Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     8 settembre 2019 - 8 Elul 5779
AL REGISTA IL GRAN PREMIO DELLA GIURIA

Il J'Accuse di Polanski brilla a Venezia 

Titolo più acclamato da pubblico e critica, L’ufficiale e la spia (J’Accuse) di Roman Polanski conquista il Gran Premio della Giuria della 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Al centro della pellicola, ritenuta da molti l’ennesimo capolavoro del regista di origine polacca, la vicenda del capitano Alfred Dreyfus, simbolo dell’antisemitismo francese di fine diciannovesimo secolo, ingiustamente condannato per spionaggio ai danni del suo Paese, degradato e confinato per quattro anni all’Isola del diavolo.
Polanski aveva annunciato il progetto del film, di cui lo scrittore Thomas Harris firma la sceneggiatura, già nel 2012 a Cannes. La storia di Dreyfus, aveva detto, è ancora di grande rilevanza in un mondo dove continua ad andare in scena “l’antico spettacolo della caccia alle streghe ai danni di una minoranza, la paranoia della sicurezza, i tribunali militari segreti, le agenzie di intelligence fuori controllo, le azioni di coperture dei governi e una stampa rabbiosa”.

VENEZIA OMAGGIA LA GRANDE ATTRICE - LO SPECIALE DI PAGINE EBRAICHE

Hedy Lamarr, l'inventrice più bella del mondo

Il fascino senza tempo di Hedy Lamarr ancora protagonista a Venezia, dove il film-scandalo dell’edizione 1934, Exstase del regista cecoslovacco Gustav Machatý, ha avuto l’onore della pre apertura alla Mostra del cinema ha avuto l'onore della pre apertura alla Mostra del cinema grazie una nuova copia digitale restaurata per l’occasione, presentata in anteprima mondiale al Lido (ad operare il restauro la cineteca di Praga in collaborazione con British Film Institute, Cinémathèque16, Cinémathèque suisse, CNC, Danish Film Institute, Filmarchiv Austria, Gaumont e Slovak Film Institute).      
L’opportunità per riscoprire il talento di un’attrice dal fascino ineguagliabile, che nella sua vita – come vi raccontiamo nello speciale pubblicato su Pagine Ebraiche di settembre in distribuzione – fu anche molto altro. Un omaggio, quello in Laguna, che le è stato tributato mentre in contemporanea a Berlino, nella cineteca del Deutsche Historische Museum, si è tenuta una grande retrospettiva in suo onore con la proiezione di tutti i suoi film. 

“Il segreto del suo fascino è nel suo volto, nei suoi lineamenti, nei suoi occhi”, scrive di lei il New York Herald Tribune recensendo nel 1939 La signora dei tropici. Hedy Lamarr è allora nel pieno fulgore del successo. Celebre per essere apparsa senza veli in Exstase (1932), il film-scandalo capolavoro del cecoslovacco Gustav Machatý, è riuscita dove tanti suoi colleghi europei si arenano. È sbarcata a Hollywood ed è subito diventata una star. Lanciata da Mgm come “la donna più bella del mondo”, Hedy spicca in un mondo di bionde come un frutto esotico. Ha i capelli nero pece divisi da una scriminatura grafica, gli occhi magnetici, la bocca sensuale. È perfetta per i ruoli audaci e trasgressivi. Sul grande schermo finisce per ritrarre una carrellata di eroine eroticamente aggressive, indipendenti. Nessuno le sospetta un’intelligenza fuori del comune, che nel tempo libero la vede lavorare a una serie di invenzioni. Prima fra tutte, un sistema di guida a distanza per siluri messo a punto durante la guerra considerato il precursore del wifi e del bluetooth e brevettato nel 1942.Se fosse un uomo, il mondo della scienza la accoglierebbe a braccia aperte. Ma è una donna, la più bella del mondo. Nessuno le fa credito di un cervello. L’esercito finirà per usare la sua idea, ma nel frattempo le si consiglia di contribuire alla causa alleata nei più utili panni di pin up – intrattenendo le truppe, vendendo baci o buoni di guerra. Lo stesso Mel Brooks, che in Mezzogiorno e mezzo di fuoco si era velenosamente ispirato a lei per il personaggio di Hedley Lamarr (e lei si era affrettata a fargli causa), intervistato un anno fa in Bombshell, un documentario dedicato all’attrice, dichiara di non aver mai sospettato che era stata Lamarr a concepire la tecnologia wifi che ormai è un cardine delle nostre vite. Passerà mezzo secolo prima che Hedy veda l’invenzione diventare nota.

