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  10 marzo 2013 - 28 Adar 5773
l'Unione informa
ucei 
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alef/tav

Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino


"E Mosè riunì tutta la comunità dei figli di Israele". Rashi interpreta: fece in modo, con le sue parole, che il popolo si riunisse; con le parole e non "con le mani". Questa è la forza del grande leader, a condizione che sappia che le parole devono avere forza in quanto parole; non come sostituzione delle mani.

David Bidussa, storico sociale
delle idee
   

"La sinistra italiana e Israele" è il tema che animerà un confronto domani sera a Milano nell’ambito del ciclo di iniziative promosse da Kesher e a cui parteciperanno  Fiamma Nirenstein, Paolo Mieli, Stefano Jesurum. Oratori di qualità, indubbiamente serata che sarà di rilievo. Ma mi chiedo: perché non costruire un appuntamento dal titolo “La destra e gli ebrei”? Una serata in cui il tema non sia che la destra è amica di Israele e la sinistra non lo è più, ma raccontasse che cosa oggi fa convergere destra e mondo ebraico e fa sentire gli ebrei a casa nella destra. Se prima la convergenza con la sinistra si riconosceva intorno all’idea di libertà o in quella di eguaglianza, qual è il valore che rende oggi più attraente la destra? Mi piacerebbe che me lo raccontasse non qualcuno che è diventato di destra perché deluso della sinistra, ma qualcuno che all’origine era di destra, anche quando non c’era il feeling di simpatia tra destra ed ebrei, Non solo, ma anche esponesse, come si confronta, stando a destra, con l’antisemitismo diffuso a destra e,pur con la presenza di quel sentimento e di quella convinzione, ritiene che valga la pena stare a destra.

davar
Yom HaTorah - Italia ebraica unita nello studio
Da Merano a Napoli, da Genova a Trieste: l'Italia ebraica festeggia in queste ore la seconda edizione di Yom HaTorah, la giornata dedicata allo studio della Torah organizzata dal dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in memoria di rav Raffaele Grassini e con tema "Non cercate di indovinare il futuro e non fate magia".
(Nelle immagini due momenti significativi della mattinata, a Roma e a Milano)
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Israele – Accordo per il governo forse nelle prossime ore
Dopo serrati negoziati nella notte tra sabato e domenica sembra vicina la definizione dell'accordo per la nascita del nuovo governo israeliano. Mentre trapelano i nomi di alcuni ministri, Netanyahu saluta e ringrazia il governo uscente.
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Naor Gilon alla Caritas per la Giornata delle buone azioni
Si chiama Ruach Tovà ed è la giornata delle buone azioni nata nel 2007 in Israele su impulso di Shari Arison. Da quest'anno l'iniziativa è arrivata in Italia con il coinvolgimento dell'ambasciatore Gilon e di numerosi funzionari e dipendenti dell'ambasciata ritrovatisi questa mattina presso i locali della Caritas di Roma per dare assistenza a centinaia di persone.
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Qui Pisa – La sfida delle donne per i diritti
Per celebrare la ricorrenza dell’8 marzo a Pisa è stato realizzato un convegno presso la Procura della Repubblica promosso dal Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica locale in collaborazione con il Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati. Il titolo dell’incontro, La sfida delle donne per i diritti – Dialogo tra l’ordine giuridico ebraico e lo Stato italiano
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Isa Corinaldi De Benedetti (1936 – 2013)
È mancata all'età di 77 anni Isa Corinaldi. Di origine padovana, aveva fondato e presiedeva dalla nascita la Fondazione Arte Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale Onlus. A dare notizia della scomparsa la figlia Claudia, attuale consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e già vicepresidente UCEI.
“A Claudia e a suo fratello Mario voglio trasmettere il cordoglio e la partecipazione al dolore di tutto il Consiglio. Della madre, persona squisita che tanto ha fatto per la diffusione dei valori e della cultura ebraica nel Piemonte, ricordo l'eleganza innata e la raffinatezza nei modi. Che la terra le sia lieve”, afferma il presidente dell'Unione Renzo Gattegna.
I funerali si sono svolti nella tarda mattinata ad Asti. Questa sera, al termine di Yom HaTorah, il rabbino capo di Torino rav Eliahu Birnbaum reciterà un kaddish in sua memoria.


