PAGINE EBRAICHE - L'INTERVISTA A RICCARDO EHRMAN
Da perseguitato ad artefice della caduta del Muro,
un giornalista al centro della Storia
Alla conferenza stampa che l’avrebbe reso celebre in tutto il mondo arrivò con qualche minuto di ritardo: apparentemente sembrava un evento di routine, cui presenziare giusto per dovere di cronaca. In realtà ci si apprestava a una svolta epocale e Riccardo Ehrman, corrispondente dell’Ansa da Berlino, ebbe il merito, primo tra i suoi colleghi, di rendersene conto, di porre le domande giuste e di facilitarne l’esito. Nove novembre 1989, un tardo pomeriggio d’autunno a Berlino Est. Rivolgendosi alla stampa il portavoce della DDR Guenther Schabowski annuncia la possibilità in arrivo, per i cittadini della Germania orientale, di varcare tutte le frontiere senza bisogno di passaporto. “Vale anche per Berlino ovest’? chiede Ehrman. ‘Sì, per tutte le frontiere” risponde il portavoce. “E da quando?” torna a chiedere Ehrman. Dopo un attimo di esitazione ecco Schabowski asserire: “Su questo foglio non c’è scritto, però sicuramente da questo momento”.
Sembra l’ennesima sparata di un regime abituato a servirsi come tutti i regimi della leva propagandistica. Ma così non è. Il corrispondente si precipita a dare la notizia, che viene tenuta ferma per alcuni minuti per timore di un abbaglio. Poi finalmente arriva il via libera. Il nome di Ehrman è nella Storia. Pochi istanti e il Muro crollerà fisicamente a pezzi.
La sua vicenda professionale è inevitabilmente segnata da quella giornata, al centro nelle scorse settimane di molti ricordi e rievocazioni. Ma la sua è anche la storia di un ebreo italiano, di un ex perseguitato dal regime fascista che ha condotto una vita a testa alta, fiero delle sue origini e capace di trasformare le ferite del passato in opportunità di crescita e consapevolezza.
A inizio novembre il suo telefono sarà stato molto caldo…
Beh, sì. Mi hanno cercato davvero in tanti. Mi ha fatto piacere. Fa sempre un certo effetto essere una notizia. Specie se le notizie le si è date in una lunga vita di lavoro appassionato. Come quella volta a Berlino, 30 anni fa. Mai avrei immaginato una cosa del genere, recandomi a quella conferenza stampa. Faccio quelle domande e ricevo quelle risposte. Chiamo subito Roma, li avverto. All’Ansa si domandano se per caso nel frattempo sia impazzito. C’è voluto qualche lunghissimo minuto per convincerli che ero nel giusto.
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LA SOLIDARIETÀ AGLI EBREI SLOVACCHI DEL WORLD JEWISH CONGRESS E DELL'UCEI
“Profanazione cimitero, atto d’odio intollerabile”
Solidarietà alla Comunità ebraica slovacca dopo la profanazione di 60 lapidi in un cimitero ebraico nella città settentrionale di Namestovo, al confine con la Polonia. Ad esprimerla diverse voci dell’ebraismo internazionale, tra cui il World Jewish Congress così come, dall’Italia, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. “Gli ebrei slovacchi negli ultimi anni sono stati fortunatamente risparmiati da espressioni apertamente aggressive di antisemitismo, ma è diventato tristemente chiaro che nel clima di xenofobia e odio che si sta diffondendo in tutta Europa, ogni comunità minoritaria è un potenziale bersaglio di attacchi ostili”, si legge nel comunicato del World Jewish Congress che ha inoltre ringraziato “l’ong cristiana Pamätaj (Ricordate), per essersi assunta l’impegno di investire nella manutenzione e nella conservazione del cimitero ebraico in assenza di una comunità ebraica attiva nella città di Namestovo e speriamo sinceramente che questo esempio di sostegno interreligioso continui a trionfare su qualsiasi manifestazione di odio”.
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IL VERTICE EUROPEO A BRUXELLES
“Lotta all’antisemitismo, impegno di tutti”
“La lotta all’antisemitismo è importante per l’insieme della società come lo è per i cittadini ebrei. Ed è uno sforzo che deve essere intrapreso a ogni livello: locale, regionale, nazionale, europeo. Faremo la nostra parte. La Comunità ebraica non è sola”.
È un concetto che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea dallo scorso Primo dicembre, ha voluto ribadire nel corso del secondo incontro del gruppo di lavoro contro l’antisemitismo organizzato dalla Commissione a Bruxelles. “Senza ebrei non sarebbe Europa” ha sottolineato von der Leyen, rivolgendosi alla platea. Oltre 100 i rappresentanti di governi, comunità ebraiche e organizzazioni che hanno partecipato alla riunione, svoltasi negli scorsi giorni con tema “Educazione alla vita ebraica, antisemitismo e Shoah”. Tra i partecipanti il segretario generale UCEI Uriel Perugia.
