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16 luglio 2013 - 9 Av 5773
PAGINE EBRAICHE 24

  Rassegna stampa
 Rassegna stampa
 
  Le vergognose affermazioni del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli sono ancora oggi centrali sulla stampa italiana e internazionale. Repubblica racconta come questa vicenda è stata vissuta dai giornali esteri: tra gli altri Times of Israel, che in apertura ha scelto di riportare la solidarietà immediatamente espressa al ministro Kyenge dal presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia interviene sui social network. “Le parole di Calderoli – afferma il primo cittadino con una formulazione fortemente inadeguata – sono come le leggi razziali del 38” (Corriere della sera-Milano). Sempre a Milano, intanto, fervono i lavori per il festiva di cultura ebraica Jewish and the City. Sul Corriere i nomi dei primi ospiti e le riflessioni del leader comunitario Walker Meghnagi. “Discredited Wartime Hero’s Backers Rebut Changes”. È il titolo con cui il New York Times, in un articolo di Patricia Cohen, inquadra il dibattito storiografico attorno alla figura di Giovanni Palatucci. Tra le varie voci di cui si riporta il pensiero quello della storica Anna Foa e dei ricercatori del Centro Primo Levi di New York che per primi hanno aperto il caso. Cohen riferisce inoltre della nuova stagione di studi sull’operato dell’ex questore di Fiume inaugurata su impulso dell’UCEI e in collaborazione con la Polizia di Stato.
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Davar
 
Tisha BeAv - L'odio gratuito
mette in pericolo tutti noi
 
Il recente attacco a un militare israeliano da parte di alcuni ebrei religiosi illustra un pericolo. Un segnale grave di tensione sociale in Israele. L'incidente avvenuto a Mea Shearim è intollerabile in un paese civile. Ma ciò che non è meno pericoloso è la condanna generalizzata nei confronti di tutta la comunità haredì, quando è chiaro a tutti che ad agire è stato un gruppo estremista in particolare. Il Secondo Tempio è stato distrutto a Tisha BeAv, secondo la tradizione ebraica, a causa dell'odio gratuito tra gli ebrei. Lo stato di Israele reggerà?
Riflettiamo...

Paolo Sciunnach, insegnante

 
Il linguaggio del cuore
 
Ci possono essere due ordini di motivazioni e di modalità nell’esplorare un paese. C’è chi desidera stabilirvisi e pertanto vuole conoscerne i lati migliori sotto il profilo della geografia, del clima e della produttività. È questo un interesse di tutto quanto il popolo in via di stanziamento, il quale invierà nel nuovo territorio un certo numero di esploratori in rappresentanza di tutte le realtà locali, ciascuna delle quali vuole sentire le impressioni del proprio portavoce. Ma c’è un’altra forma di esplorazione, intesa in senso più tecnico della precedente, ed è quella militare. Finalizzata quest’ultima alla conquista vera e propria, prende di mira non gli aspetti più attraenti, bensì i punti deboli del paese da assoggettare. A questo scopo sarà il capo ad inviare un numero ristretto di esploratori specializzati, i quali saranno chiamati a riferire soltanto a lui. Se infatti parlassero a tutto il popolo degli aspetti deteriori della terra sortirebbero un effetto controproducente. Quando Mosè ottenne da D. il permesso di inviare gli esploratori in Eretz Israel pensava ad una conquista della terra be-derekh nes, per via soprannaturale. Si figurava che grazie all’aiuto divino gli ebrei non avrebbero dovuto combattere. Riteneva che il popolo fosse interessato a questo viaggio d’avanscoperta solo per conoscere gli aspetti migliori di quel territorio che avevano ricevuto in dono. È proibito ammogliarsi senza aver prima fatto conoscenza della promessa sposa. La stessa regola sarebbe valsa per l’ingresso nella Terra Promessa: era legittimo avere una visione diretta anticipata dei suoi pregi. A questo scopo sceglie per ciascuna tribù un personaggio in vista, aspettandosi al ritorno degli esploratori una lode del paese a tutto tondo (Bemidbar 13). Ma le cose non erano nate così.
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Rav Alberto Moshe Somekh - Pagine Ebraiche, luglio 2013
 



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