Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui        13 Agosto 2019 - 12 Av 5779
PAGINE EBRAICHE DI AGOSTO - L'INTERVISTA A ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

“La scuola italiana è malata di conformismo”

“C’è qualcuno che, punto sul vivo, è arrivato a sostenere che sarei un reazionario. Mi chiedo: proporre che il riassunto sia protagonista in classe è reazionario, non farlo invece è progressista? Una tesi piuttosto curiosa, mi pare…”. Storico, editorialista, tra i pochi intellettuali in grado di incidere davvero nella società italiana, Ernesto Galli della Loggia ha scritto un libro provocatorio e appassionato, L’aula vuota, pubblicato da Marsilio. Il suo atto d’accusa è senza sconti: è nella scuola, nel modo sciagurato in cui è stata gestita negli ultimi decenni all’insegna di retorica, celebrazione di sé e scomparsa del merito, una crisi che fa risalire agli sconvolgimenti degli Anni Sessanta, che hanno origine i fallimenti del Paese e la sua deriva verso un sempre più accentuata degradazione culturale che ha la sua massima espressione in una classe dirigente priva di profondità e visione. Galli della Loggia ricorda la nonna Nerina, insegnante nei poverissimi Quartieri Spagnoli di Napoli, che spese tutta se stessa per offrire un futuro diverso ai suoi studenti. 
“Lei e tante come lei hanno avuto il merito di dare un impulso decisivo all’Italia, facendo di un Paese povero un attore di primo piano sulla scena mondiale. Basti pensare a quanti, nati in contesti umili, hanno saputo imporsi ai vertici dello Stato grazie a studi, preparazione, disciplina. All’epoca il suo era un profilo abbastanza comune. Oggi andrebbe considerata una sorta di eroina. È reazionario, mi chiedo, avere nostalgia di tutto ciò?”. 
Il libro è però anche un profondo atto d’amore. Scrive infatti della Loggia: “Ai professori che ho avuto la fortuna d’incontrare negli anni delle medie, come del liceo, devo qualcosa che non è facile spiegare, ma che rappresenta in realtà il massimo acquisto che l’insegnamento, qualsiasi insegnamento, possa sperare di trasmettere. Vale a dire la consapevolezza che il sapere non rappresenta un che d’inerte, lontano e altro da noi, ma, all’opposto, è qualcosa che ci riguarda, che ci forma ed è destinato a interpellarci direttamente e continuamente”. 
La consapevolezza, sottolinea l’autore, “che la cultura alla fine significa semplicemente la possibilità per ognuno di noi di uscire dalla propria particolarità e di mettersi in relazione con il mondo passato e presente”.

La sua analisi è spietata. Davvero nulla da salvare di questi ultimi 50 anni? 
Mi pare che sia in corso un grande ripensamento sui fallimenti di questa stagione, almeno da parte degli insegnanti. Lo stesso però non si può dire della tecnostruttura, che a prescindere dal colore dei diversi governi succedutisi al potere in Italia è sempre stata immune a ogni forma di autocritica e revisione delle scelte precedentemente intraprese. Al ministero vediamo da tempo alternarsi figure che niente sanno di scuola e che in genere si fanno consigliare molto male. Mi rendo conto che per un ministro è difficile mettersi contro il proprio ministero. Ma è da queste iniziative, dal fatto cioè se vengano prese o meno, che si valuta lo spessore di una persona. 

Tra le figure che più mette in discussione c’è Don Milani. Cosa c’è che non funziona nella sua impostazione di scuola? 
L’istanza di cui è stato portatore, nemica del merito e basata sull’idea che tutti debbano essere promossi senza una reale valutazione delle loro competenze. Niente di più deleterio. Questa istanza egualitaria purtroppo è passata, per fortuna non i perni della sua rivoluzione culturale. Almeno questi, come ad esempio la proposta di mettere al bando i classici, ci sono stati risparmiati. 

Perché allora va così di moda celebrarlo? 
Perché questo Paese è fatto così, si nutre da sempre di mitologie e feticci che sfuggono al controllo. Parliamo in questo caso di una sorta di maoista cristiano che voleva fare la rivoluzione culturale cambiando la cultura. Un nemico della cultura, ma che a sua volta era un fine intellettuale. Ma in questo non c’è nulla di strano. Sono abbastanza ricorrenti, nella Storia, figure di questo tipo. Oggi comunque Don Milani è una specie di santino. Non credo ne sarebbe felice. 

Nel libro lei accusa la scuola di conformismo intellettuale. 
Sì, è una malattia di cui è vittima da tempo. E appena pochi giorni dopo l’uscita de L’aula vuota, con tracce della maturità segnate da una sconfortante mancanza di coraggio, è arrivata una ulteriore conferma. Un elogio delle buone intenzioni, dal coraggio di Bartali sotto il nazifascismo alla lotta alla mafia, che è proprio il contrario di quello che, secondo me, dovrebbe essere il momento conclusivo di un percorso scolastico. Conformismo, appiattimento su temi banali e su frasi fatte, invece di sano stimolo alla riflessione, all’elaborazione, alla messa in discussione. È come se si avesse paura di indicare agli studenti un percorso di libertà e autonomia.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche Agosto 2019

