Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      8 Novembre 2019 - 10 Cheshvan 5780
A 30 ANNI DALLA CADUTA DEL MURO 

Berlino e la festa dell'unità ritrovata 
"Libertà conquista da difendere"


“Mi auguro che la lezione della storia sia così forte da impedire orrori simili: qui sono cadute persone che non si potevano muovere in libertà e questo è un elemento da ricordare con forza”.
È il messaggio che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha voluto condividere alcuni anni fa in visita al memoriale del Muro di Berlino. La prima missione all’estero di un presidente che, durante il suo mandato, ci ha abituato con le sue parole e con i suoi gesti a volgere un pensiero non superficiale ai valori fondamentali che plasmano l’identità europea contemporanea. Un discorso che vale per la celebrazione dell’unità tedesca come per tutto quel che attiene la difesa della Memoria consapevole e il suo ruolo di orientamento valoriale nella società. La Germania quindi come simbolo di tenebra ma anche di luce, rinascita, riunificazione. Il tassello decisivo per l’implementazione del grande sogno di fratellanza tra i popoli che nasce sulle ceneri della Shoah e che ha nell’identità ebraica viva uno dei suoi presidi inalienabili. Un contributo che proprio dal crollo del Muro, in questo trentesimo anniversario alle porte segnato da molti interventi di qualità anche sulla stampa italiana, ha trovato nuovo slancio. L’ebraismo tedesco è oggi la più vitale delle comunità europee. Minacciato, talvolta mortalmente, come dimostra il recente attentato alla sinagoga di Halle. Ma certo non intenzionato in alcun modo ad alzare bandiera bianca ma anzi, al contrario, a costruire futuro e a condividere il proprio bagaglio di ideali, sogni e speranze con tutte le anime del Paese. Racconta anche questo “Il giorno della libertà”, la trasmissione in onda domani su Raitre in seconda serata, condotta da Paola Severini Melograni con la regia di Luca Verdone. Tra le molte voci che caratterizzano l’approfondimento anche quella di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ricorda come dalla caduta del Muro in poi gli ebrei tedeschi abbiano conosciuto una nuova epoca d’oro, anche con l’apporto dei tanti correligionari venuti da Est. Da quella parte di Germania fino ad allora esclusa dall’Occidente, ma anche dai molti che dalla Russia hanno scelto di emigrare a Berlino e dintorni. Oggi, sottolinea Di Segni, la Germania è vista anche dal mondo ebraico come un Paese dinamico, in pieno sviluppo, capofila d’Europa. E ciò, si ricorda, anche con il contributo dei tanti cittadini israeliani che hanno scelto la Capitale tedesca per vivere, studiare, lavorare. 
La trasmissione, le cui riprese si sono svolte al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps e in particolare nella Sala Grande del Galata, è arricchita da vari momenti artistici. Volti del giornalismo e della cultura sviscerano inoltre il significato del trentesimo anniversario, portando all’attenzione del pubblico anche qualche ricordo personale. L’ambasciatore tedesco Viktor Elbling apre e chiude la trasmissione con due interventi. La libertà, ricorda il diplomatico, è un processo in divenire e che ha bisogno dell’aiuto di tutti. “Non la si raggiunge mai al cento per cento. È un lungo percorso, ma sono ottimista”. 
Fu un giornalista ebreo nato a Firenze, Riccardo Ehrman, a dare l’annuncio del crollo del Muro con un flash trasmesso dall’agenzia Ansa. Ehrman, classe 1929, figlio di immigrati polacchi giunti in Italia negli Anni Venti, era corrispondente a Berlino Est. Fu lui a chiedere a Gunter Schabowski, ministro della Propaganda e Membro del Politburo, se era corretto l’annuncio della prossima liberalizzazione dei viaggi tra Est e Ovest. “Abbiamo preso una nuova decisione, in base alla quale i cittadini potranno varcare liberamente la frontiera della Rdt senza necessità di passaporto o di visto” risposte il ministro. “Anche per l’Occidente?”, chiese Ehrman. “Si, tutte le frontiere” assicurò Shabowski. “Da quando?”. “Per quel che ne so, da subito, da questo momento”. Il flash di Ehrman, dal titolo “Rdt: crolla il Muro di Berlino”, fu messo in rete alle 19.31.
Sono ore di grande attesa, in Germania, per i festeggiamenti organizzati per domani a Berlino. Sul palco salirà anche il presidente federale Frank-Walter Steinmeier, con un messaggio alla nazione che è facile immaginare sarà rivolto all’Europa tutta. Intervenendo davanti alla sinagoga di Halle, in ottobre, Steinmeier aveva parlato di giornata “di vergogna e infamia”. Quella di domani sarà una riflessione di ben altro tenore. Non un attentato, non vittime appena assassinate da piangere, ma il ricordo di una svolta epocale arrivata comunque dopo decenni di sofferenze e lutti. Nel “Giorno della libertà” l’occasione per lanciare un nuovo monito contro chi ancora oggi, in Germania e nell’Europa intera, cerca di minare il sacro valore della convivenza pacifica. 

