli, ninnoli, oggetti e ricordi che avrebbero dovuto raggiungere
la figlia Lilly, precedentemente portata in salvo in Inghilterra da un
Kindertransport. Uno di questi pacchetti è conservato al Museo ebraico
di Vienna. Reca il seguente indirizzo: “Dr Franz e Anna Bial/ deportati
il 27 maggio 1942/ terzo pacchetto/ alla figlia Lilly Bial, nata nel
1926/ passata in Inghilterra nel 1939”. La confezione ha potuto
raggiungere la sua destinataria? Sì, ma solo nel 2004 e solo con
l’ausilio dei nostri moderni motori di ricerca e grazie alla
perseveranza di una studiosa svizzera appassionatasi a questo oggetto.
Indescrivibile è il groviglio di emozioni con cui, nel 2004 , Lilly,
che si era sforzata per tutta la vita di allontanare la tragica memoria
del suo passato, aprì la sua scatola di ricordi d’infanzia. La vicenda
è narrata da Felicitas Heimann-Jelinek, ex curatrice del Museo ebraico
di Vienna in Neglected Wittnesses. The Fate of Jewish Ceremonial
Objects During the Second World War and After, a cura di Julie-Marthe
Cohen e della stessa Felicitas (un saggio di Paola Bertilotti è
dedicato all’Italia). Veniamo così a sapere che la scatola Bial, donata
poi da Lilly allo stesso Museo in cui era stata così a lungo
conservata, è diventata parte essenziale del lavoro che lo staff
intraprende con le nuove generazioni. Testimonianza di un’adolescenza
bruscamente interrotta, di una tragedia familiare e collettiva, la
scatola Biale attraversa la storia per mettere l’indice, scrive
l’autrice del saggio, sulla “disumanizzazione”. È un esempio di quanti
siano, o possano essere, i messaggi racchiusi in un “oggetto da museo”.
Myriam
Silvera
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Ticketless - Ragazzi che invecchiano
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Scrivo
questo Ticketless in treno, a urne aperte. Per fortuna mi trovo lontano
dalla Stazione Centrale e da Milano dove in queste settimane di
campagna elettorale si è fatto gara a chi la sparava più grossa. Non
sono in grado di verificare se l’esito delle votazioni sarà un nuovo 25
aprile, come Dario Fo, in colbacco “purimesco”, ha auspicato in Piazza
Duomo prendendo parte al comizio di Grillo. La Liberazione che il
ragazzo Fo auspicava nel 1943 era altra cosa rispetto a quella per la
quale morivano i partigiani. Per fortuna non sono invecchiati tutti
allo stesso modo i ragazzi di Salò. Roberto Vivarelli chiude in queste
settimane con il terzo tomo, presso il Mulino, la sua imponente “Storia
delle origini del fascismo”. Circa un migliaio di pagine, dimostrazione
concreta di come uno storico serio sappia fare, se vuole, i conti con i
propri giovanili errori. Considero Vivarelli uno dei maggiori studiosi
del fascismo. Lo avevano già notato, senza pregiudizi ideologici,
Sandro Galante Garrone e Silvio Ortona, partigiano comunista ebreo, che
nella battaglia di Masino (1944) si era trovato a combattere contro i
giovani repubblichini. Anni fa, Vivarelli mise fuori una memoria
autobiografica che suscitò reazioni indegne di un paese civile. “Il
manifesto” uscì con una recensione che avrebbe potuto essere firmata da
Farinacci. Silvio Ortona scrisse invece, pochi mesi prima di morire, un
articolo indimenticabile. Di Vivarelli il Mulino sempre in questi
giorni stampa una lezione tenuta in occasione del 150.mo anniversario
dell’Unità d’Italia (“Italia 1861”). Ritengo che la lezione possa
essere utile a chi s’occupa di storia degli ebrei nell’800. Trenta
pagine dove si descrive la fragilità di noi italiani, la difficoltà che
sempre abbiamo dimostrato a diventare cittadini liberi, la nostra
leggerezza nel lasciarci incantare dagli incantatori di ieri e di oggi.
