REDAZIONE APERTA - L'INCONTRO CON L'ASSESSORE AL BILANCIO ROMANIN JACUR
UCEI, a confronto sul futuro e sulle risorse
L’assessore al Bilancio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Davide Romanin Jacur tra gli ospiti del laboratorio giornalistico Redazione Aperta in svolgimento a Trieste per un confronto dedicato a risorse e prospettive future dell’Unione. L'assessore ha espresso la propria soddisfazione per il percorso avviato per il contenimento dei costi e ha poi spiegato che sono state fatte alcune modifiche strutturali al Bilancio, analizzando quali sono le problematiche ancora da affrontare e le opportunità da creare per il futuro dell'ente. Il bilancio di un’istituzione, ha sottolineato Romanin Jacur, racconta molto della sua natura, della sua identità, dei suoi obiettivi, per questo è necessario comunicarlo con chiarezza e trasparenza al pubblico e spiegare per cosa vengono utilizzate le risorse che i contribuenti del nostro Paese affidano all’ente rappresentativo dell’ebraismo italiano.
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L'APPELLO ONLINE PER L'ISTITUZIONE MILANESE
“Salviamo la Casa della Memoria”
Mostre, seminari, conferenze, presentazione di libri, eventi musicali. Ma anche iniziative per le scuole sul tema della Memoria, corsi di formazione per giornalisti e docenti, convegni dedicati alla difesa dei diritti fondamentali.
Da oltre quattro anni, dal giorno dell’inaugurazione avvenuta in occasione delle celebrazioni del 25 aprile, la Casa della Memoria svolge a Milano una funzione essenziale. Un futuro che appare però a rischio, come si legge in una petizione lanciata su Change.org che ha raccolto molte autorevoli adesioni nella società italiana e che ha come prima firmataria la senatrice a vita Liliana Segre.
“La partecipazione dei cittadini continua a crescere, e oggi la Casa della Memoria è un luogo che offre gratuitamente iniziative sempre interessanti e di alto livello. Ma ora – si legge – c’è una sorprendente novità: entro breve i 400 metri quadri del piano terra, il luogo aperto a tutti dove si svolgono le attività rivolte alla cittadinanza, dovrebbero essere occupati quasi interamente da una installazione che con molto coraggio si è deciso di definire Museo Nazionale della Resistenza con una ipotesi di spesa di 2 milioni e mezzo di euro. Un progetto del tutto inadeguato che proporrà esclusivamente materiale multimediale”.
Due le conseguenze cui si rischia di andare incontro: “Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, non avrà un vero Museo degno della sua storia e il progetto della Casa della Memoria come luogo attivo ed aperto alla popolazione finirà di esistere”.
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L'ANNIVERSARIO DEL GIORNALE ISRAELIANO
Haaretz e la dinastia Shocken, 100 anni di giornalismo
“Cento anni fa, il 18 giugno 1919, fu pubblicato a Gerusalemme il primo numero di Haaretz. È stato il primo giornale ebraico nella Palestina del Mandato Britannico. Oggi, Haaretz è la migliore fonte di notizie, commenti e opinioni su Israele”. Almeno questo scrive, senza falsa modestia, il suo editore, Amos Shocken, celebrando il centenario del giornale che la sua famiglia rilevò negli anni ’30 senza più abbandonarlo.
L’importanza della famiglia Schocken non deriva solo dalla creazione di un impero editoriale conosciuto in tutto il mondo: Salman, capostipite della famiglia, è stato uno dei maggiori promotori della cultura ebraica, in particolare negli Stati Uniti. Divoratore di libri sin da ragazzino, Salman ha una sorta di rivelazione leggendo La civiltà del Rinascimento in Italia di Burckhardt e decide di dare origine ad un “Rinascimento Ebraico”, diventare una sorta di Lorenzo de’ Medici della cultura ebraica.