Daniela Gross, Pagine Ebraiche settembre 2019

HEDY LAMARR - LO SPECIALE DI PAGINE EBRAICHE

Exstase e lo scandalo che infiammò Venezia

L’alone di scandalo è ormai un ricordo. Exstase (1932) di Gustav Machatý – il film che alla seconda Mostra del cinema di Venezia fece clamore per il nudo della futura diva Hedy Lamarr –  interroga oggi l’emozione e la prospettiva storica più del comune senso del pudore. Soprattutto, come ha confermato la proiezione nella serata di pre-apertura dell’ultimo festival veneziano, il capolavoro di Machatý dispiega una qualità artistica che la notorietà e l’aspetto erotico troppo accentuato per l’epoca hanno a lungo messo in ombra. Nella sua creazione più controversa oggi disponibile in una nuova copia digitale restaurata, Machatý esplora il tema del desiderio già presente nei suoi Erotikon (1929) e Ze soboty na neděli (1931). Exstase, una delle opere più importanti della filmografia cecoslovacca negli anni Trenta, narra della giovane Eva, sposata da poco con l’anziano Emile, che si infatua del giovane ingegnere Adam. 

HEDY LAMARR - LO SPECIALE DI PAGINE EBRAICHE 

Dalla biblica Dalila alla sirena del Congo:
ad Hollywood una carriera di successi 

“Colossal è la parola giusta: scazzotate, petrolio in fiamme e la bellezza di Lamarr che incendia la schermo”. Così la rivista Screenland descrive Boomtown – La febbre del petrolio (1940). Diretto da Jack Conway, il film racconta le avventure di due improvvisati petrolieri portando in scena un quartetto d’eccellenza: Clark Gable, Spencer Tracy, Claudette Colbert e Hedy Lamarr. Quest’ultima, da poco a Hollywood, ha un ruolo minore ma subito si fa notare – di per sé un’impresa a fianco di colleghi così celebri.
La storia, la prima che Clark Gable gira per Mgm, è ambientata in Texas nel 1919 nel pieno della febbre del petrolio e s’ispira a un articolo di James Edward Grant, “A Lady Comes to Burkburnett”, uscito su Cosmopolitan.
I protagonisti “Big John” McMasters (Clark Gable) e “Square John” Sand (Spencer Tracy) s’impadroniscono dell’equipaggiamento di un altro cercatore e iniziano a scavare un pozzo.

LA CONFERENZA A FERRARA 

"Imparare dal passato, agire per il futuro"

“Un giorno sono tornato a casa dopo le lezioni. E purtroppo, purtroppo sapevo leggere. Ero un bambino di otto anni e sul giornale c’era scritto: insegnanti e studenti ebrei esclusi dalle scuole”. La testimonianza di Cesare Finzi, sopravvissuto alla Shoah e originario di Ferrara, è lucida e terribile. Vivida e incombente.
Il suo ricordo è stato uno degli interventi centrali della conferenza aperta al pubblico “Imparare dal passato – Agire per il futuro. Pratiche formative sulla Shoah e sui diritti umani” organizzata dallo statunitense The Olga Lengyel Institute e dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica di Milano in collaborazione con il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah e I’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara. 

