Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui         2 Gennaio 2019 - 5 Tevet 5780
ISTITUZIONI, SQUADRE E GIORNALISTI ALL'EVENTO IN PROGRAMMA IL 16 GENNAIO

L'UCEI chiama a raccolta il mondo dello sport:
"Fuori il razzismo dagli stadi"

In occasione delle celebrazioni dedicate al Giorno della Memoria società calcistiche e istituzioni sportive hanno raccolto l’invito dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per un impegno ancor più serrato nella lotta contro il razzismo e l’antisemitismo negli stadi. Un messaggio forte e unitario quello che sarà lanciato giovedì 16 gennaio alle ore 16, nella sede del Centro Bibliografico UCEI, in occasione dell’evento “Un calcio al razzismo”.
Accanto alla presidente UCEI Noemi Di Segni, che ha ideato l’evento, rivolto in particolare ai giovani, ci saranno tra gli altri il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori Damiano Tommasi, l’ad della Lega Calcio Serie A Luigi De Siervo e l’ad della Lega Nazionale Dilettanti Cosimo Sibilia.
Afferma la presidente Di Segni: “Oggi più che mai è fondamentale ribadire l’importanza di uno sforzo senza tregua contro le parole dell’odio, troppo spesso egemoni nelle curve degli stadi. Una minaccia che non si limita ai novanta minuti di gioco, ma che dagli stadi finisce per propagarsi in tutta la società italiana. Dare un calcio al razzismo è impegno non più procrastinabile”. All’iniziativa, cui hanno aderito il Coni, diverse società professionistiche e i direttori delle principali testate sportive nazionali, sono invitati a partecipare dirigenti, atleti e istituzioni in campo ad ogni livello nella lotta al razzismo nel calcio. E con loro tutti quei giornalisti e comunicatori che hanno a cuore questa complessa tematica.
I presenti, per rafforzare questo impegno, saranno chiamati a firmare il “Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport” realizzato dall’associazione Parole O_Stili.

LA REAZIONE DEL MONDO EBRAICO 

"Aggressione a Scotto è neofascismo,
servono parole chiare di condanna"

Anche il mondo ebraico italiano ha reagito con forza alla brutale aggressione neofascista subita a Venezia dall’ex parlamentare Arturo Scotto.
“Il nostro abbraccio va a lui, ai suoi familiari e a chi ha cercato di frapporsi tra lui e gli aggressori venendo a sua volta colpito” ha affermato in una nota la Presidente UCEI Noemi Di Segni.
“Il 2020 – ha poi aggiunto Di Segni – inizia all’insegna dell’odio, del razzismo e dell’antisemitismo. Fenomeni sempre più dilaganti e contro i quali è necessario agire con la massima fermezza. A rischio c’è il futuro della nostra società, sempre più esposta a minacce di questo tipo. Le conseguenze rischiano di essere catastrofiche. Non è più possibile esitare. Anche per questo serve una reazione forte da parte di tutte le forze politiche. Servono parole chiare e inequivocabili per definire quanto accaduto”.
Così la Comunità ebraica veneziana: “Siamo fermamente convinti che solo una netta e inequivocabile reazione delle istituzioni, dei partiti e delle associazioni come quella che stiamo avvertendo attorno a questo episodio in forma unanime, possa aiutare a erigere una barriera efficace contro chi è portatore di una cultura cui è co-essenziale la violenza e l’incapacità di rispetto dell’altro”.

UN PILASTRO DEGLI ITALKIM 

Bruno Di Cori (1922-2020)

Ultimo saluto a Gerusalemme a Bruno Eliahu Di Cori, scomparso all’età di 97 anni e tra i punti di riferimento della Comunità degli italkim – gli italiani d’Israele. Nato a Roma nel 1922, Di Cori fece l’aliyah con la famiglia dopo la promulgazione in Italia delle leggi razziste del 1938. 

Setirot - Il rischio dell'implosione
L’odierna Setirot è una lettera aperta che scrivo a chiunque abbia a cuore la nostra keillah, indipendentemente da ideologie, grado di osservanza e di fede, militanza politica. La questione è che, secondo me, il rischio di una implosione al nostro interno è altissimo, un disastro che atterrisce e comporta grande sofferenza.
Chiedo scusa se scriverò per fatto personale – credo di farlo davvero raramente – ma è la mia coscienza identitaria a impormelo.
Stefano Jesurum
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Riconoscersi come ebrei 
Una piccolissima variazione su un tema di Y.H. Yerushalmi, su cui David Bidussa si è soffermato qualche settimana fa in un approfondito articolo pubblicato su JoiMag. Ci si riconosce ebrei se ci si sente ebrei e ci si sente ebrei se si ha memoria dell’esperienza di riconoscersi come (e quindi vivere da) ebrei. Poste queste premesse, quello che più conta è riconoscersi come ebrei, che è qualcosa di vicino, anche se non coincidente, a sentirsi ebrei, più che “essere” ebrei. 
Giorgio Berruto
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Sogno e realtà dello Stato ebraico 
Mi è capitato più di una volta di citare l’opera di Michael Brenner, Israele. Sogno e realtà dello Stato ebraico (Donzelli, Roma, 2018) perché questo lavoro si differenzia sensibilmente da altre storie dello Stato d’Israele, magari serie ed approfondite ma caratterizzate un po’ tutte, quali più quali meno, da una specie di “provvidenzialismo”, che fa sì che la storia dello Stato ebraico appaia segnata da una sorta di necessità. 
Valentino Baldacci
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