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15 luglio 2013 - 8 Av 5773
PAGINE EBRAICHE 24
  ALEF / TAV DAVAR PILPUL  
ALEF / TAV
 
 
 
  Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova
 
 
  “L’Eterno nostro D-o parlò a noi presso il (monte) Chorev dicendo…” (Deuteronomio 1:6). La Torah è stata donata a Israele sul monte Chorev. Da allora, secondo una massima rabbinica, avviene un fatto eccezionale: “Ogni giorno una eco si rifrange tra le rocce del Chorev che dice: Guai a coloro che sono dileggio per la Torah…” (Avot, 6:2). Messaggio, questo, per le future generazioni: di essere attenti e dediti ad occuparsi dello studio della Torah. Essere dediti per noi stessi e occuparsi degli altri, in particolare di coloro che non hanno la possibilità di farlo da soli…
 
 
 
 
 
  Anna
Foa,
storica
 
 
  Sul caso del senatore Calderoli, è inutile commentare e ci si può solo unire a chi ne chiede le dimissioni. Come ha detto la ministra Kyenge, riuscendo a staccarsi dall’offesa razzista che la riguardava direttamente: “se non è in grado di tradurre un disagio in un linguaggio anche duro, ma corretto, bisogna forse dare il suo incarico a chi è capace di farlo”.
 
 
  Rassegna stampa
 
  Ondata di proteste bipartisan per le vergognose affermazioni del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli nei confronti del ministro Kyenge. Ad esprimersi con posizione netta anche le Comunità ebraiche italiane in particolare nella figura del presidente UCEI Renzo Gattegna e del presidente della Comunità di Roma Riccardo Pacifici (Messaggero, tra gli altri). “Le vergognose affermazioni del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli sulla figura del ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge sono un’offesa alle istituzioni e a tutta la società italiana. Di fronte a frasi di questa portata – ha spiegato il presidente dell’Unione – non esistono possibili fraintendimenti. Soltanto un senso di profondo disagio e vergogna per chi le ha pronunciate”. Concetti che sono riportati da tutta la stampa ebraica internazionale che conta, da Jta a The Forward al Times of Israel.Intervistata dal Corriere, il ministro si dice preoccupata per la scarsa responsabilità di chi detiene alti incarichi pubblici e affronta il doloroso capitolo delle minacce e dell’odio rivolte contro la sua persona. In un passaggio in particolare afferma: “L’istigazione al razzismo sta diventando man mano istigazione alla violenza. Vale per tutti, penso agli attacchi che riceve la comunità ebraica”. Surreali invece le risposte di Calderoli nelle interviste concesse a Corriere e Repubblica. Da leggere il durissimo intervento di Gian Antonio Stella.“Abbiate la misericordia dei Samaritani”, chiede papa Francesco alla folla accorsa a Castel Gandolfo per l’Angelus domenicale. Un passaggio farà probabilmente discutere e cioè quando il pontefice, nell’elogiare la bontà e la generosità dei samaritani, ha parlato del disprezzo manifestato loro “dai Giudei” a causa di “differenti tradizioni religiose” (Corriere). “Sono indignato dal fatto che i pacifisti si agitino quasi esclusivamente quando si tratta di episodi che riguardano Israele. Viceversa, silenzio assoluto quando si tratta di episodi estremamente più efferati in cui Israele non è coinvolta”. È la denuncia di un lettore del Corriere. Nel suo consueto spazio quotidiano l’ambasciatore Sergio Romano prende spunto da questo messaggio e osserva: “Dietro il pacifismo vi è molto spesso un pregiudizio politico, un partito preso, una lealtà ideologica. Non è escluso quindi che dietro certe manifestazioni contro la politica israeliana nei territori occupati vi sia una ostilità preconcetta contro lo Stato d’Israele”.
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 Israele - Rabbinato
 
  Previste per le prossime settimane le elezioni per il rinnovo degli incarichi di rabbino capo ashkenazita e sefardita di Israele, attualmente ricoperti da rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar. Particolarmente intenso il dibattito sulla questione, che non riguarda solo i nomi dei candidati, ma l’intero ruolo dell’istituzione nella politica e nella società israeliana.  
 