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

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L'APPELLO DEL PRESIDENTE DEL CONGRESSO EBRAICO MONDIALE 

"Religioni siano unite contro l'odio"


In una società sempre più smarrita, l’impegno per il Dialogo e la reciproca comprensione resta un presidio fondamentale da difendere e il più possibile implementare. A lanciare questo messaggio è stato il presidente del Congresso ebraico mondiale Ronald Lauder, oggi intervenuto con una rilflessione sul tema “Fratellanza umana: una riflessione ebraica per la convivenza comune” nella sede della Pontificia Università Gregoriana. Un messaggio che Lauder ha condiviso tra gli altri assieme a padre Nuno da Silva Gonçalves, che della Gregoriana è il rettore, e al cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, che ha l’incarico di presiedere il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
"Non dobbiamo permettere a una sola fede di danneggiare o calpestare le altre. Le persone di fede di tutte le religioni – l’appello di Lauder durante l’incontro – devono unirsi ed esprimere in modo chiaro il concetto che la libertà di culto è universale e assoluta e può essere esercitata ovunque, in ogni momento, per il bene di tutti gli uomini e di tutte le donne”.

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SORGENTE DI VITA 

Roma e l'omaggio al rav Elio Toaff

Si apre con un servizio sull’intitolazione di una via di Roma a rav Elio Toaff la puntata di Sorgente di Vita in onda domenica 10 novembre.
Tra le figure più importanti dell’ebraismo italiano del ’900, per cinquant’anni rabbino capo della comunità ebraica di Roma, a rav Toaff è stato dedicato un tratto di strada tra il Tempio Maggiore, la casa dove ha sempre abitato, la scuola ebraica e il Portico d’Ottavia, crocevia dei luoghi della sua vita e della sua gente.

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Democrazia illiberale 

La mail è gentile. Giunge da un’amministrazione locale che si muove per tempo per organizzare una manifestazione pubblica per il Giorno della Memoria. Chiede un consiglio per “contattare un ospite che l’amministrazione vorrebbe come portavoce (diretto o, visto il lungo tempo passato, indiretto) di quei terribili fatti conseguenti alla promulgazione in Italia delle leggi razziali e all’azione nazifascista di segregazione e prigionia a danno del popolo ebraico in Italia”. Tutto bene – ci si dice – routine della Memoria. Scriveremo una risposta altrettanto cortese.
Ma la mail prosegue: “Il programma sarà rivolto in particolare agli studenti delle scuole medie e superiori; avremmo necessità quindi di un testimone che esponga ai ragazzi un profilo storico e civico non politicizzato in alcun modo (…) senza confronti o rimandi all’attualità, per rispettare le regole sulla neutralità del mondo scolastico”. Eccoci arrivati, infine. La democrazia illiberale di Orban fa la sua comparsa anche in Italia nel Giorno della Memoria.
 
Gadi Luzzatto Voghera, direttore Fondazione CDEC
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L'attualità della Torà
Nel brano di Torà che abbiamo letto la scorsa settimana ci viene presentato Noach come uno tzaddik – tammim (giusto e integro) poiché “Noach camminava con il Signore” (Bereshit 6;9). Ad un certo punto della parashà di questa settimana, dove la Torà ci presenta Avraham, è scritto: “Procedi dinnanzi a me e sarai integro” (Bereshit 17;1).
Come mai Noach camminava con il Signore ed era integro mentre Avraham deve camminare dinnanzi a Lui, con la promessa che sarà integro soltanto in futuro?
 
