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19 marzo 2013 - 8 Nisan
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Nell’indicarci
le modalità dei sacrifici da compiere nel Santuario, la Torah
(Vaykrà, 2; 17) ci vieta di accompagnare le offerte con il
chametz, sostanza lievitata. Colui che porta un sacrificio deve
identificarsi con la matzah, farina non lievitata, simbolo di purezza e
di umiltà contrapposta al chametz che, viceversa, rappresenta arroganza
e superbia. A questa disposizione vi sono tuttavia due clamorose
eccezioni: il sacrificio di ringraziamento - sostituito oggi senza un
Santuario operante dalla Birkàt ha Gomèl (lo scampato pericolo) -
e l’offerta delle primizie nella festa di Shavuòt che prevedono
entrambe la compresenza del chametz. Quasi che in queste due situazioni
potessimo consentirci un po' di inorgoglimento per essere scampati a un
pericolo e per ricevere la Torah. Ma Shavuòt è anche la festa che
viene immediatamente dopo Pesakh nella quale ci è consentito di portare
il nostro chametz, da poco bandito, e comunque solo dopo che
siamo stati in grado di introiettare e di gioire della
nostra matzah. In verità la matzah non è altro che la dimensione
embrionale del chametz, e ogni chametz è una potenziale matzah che ha
indugiato troppo. Una differenza che, come il nostro ebraismo, si
misura tra impegno operoso e disimpegno passivo. Pesach è il tempo più
adatto per la solerzia.
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Dario
Calimani,
anglista
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Il
rabbino e giudice Shlomo Dichovsky, direttore generale dei Tribunali
rabbinici d’Israele e noto per i suoi responsa rabbinici autorevoli e
coraggiosi, durante l’ultimo congresso mondiale dei rabbini ortodossi
svoltosi in gennaio a Gerusalemme, ha sostenuto nel corso di un suo
intervento che si deve guardare con maggiore attenzione e apertura al
problema del gher katan – il ragazzo che voglia convertirsi in età di
Bar Mitzwah. Il giudice che è chiamato a valutare la domanda di
conversione deve stabilire delle procedure che consentano il suo
accoglimento all’interno del popolo ebraico in modo da portarlo in
occasione del suo Bar Mitzwah all’osservanza delle mizwoth e dello
Shabbath in particolare. La posizione può sembrare normale e ovvia, ma
è, per la fonte che l’ha espressa, più innovativa di quanto non sembri,
e, nei dettagli, decisamente più aperta di quanto non accada oggi in
Italia. Oltretutto, l’ha espressa un dayan, un giudice di Tribunale
rabbinico, una figura che in Italia non abbiamo perché nessuno ha
interesse a istituirla. Sarebbe una supervisione sulle decisioni dei
rabbini, e questo a quanto pare è sgradito. Si preferisce l’anarchia, e
lo scontento prodotto dalla difformità delle pratiche. E del resto,
l’anarchia prevede che non ci siano regole da condividere e consente
che ciascuno comandi a casa propria.
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Qui Roma - Attenzione ebraica nel giorno del nuovo papa
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Inaugurato
questa mattina a San Pietro il ministero di papa Francesco. Su Pagine
Ebraiche di aprile in distribuzione nei prossimi giorni numerosi
contributi sulle attese ebraiche di fronte al grande cambiamento della
Chiesa cattolica: intervengono fra gli altri l'ambasciatore di Israele
presso la Santa Sede Zion Evrony, il diplomatico Sergio Minerbi, il
direttore dell'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian. Sulle stesso
numero anche il dialogo tutto al femminile tra Anna Foa e Lucetta
Scaraffia.
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Sapori - Bouza, la convivenza servita su un cono |
Un
giovane israeliano, il suo vicino arabo e la sfida di fare gelato in
Galilea. Adam e Alaa raccontano la loro storia.
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Gerusalemme festeggia col rosso Ferrari |
Sarà
il profilo rosso fiammante della monoposto Ferrari ad animare la prima
edizione del Jerusalem Peace Road Show (13-14 giugno). Al volante l'ex
pilota professionista Giancarlo Fisichella, che dice: “Sarà
un'esperienza unica e affascinante”
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Una grande speranza |
Papa
Francesco si è insediato questa mattina alla presenza dei potenti del
mondo, del popolo e dei rappresentanti delle altre religioni. Tra loro,
il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e i dirigenti dell’ebraismo
italiano e romano. L’entusiasmo suscitato da questo nuovo pontefice mi
pare trasversale e convinto, dettato certamente dalla naturalezza con
cui Jorge Mario Bergoglio interagisce con le altre persone. Un papa
umile, diretto, semplice, talvolta persino “eccessivamente” normale. Da
ebreo laico, quali sono le mie speranze? Innanzitutto mi auguro che il
nuovo capo della Chiesa di Roma sappia riformare il Vaticano e l’intera
struttura ecclesiale in profondità, accentuando l’attenzione alla
carità rispetto alla tensione verso il potere. Certo, la Chiesa è anche
un centro di potere. Ma il suo sforzo a difesa degli ultimi è decisivo
per combattere la povertà e l’ingiustizia. Tanto più in Italia, dove i
servizi dello Stato mancano e la Chiesa, in tutte le sue ramificazioni,
contribuisce e spesso supplisce in proporzioni determinanti. Quanto
alla questione decisiva della perdita di fede in Occidente
(recentemente definita decroyance), la questione non mi appassiona in
questi termini. Da coltivatore del dubbio, spero che il lavoro del
nuovo papa, sommato a quello di rabbini, imam, pastori protestanti,
monaci e dei rappresentanti di tutte le confessioni religiose stimoli
un dibattito che, indipendentemente dagli esiti spirituali dei singoli,
ci faccia riflettere sul mondo che abbiamo costruito e su quello che
vogliamo: meno ingiusto, meno condizionato dalle logiche di profitto,
più denso di spiritualità al di là della propria fede o non fede.