pilpul
Orizzonti privi di gloria
I pensieri e, soprattutto, le preoccupazioni per l’esito delle elezioni son ben lungi dall’essere cessati. Al timore, fondato, che si possa a breve tornare alle urne, al riscontro che l’instabilità sembra essere divenuta una costante del nostro sistema politico, più in generale al riscontro della debolezza in cui versa il nostro paese si accompagnano nuovi e pressanti interrogativi sulla natura dei soggetti che si stanno affacciando sulla scena politica. Soggetti, detto per inciso, che paiono destinati a capitalizzare gli esiti del diffuso malcontento che, ben lungi dall’essere sedato, rischia ora di montare ancora di più. Sulla cecità di una classe politica, la nostra, drammaticamente autoreferenziata e sostanzialmente avulsa, nonché indifferente, alle condizioni in cui sempre più spesso molte famiglie italiane si trovano a dovere cercare di sopravvivere, già si è detto e ancora si avrà modo di dire. Non di meno, riguardo alle crescenti responsabilità di un’Unione europea sempre più ottusamente trincerata dietro la sua concezione tecnocratica e asociale (quasi a volere rimarcare un’eterogenesi dei fini, laddove quello che doveva essere l’obiettivo per cui era stata costituita, la creazione di una cittadinanza sociale europea, parrebbe essersi ribaltato nel suo opposto, ossia in una serie di pratiche d’esclusione), ci si soffermerà ancora, a patto che alla fine della traiettoria che stiamo vivendo non ci sia la morte  dell’Europa medesima come entità politica. Detto questo, rimane il panorama nazionale. Che lascia quanto meno perplessi. Un quarto dell’elettorato ha scelto per un movimento – tale vuole farsi chiamare, rifiutando l’etichetta di partito, e con esso, parte delle sue procedure tipiche – che ancora una volta dice di essere innovatore, promettendo una rigenerazione del nostro paese. È plausibile che, qualora dovessimo tornare a breve alle urne, questa formazione politica conosca ulteriori successi. Alla sorpresa per la novità, vista anche la sua traiettoria atipica, registrando un repentino incremento di consensi nel volgere di un paio d’anni, si sono sommati dubbi e interrogativi che, allo stato attuale delle cose, non hanno trovato risposta. E che, in tutta plausibilità, non ne troveranno, almeno non a breve. La forza propulsiva della lista di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, il primo un attore comico il secondo un imprenditore nel mercato delle comunicazioni, sta proprio nel non fornire mai risposte univoche, lasciando volutamente in sospeso i quesiti. Alle domande su come intendano tradurre il peso politico, che oramai vantano, in un programma politico sostenibile e realizzabile sostituiscono la reiterazione dell’invettiva contro l’intero sistema politico. In tale modo non si chiudono alle spalle, aprioristicamente, le porte del più ampio consenso, laddove questo dovrebbe essere, nelle loro aspettative, così copioso da permettere di rivoluzionare il sistema politico e, in stretta relazione, quello amministrativo italiani. Punti peraltro di partenza, si presume, verso ulteriori mete. In questo calcolato “vuoto programmatico”, che fa il paio con l’esplicito sincretismo ideologico di cui le dichiarazioni degli eletti, degli affiliati, e di una parte degli elettori, ne sono una chiara espressione, a partire dalla banalità per cui destra e sinistra sarebbero categorie che non funzionano più (una semplificazione tipica delle destre, peraltro), si sommano singoli atteggiamenti e prese di posizione che inquietano. Precedentemente alla tornata elettorale le aperture a Casapound, movimento dalla chiara matrice fascista, come tale orgogliosamente rivendicata, e a seguire le affermazioni di Roberta Lombardi, nominata con una singolare procedura, capogruppo alla Camera, sul fatto che il fascismo "prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia", hanno sollevato preoccupazioni e riserve. Che nella lista ci siano anime diverse, per così dire, è fatto scontato. Il Movimento cinque stelle trae infatti la sua forza dall’essere, nel medesimo tempo, una ibridazione tra