Alberto Cavaglion
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Il giorno dopo
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All’indomani delle elezioni,
e del loro alquanto inatteso esito, appare assai diffuso, tra i
cittadini italiani, un senso di grande incertezza, smarrimento, quando
non, addirittura, di paura. L’incertezza di chi, dopo mesi di aspra
competizione, non vede altro approdo se non quello di un Paese
ingovernabile, in un quadro di generale livore, frustrazione e
confusione; lo smarrimento di chi poco sa delle prossime mosse dei
competitori, e spesso anche di quelle della propria parte; la paura che
il futuro possa essere ancora più fosco e spinoso del già tanto
affannoso presente. Delusione, amarezza, recriminazione abbondano tra
le fila di coloro che, sia pur di poco, hanno vinto, mentre baldanzosa
soddisfazione, invece, quando non vera e propria euforia, animano
coloro che paiono invece destinati a un ruolo di opposizione. E già
questo dà il segno, in modo assai eloquente, del carattere frustrante,
implosivi, irrazionale dell’esito della competizione. Una maggioranza
sconfitta e un’opposizione trionfatrice: l’eterna anomalia italiana si
arricchisce di una nuova chicca, una perla non di coltivazione. Sarà
possibile recuperare, o costruire, nelle nuove Camere, pur nelle
differenti posizioni assegnate ai vari partiti e movimenti, un minimo
di linguaggio comune, di condivisione di valori di fondo, di senso di
appartenenza a una comunità? Sono domande a cui appare difficile
rispondere. O, forse, si preferisce non rispondere, per non dare una
risposta sincera.
Per quanto riguarda la difesa dei valori di libertà, laicità,
pluralismo, rispetto della dignità umana – al cui interno, a nostro
avviso, si inscrive la salvaguardia della tutela e della crescita dei
valori dell’ebraismo -, anch’essa pare poggiare, oggi, su un terreno
instabile, sdrucciolevole. Così come la solidarietà e l’amicizia verso
lo Stato d’Israele, che, alquanto tiepida nel disciolto Parlamento,
potrebbe verosimilmente risultare, nel nuovo quadro politico,
ulteriormente ridimensionata. Un augurio sincero di buon lavoro a tutti
i parlamentari, anche a coloro che, per la loro provenienza politica,
avrei preferito non fossero eletti. Congratulazioni, in particolare,
agli eletti ebrei, e un sentito ringraziamento a coloro (come in
particolare, Fiamma Nirenstein) che, dopo un eccellente lavoro svolto
nella precedente legislatura, hanno scelto di tornare alle loro
professioni. E un apprezzamento, per avere accettato di mettersi in
gioco in un momento così difficile, anche a tutti coloro che, in
quest’occasione, hanno mancato l’obiettivo (fra cui, in particolare, mi
permetto di menzionare la giovane Sharon Nizza, che avrebbe certamente
dato un grande contributo tanto come italiana quanto come israeliana, e
la cui candidatura è stata fatta oggetto di critiche che mi sono
sembrate, francamente, ingiuste).
Francesco
Lucrezi, storico
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In Israele fiori di plastica riciclata
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Fiori
colorati, gialli, rossi e blu, rallegrano le aiuole della riviera
israeliana. Sono fiori di materiale di scarto. A inventarli è stata la
fantasia di Orly Rostoker, designer e musicista. "Sognavo piante che
potessero non appassire mai - racconta - così ho pensato di crearle con
vecchi libri, carta e plastica. Mio padre mi diceva sempre che quello
che per alcuni è uno scarto, per altri è un tesoro. Penso sia proprio
questo il caso". Nella piccola impresa di Orly, la RB Green Design di
Tel Aviv, lavorano anche persone disagiate e le tinture utilizzate per
colorare i fiori arrivano da aziende in zone periferiche, dove le
imprese hanno più difficoltà. Per far bene alla natura, ma anche alle
persone.
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Molte
testate oggi parlano di quello che in parecchi temono possa essere
l’inizio di una terza intifada: Il Foglio, a firma di Giulio Meotti,
racconta come la morte di un palestinese in una cella di custodia dello
Shin Bet abbia innescato una protesta popolare massiccia, inizialmente
non violenta.
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