Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui       14 Aprile 2020 - 20 Nissan 5780
PAGINE EBRAICHE DI APRILE - IL DOSSIER MEDICINA 

“Chiusi in casa, cerchiamo punti fermi”

“In un periodo tragico per tutto il mondo, mi domando giorno e notte come possiamo vivere questo momento in modo costruttivo”. Dopo aver passato la vita negli ospedali israeliani, da Gerusalemme a Beer Sheva, dalle sale della terapia intensiva per bambini prematuri ai centri di medicina dello sviluppo, la neuropediatra Marina Finzi Norsi cerca di inviare un messaggio costruttivo alle migliaia di famiglia obbligate all’autoisolamento, costrette a rimanere in casa. Anni di esperienza e lavoro, una collaborazione ancora in corso con l’istituto Villa Santa Maria SCS di Tavernerio – che l’ha chiamata appositamente da Israele alcuni anni fa – Finzi Norsi ricostruisce con Pagine Ebraiche alcuni passaggi della sua carriera, ci ricorda le difficoltà specifiche dei bambini autistici, ancor più marcate oggi che le scuole sono chiuse, e propone qualche idea pratica per mantenere l’equilibrio in questo tempo destabilizzante. Milanese di nascita, si è trasferita a Gerusalemme durante gli studi di medicina, scegliendo poi di concluderli in Israele. “All’ospedale Soroka di Beer Sheva ho fatto un primo stage e poi la specializzazione in pediatria. Ho proseguito lavorando in terapia intensiva dei prematuri con mia grande soddisfazione: riuscivamo a salvare prematuri molto piccoli, 500-600 grammi. Però a un certo punto mi sono interrogata su cosa accadesse a questi prematuri e sono passato a un campo affine, un campo che in Israele si chiama pediatria dello sviluppo. Si occupa di tutti i bambini che per motivi vari hanno problemi nel loro sviluppo psicomotorio. In Italia purtroppo non c’è ma è molto importante perché unisce pediatria, neurologia infantile e psichiatria infantile”. Su questa logica in Israele esistono centri di diagnosi e terapia per bambini con problemi nello sviluppo. “È un grandissimo vantaggio perché il genitore non deve portare il bambino da diversi esperti ma trova tutto sotto lo stesso tetto”. In Israele inoltre, spiega la dottoressa, ci sono nidi speciali per bambini cerebrolesi, autistici, con problemi in ambito auditivo. “Sono molto importanti perché permettono una terapia precoce che dà risultati molto validi per il futuro dei bambini”. Ovvero maggiori garanzie di inserimento ad esempio in scuole normali, dove comunque lo stesso “inserimento avviene in modo strutturato, lento e accompagnato da persone molto competenti”.

Nell’ultimo periodo, Finzi Norsi spiega di essersi occupata soprattutto di autismo. “Quando parliamo di autismo, parliamo di un problema di comunicazione nel senso più ampio: non solo parlare con la voce o con i gesti, ma anche con lo sguardo, e infatti i bambini autistici hanno problemi a fissare negli occhi le persone. Hanno problemi con il cibo. Con l’ambiente, ad esempio una percentuale molto alta di bambini autistici non appoggia la pianta del piede perché non riesce a ‘comunicare’ con il pavimento”. “Capite bene quanto questa situazione sia complicata per chi ha figli autistici – spiega la neuropediatra – ma mi permetto di dare qualche consiglio valido per tutti per mantenere l’equilibrio in questa quotidianità stravolta”.

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IL VICEPRESIDENTE UCEI SUL LAVORO DI SERVIZI SOCIALI E RESIDENZE PER ANZIANI

"Prevenzione, primo strumento a tutela della salute"

"La prevenzione è sempre un elemento fondamentale. Lo è a maggior ragione in questa emergenza sanitaria ed è importante in particolare quando parliamo di persone anziane, le più a rischio, agire in modo tempestivo. In diverse realtà ebraiche, nelle residenze per anziani, ci si è mossi per tempo ma continuiamo a monitorare la situazione”, lo sottolinea a Pagine Ebraiche il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara. Medico e responsabile dei servizi sociali dell'Unione, Mortara spiega come l'impegno nelle comunità verso i propri anziani segua due direttrici. “Da un lato, la tutela attraverso le misure di isolamento delle case di riposo, riducendo così il rischio di contagio. Da Milano a Roma, sono stati presi provvedimenti per garantire la sicurezza degli ospiti delle residenze così come delle equipe medico-sanitarie. Dall'altro lato, la comunicazione: la necessità di spiegare sia ai nostri anziani sia alle loro famiglie cosa sta accadendo e prendersi quindi cura anche dell'aspetto psicologico in questa crisi molto complicata”. Non lasciare nessuno indietro, sottolinea Mortara, è uno degli obiettivi in cima all'agenda. E anche per questo il lavoro degli sportelli sociali territoriali UCEI è molto importante. “Le nostre tre assistenti sociali, Miriam Sofia, Giada Maiolini e Giulia Tura, stanno seguendo, ovviamente a distanza, gli assistiti nelle diverse macro-aree (Nord-Est, Nord-Ovest, e Centro-Sud). È importante perché così le persone non si sentono abbandonate, è un modo per dare sicurezza e tranquillità. Il contatto telefonico costante è un presidio a tutela della nostra utenza”. Proprio per mantenere il contatto, in particolare con le persone lontane dalle comunità, si sta lavorando per fornire supporto tecnico a chi ne ha necessità, spiega Mortara, sia per rimanere in contatto “con le assistenti sociali ma anche con i centri comunitari, per ricevere la derasha della settimana ad esempio, per poter parlare con il rabbino. L'idea che ci sia una comunità vicina ha grande rilevanza”.
Diverse le attività messe in campo dall'UCEI, dalla raccolta fondi a uno sportello telefonico, promosso in collaborazione con AME, MDA, le Comunità e gli Enti già attivi sul territorio, per fornire agli iscritti un supporto psicologico a chi necessita di assistenza.