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
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Monopoli e diserzioni 
Giovedì scorso nella mia scuola è stata organizzata una giornata di studio sulla Costituzione; oratori di alto livello, domande intelligenti da parte dei ragazzi. Si parla di uguaglianza e di come renderla sostanziale e non solo formale, di diritto d’asilo, di casi in cui due o più principi costituzionali potrebbero risultare in conflitto tra loro; interventi interessanti e intelligenti anche da parte degli allievi. Noto che sembrano tutti d’accordo anche su temi che potrebbero essere controversi. D’altra parte le classi che partecipano all’iniziativa sono una decina su cinquanta circa. Certo, nell’aula magna non ci sarebbe stato spazio per una classe in più, eppure non posso fare a meno di notare una certa omogeneità ideologica tra i colleghi che hanno aderito all’iniziativa e gli allievi che sono intervenuti. E gli altri?
 
Anna Segre, insegnante
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Rinnovarsi senza perdersi
“Il chassidismo esiste ogni volta che una società si ricorda che non è sufficente essere, ma che bisogna esistere, che bisogna per vivere realmente trovare senza posa nuove modalità di esistenza, senza posa continuare a inventarsi.” Questa frase riportata dal rav Marc-Alain Ouaknin pare sia stata scritta direttamente dal Ba’al Shem Tov. Il dover rinnovarsi in ogni periodo per continuare a vivere senza però perdere il proprio essere è un tratto caratteristico della storia ebraica, ma in questo caso è un invito a qualunque gruppo e società.
 