posizioni diverse e nel presentarsi come forza di rottura. Che esso sia stato votato anche da italiani che si collocano nell’area della destra radicale, è non meno plausibile. Lo stresso Grillo ha più volte ribadito il carattere  plurale (ma non pluralistico, essendo una struttura fortemente verticistica, senza organismi di mediazione al suo interno) del suo movimento politico. Tuttavia, per quanto ci riguarda, al di là dell’esercizio, un po’ rituale ad onore del vero, quello dell’interrogarsi su quanto ci possa essere di “fascistico” nel discorso politico dei suoi esponenti, varrebbe forse la pena soffermarsi su altri aspetti, spostando un po’ più in là il fuoco dell’attenzione. Dal che si desumono alcune cose, a partire dalla recente polemica sull’articolo 67 della Costituzione, quello che vieta il mandato imperativo. La concezione della democrazia che alberga nei paraggi del raggruppamento grillino è infatti extra-costituzionale, ovvero al di fuori di quelli che sono i dettami, sostanzialmente condivisi, anche se con frequenti torsioni, dalle forze politiche di maggioranza e di minoranza che si sono succedute dal 1948 in poi. Il richiamo stesso ad una concezione  di democrazia diretta, esercitabile attraverso il web (la prassi sarà però ben altra cosa, quando si dovranno fare i conti con la realtà), è fatto a sé rispetto all’idea, molto più articolata, di un sistema di rappresentanza basato sulla complessa articolazione di poteri, laddove la sovranità popolare si esprime anche per il tramite della loro mediazione e comunque sempre in presenza fisica (leggasi: visibile) dei poteri e dei loro attori. Segnatamente, un’idea di tal genere già l’avevano espressa, ma con forza e impatto ben diverso, i radicali, limitandola tuttavia alle attività del loro partito. Chi frequenta abitualmente la rete (quella rete che Grillo e Casaleggio indicano come lo strumento di elezione per la politica a venire e, quindi, come nuova frontiera del vivere comune), sa che valutare la congruenza delle informazioni è molto più difficile che altrove, essendo queste sovrabbondanti e ridondanti, venendo fruite senza filtro, equivalendosi indipendentemente da qualsiasi codice di interpretazione ed essendo soggette a fenomeni di diffusione virale. Chiunque non abbia una solidissima preparazione al di fuori della rete è quindi incapace di distinguere fra l'informazione complessa, che analizza le situazioni, la bufala, o addirittura la tesi millenarista. In tale contesto vanno quindi interpretate le reazioni di Beppe Grillo quando i militanti di Casapound gli chiesero: "sei antifascista?"", domanda alla quale rispose senza scomporsi: "Questo è un problema che non mi compete. Questo è un movimento ecumenico. Se un ragazzo di Casapound vuole entrare nel Movimento 5 Stelle e ha i requisiti, può farlo", per poi concludere: "Più o meno avete delle idee che sono condivisibili. Certe di più, altre di meno. Questa è democrazia". Dal punto di vista dell’attore genovese l’antifascismo – e quello che esso comporta in termini di autocoscienza collettiva – non è più una discriminate di fondo. La democrazia è “altro”, una dimensione perlopiù giacobina, e non deve necessariamente confrontarsi con la drastica e tragica eredità dell’esperienza storica mussoliniana nel nostro paese. Semmai, si lascia presagire, deve liberarsene, trattandosi di un fardello oramai anacronistico. Dopo di che, più che chiedersi se in ciò ci siano elementi di filo-fascismo, varrebbe la pena di ribaltare la logica, domandandosi quanto volutamente difetti l’antifascismo. Poiché questo discorso, che non rinvia solo ad una cultura politica, diventa semmai l’indice del rapporto che si intrattiene non solo con alcuni aspetti della storia nazionale ma con la storia in quanto tale. Dietro l’angolo c’è infatti il fantasma del complottismo come grande motore degli interessi occulti; uno spettro che nelle proposte semplificatorie che ispirano le idee del grillismo, fa da comoda interfaccia al sorprendente candore con il quale molte di esse vengono espresse, non tanto dal leader quanto dai suoi sostenitori. Il