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IL DOCUMENTARIO DI ARTE SULLE OPERE SALVATE DALLE MANI NAZISTE
La Brigata di Carta che salvò la cultura Yiddish
Nel 1941 i nazisti trasformarono Vilnius, allora popolata da 60mila ebrei, in un centro di smistamento di libri, documenti e opere d’arte ebraici proveniente da tutta l’Europa dell’Est. Affidarono il lavoro agli intellettuali della “Gerusalemme di Lituania”, che dovevano separare le opere rare, da inviare all’istituto di ricerca nazista sugli ebrei a Francoforte, da quelle meno importanti, destinate alla distruzione. Gli eroi della “Brigata della carta”, come venivano chiamati nel ghetto, riuscirono a nascondere e a salvare – almeno temporaneamente – migliaia di opere.
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IL CORTOMETRAGGIO SU RAI GULP
“Hanukkah, una luce condivisa”
Roma, 1945. La Comunità ebraica prova a risollevarsi dalle macerie della Shoah. Il ritorno alla vita e alla normalità incontra però diversi inciampi. Quello di Anna, giovane pasticciera, ha il nome di Antioco. Un uomo senza scrupoli, che punta alla sua attività commerciale e farà di tutto per accaparrarsela. Per non cadere vittima delle sue mire serve un autentico miracolo. Un po’ come accadde al tempo dei Maccabei.
“Hanukkah – La festa delle luci”, cortometraggio d’animazione diretto da Maurizio Forestieri con le voci di Luisa Ranieri e Francesco Pannofino, racconta di nuove prove di coraggio che hanno ancora nell’olio, ora necessario per realizzare migliaia di sufganiot, il dolce tipico della festa, la fonte di salvezza.
Il cortometraggio, in onda questa domenica alle 15.25 su Rai Gulp, gioca sul filo della fantasia. Una vicenda inventata, ma a tratti largamente verosimile in quell’Italia poco incline a fare i conti con le proprie responsabilità.
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L'INCONTRO ALLA COMUNITÀ EBRAICA FIORENTINA
Firenze e il patrimonio religioso, la sfida di fare rete
Identificare strategie di riuso degli spazi per finalità sociali, ricreative, di accoglienza e di relazione. Comprendere le possibili modalità di conservazione e trasmissione del valore spirituale dei luoghi di interesse religioso nel centro storico di Firenze durante processi di recupero e rifunzionalizzazione. Porre le basi per la redazione congiunta di linee guida di riferimento sulle tematiche affrontate.
Questi gli obiettivi del terzo incontro su “Firenze e l’eredità culturale del patrimonio religioso” ospitato ieri nei locali della Comunità ebraica fiorentina su iniziativa dell’Opera del Tempio Ebraico.
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Setirot – Le sardine e noi
Le sardine e noi, ovvero noi e le sardine. Cioè a dire l’ultima conferma – se ancora ce ne fosse stato bisogno – di come si sia perduto il senso non tanto del confronto, ché quello è stato abbandonato da tempo, quanto “il senso” proprio in quanto senno. Di ciò che potrebbe significare questo movimento spontaneo antifascista antirazzista “educato” non violento, a noi interessa nulla, indipendentemente dallo schieramento del proprio pensiero politico.
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Ugei e Get, da Firenze a Torino
Da quando frequento le attività organizzate dall’Unione dei giovani ebrei d’Italia (Ugei) non mi era mai capitato di vedere un numero tanto alto di candidati per entrare in consiglio. Accade raramente anche quando si tratta di elezioni comunitarie, almeno nelle comunità medie e piccole dove spesso il numero degli eletti è di poco superiore o addirittura coincide con quello di chi si è presentato. È successo a Firenze domenica scorsa, quando sono stati in sedici a proporsi per sette posti, quelli del consiglio Ugei 2020. Non so se sia stato un caso o un segno rivelatore di qualcosa (ma cosa?), di sicuro però è rubricabile tra gli aspetti positivi della tre giorni nel capoluogo toscano.
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Machshevet Israel - Caino, Camilleri e il midrash
In una recente sessione di studio promossa dal Collegio rabbinico italiano e dedicata al tema dell’odio, in tutte le sue declinazioni e ahinoi sempre d’attualità, il professor Gavriel Levi ha affrontato quell’argomento difficile che è l’odio religioso, anzi l’odio teologico, del quale è permeata tutta la storia (non solo religiosa) dell’Occidente. E ha evocato il mito biblico prototipo di ogni violenza: Abele e Caino. Come si evince dai testi, l’approccio del midrash a quell’autentico ‘peccato d’origine’ (altro che mela o fico!) è estremamente realistico e teso ad evitare la santificazione del primo e la demonizzazione del secondo. La ‘colpa’ di Caino sarebbe stata di essere… più veloce di suo fratello.
Massimo Giuliani, Università di Trento
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Scrittori e politica in Israele
I due articoli pubblicati rispettivamente da Eshkol Nevo («Amos Oz se n’è andato. Le storie della sua terra no») e da Assaf Gavron («Le nuove tribù di Israele. Il primo confine di Oz») su «La Lettura», supplemento del «Corriere della Sera» dell’8 dicembre scorso – che costituiscono entrambi, come si vede anche dai titoli, un omaggio ad Amos Oz, scomparso circa un anno fa – stimolano a riprendere la riflessione sul tema del rapporto tra scrittori e politica. Scrittori, non «intellettuali», che è categoria sfuggente, inflazionata e poco significativa.
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