Francesco Moises Bassano
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Il Baal Shem Tov, fondatore del chassidismo, insegna che a ciascun individuo, quando nasce, viene assegnato un certo numero di parole che potrà utilizzare nel corso della propria vita. Pronunciata l’ultima, la persona lascia questo mondo. Si tratta di un chiaro invito a pesare ogni parola che diciamo o scriviamo, a chiederci se ciò che stiamo per dire sia veramente significativo (tanto da morire per dirlo). E nell’epoca in cui riversiamo fiumi di parole su social network e la rete, l’insegnamento del Baal Shem Tov potrebbe essere un buon primo argine contro quella che su queste pagine è stata più volte definita come “demenza digitale”: l’abuso della tecnologia e dei social network, così come definito dal neuroscienziato Manfred Spitzer. Demenza che ha, tra le altre cose, il volto di quei profili social che quotidianamente attaccano la senatrice a vita Liliana Segre, analizzati dall’Osservatorio Antisemitismo del Cdec e al centro delle cronache degli ultimi giorni. Una vicenda che ci ricorda quanto l’uso delle parole d’odio online rappresenti un fenomeno inquietante e dilagante. Per contrastarlo in Italia è nato l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori della Polizia di Stato (Oscad), che opera nel segno della collaborazione tra forze dell’ordine, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e lo stesso Osservatorio Antisemitismo, che riceve la maggior parte della segnalazioni al suo indirizzo e attraverso l’Antenna antisemitismo, con l’obiettivo di attivare interventi mirati sul territorio seguendo l’evoluzione delle vicende discriminatorie segnalate. Altre misure sono state suggerite in questi giorni, come l’idea di provare ad abolire l’anonimato in rete: una proposta contestata dalla maggioranza degli esperti e oramai già naufragata. “Chi scrive messaggi di odio online lo fa col suo nome perché vuole ricevere attenzione, like e condivisioni”, afferma Giovanni Ziccardi, professore di Informatica giuridica alla Statale di Milano e protagonista in una passata edizione di Bookcity di un incontro organizzato dalla redazione di Pagine Ebraiche proprio su questo tema. “L’odio on-line è diventato una valuta di scambio, porta consenso e chi dovrebbe arginarlo, il mondo della politica e della stampa, non lo fa, anzi lo sfrutta”, aveva spiegato allora Ziccardi. E durante lo stesso incontro il filosofo Giulio Giorello aveva aggiunto un altro concetto ovvero come su internet prenda forma “in maniera devastante il conformismo”: ovvero le persone cercano nel mondo virtuale chi condivide le proprie idee, formano gruppi che ne attaccano altri o colpiscono i singoli, e non accettano le opinioni diverse dalle proprie. Pessime abitudini, si ricordava su Pagine Ebraiche (maggio 2016) in un approfondimento legato al libro di Spitzer, da cui inevitabilmente non è immune il mondo ebraico: “Nell’immenso flusso di espressioni affrettate e demenziali che portano incompetenti, irresponsabili ed esibizionisti a esprimere solennemente qualunque sciocchezza, viene seriamente minacciato il principio ebraico di esprimersi come se l’interlocutore si trovasse in nostra presenza. E non dilaga solo l’odio o il negazionismo che minaccia ogni cultura minoritaria e in particolar modo le realtà ebraiche e Israele. Ma trova spazio anche in ambienti ebraici la tendenza a mettere nero su bianco avventate espressioni di cyberbullismo e di cybermobbing, offese personali, vergognose manifestazioni di intolleranza che al momento opportuno chiunque fra gli addetti ai lavori potrà recuperare e utilizzare a proprio comodo”.
“Credo che l’elemento fondamentale sia quello educativo rispetto all’uso dei social – sottolinea a Pagine Ebraiche rav Michael Ascoli, interrogato sulle risposte ebraiche ad alcuni di questi temi – C’è sicuramente una tendenza molto preoccupante a condividere cose sin troppo banali, a porre troppo spesso se stessi al centro dell’attenzione e a sostituire l’immagine al parlato o allo scritto, perfino nel modo di redigere un testo, facendo ricorso all'emoticon, allo sticker, al meme. In qualche modo c’è una minaccia alla capacità di espressione verbale che l’ebraismo secondo me non può vedere di buon occhio”. Il rav sottolinea inoltre come la velocità dei social network spingano le persone a cadere nell’idea che la scrittura immediata, che la risposta istantanea sia un atto necessario. “La tentazione di intervenire rapidamente è un tranello. Il monito presente nelle nostre fonti è quello di ponderare bene le cose prima di dirle. Il midrash riporta che quando Dio rivelò a Moshé la Torah fece delle interruzioni in modo che Moshé avesse modo di ragionare sulle cose che aveva sentito. Se vale per Moshé tanto più vale per ognuno di noi. In più dovremmo imparare, prima di scrivere qualcosa, a chiederci perché lo facciamo: se voglio ottenere solo una serie di like o per screditare qualcuno allora forse ho un problema con me stesso. E personalmente sono profondamente convinto che ci sia un problema con se stessi alla base di questa ricerca continua del consenso”.
Sul tema della ricerca del consenso, anche attraverso l’odio, e del conformismo evocati da Ziccardi e Giorello il rav propone invece tre esempi: “Uno, quello legato alla definizione di popolo ebraico come ivri: secondo il Midrash Abramo (il primo ebreo) sta me’ever hanahar, dall’altra parte del fiume, è colui che sta dall’altra parte, capace quindi di opporsi al pensiero della maggioranza. Il popolo ebraico, come ricorda rav Jonathan Sacks, ha nella sua essenza proprio l’idea di protestare: Abramo contro l’idolatria, il popolo ebraico contro le nazioni potenti dell’epoca, contro le ingiustizie”. Altro esempio: “il popolo ebraico, per come è descritto nella Torah, è un’infima minoranza quindi pretendere che il consenso abbia una rilevanza, che se un’opinione è maggioritaria debba essere di per sé giusta fa torto alla nostra stessa storia. Anche perché altrimenti ci saremmo assimilati da tempo”. Rispetto poi a chi sceglie di rinchiudersi nelle proprie cerchie – virtuali e reali – per alimentare le proprie convinzioni e cancellare quelle diverse, rav Ascoli porta l’esempio di rav Yochanan e Resh Lakish. “Nella Gemarah si racconta di come fossero molto amici, sempre in discussione fra di loro. A un certo punto Resh Lakish tragicamente muore e rav Yochanan quasi impazzisce. Per consolarlo, altri maestri gli inviano un rav e gli dicono ‘questo è uno molto preparato, vedrai che non ti farà rimpiangere Resh Lakish’. E ad ogni insegnamento che rav Yochanan pronuncia, questo nuovo rav gli sa citare una fonte che conferma le sue parole. Rav Yochanan si adira per questo e spiega: “che io ho bisogno di qualcuno che mi dica che ho ragione? Io ho bisogno di un Resh Akish che mi metta in discussione, che sappia trovare in ogni cosa che dico obiezioni a cui poi devo provare a rispondere”. Non c’è ragione di discutere per sentirsi dire che si ha ragione, dunque. Sarebbe una perdita di tempo e di parole. Come perdono il loro tempo i citati odiatori sul web, a cui la risposta più efficace arriva da uno dei loro bersagli preferiti. “Gli haters perdono il loro tempo, è molto prezioso, non si torna mai indietro neanche di un attimo. Questi lo sprecano, il mio consiglio è di non sprecarlo – le parole di Liliana Segre, commentando la notizia degli attacchi online contro di lei – Ogni minuto va goduto e sofferto, bisogna studiare, vedere le cose belle che abbiamo intorno, combattere quelle brutte, ma perdere tempo a scrivere a una 90enne augurandole la morte …tanto c’è già la natura che ci pensa”.

