I RABBINI ITALIANI E IL NUOVO DECRETO
"Al lavoro per riaprire in sicurezza,
ma servirà un po' di pazienza"
“I rabbini non sono medici. I rabbini hanno un certo tipo di compito, molto importante, ma gli esperti di salute sono loro. È bene quindi ascoltare con attenzione tutto quel che ci sarà indicato, pronti ad agire e ad equipaggiarci con ogni necessità. La speranza è quella di ripartire presto, certo. Ma i fatti ci hanno dimostrato che bisogna vivere giorno per giorno”. Rav Yosef Labi, rabbino di Verona, è prudente. “Riaprire il Tempio – afferma – è senz’altro un obiettivo. Ma andrà fatto tutto in presenza di ragionevoli garanzie. La sinagoga, come spazi, è comunque attrezzata. Almeno per quel che riguarda l’ordinario. I problemi ad accogliere tutti potrebbero esserci invece per momenti di maggior afflusso come Kippur e Rosh Hashanah. Sono situazioni diverse, che andranno valutate in ogni sfumatura”.
“Non sono molto ottimista per una riapertura in tempo per Shavuot. Mi pare più verosimile che ci si possa ritrovare in sinagoga più in là, per Rosh Hashanah”. È il pensiero del maskil Ariel Finzi, rabbino di riferimento per Napoli e per tutto il Meridione. “Sono un ingegnere e ho la tendenza a parlare solo quando vedo qualcosa di scritto, definito, certo. Aspettiamo quindi una indicazione chiara e poi valutiamo. In ogni caso, fin quando non sarà garantita la circolazione tra regioni, la vedo molto dura. Al momento – sottolinea – sono bloccato in Piemonte”. Nel frattempo proseguirà l’attività a distanza, particolarmente intensificatasi in questo periodo. “È paradossale – spiega Finzi – ma le cose stanno andando molto meglio che in passato. Alle lezioni partecipa oggi chi prima non veniva. Contatti e occasioni di studio insieme sono drasticamente aumentate”.
Anche rav Avraham Dayan, rabbino capo di Livorno, è prudente. “Il desiderio di tornare a pregare al Tempio è forte. Però davanti a ogni altra considerazione dobbiamo porre la tutela della salute. La cosa più importante in assoluto. Per noi stessi – dice – e per gli altri”. Si accoglieranno quindi le indicazioni senza metterle in discussione: “Se si potrà tornare in sinagoga saremo ben felici, altrimenti si dovrà accettare di restare a casa come già avvenuto a Purim e Pesach”. Il rav è comunque ottimista sulla messa in sicurezza della sinagoga: “Per fortuna il Tempio è piuttosto arioso”.
I rabbini italiani e l’apertura delle sinagoghe / 2
I rabbini italiani e l’apertura delle sinagoghe / 1
(Nell’immagine la sinagoga di Verona)
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IL NUOVO APPUNTAMENTO CON DIRITTI E LIBERTÀ
Legge dello Stato e Halakhah a confronto
La vita ebraica durante l'emergenza
“Noi ebrei siamo abituati ad osservare le regole. Ne abbiamo tante. Secondo alcuni pure troppe. Per cui siamo attrezzati a seguire le regole anche quando vengono dal governo o altri organi istituzionali. Se ci impongono una regola, fintanto che essa non confligge con quelle imposte dalla Torah, la osserviamo rigorosamente senza fare tante storie. È nel nostro dna osservare le regole quando sono sensate e utili”.
Lo spiega rav Gianfranco Di Segni, sintetizzando il rapporto tra il mondo ebraico e le leggi dello Stato. Un rapporto in evoluzione come ha raccontato lo stesso rav confrontandosi con il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e il Consigliere UCEI Davide Jona Falco sul tema delle compatibilità tra le nuove misure restrittive applicate dal governo e il rispetto della Halakhah. Nel secondo appuntamento del ciclo “Diritti e libertà” organizzato dall’Associazione Italiana dei Giuristi ebrei in collaborazione con l’UCEI e moderato dal direttore della redazione giornalistica Guido Vitale, rav Di Segni, Jona Falco e Disegni vanno a fondo di queste tematiche, dando una fotografia della situazione attuale e spiegando quali siano le criticità per il futuro.