 
Davar
 
 
UCEI - Risorse, progetti e Community
Il Consiglio indica la strada per il futuro
 
Prospettive di futuro per l'ebraismo italiano nella riunione di Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane svoltasi ieri a Roma. Vivace dialettica, ma anche molti punti di incontro. A partire dal voto che ha portato all'approvazione del Bilancio consuntivo e ai nuovi criteri di distribuzione delle risorse derivanti dalla raccolta dell'Otto per Mille che andranno a rafforzare la vitalità e l'impegno sul territorio delle 21 Comunità nazionali. In quest'ottica fondamentale l'apporto della Community, della componente che guarda con interesse ai valori e alle vicende della minoranza ebraica in Italia e che nelle dichiarazioni dei redditi del 2010 ha fatto registrare un incremento dei consensi per l'Unione. Un risultato che il presidente Gattegna, intervenendo in apertura di assise con una lunga relazione, ha spiegato – tra le motivazioni di maggior impatto – con la nascita e con il potenziamento di nuove strutture comunicative e informative di raccordo con l'intera società italiana che hanno preso avvio proprio in quella stagione.  Applauso e riconoscimento unanime per il lavoro svolto dall'assessore al Bilancio Noemi Di Segni e dalla Commissione coordinata dal consigliere Davide Romanin Jacur nella realizzazione di un Bilancio sociale complesso ed estremamente articolato che è stato valutato con favore dai presenti. Nell'occasione è stata inoltre consegnata a ciascun Consigliere una copia del volume che riporta i risultati della grande ricerca sociodemografica sull'ebraismo italiano coordinata dal professor Enzo Campelli su incarico dell'Unione. “Una ricerca molto utile e preziosa”, ha commentato il presidente Gattegna. Tra i vari punti all'ordine del giorno discussi nel pomeriggio l'approvazione dei nuovi progetti strategici. In conclusione l'intervento di Betti Guetta, ricercatrice della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, che si è soffermata sui fenomeni di antisemitismo e razzismo in Italia con particolare riferimento a quanto si muove sulla rete e nel mondo dei social network. Al di là delle attività criminali di chi semina l'odio, che vanno affrontate evitando di cadere in reazioni emotive e nell'errore di regalare visibilità a malfattori che non cercano altro, si tratta di combattere un ampio bacino di pregiudizio diffuso e di ignoranza. Un fenomeno più subdolo cui è necessario opporre il dialogo, la cultura e l'informazione professionale e misurata.

Adam Smulevich
 
Maccabiadi - Delegazione azzurra al via
 
“Un lungo percorso fatto di speranze, delusioni, amarezze, esplosioni di gioia. Poi arrivi a pochi giorni dalla partenza e vedi una luce speciale negli occhi di tutti i ragazzi, anche quelli inizialmente più scettici. E questo ti ripaga di tutti i sacrifici”. Sono le valutazioni del presidente del Maccabi Italia e consigliere UCEI Vittorio Pavoncello alla vigilia della partenza della delegazione italiana per le prossime Maccabiadi in Israele (17-30 luglio). Cinquantacinque unità tra atleti e dirigenti, numerose le discipline in cui si andrà a competere in quello che è, dal punto di vista quantitativo, il terzo torneo sportivo al mondo. Tra gli sponsor della spedizione Coni, Federcalcio e Federnuoto. Giovedì la sfilata di tutte le delegazioni accorse in Israele davanti al Capo di Stato Shimon Peres e al premier Benjamin Netanyahu. Portabandiera azzurro il calciatore Simone Coen. “L'unico 'coen' della spedizione. Aspettatevi una grande sorpresa”, annuncia Pavoncello. (Nell'immagine il presidente del Maccabi Italia con il vicepresidente UCEI Roberto Jarach e con il consigliere Milo Hasbani in posa prima dell'avvio dei lavori del Consiglio dell'Unione ieri a Roma).
 
