LE REAZIONI DOPO LA PRESENTAZIONE DELL'INIZIATIVA AMERICANA
Il piano di pace di Trump e il mondo arabo
In Israele le risposte rispetto al piano di pace di Trump hanno seguito una logica piuttosto scontata: la destra lo ha accolto con grande favore – ad eccezione dell’estrema destra che non vuol proprio sentir parlare di uno Stato palestinese -; il centro (Kachol Lavan) lo ha definito un buon piano su cui lavorare; la sinistra lo ha bocciato perché troppo schiacciato nell’esaudire le richieste della destra. E mentre il confronto interno si è accesso – in particolare sulla possibilità di estendere già nei prossimi giorni la sovranità sulla Valle del Giordano – è inevitabile guardare a cosa accade nel campo palestinese e in quello più ampio dei paesi arabi. Mahmoud Abbas, leader dell’Anp, ha perso da tempo il sostegno del suo popolo ma cerca, anche con il no a Trump, di riguadagnare una posizione di riferimento. Lo ha fatto negli scorsi giorni, convocando una riunione d’emergenza di tutta la leadership palestinese a Ramallah, la capitale de facto dell’Autorità palestinese in Cisgiordania. In un passo senza precedenti, ha anche invitato i rappresentanti politici dei suoi nemici giurati di Hamas e della Jihad islamica (e questo, dopo una telefonata con il capo politico di Hamas, Ismael Haniyeh).
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QUI ROMA - IL CONVEGNO PROMOSSO DA UCEI E PALAZZO CHIGI
La Memoria e la sfida della continuità
Quale il futuro della Memoria dopo la scomparsa dell’ultimo Testimone? Un interrogativo sempre più lacerante e attuale, filo conduttore della tavola rotonda “I figli del dopo” organizzata nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle iniziative promosse insieme dal Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah di Palazzo Chigi e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Una riflessione sulla complessa eredità che cade oggi sulle nuove generazioni. E sul terreno, di natura anche educativa, che si sta preparando.
Molte, come ha ricordato la presidente UCEI Noemi Di Segni nel suo intervento, le sfide che incombono. La necessità ad esempio di far maturare una narrazione delle seconde e terze generazioni, ma anche una testimonianza da parte delle collettività non ebraiche “come formazione di una propria coscienza e identità, con senso di responsabilità per quanto avvenuto nel passato, con impegno sul presente”; la capacità di identificare i segnali del passato che hanno generato la Shoah e di leggere i segnali dell’oggi, per affrontare un percorso “che non è solo memoria narrativa ma è agire concreto, nell’educazione e nel campo giudiziario e di legiferazione”; la lotta a ogni forma di “distorsione, banalizzazione, derisione, riduzione, negazionismo, abuso” del ricordo; la gestione di richieste di scuse ufficiali, come nel caso delle diverse istituzioni italiane che stanno elaborando la ferita delle Leggi razziste.
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L'EVENTO PROMOSSO DALLA COMUNITÀ EBRAICA
Memoria viva, l’abbraccio di Napoli
“Il cuore grande dei napoletani, il loro calore, la loro solidarietà, dimostrataci in una giornata che, per noi ebrei, evoca gli anni bui delle persecuzioni razziali e delle deportazioni, ci permette di guardare con maggiore serenità e fiducia nei tempi futuri”. Così la presidente della Comunità ebraica napoletana, Lydia Schapirer, a margine della cerimonia tenutasi questa mattina per ricordare Amedeo Procaccia, Iole Benedetti, Elda Procaccia, Loris e Luciana Pacifici, Sergio Oreste Molco, Milena Modigliani, Aldo e Paolo Procaccia, i nove napoletani deportati nel campo di sterminio di Auschwitz il 30 gennaio di settantasei anni fa, i cui nomi sono incisi su altrettante pietre d’inciampo installate innanzi allo stabile dove abitavano prima di andare incontro ad un tragico destino.
Numerose infatti le organizzazioni e i comuni cittadini che, al di là degli steccati imposti dalle logiche di appartenenza politica, hanno affollato piazza Bovio, prima, e via Luciana Pacifici, poi, per rendere omaggio alle tre famiglie colpite dalla Shoah, nel corso della cerimonia civile e religiosa promossa e organizzata dalla Comunità ebraica di Napoli, con il sostegno della Federazione delle associazioni Italia-Israele e della locale Camera di Commercio.
