LA PROVOCAZIONE DI FRATELLI D'ITALIA PER IL GIORNO DEL RICORDO
"Pietre d'inciampo per le vittime delle foibe,
iniziativa spregiudicata e strumentale"
Tredici pietre d’inciampo ricorderanno a Trieste le vittime delle foibe. Una commemorerà Norma Cossetto, studentessa istriana che fu torturata e poi uccisa. Undici porteranno i nomi di altrettanti poliziotti assassinati dai titini. Un’altra sarà consegnata al sindaco Roberto Dipiazza, in memoria di tutte le vittime. È l’annuncio dato dalla leadership politica di Fratelli d’Italia in Friuli Venezia-Giulia in vista del Giorno del Ricordo che si celebrerà domani.
Per Adachiara Zevi, che da molti anni coordina l’apposizione di pietre d’inciampo a Roma, si tratta di “una vergogna” e di un “vero e proprio furto di proprietà”. Le pietre d’inciampo, ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig, “sono nate infatti per ricordare le vittime del nazifascismo, hanno una loro specifica funzione indicata dallo stesso Demnig e non possono diventare un simbolo di altre questioni”.
“L’iniziativa di Fratelli d’Italia – prosegue Zevi – snatura il senso di un progetto. Quelle di Trieste non sono pietre d’inciampo, si cerca di farle passare per tali ma sono altro. Sono un falso. È un’idea folle, che va denunciata”. Ciò, sottolinea, “senza nulla togliere al dramma delle foibe: ma non è questo il modo giusto di affrontare il tema”. Non sono, aggiunge, le uniche storture cui ha assistito in questi mesi e anni. “Penso ad esempio – afferma – alla scuola che a Roma ha dedicato una ‘pietra’ al ragazzino annegato nel Mediterraneo con la pagella cucita nei vestiti. Una vicenda terribile e straziante, ma non collegata in alcun modo alle stolpersteine. Che, bene ribadirlo, sono il frutto di una chiara idea artistica e che non possono essere manipolate a proprio piacimento per finalità diverse da quella originaria”.
Claudio Vercelli, storico molto attento anche alle vicende del confine orientale, parla di iniziativa “spregiudicata” il cui unico obiettivo non sarebbe quello di fare memoria di un dramma nazionale, ma lo sfruttamento di questa vicenda per mere finalità politiche. Non è in discussione la gravità di quel che avvenne, sottolinea lo studioso. “Ma ogni paragone o accostamento alla Memoria della Shoah è da rigettare. Oltretutto – afferma Vercelli – la scopiazzatura di un progetto con una sua ben definita connotazione rivela una scarsa o nulla credibilità da parte di chi l’ha ideata e proposta”. Fondamentale, per Vercelli, tenere bene a mente un concetto: “Le memorie non sono fatte per pacificare, non hanno l’obiettivo di costruire finti ‘ponti’. Servono invece a favorire la responsabilizzazione di una collettività”. Per questo iniziative caratterizzate da “una evidente strumentalità politica” come quella triestina non sarebbero un buon servizio per nessuno. “Per la società nel suo insieme, ma anche per il ricordo delle vittime di allora”.
A Norma Cossetto il saggista Frediano Sessi ha dedicato un libro, uscito nel 2007 con l’editore Marsilio: Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel ’43. “Al giorno d’oggi – afferma Sessi – le città sono fatte di non-luoghi. E ciò vale anche per il modo in cui ci si approccia alle ferite del recente passato, come le foibe appunto. Un monumento per ricordarle sarebbe troppo ingombrante. Una pietra d’inciampo, invece, potrebbe avere una sua efficacia”. Il tema, aggiunge, resta comunque “fortemente annebbiato dall’uso politico della storia”. Per Sessi andrebbe quindi “studiato più a fondo”, anche perché non pochi sarebbero i riduzionisti o negazionisti “per il fatto che questo tema è stato e continua ad essere un cavallo di battaglia delle destre”. Per il saggista si tratterebbe di un grave errore: “Pochi a destra hanno una reale volontà di proporre riflessioni serie su un tema che resta delicato e controverso. A Trieste, in particolare”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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LA REAZIONE AI NUOVI FATTI DI ODIO
"Svastica sulla casa di Arianna Szorenyi,
sdegno e profonda preoccupazione"
Grande sconcerto ha suscitato il ritrovamento di una svastica sul muro dell’abitazione a San Daniele del Friuli in cui visse Arianna Szorenyi, 86 anni, deportata ad Auschwitz assieme ai suoi cari in seguito a una delazione. “Un nuovo inquietante episodio – ha commentato Noemi Di Segni, presidente UCEI – riporta in queste ore l’attenzione dei media sul tema dell’odio, del razzismo e in particolare dell’antisemitismo. Quanto accaduto a San Daniele del Friuli, dove una svastica è apparsa sulla casa dove visse la Testimone della Shoah Arianna Szorenyi, che proprio nella località friulana fu catturata insieme ai suoi cari e da lì deportata con ultima destinazione Auschwitz, suscita non solo sdegno ma anche profonda preoccupazione. Sono molteplici infatti gli episodi analoghi avvenuti in questi giorni e settimane in varie città d’Italia. Un campanello d’allarme che riguarda tutti e che non può essere ignorato”.
Di questa mattina una nuova inquietante notizia. Un'altra casa, stavolta a Torino, è stata presa di mira con scritte antisemite. È quella di Marcello Segre, presidente di Piemonte Cuore onlus.
