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10 maggio 2013 - 1 Sivan
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Paolo
Sciunnach, insegnante
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Proclamando
l'unità indivisibile tra fede e etica, l’ebraismo insegna che, senza
fede, l’etica ha vita breve; e la fede, privata della dimensione etica
(chesed), non ha alcun valore. Le persone che praticano le mitzvoth
rituali ma peccano nel campo dell’etica, trasgrediscono la Halachà; la
separazione dell'etica dalla fede porta ad una "schizofrenia morale"
che equivale all’idolatria. E' possibile onorare D-o soltanto se, prima
di tutto, si vive amando il prossimo.
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Gadi
Luzzatto Voghera, storico
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Nella
notte fra il 13 e il 14 maggio del 1943 la Scuola Grande Tedesca, il
centro pulsante della vita ebraica di Padova, veniva data alle fiamme
dai fascisti. Già nel 1925, dopo il primo attentato a Mussolini, gli
squadristi padovani avevano tentato di incendiarla. E ancora nel 1970 i
neofascisti di Freda e Zorzi provarono ancora a ripetere il gesto dando
fuoco al portone della sinagoga italiana. Quella sera di 70 anni fa
Lea, la piccola figlia del rabbino Paolo Nissim, era stata svegliata da
un insolito trambusto che così ricorda: “Era notte, io dormivo nel
lettino accanto al letto dei miei genitori. Cosa insolita suona il
telefono. Prima risponde la mamma che subito passa la cornetta al papà.
Le voci sono concitate anche se a tono basso. Mi rendo conto che è
successo qualcosa che fa paura. La luce della lampadina del corridoio
rimane una visione che ritornerà sempre nei miei sogni notturni. Il
papà si veste alla svelta e esce. Io e la mamma restiamo nel buio
pauroso”. La stampa quotidiana di quei giorni non riporta la notizia,
la questura invita pressantemente la comunità a considerare l’episodio
un evento accidentale. Padova, presa nel turbinio della guerra, si
dimentica presto e cancella dalla memoria questo atto di autolesionismo
(in)civile: dei padovani che bruciano in una notte il simbolo della
secolare presenza ebraica in città, cercando di anticipare i nazisti
nell’operazione di rimozione della memoria. Lunedì sera Padova, assieme
alla sua comunità ebraica, ricorderà.
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Gino Bartali e la strada del coraggio |
Arriva nelle librerie italiane
il volume “La strada del coraggio – Gino Bartali, eroe silenzioso”
scritto dalla giornalista del New York Times Aili McConnon e da suo
fratello Andres sulla base delle ultime testimonianze relative
all'eroismo di Gino Bartali e alla sua opera di salvataggio di numerosi
perseguitati durante il nazifascismo. Uscito originariamente negli
Stati Uniti sotto il titolo di Road to valour (ed. Crown), il corposo
scritto – oltre 300 pagine – sarà in circolazione a partire da giovedì
23 maggio grazie alla casa editrice indipendente 66thand2nd che ne ha
curato la traduzione. Suddiviso in tre parti – l'infanzia e la
giovinezza fino al trionfo del Tour de France del 1938; il periodo
bellico e l'attività clandestina; il ritorno alle competizioni e la
seconda memorabile vittora al Tour nel 1948 – La strada del coraggio
ruota attorno alla testimonianza di Giorgio Goldenberg, ebreo di
origine fiumana rintracciato nel dicembre 2010 dalla redazione di Pagine Ebraiche. Una volta aperto
il cassetto dei ricordi, Goldenberg – che da quando vive in Israele ha
cambiato il suo nome in Shlomo Pas – ha immediatamente inviato allo Yad
Vashem il resoconto del contributo dato da Ginettaccio per salvare la
sua famiglia dai nazifascisti. Un nuovo appassionante capitolo
nell'eroica vicenda extrasportiva di Bartali che ha suscitato grande
emozione nell'opinione pubblica italiana e internazionale arricchendo
di particolari inediti il fascicolo già da tempo depositato a
Gerusalemme.
(Nell'immagine la copertina di La strada del coraggio realizzata da
Guido Scarabottolo).
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Qui Trieste - Tra Storia e Memoria
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Si concluderà oggi a Trieste
il prestigioso convegno internazionale Storia e Memoria, raccontarsi e
raccontare il passato, parte del neonato Laboratorio della Memoria, che
ha riunito in due intense giornate di studio relatori di prestigio per
affrontare, da diverse prospettiva, il problema dell’uso e dell’abuso
della storia nel contesto di crisi economica e politica oggi vissuto da
grandissima parte del mondo occidentale.
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Qui Roma - Il viaggio più lungo
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Presentato in anteprima
nazionale il documentario “Il viaggio più lungo. Rodi Auschwitz” di
Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto con Ruggero Gabbai alla regia.
Una testimonianza straordinaria in cui tre sopravvissuti allo sterminio
originari dell'isola greca, un tempo territorio italiano, raccontano la
loro infanzia felice e il terribile capitolo della deportazione che
portò all'annientamento della vivace comunità ebraica di Rodi.
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Qui Genova - A Jacob Finci il Premio Levi 2013 |
Il
contributo di assistenza dato ai cittadini di Sarajevo e della
Bosnia-Erzegovina durante la guerra dei Balcani, il costante impegno
volto al dialogo e alla collaborazione tra le diverse etnie e i diversi
popoli della regione per superare una delle pagine più terribili della
recente storia d'Europa. Queste le motivazioni che hanno portato
all'assegnazione del Premio Internazionale Primo Levi 2013
all'ambasciatore e filantropo Jakob Finci. Domenica pomeriggio alle 18,
nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, la consegna del
prestigioso riconoscimento nel cui albo figurano personalità del
calibro di Shimon Peres, Willy Brandt e Carla
Del Ponte. Renderanno
omaggio a Finci, tra gli altri, il presidente del Centro culturale
Primo Levi Piero Dello Strologo, il presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, l'ambasciatore di
Bosnia-Erzegovina a Roma Nerkez Arifhodzic e lo storico Silvio Ferrari.