Melamed – In classe assieme agli altri
 
A volte un’osservazione casuale può essere illuminante. Sentire degli amici, lei ebrea di origine marocchina, lui orgogliosamente askenazita definire il proprio come un matrimonio misto ha fatto ridere o per lo meno sorridere tutti i presenti, ma è stato evidente sin da subito come la loro battuta scherzosa abbia lasciato il segno. Perché non si è trattato solo di una battuta, e non era per nulla fuori luogo, bensì l’espressione di una situazione in realtà diffusa, in contesti anche molto differenti fra loro. Per restare in ambito ebraico, il quotidiano israeliano Haaretz, in un articolo recente, ha raccontato come in Israele le scuole “miste” – comparse all’inizio degli anni ottanta – siano sempre più diffuse. Ha qualcosa di strano pensare che venga definita “mista” una scuola dove gli studenti sono tutti ebrei, ma sia laici che religiosi, mentre in Italia anche il semplice tenere aperta una scuola ebraica è una battaglia quotidiana e le scuole “aperte” anche a studenti non iscritti a una comunità sono tali per motivi diversi e complessi. Economica e demografica. In Israele le scuole, tradizionalmente, sono divise in “public schools”, di natura laica, e “public religious schools”, ma una legge recente – proposta nel 2008, approvata lo scorso anno – permette a ogni istituto di integrare le due anime, a patto che ci sia l’approvazione dei due terzi dei genitori e della maggioranza degli insegnanti. All’inizio le scuole miste si sono diffuse soprattutto in realtà piccole, dove i residenti hanno scelto di condividere anche l’educazione dei propri figli, ma il movimento sta crescendo e la diffusione, anche nelle città (ci sono scuole miste anche a Gerusalemme e Tel Aviv), ha cambiato la prospettiva, creando nuove esigenze. Una di queste – forse la più urgente – è la formazione degli insegnanti, che hanno bisogno di una preparazione specifica: un atteggiamento positivo e la buona volontà non possono bastare, serve essere in grado di lavorare in contesto complesso, in cui vanno integrate narrative differenti, punti di vista che possono essere anche lontanissimi. Corsi di pensiero ebraico, di Torah, o lezioni sul calendario possono rivelarsi irte di difficoltà, e ogni insegnante deve farsi portatore di una identità chiara, e prevedere di mettere in discussione le proprie idee, il proprio un punto di vista. Anche per i genitori iscrivere i propri figli a una scuola mista significa mettersi in gioco in una maniera differente, forse addirittura più idealistica. Bisogna essere disponibili ad accettare dinamiche delicate, che anche all’interno delle classi arrivano a un livello di intensità forse imprevisto, e in cui spesso – in assenza, almeno per ora, di una formazione strutturata e specifica – gli istituti scolastici e i singoli insegnanti si trovano a improvvisare. In alcune scuole ci sono due insegnanti per classe, in altre ogni cosa viene affrontata da due differenti punti di vista, o in alcune materie sono le classi ad essere divise in due gruppi. A volte però sono i ragazzi stessi a trovare le soluzioni migliori. In una classe, durante una lezione di Torah, uno studente non religioso ha letto la parola più semplice per definire l’Eterno, e immediatamente un altro bambino gli ha risposto che non avrebbe dovuto farlo, ma avrebbe dovuto usare haShem (il Nome), termine normalmente usato dai religiosi. Nella discussione che ne è seguita, incentrata sulle diverse sensibilità, i ragazzi sono arrivati alla conclusione che non era affatto necessaria una decisione condivisa, perché l’unica cosa importante era il modo in cui si sarebbero comportati l’uno con l’altro.

Ada Treves
 
Pilpul
  Oltremare – “Sei quel che mangi”
 
  Quando ancora non immaginavo che sarei diventata un’israeliana, mi divertiva molto vedere gli amici che ritornavano da periodi medio-lunghi in Israele ingrassati di diversi chili. All’epoca pensavo che fosse perchè, come ho già avuto modo di raccontare le porzioni qui sono enormi. (...)
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  Daniela Fubini, Tel Aviv
 
  In cornice – Archeologia viva
 
  Sentire quel che accadde di Tishà Beav nel 70 e.v.? Grazie al lavoro degli archeologi, basta una visita superficiale alla Città Vecchia di Gerusalemme per provare queste emozioni. Conviene cominciare dalla “Casa Bruciata”a cui si accede nei pressi delle scale che scendono dal quartiere ebraico, al Muro occidentale. (...)
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  Daniele Liberanome, critico d'arte
 
  Tea for Two – Kosher Reality
 
  Quando, anni fa, Jonathan Kashanian oltrepassò la soglia della famigerata porta rossa diventando un concorrente del Grande Fratello, per me fu festa grande. Mi attrezzavo ogni settimana per la prima serata e non perdevo nemmeno i riassuntini pomeridiani quotidiani. (...)
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  Rachel Silvera, studentessa
 
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