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IL VIDEOPILPUL DI QUESTA SERA
Nella crisi, la prova di forza del giornalismo
Quali sono le sfide del giornalismo in questa emergenza e quali segni profondi lascerà la crisi sull’informazione. Sono i temi al centro del video pilpul di questa sera (ore 22.30 sui canali social di Pagine Ebraiche e UCEI) con ospite Alessandra Ravetta, codirettrice di Prima Comunicazione, mensile dedicato proprio all’informazione che da sempre rappresenta un punto di riferimento per tutta la categoria. Nell’ultimo numero del mensile, Ravetta e la sua redazione hanno intervistato 50 direttori di quotidiani italiani per capire come ciascuno di loro stia affrontando la crisi e quali siano le loro paure, prospettive, idee per il futuro. “Prova di forza”, il titolo del numero a indicare la strada per il domani del giornalismo, analizzato nelle sue diverse sfaccettature con la redazione di Pagine Ebraiche.
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Il salmo della speranza
Nel corso degli anni si è andato formando un insieme di testi di preghiere che evidenziano il significato dello Stato d’Israele dal punto di vista del pensiero del sionismo religioso che lo interpreta come straordinaria manifestazione della Provvidenza e, secondo alcuni, come “Reshit zemichat gheulatenu”. Ovvero, primo inizio della fioritura dell’era messianica. Nel contesto di questo particolare “Siddur”, formulario di preghiere per Yom Ha-Azmaut, la celebrazione della preghiera serale si apre con la lettura del Salmo 107 che è noto nella liturgia festiva in quanto viene letto come salmo festivo per l’ultima sera di Pesach, secondo il rito italiano, e in tutti i giorni di festa solenne di Pesach, secondo il rito sefardita.
Rav Giuseppe Momigliano
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I 72 anni di Israele e la nostra sfida
Israele è il nome che un nostro padre ha acquistato al duro prezzo di un combattimento e che ha poi trasmesso alla sua discendenza. Se teniamo conto del famoso episodio biblico in cui assistiamo alla lotta di Giacobbe contro un angelo e che si conclude con l’acquisizione di un nuovo nome, Israel, dobbiamo intendere l’identità di Israele come un nome di lotta, portato da coloro che sono impegnati in un combattimento.
Rav Roberto Della Rocca
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Setirot - Una sfida immane
Giuro che non capisco. O forse si tratta della difesa messa in atto dall’inconscio più profondo, una sorta di scotomizzazione delle capacità intellettive. Entriamo nella fase 2 della pandemia di Covid19 feriti, sconfitti, amputati dei nostri affetti e delle nostre certezze. Una fase 2 piena di incognite, di tranelli, di dubbi.
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Il potere che frena
Il mondo è una giungla ricca di vegetazione di così tante specie da opporre resistenza a ogni tentativo di schematizzare, schedare, incasellare. Esplorarlo insegna forse soprattutto l’irrealtà, e in qualche modo anche la futilità, di ogni mappa: c’è sempre un fiore che sfugge, un uccello mai osservato, un insetto sconosciuto. Anni fa a Pavia ho partecipato a una giornata in cui alcuni studenti camerunesi presentavano il proprio paese.
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Tra giornalismo e politica
Per comprendere l’importanza e il significato della complessa operazione che ha portato al cambiamento della proprietà del gruppo editoriale Gedi e alla nomina di Maurizio Molinari a direttore editoriale dell’intero gruppo, adesso controllato dalla famiglia Agnelli, e al tempo stesso alla sua nomina a direttore di Repubblica, può essere utile iniziare dalla lettura dell’articolo pubblicato il 25 aprile della direttrice del Manifesto Norma Rangeri.
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