primo dato che traspare, infatti, è la dichiarata incapacità di elaborare il senso delle enormi complessità del vivere associato. Ad esse sostituisce una sorta di filosofia dell’autogestione, dove la “buona volontà”, i “sentimenti condivisi”, l’“onesta”, il viversi come “comunità” sono eletti a procedure politiche. Basterebbe la buona intenzione, in altri termini, fatto quest’ultimo che non difettava neanche a molti militanti dei movimenti totalitari del Novecento. Fino ad oggi questo atteggiamento, che ancora non si è tradotto in altro che non sia il ricorso all’urlo liberatorio, spesso scurrile, in consonanza con lo spirito populistico che alberga in Italia da almeno vent’anni, ha premiato politicamente la lista. E lo farà, presumibilmente, nei tempi a venire. Più di tanto, tuttavia, da sé non potrà dare. Poiché la complessità delle relazioni nelle quali ognuno di noi è inserito si riprenderanno da sé la loro rivincita. Ed allora i casi potrebbero essere due: o ci si risveglia dal torpore un po’ infantile, quello che rifiuta la realtà sostituendola con la proiezione delle proprie fantasie, nel qual caso il movimento di Grillo e Casaleggio si sgonfierà da sé, non senza però avere fatto pagare un ulteriore pedaggio ad un’Italia che sta rischiando molto; oppure, il messianismo che traspare tra le righe, potrebbe prendere il sopravvento, sostituendosi, come una sorta di religione laica, al deficit collettivo di progettualità politica. Con conseguenze, in quest’ultimo caso, imprevedibili. Un nodo centrale sarà il rapporto con l’ampia ramificazione di poteri diffusi, quelli che non sono eletti ma che interagiscono abitualmente con gli organismi elettivi e che concorrono a prendere le decisioni così come ad orientarne gli effetti. Senza la convergenza di intenzioni (e risultati) con essi ben poco al politico, oggi come nel passato, è stato concesso. Nella stessa misura, quindi, gli risulterà concretamente possibile fare qualcosa nel futuro se dai discorsi di mera rottura passerà alle mediazione. L’intenzione di bypassarli, ad esempio affrontando il problema del ruolo dell’Unione europea o della moneta unica con referendum plebiscitari, è al limite del grottesco, destinata com’è a scontarsi contro il solido muro degli altrui interessi. Ed è proprio su questo piano che si misurerà la sostanza  - e la sostenibilità – del grillismo. Che sta seguendo la traiettoria tipica di tutti quei movimenti a fondamento palingenetico, ovvero che promettono di riformare il mondo alle sue radici, semplificandolo, ma che passo dopo passo debbono poi assestarsi alla guida di qualcosa, divenendo essi stessi istituzioni. La tradizione politica italiana ci dice che essi o si sono ibridati, come nel caso della Lega, costruendosi una rendita di posizione e scendendo quindi a compromesso con il già esistente, oppure si sono dati la veste di regime, distruggendo le articolazioni dei sistemi liberali. La terza via, quella dell’implosione, diventa possibile se trovano competitori all’altezza della sfida, fatto che oggi sembra però mancare. Il vero rischio, quindi, sta in questa dinamica, dove alla crisi della rappresentanza tradizionale si contrappone un atteggiamento di sistematica rottura degli equilibri repubblicani e costituzionali. Il problema, va da sé, si intreccia strettamente con il perdurare di una crisi economica i cui pericolosi effetti potrebbero amplificare, e di molto, le spinte più aggressive. Grillo gioca su un doppio palcoscenico, prefigurando ribaltamenti radicali degli assetti “partitocratici” e, nel medesimo tempo, affermando di essere l’unico a potere contenere la spinta eversiva che viene dal basso, incanalandola verso una nuova democrazia, basata sulla rete. Il problema non è quanto di incultura fascistica possa in ciò esprimersi ma piuttosto l’idealizzazione di una democrazia autoritaria, perché verticistica, in cui l’apologia del web si accompagna alla distruzione della ramificazione dei poteri rappresentativi, di cui il Movimento cinque stelle, dietro un’apparente genuinità di intenzioni, potrebbe rivelarsi il vero esecutore terminale.