Simultaneamente al Premio Levi la città di Genova, e la sua Comunità
ebraica, si preparano a festeggiare l'inaugurazione al museo ebraico di
una mostra dedicata alla splendida Haggadah trecentesca di Sarajevo.
Curata da Alberto Rizzerio e Daniele Sulewic, la mostra – che prevede
l'esposizione di 71 tavole fedelmente riprodotte a mano – sarà
visitabile con ingresso libero fino a venerdì 14 giugno.
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Qui
Milano - Insieme alla città con i valori e la Memoria |
Una presentazione del
Memoriale della Shoah di Milano a un gruppo di professionisti del
capoluogo lombardo ha offerto un’occasione di riflettere sul ruolo
della Comunità ebraica nel tessuto sociale milanese nel passato e nel
presente, ma anche sul tema dell’Otto per Mille. Presenti il
vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della
Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach, il presidente della
Comunità ebraica milanese Walker Meghnagi, il presidente della
Fondazione e direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli,
l’architetto Guido Morpurgo.
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La storia non scontata |
Giustamente Francesco Lucrezi la settimana
scorsa parlava del pessimismo di Philip Roth, eppure paradossalmente in
questo periodo mi capita spesso di ripensare ad un suo libro di alcuni
anni fa per trarne qualche ragione di ottimismo. Complotto contro
l'America, del 2004, è romanzo un po' insolito, una versione
alternativa della Storia, in cui l'autore immagina cosa sarebbe
successo se alle elezioni americane del 1940 si fosse presentato per i
Repubblicani l'aviatore Charles Lindbergh, che aveva manifestato
simpatie per la Germania nazista e qualche antipatia per gli ebrei. La
storia, possibile ma fortunatamente non accaduta, del trionfo di
Linbergh su Roosvelt, del conseguente avvicinamento tra gli Usa e la
Germania di Hitler e della progressiva diffusione dell'antisemitismo
nella società americana è narrata attraverso gli occhi del piccolo
Philip di sette anni, cioè lo stesso Roth come sarebbe stato in quel
contesto. Il romanzo è angosciante perché suona terribilmente
credibile: leggendolo si ha l'impressione che sarebbe bastato
pochissimo perché le cose andassero in quel modo; forse davvero un
fatto banale come la scelta da parte di un personaggio celebre se
candidarsi o meno alle elezioni può determinare il nostro destino in
modi difficilmente immaginabili. Il libro suona credibile anche perché
descrive con efficacia un antisemitismo diffuso che probabilmente negli
USA degli anni ’30 era molto più forte che nell’Italia degli anni ’30;
eppure mentre in Italia abbiamo avuto le leggi razziali e la Shoah,
negli Usa gli ebrei hanno conosciuto un'integrazione nella società
forse mai vista nella storia. Dunque non sempre l’antisemitismo diffuso
comporta davvero guai per gli ebrei, così come purtroppo non è detto
che dove l’antisemitismo è scarso gli ebrei possano sempre stare
tranquilli. La ragione di ottimismo sta nel fatto che possiamo chiudere
il libro (il cui finale, per la verità, a mio parere non è all'altezza
del resto), tirare un sospiro di sollievo e rallegrarci perché le cose
non sono andate così; ad ogni pagina ci conforta ricordare che nella
realtà la Storia ha preso una direzione del tutto diversa. Il romanzo
mi ha trasmesso, forse contro le intenzioni del suo autore, una
speranza tenue ma difficilmente cancellabile: non è accaduto, quindi
può non accadere di nuovo.
Anna
Segre, insegnante
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Domande e risposte
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E mi vengono in mente dei
pensieri così bizzarri: «Che vuol dire ebrei e non ebrei? E perché Dio
ha creato ebrei e non ebrei? Perché mai, se ha creato gli uni e gli
altri, devono starsene così, ognuno per conto suo, e devono odiarsi a
vicenda, come se gli uni venissero da Dio e gli altri chissà da dove?»
E quanto mi dispiace di non essere erudito come altri, nei libri, di
non essere abbastanza sapiente da trovare una buona risposta a tutte
queste domande.
(Shalom Alechem - Tewje, il lattaio)
Laura
Salmon, slavista
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Burgerim apre negli
Stati Uniti |
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la rassegna |
Un assaggio di Israele in
California. Ashley Gershoony, insieme a due partner commerciali, ha
aperto il primo punto vendita della catena di fast-food Burgerim
israeliano, nella Santa Monica Boulevard a West Hollywood in
California. Burgerim ha aperto il suo primo negozio a Tel Aviv nel 2008
e ora è un franchising di successo, con più di 70 negozi in Israele.
Gershoony, ebreo persiano cresciuto nella San Fernando Valley,
ha visitato Israele di recente per vedere il franchising in azione. "Ci
sono così tanti Burgerim in Israele. E gli hamburger - ha
affermato - erano così
deliziosi. Speriamo di replicare questo
successo qui".
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Ritorna sui quotidiani odierni
la vicenda che ha visto imputare al presidente della Comunità ebraica
di Roma, Riccardo Pacifici, le spese legali della causa intentata – e
persa – contro di lui dal gerarca nazista Priebke. Un paradosso, dovuto
al fatto che in questo caso la parte soccombente è nullatenente, per
risolvere il quale da molte parti è stato richiesto l’intervento del
ministro Cancellieri.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
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