Daniel Reichel

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Astensioni e ipocrisie
Era il 4 ottobre del 2018 (13 mesi fa) e alla Camera dei deputati si discutevano e votavano diverse mozioni proposte da destra, dal centro e da sinistra relative all’urgenza di una condanna del fenomeno antisemita in Italia e in Europa. La mozione principale recava la firma di Mara Carfagna (FI), e ad essa si aggiungevano quelle del collega Fiano (PD), e poi di Lollobrigida (FDI), Carbonaro (M5S) e Belotti (Lega Nord). Intervenne il governo, ci fu un’ampia discussione e sostanzialmente l’intero emiciclo da Fratelli d’Italia al PD passando per Lega, Forza Italia e M5S si trovò unito (pur con diverse sfumature) nel segnalare con allarme il fenomeno e chiedere di agire nel presente ponendo in essere gli strumenti legislativi e culturali necessari per contrastarlo.
Gadi Luzzatto Voghera, direttore Fondazione CDEC
Ascoltare veramente
Si dice di Noach che fosse uno “zaddik in pelliccia”, ossia che avesse goduto da solo della sua grandezza senza far godere anche chi gli era attorno. I commentatori lo accusano di non aver coinvolto la sua generazione, sensibilizzandola riguardo il loro comportamento; al contrario, ha pensato a mettersi in salvo dal diluvio insieme soltanto alla sua famiglia.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
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Antisemiti italiani e voti preziosi
Leggere il testo intero della mozione approvata mercoledì al Senato sull’istituzione di una commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza contribuisce (se ce ne fosse bisogno) a dimostrare l’inconsistenza delle argomentazioni che sono state sollevate per difendere la scelta dell’astensione. Prima di tutto occorre ricordare che non è stata votata nessuna legge, e men che meno è stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo reato: semplicemente è stata istituita una commissione parlamentare che avrà compiti di osservazione, ricerca, analisi dei fenomeni, controllo dell’attuazione delle convenzioni e degli accordi sovranazionali e internazionali e della legislazione nazionale.
Anna Segre, insegnante
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Antirazzismo selettivo
“Bene il contrasto all’antisemitismo, ma questa commissione è volta alla censura politica”. Queste parole espresse dagli esponenti di Fratelli d’Italia, sono un po’ il sunto del perché la destra si sia astenuta sulla mozione approvata in Senato per l’istituzione di una commissione per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre. Una commissione che anche giornalisticamente viene erroneamente abbreviata in “commissione sull’antisemitismo”. Oltre le polemiche che ne sono scaturite, sarebbe interessante comprendere perché soprattutto la destra operi una così netta distinzione tra antisemitismo ed odio razziale verso altre minoranze.
Francesco Moises Bassano