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5-11 giugno 2015
"Oggi si ricorda sempre di meno. Ci sono talmente tanti mezzi per memorizzare le cose in modo artificiale che la memoria sembra non servire quasi più.
Perché ricordare un numero telefonico, infatti, se è registrato nella memoria del mio telefonino?
Il problema è che la diminuzione del valore dato alla memoria comporta un assottigliamento del presente.
E poiché è solo nel presente che noi facciamo esperienza, la mancanza di durata data all’osservare o al considerare con attenzione qualcosa porta ad una modificazione del nostro pensare, ad una modificazione dell’uso che facciamo del nostro cervello.
È chiaro che il cervello si adatta e cambia alcuni suoi modi di funzionamento nelle diverse epoche. Chi doveva memorizzare ogni cosa perché analfabeta, ad esempio, aveva certo un modo diverso di strutturare e conservare il proprio sapere nella mente."

Franco Lorenzoni

 
"Una scritta poco simpatica"
 
“Avevamo imparato a nascondere la nostra identità a tutti; anzi peggio; a nascondere una qualità che non avevamo mai sospettato di avere; come se l’avessimo, a fingere insomma di non avere ciò che effettivamente non avevamo (...) la razza (...) avevamo imparato a non fidarci di nessuno. Di chi fidarsi in un regime tirannico e terroristico?” Così scriveva Ubaldo Lopes Pegna, studioso di filosofia, coinvolto nell’espulsione dei 49 professori e delle centinaia di studenti ebrei italiani che furono cacciati dall’università di Bologna. Con l’entrata in vigore delle leggi razziste nell'agosto del 1938 si pose alle comunità ebraiche il drammatico problema di far continuare gli studi ai giovani che all'improvviso si trovarono privati del diritto di frequentare le scuole pubbliche. In molte città italiane furono presto istituite scuole ebraiche di diverso ordine e grado gestite da insegnanti ebrei quasi tutti a loro volta cacciati dall'insegnamento statale, che formarono così un corpo docente d’eccezione. Organizzata al Museo Ebraico di Bologna, la mostra dedicata a scuole e libri durante la persecuzione antisemita raccoglie numerosi documenti di valore storico in grado di fare luce sulle vite degli alunni ebrei alla vigilia della pubblicazione del “Regio Decreto del 1938 per la difesa della razza ariana nella scuola fascista” (Il Resto del Carlino, 7 giugno)

Una scritta poco simpatica.
Ci sono voluti alcuni mesi di indagini per individuare gli autori di tre grandi svastiche disegnate su un muro, accompagnate dalla scritta “Ebrei al rogo”. Sono cinque ragazzi e ragazze fra i 15 e i 17 anni, che apparentemente avevano bevuto troppo e volevano ricordare un amico scomparso con un gesto eclatante. Colpiscono però le scelte lessicali dell’autore dell’articolo, che definisce la frase “Ebrei al rogo” come una scritta “poco simpatica” e riduce tutto l’episodio a una semplice “malefatta. (La Nazione, 10 giugno) Sono stati denunciati per imbrattamento, danneggiamento, e propaganda di idee fondate sull’odio razziale. (la Repubblica Firenze, 10 giugno)

“Purché siano normali”. Un avviso nella bacheca dell’Istituto superiore Salesiano Beata Vergine di San Luca di Bologna è stato all’origine di un piccolo caso che ha scosso la città perché insieme alla descrizione delle attività estive c’era una nota: “Possono iscriversi anche gli allievi di altre scuole, purché siano normali' e previo colloquio”. Il caso è stato sollevato da un genitore che non si è fermato allo sbalordimento ed ha chiesto spiegazioni in una lettera aperta che ha avuto grande diffusione sui social network. Abbastanza rapida la risposta dall'Istituto Salesiano, che in una nota si è scusato per “il termine equivoco”, chiarendo di non aver avuto aveva alcun intento discriminatorio, ma resta la posizione del genitore che ha commentato: “Sono felice di aver raccontato questa storia, perché i paletti vanno messi, e non tutto può passare 'come se niente fosse'”. (Il Resto del Carlino, 5 giugno)

Ordinaria discriminazione. Tutti insieme erano quasi duecento, gli studenti in trasferta, arrivati a Ostia da Lombardia e Veneto per sostenere da privatisti l’esame di diploma in una scuola parificata, e anche se non certamente tutti, in molti sono stati protagonisti dell’ennesimo episodio discriminatorio. La vittima degli sberleffi e delle prese in giro, sfociate poi in insulti francamente omofobi è un giovane talento internazionale della danza che si è esibito durante il saggio della scuola dove insegna la madre, ospitato casualmente nello stesso albergo. (il Messaggero, 8 giugno)

Vittime. Nonostante fossero passati anni non aveva dimenticato quell’essere messa da parte, evitata, magari qualche volta presa in giro, con la brutalità tipica degli adolescenti. Rancore e voglia di vendetta hanno trasformato una giovane in difficoltà in una stalker seriale, che quando gli agenti hanno bussato alla sua stanza, credeva fossero venuti per aiutarla: “Lo so perché siete qui. Ho anche fatto una denuncia. Sono vittima del bullismo, mi hanno perseguitata al liceo, tanto tempo fa”. (Corriere della Sera, 10 giugno) 

Ada Treves twitter @atrevesmoked
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