“Non abbiamo fatto inviti – aggiunge Schapirer – ma siamo stati oltremodo sorpresi e anche felici di raccogliere un numero così alto di consensi intorno ad una manifestazione dai valori così alti e profondi”.
(Foto di Marialilia Brando)
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QUI ROMA - L'INIZIATIVA DELL'AMBASCIATA D'ISRAELE PRESSO LA SANTA SEDE
Mario Gentili, il coraggio di un “Giusto”
Durante l’occupazione nazista della città nascose un giovane ebreo romano che trovò rifugio nella sua casa di via Guattani, nel quartiere Nomentano. Un gesto di coraggio compiuto a rischio della vita che ha fatto di Mario Gentili, come riconosciuto dallo Yad Vashem diversi anni fa, un “Giusto tra le nazioni”. La figura di Gentili, nonno del futuro sindaco Francesco Rutelli, è stata al centro di una iniziativa in suo ricordo promossa dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede nella sede della Fondazione Museo della Shoah alla Casina dei Vallati.
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Setirot - Nemici e interrogativi
È nostro uso considerarci sempre e comunque l’ombelico del mondo, e per moltissimi versi e altrettante ragioni è più che comprensibile, probabilmente anche “giusto”. Così allo straordinario successo personale della candidata del centrosinistra Elly Schlein alle elezioni regionali in Emilia-Romagna la cosa che immediatamente diviene tra noi oggetto di discussione è che una volta partecipò da europarlamentare, anni fa, a un convegno organizzato a Milano da alcune sigle propal. Non so che cosa ebbe a dire e immagino nessuno dei reattivissimi accusatori abbia in mano le registrazioni del suo intervento. Ciò che so è che, raccontandosi, questa giovane donna di indiscutibile impegno e dal curriculum invidiabile ama ricordare di avere un padre ebreo – Schleyen, famiglia ashkenazita ferita gravemente dai pogrom prima e dalla Shoah dopo – e una madre figlia di un avvocato senese fervente antifascista.
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Un giusto a Sodoma
Un apologo noto, ma sempre non abbastanza, di Elie Wiesel: “Un giusto percorreva Sodoma, predicando contro la cupidigia e il furto, la menzogna e l’indifferenza. Ben presto, nessuno più l’ascoltava. Un giorno un bambino, preso da pietà, tentò di spiegargli che gridava invano. Allora il giusto si spiegò: ‘All’inizio, pensavo di poter cambiare gli uomini. Adesso so che non ci riuscirò. Se grido ancora è perché gli uomini non finiscano per cambiare me’”.
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Machshevet Israel - Quattro cose che si ignorano
In un recente incontro interreligioso sullo Shir hashirim/Cantico dei cantici a Pesaro (nella giornata cattolica per la conoscenza di ebrei ed ebraismo), un giovane prete biblista ha citato uno dei passi più belli e intriganti della letteratura cosiddetta sapienziale ebraica, ossia Mishlè/Proverbi 30,18-19. Lo riporto nella traduzione di rav Disegni: “Tre cose cose sono a me ignote, anzi quattro non conosco: il cammino dell’aquila nel cielo, il cammino del serpente sul sasso, il cammino della nave in mezzo al mare, il cammino dell’uomo in una donzella”. Uomo traduce ghever, mentre donzella traduce qui ‘almà, ossia una giovane donna.
Massimo Giuliani, Università di Trento
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Le reazioni palestinesi al piano di pace presentato dal presidente Donald Trump seguono un copione già visto tante altre volte: rabbia, collera, bandiere americane e israeliane bruciate, grida di vendetta e via di questo passo.
Non c’è dubbio che, dal punto di vista territoriale, il piano Trump sia meno favorevole ai palestinesi di quello presentato da Bill Clinton a Camp David nell’estate del 2000 e ancora meno di quello proposto, poche settimane dopo, dal premier israeliano Ehud Barak, che si spingeva a concedere ai palestinesi la sovranità su metà della Città Vecchia di Gerusalemme, entrambi respinti da Yasser Arafat.
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