Claudio Vercelli, storico

Nugae - Dolci illusioni
Se un’amica torna da Vienna con una Sacher, porta molto più che un semplice souvenir o un illustre dessert. È una specie di gioiello, un oggetto intriso di un senso di magia. E non c’è nemmeno bisogno di essere golosi, perché che la torta sia buona, a parte essere comprovato dalla sua fama, è in realtà l’aspetto meno rilevante della storia. Tutto sta in quel suo fascino misterioso. Dovuto al fatto che la ricetta è super segreta e che si trova solo in quel posto al mondo. E che quel posto, l’Hotel Sacher, somigli tanto alla sala da ballo del castello di Cenerentola. E anche nel fatto di sapere che questa ricetta oggi così imitata sia nata per pura fortuna dal panico dell’ultimo secondo (ovvero la forma più fruttuosa d’ispirazione) di un geniale apprendista pasticcere sedicenne ebreo viennese, Franz Sacher appunto. Ma per arrivare alla torta, è come se il fortunato destinatario del regalo dovesse intraprendere un percorso d’iniziazione per immergersi completamente in quel dorato mondo ottocentesco prima di poter tagliare la prima fetta. Si parte dal sacchetto bordeaux con scritte dorate, da cui si estrae un pacchetto avvolto in una carta decorata con delle adorabili coppiette a braccetto, lui in divisa bianca e rossa, lei con un lungo abito giallo con cappello abbinato, che galleggiano passeggiando leggeri e nobili sullo sfondo sempre bordeaux. Dentro c’è una scatola di legno dagli angoli d’oro, con all’interno un’ incisione che rappresenta la facciata dell’Hotel Sacher. E ovviamente la torta, liscia e profumata, col suo sigillo cioccolatoso in bella mostra come un autografo. E poi eccola lì, la piccola brochure, il foglietto illustrativo del mondo di Sissi. Che spiega come tutti quegli incantevoli dettagli, le coppiette, gli angoli d’oro, l’incisione, proprio tutti, siano parte del paragrafo “come identificare l’originale”. In pratica, un’elegante messinscena, sembra quasi dire “ci sei cascato”. Però alla fine che importa? È come quando si ordina la tisana che si chiama Tramonto d’oriente solo perché sul menù c’è scritto che il ribes ha proprietà rilassanti, o quando si compra una costosissima penna al bookshop del British Museum solo perché viene da Londra (e perché è rosa). In realtà sotto sotto si è consapevoli di fluttuare fra le illusioni. Ma, non c’è niente da fare, il naufragar m’è dolce in questo mare.

Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
           

notizieflash rassegna stampa
Israele - Oltre 16mila alyot nel 2012
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Secondo i dati resi noti questa mattina dal Central Bureau of Statistics sono state 16 mila 577 i nuovi immigrati in Israele nel 2012. Di questi il 21 per cento è arrivato dall'ex Urss, il 15 per cento dall'Etiopia e il 14 per cento dagli Usa. Nel 2011 le alyiot erano state 16 mila 892.
 

“Medici nazisti” così il capogruppo alla Camera dei deputati del Popolo della libertà ha definito i medici che hanno effettuato la visita fiscale al leader Pdl Silvio Berlusconi medici che “inviati da un tribunale stalinista hanno emesso un verdetto disgustoso”. Ancora più grave il commento del senatore Pdl Riccardo Mazzoni, che ha parlato di “lucido tentativo di soluzione finale”









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