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QUI TORINO - LA CERIMONIA
La Comunità ringrazia i "suoi" Giusti
La Comunità ebraica di Torino celebra i suoi Giusti. Si è svolta giovedì scorso la cerimonia di consegna dei certificati di benemerenza, realizzati sulla base di un disegno dello scultore Terracini, a sua volta salvato, ai discendenti di famiglie piemontesi che durante la guerra hanno nascosto e salvato le vite di ebrei torinesi. A ritirare i certificati i discenti, figli e nipoti, dei Giusti. “Nella terribile guerra costoro furono ogni giorno in battaglia. Essi sono i Giusti per il cui merito il mondo non è andato in rovina”: è Dario Disegni, presidente della Comunità e nipote di rav Disegni, uno dei salvati, a dare lettura del testo di Haim Hefer, Giusti fra le Nazioni.
Alice Fubini
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SEGNALIBRO
Ernesto Nathan, l'etica di un sindaco
Nel 1907 Ernesto Nathan divenne il primo sindaco straniero di Roma, non cattolico – poiché ebreo – e massone. A lui si deve la creazione delle aziende municipalizzate dei trasporti, della distribuzione dell’acqua, della luce e del gas, in un intento finalmente modernizzatore di una città difficile che egli volle fortemente trasformare in una capitale cosmopolita, esempio di amministrazione laica e democratica per l’intera nazione. Avvalendosi dei contributi dei maggiori studiosi di Nathan e della storia cittadina, Ernesto Nathan. L’etica di un sindaco (Nova Delphi Libri), curato da Marisa Patulli Trythall, prosegue nell’opera di approfondimento di una figura così speciale della vita politica romana e italiana del primo Novecento fino agli anni a ridosso del fascismo.
Nel libro è dunque evidenziato il contesto storico e culturale in cui si mosse uno dei sindaci più innovatori dell’Urbe, le sue origini e la sua fede mazziniana per un’Italia libera e repubblicana, ma sono anche indagate le ragioni che hanno portato al suo arrivo sulla scena pubblica, il dibattito spesso aspro che lo accompagnò e il profilo etico che ne contraddistinse l’azione politica e amministrativa. Pubblichiamo la prefazione, firmata dal direttore della Fondazione Cdec Gadi Luzzatto Voghera.
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L'AVVOCATO CHE FU AL FIANCO DI GIULIA SPIZZICHINO CONTRO PRIEBKE
Marcello Gentili (1929-2020)
Una vita per i diritti e la giustizia. Protagonista di alcune tra le più significative vicende processuali del recente passato, l’avvocato Marcello Gentili ha legato il suo nome al dramma dei connazionali desaparecidos in Argentina e Cile ma anche al processo intentato contro il criminale nazista Erich Priebke che fu responsabile dell’eccidio alle Fosse Ardeatine.
Fu infatti lui ad accompagnare in Argentina l’ebrea romana Giulia Spizzichino, la cui testimonianza risultò decisiva per l’estradizione di Priebke in Italia.
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Rassegna stampa
"Nessuna emergenza odio"
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Un'idea di noi
Del pericolo di annientamento e della sconfitta dell’annientatore la memoria ebraica ha definito due paradigmi. Entrambi stanno in Shemot a pochi capitoli di distanza. Il primo è la liberazione dall’Egitto; il secondo l’episodio di Amalek. Il primo è entrato nel calendario civile con una storia di liberazione. Il secondo invece non ha una data, ed è diventato un concetto. Il primo è un luogo della memoria (ha una festa, un rito, un testo, una pratica). Il secondo è una metafora, che non ha una data, che si incontra, come è detto “generazione in generazione” [Es., 17,16]. In ogni caso la vittoria su Amalek non dà luogo a una festa. Perché? Provo a rispondermi così: se è possibile avere un’idea dell’arco solo descrivendo ciascuna pietra come fa Marco Polo a Kublai Khan (in “Le Città invisibili” di Calvino), così possiamo raccontare la liberazione con un rito ma poi solo incontrando ad ogni generazione Amalek riusciamo a darci un’idea di noi.
David Bidussa
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Avviso ai naviganti
È scoraggiante leggere molte delle comunicazioni sui social network. Ce lo siamo già detti ma dobbiamo continuare a ripetercelo: la propensione all’aggressività e, con essa, al deragliamento di ogni forma residua di ragionevolezza e razionalità, è immediatamente dietro l’angolo. Si scade da subito nell’invettiva, nell’epiteto, nell’ingiuria. Qui sta il vero habitat delle nuove intolleranze, prima ancora che nei gesti fisici esercitati con il ricorso alla forza materiale. Si tratta di una decadenza morale e civile che ammorba una parte della collettività, brutalizzandola nel momento stesso in cui si esprime con tonalità vessatorie.
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Contrastare l'assimilazione
Grazie all’occasione offertami nel corso degli ultimi Stati Generali di tenere un workshop insieme a Ruth Dureghello sul tema dei Progetti educativi per i giovani nell’Italia ebraica, ho sviluppato alcune riflessioni che vorrei condividere. Il fenomeno della scarsa partecipazione, in particolare dei giovani alla vita comunitaria ed alle attività organizzate dalle Comunità, dai movimenti giovanili e dall’UCEI, evidenzia la situazione molto difficile e preoccupante dell’ebraismo. Nonostante il grosso sforzo profuso la risposta è stata sempre la stessa: indifferenza.
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