IL PRESIDENTE DELLA YESHIVA UNIVERSITY SULLA TUTELA DEI NOSTRI DATI ONLINE 

Le tende benedette da Balaam,
una lezione sulla privacy oggi

Nelle scorse settimane Faceapp, l’applicazione che ti fa vedere come sarai da vecchio, è tornata di moda. E con lei, le domande sulla privacy degli utenti. L’app creata da un’azienda russa ha infatti regole vaghe e poche chiare rispetto alla gestione dei dati che ogni utente le fornisce utilizzandola. Faceapp non è però la sola ad avere problemi di trasparenza, hanno sottolineato gli esperti, e c’è chi ha chiesto di aprire una discussione seria e allargata su questo tema. Tra questi, il presidente della Yeshiva University di New York, il rabbino Ari Berman. “Che cosa facciamo in quest’epoca di connessione costante e monitoraggio continuo, dove i pensieri, le parole e le azioni possono essere istantaneamente catturati, trasmessi in tutto il mondo e conservati per sempre; dove i confini tra pubblico e privato sono sempre più sfumati?”, si è chiesto Berman sulle pagine di Forbes, cercando di dare una risposta ebraica al tema della tutela dei nostri dati sensibili online. Per farlo, il presidente della Yeshiva University richiama la storia del mago pagano Balaam, “incaricato di maledire il popolo israelita ma che finirà invece per benedirlo”. “Forse l’affermazione più famosa che Balaam dice – scrive il rav sul quotidiano economico americano – è la sua lode agli israeliti: ‘Come sono giuste le tue tende, o Giacobbe; e i tuoi accampamenti, o Israele!’. Perché, tra tutte le cose, Balaam ha esaltato le tende degli Israeliti? I rabbini dell’antichità risposero che Balaam ammirava una caratteristica specifica del modo in cui gli israeliti avevano sistemato le loro tende; in particolare, le aperture delle tende non si fronteggiavano, impedendo così agli occhi indagatori di vedere la casa del vicino”. Cosa significa tutto questo? Berman risponde citando il saggio di rav Michael Rosensweig “A Sanctified Perspective on Dignity, Privacy, and Community”, secondo cui questo passaggio “evidenzia l’enfasi che il pensiero ebraico pone sul primato della privacy. Nella legge ebraica, la privacy non è semplicemente una questione di preferenze personali. Si tratta piuttosto di una categoria giuridica formale, in modo tale che scrutare lo spazio privato di un altro è considerato un atto dannoso. Questo riflette la concezione della tradizione ebraica secondo cui solo lontano dagli occhi del pubblico possiamo scoprire la nostra personalità unica”.



Rassegna stampa

“Chi dimentica è più debole”
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Un piano Marshall per i nostri ideali
Se clienti di colore non vengono ammessi a uno stabilimento balneare o piccoli altri atti di razzismo si susseguono quotidianamente in giro per il paese è certamente colpa di un buttafuori troppo ligio o di singoli che peccano di eccesso di legittima difesa razziale. Non è certo colpa del clima che si respira tutto intorno e che i mezzi di informazione inframmezzano subdolamente con studiato dosaggio, fra una notizia di politica estera e una sullo scioglimento dei ghiacciai.
Stiamo vivendo il disastro politico-economico e un declino morale quale mai si era visto prima. Il sovranismo e l'odio hanno i loro accaniti difensori, e non solo fra i politici interessati. Giornalisti assoldati si dedicano, senza il minimo scrupolo, alla difesa d'ufficio delle affermazioni più immonde che mai la politica ci abbia offerto prima. E ce ne offrono di loro.
Ci vorranno decenni per restituire dignità alla nostra vita civile. Sempre che qualcuno ci regali un piano Marshall che risani il nostro dissesto economico e una manciata di ideali, sani e puliti, per la nostra ricostruzione morale.
Dario Calimani, Università di Venezia
I conti con la storia
Sul Corriere della Sera del 4 Agosto 2019, Felice Cavallaro scrive una nota su “La fonte imbarazzante del Gattopardo”, dove riferisce che, a Palermo per ricevere il premio letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, giunto alla sedicesima edizione, lo storico Carlo Ginzburg, che ha avuto il riconoscimento per il saggio Nondimanco. Machiavelli, Pascal pubblicato da Adelphi, cita Razza e fascismo, saggio del ’39 di Giuseppe Maggiore, giurista e scrittore, noto per il romanzo Sette e mezzo uscito nel ’52, al quale l’Università di Palermo ha intitolato una borsa di studio. L’autorevole storico cita anche Tomasi di Lampedusa: “Nelle lettere ai cugini, riporta alcuni stereotipi antisemiti che sono agghiaccianti. In seguito si rifà, stabilendo una cesura con quel periodo”.
Nondimeno, poiché l’antisemitismo fa parte della cultura nazionale, non sempre mi scandalizzo, se non altro per l’inefficacia di fare l’indignato. Certo, se l’antisemitismo venisse meno, si rischierebbe di porre troppe domande imbarazzanti, non necessariamente nocive per l’ebraismo.
Emanuele Calò
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Libertà va cercando, ch’è sì cara…
Dedico questa mia riflessione sulla problematica libertà del mondo attuale alla memoria di Daniela Misul, Presidente della Comunità Ebraica di Firenze che ben sapeva come la pratica della libertà non possa non essere coniugata con quella della convivenza e dell’accoglienza.

Se proviamo ad alzare lo sguardo dal misero e inquietante panorama politico di casa nostra (una crisi di governo al buio col rischio di isolamento europeo, la prospettiva realistica di un esecutivo di destra all’indomani di un eventuale voto), non possiamo purtroppo tirare grandi sospiri di sollievo guardando all’attuale panorama mondiale. Democrazia e libertà, inscindibile binomio fautore di progresso sociale e garanzia di civiltà, non sembrano godere di buona salute in giro per il pianeta.  Ciò che preoccupa è che a mandare in crisi i diritti democratici e la salvaguardia della libertà sono in prima istanza alcuni tra gli Stati più potenti e influenti a livello politico, economico, strategico. 
David Sorani
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