QUI FIRENZE - IL LIMMUD IN RICORDO DI DANIELA MISUL

"Una vera leader, che univa con il sorriso" 

Una leader di Comunità sempre presente, disponibile, concreta. Ma anche l’amica e persona di valore, in grado con le sue azioni di trasmettere profondo amore per la vita. Un impegno sempre portato avanti col sorriso. 
È stata una serata carica di emozioni quella che ieri si è svolta nei locali della Comunità ebraica di Firenze, a 30 giorni dalla scomparsa di Daniela Misul. Un limmud in suo onore, intenso e partecipato, attraverso il quale tutta la Comunità si è stretta alla famiglia.
Numerose le testimonianze in Sala Sadun dove ad intervenire, tra gli altri, sono stati il rabbino capo Amedeo Spagnoletto, l’ex rabbino capo Joseph Levi, l’attuale presidente David Liscia e la Consigliera UCEI Sara Cividalli. 

L'INIZIATIVA PARTITA DALLA SINAGOGA DI VIA FARINI 

Da Firenze ad Assisi, pedalando per un sogno:
"In sella a una bici siamo tutti uguali"

Una scuola per giovani ciclisti, dove tutti sono accolti senza differenze di identità e religione: ebrei e musulmani, cristiani, credenti di altre fedi, non credenti. Il sogno di Ran Margaliot, ex general manager della Israel Cycling Academy, sta prendendo corpo. Uno spazio in cui far crescere il ciclismo in Israele, anche nel solco della strada aperta dal Giro d’Italia, ma anche valori e reciproca comprensione. Il tutto nel nome di Gino Bartali, il campione “Giusto”. 
Per la Gino Bartali Youth Leadership School è già tempo di far pedalare le bici verso il futuro. Per la prima edizione della Bartali 180 Ride in svolgimento, che ha tra i suoi partecipanti Gioia, la nipote del plurivincitore di Giro d’Italia e Tour de France, il via stamane dal giardino della sinagoga di via Farini.



Rassegna stampa

Cellula jihadista,
dieci arresti

Leggi

 
 

L'ebreo di Chagall 
Promemoria per domenica prossima.
“In ‘Sulla città’ volano due innamorati. Lui ha la camicia verde e i pantaloni grigio-neri, lei è vestita di azzurro. Lui l’abbraccia teneramente, ha la mano poggiata sul seno di lei. Lei ha la mano destra protesa come se volesse indicare il futuro, l’Occidente, la libertà. E sotto c’è la città che benedicono, ma lasciano, se non con il corpo, con la forza dell’immaginazione. L’ebreo di Chagall è libero perché capace di volare. L’ebreo di Chagall non ha bisogno della terra, perché il suo luogo e la sua dimora è il sogno”.
Wlodek Goldkorn, “L’asino del Messia”, Feltrinelli, p.130.
                                                                          David Bidussa, storico delle idee
Timori e transiti 
La questione, ripetutamente sollevata, anche in molti interventi trascorsi apparsi su questa newsletter, riguardo alla progressiva migrazione di una parte degli ebrei europei verso Israele, al netto delle polemiche estemporanee, come anche delle occasionali piegature di ordine politico ed elettorale, impone alcuni riflessioni di merito. I dati di flusso, ma anche la dimensione strutturale dei processi in corso, è stata abbondantemente trattata da Sergio Della Pergola con la sua abituale perizia, in questi anni. Non c’è bisogno, quindi, di tornarci sopra, evitando semmai le letture che intendono piegare in un senso o nell’altro un fenomeno i cui lineamenti sono di per sé spuri, ossia eterogenei, partendo da motivazioni diverse ma non necessariamente alternative o in opposizione tra di loro. Non è fuga dinanzi alla pressione di orde barbariche alle porte della civiltà ma non è neanche abituale prassi, alla quale rivolgersi con un’irresponsabile scrollata di spalle. L’allarmismo, come atteggiamento emotivo, è immotivato, se con esso si intendesse invece parlare di una minaccia immediata e irrevocabile. Almeno in Italia.
Claudio Vercelli, storico
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