Primo passo verso la realizzazione del progetto è la creazione della catena di librerie Schocken in Germania, ma l’avvento del nazismo sconvolge i suoi piani e decide di spostarsi nel 1934 in Palestina mandataria, portando con sé la famiglia e una collezione di 30 mila volumi di inestimabile valore, fra cui un documento sulla Teoria della Relatività scritto a mano dallo stesso Einstein. Nel ’37 acquista Haaretz e vi pone alla guida il figlio, Gershom. Come il padre, Gershom Schocken, diventato a soli ventiquattro anni direttore del giornale, dimostra ben presto una spiccata capacità imprenditoriale ma, a differenza del genitore, non è condizionato da una visione idealistica della realtà ed è meno radicato al passato. Nei cinquant’anni in cui ha tenuto le redini del giornale, Gershom si è distino per le sue battaglie per la liberalizzazione dell’economia israeliana, contro la censura e per la creazione di una Costituzione per il Paese (In effetti con l’Indipendenza di Israele, nel 1948, sono state stabilite una serie di leggi fondamentali, ma non una Costituzione). Un uomo di grande dedizione, professionalità e cultura, così lo ha descritto Amos Elon, uno dei principali cronisti nella storia di Israele e autore del libro Israeliani, padri fondatori e figli, dopo la scomparsa dell’editore nel 1990.
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Rassegna stampa
Ucraina, vince Zelensky
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L'eretica Heller
Eretico… ci dice ancora qualcosa questa parole ora che tutti gli eretici stanno scomparendo? Agnes Heller, morta a novant’anni nuotando nel lago Balaton, era un’eretica oltre che una grande filosofa ed una delle pensatrici più illuminanti e coraggiose della nostra epoca. Eretica a tutti i conformismi, a tutte le gabbie del pensiero e dell’identità, a tutti i totalitarismi. Cosa bisogna essere per diventare eretici? Intendo eretici veri, non provocatori da strapazzo che credono che basti dire a qualche televisione banalità diverse da quelle degli altri per qualificarsi come eretici. Certo, alcune caratteristiche giovano per diventare eretici: essere ebrei, ad esempio, cioè essere minoranza, talvolta minoranza perseguitata.
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Oltremare – Chava torna
Chava torna. Non è veramente mai stata via più di tanto, ma Chava Alberstein con la sua canzone “London” del 1989, in cui parlava di una donna che va a vivere a Londra, e spiega che a Londra c’è buona musica e ottima televisione, ci aveva all’epoca un po’ ingannati: “Halo, ani olechet” (Pronto, io me ne vado). Erano anni difficili in Israele, con la prima intifada che infuriava, sassi contro soldati, e una fuga almeno mentale era probabilmente comprensibile a guardarla da Israele. Non dall’altra parte del mare, dove all’epoca vivevo: lì, “London” la si cantava come canzone un po’ vietata. Ma come, una canzone che parla di yeridá? Di lasciare Israele?
Daniela Fubini
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Controvento – Giusta punizione
Si discute da anni ormai se la giustizia debba essere retributiva, ovvero considerare la pena come la giusta punizione del reato (occhio per occhio, dente per dente), oppure riparativa, un percorso di riabilitazione che ponga al centro la persona e non il crimine commesso. A questo dibattito, le neuroscienze contribuiscono con un punto di vista originale, che sta prendendo sempre più piede nei tribunali in tutto il mondo.
Secondo parecchi neuroscienziati, in particolare i computazionisti, che si occupano di digitalizzazione dei circuiti neuronali, il cervello è deterministico, e non ci sarebbe spazio per il libero arbitrio. Le decisioni, sostengono, sono prese per cause genetiche, ormonali, per sollecitazioni ambientali, imprinting culturali e leggi fisiche e chimiche alle quali il cervello non si può sottrarre. E quelle che noi riteniamo le nostre motivazioni, sarebbero in realtà spiegazioni a posteriori che ci costruiamo per giustificare una autonomia decisionale.
Viviana Kasam
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