Infine spero che questo papa possa dare un impulso positivo al dialogo
tra ebrei e cristiani. É probabile che – come afferma il rav Di Segni –
non tutti i nodi possano essere sciolti. Ma ciò che conta è
l’atteggiamento: in una società sempre più secolarizzata, non sono le
dispute teologiche a ostacolare la convivenza civile e il reciproco
rispetto. Se non in minima parte. Servono messaggi positivi, gesti
simbolici, la comprensione e l’accettazione dell’ineliminabile
diversità. Su questo terreno papa Francesco sembra rappresentare una
grande speranza. Auguri.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
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Storie - Medaglia d’oro a Ughetto, martire della Resistenza |
Il
ragazzo del ponte avrà la medaglia d’oro al merito civile. A distanza
di quasi settant’anni dagli eventi, lo Stato italiano si è finalmente
ricordato di Ugo Forno, detto Ughetto, l’ultimo martire della
Resistenza romana, il dodicenne gracile ma vivacissimo, con i capelli
scuri e gli occhi azzurri, che morì il 5 giugno 1944, nelle ore della
liberazione di Roma, per difendere il ponte ferroviario sull’Aniene
dagli ordigni germanici (dove ora sfrecciano i treni dell'Alta
velocità), mettendo in fuga assieme ad altri ragazzi e ad alcuni
contadini i sabotatori della Wehrmacht. Nello scontro a fuoco con i
tedeschi, lo studente fu colpito a morte. La breve vita dell’ultimo
resistente romano è stata raccontata l’anno scorso da Felice Cipriani
nel saggio “Il Ragazzo del Ponte. Ugo Forno eroe dodicenne. Roma 5
Giugno 1944” (edizioni Chillemi). Lunedì si è tenuta la premiazione
degli studenti vincitori del concorso letterario “Il Coraggio di
Scegliere” in memoria di Ugo Forno, presso il Museo Storico della
Liberazione in Via Tasso 145. Il premio, indetto dall'Anpi di Roma e
Lazio, insieme ai familiari e amici di Ugo Forno e a Legambiente Lazio,
con il sostegno del Corriere della Sera, ha coinvolto gli alunni
dodicenni delle Scuole Medie del Secondo Municipio. L’elaborato primo
classificato, scritto da Pietro Coppari della scuola Giuseppe Sinopoli,
verrà pubblicato sulla Cronaca di Roma del Corriere della Sera, mentre
ai primi cinque classificati e alle due menzioni speciali andrà una
copia del libro di Cipriani. L’assegnazione della medaglia d’oro a
Ughetto è uno degli ultimi atti della presidenza della Repubblica di
Giorgio Napolitano, contrassegnata da un forte attenzione e sensibilità
ai temi della memoria del nostro Paese. Il mio auspicio è che la sua
eredità di valori sia raccolta dal nuovo inquilino del Colle.
Mario
Avagliano twitter
@Marioavagliano
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Omaggio a Lello Perugia |
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la rassegna |
Ex
comandante partigiano e medaglia d'oro per la Resistenza, Lello Perugia
– scomparso nel 2010 – sarà ricordato questo pomeriggio con una tavola
rotonda all'Auditorium dell'Istituto centrale per i beni sonori e
audiovisivi. Nell'occasione interverranno, tra gli altri, Georges De
Canino, Raul Mordenti, Luciano Tas, Lauro Rossi e il Testimone Piero
Terracina. Organizzato in collaborazione con Centro di cultura ebraica,
Anpi, Anppia e Fondazione Memoria della deportazione, l'incontro avrà
inizio alle ore 16.
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L’attenzione dei media è oggi puntata su quello che molti quotidiani chiamano “il giorno di papa Francesco”. Sul Corriere della Sera
Gian Guido Vecchi intervista rav Riccardo Di Segni, presente alla
cerimonia di inaugurazione del pontificato insieme al presidente UCEI
Renzo Gattegna e al presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo
Pacifici. Il rav esprime parole di apprezzamento per il primo messaggio
del nuovo papa e la sensazione che ci siano “tutte le buone premesse
per creare un cammino insieme e andare avanti nel dialogo”.
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L'Unione
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