(Nell'immagine, una foto d'archivio della Residenza Arzaga di Milano precedente alla crisi sanitaria)

LA RACCOLTA FONDI PROMOSSA DAL BENÉ BERITH

Lombardia, migliaia di mascherine in arrivo

Ventisettemila mascherine ad alta definizione, in plexiglass lavabile e riutilizzabile. È il dono alla Regione Lombardia del Bené Berith, tra le più antiche organizzazioni ebraiche al mondo: negli scorsi giorni (raccogliendo un invito della sezione italiana) aveva promosso una raccolta fondi coordinata dal presidente Charles Kaufman e dall’amministratore delegato Daniel Mariaschin in collaborazione con il Consolato generale degli Stati Uniti a Milano e United Parcel Service Foundations. Le forniture, si annuncia in una nota diffusa dal presidente del Bené Berith Roma Sandro Di Castro, sono state donate dalla Brother’s Brother Foundation (che detiene forniture mediche da consegnare all’estero in momenti di disastro e necessità umanitarie), mentre la Fondazione UPS ha sponsorizzato gratuitamente il trasferimento da Baltimora a Milano, in stretto coordinamento con il Consolato e il Servizio commerciale estero statunitense. I dispositivi di protezione individuale saranno quindi distribuiti, viene comunicato nella nota, “agli ospedali e al personale medico”.

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NELL'ULTIMO VIDEO PILPUL, IL PROGETTO MACHSHAVA TOVA

Israele e la tecnologia al servizio di tutti

Israele è un modello dal punto di vista della tecnologia. Non è un caso se è notoriamente definita la Start-up nation. Dall’altro ci sono settori della società che non hanno accesso all’uso di un computer e non hanno le abilità per navigare nell’era del digitale. Per questo è stato messo in piedi il progetto “Machshava Tova” – che si può tradurre come buon pensiero – volto a fornire a fasce più escluse, dai giovani agli anziani d’Israele, l’opportunità di imparare a usare il computer e avere accesso a diverse competenze tecnologiche. A presentare il progetto nell’ultimo video pilpul, l’appuntamento curato dalla redazione di Pagine Ebraiche, uno dei fondatori di Machshava Tova, Astorre Modena. Tra le iniziative portate avanti, non solo le lezioni online per le diverse fasce di età, ma anche il ricondizionamento di computer vecchi da fornire, una volta messi a posto (nell’immagine in alto, un esempio), a chi ne ha bisogno. “Abbiamo una lista di circa duemila computer e la mancanza di questi strumenti è un problema grandissimo”, spiega Modena.

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Rassegna stampa

Le proposte della task force
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Isolarsi ancor di più
Sono giorni di fatica psicologica. Giornali, radiogiornali e telegiornali parlano solo di coronavirus. E appare giusto e comprensibile, vista l’emergenza e le preoccupazioni. Ma molto di ciò che si sente è esattamente uguale a ciò che si è già sentito, e ascoltare le teorie indimostrate di supposti esperti, smentiti magari il giorno dopo dalla realtà, non rende un buon servizio all’equilibrio delle persone e al montare della paura. L’unico messaggio necessario è il ‘restate a casa’, il resto è noia e ridondanza. Sembra che i notiziari abbiano finalmente trovato qualcosa di cui parlare e da rimasticarsi in bocca solo per riempire i propri vuoti di immaginazione. Qualcuno, il coronavirus, lo strumentalizza in senso proprio, per farsi spazio ed emergere fra i colleghi giornalisti. E tutto contribuisce a produrre ansia nell’animo della gente che non riesce a scorgere una via d’uscita dalla gravità del momento.
Dario Calimani
Borges, ipotesi per uno scambio
Quando Jorge Luis Borges si riferisce alla Bibbia ebraica come l’inizio di tutto, secondo Edna Aizenberg (El tejedor del Aleph. Biblia, Kabala y Judaísmo en Borges, Altalena, Madrid, 1986, p. 22) la richiama quale base dell’etica occidentale e come uno dei testi fondamentali della letteratura dell’Occidente, riflettendo in ciò l’eredità della nonna inglese, che recitava la Bibbia a memoria. Certo, è stimolante considerare che l’ebraismo, pur essendo alla base del pensiero occidentale, sia nato in Oriente dove quel pensiero è particolarmente inviso e, tanto per evitare che il messaggio non sia ben percepito, siffatta avversione viene convogliata preferibilmente per le vie di fatto.
Emanuele Calò
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Schiavitù e libertà
“Avadim ainu le Phar’o be Mizraim. Va-iotzienu Hashem Elohenu misham beiad hazaqah uvizroa’ netuiah”. Schiavi fummo del Faraone in Egitto, ma il Signore Dio nostro ci ha tratto fuori di là con mano possente e con braccio disteso. Abbiamo intonato queste parole – che in estrema sintesi racchiudono l’intera Haggadah - poche sere fa all’inizio del Seder, guardando dalla nostra condizione di libertà al passato di schiavitù. Ma la schiavitù è davvero del tutto passata? E oggi siamo davvero liberi? In questi giorni di Pesach, confinati nelle nostre case dalla pandemia, abbiamo occasione di interrogarci e di riflettere sul tema.
David Sorani
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