"Ascoltiamo i nostri anziani,
preziosi testimoni del tempo"
Sono numerosi i passaggi della Torah e di altri testi sacri in cui si ricorda come il rispetto verso gli anziani sia uno dei fondamenti della vita e della società ebraica. E come senza quel rispetto venga a mancare uno dei pilastri del nostro stare assieme. Un valore e una sfida, in tempo di pandemia.
“L’ebraismo è incentrato sul domani ma questo non esclude il tener conto, l’importanza dell’anziano. Un concetto chiaramente affermato nella Torah”, spiega l’ex presidente dell’Assemblea rabbinica italiana rav Elia Richetti. In Devarim, sottolinea il rav, si trova ad esempio un passaggio emblematico: “Chiedi a tuo padre e te lo narrerà, ai tuoi anziani e te lo diranno”. Come a dire che se vogliamo cercare di capire il futuro e le sfide che ci attendono bisogna basarsi, in prima istanza, proprio sulla loro saggezza. In Bereshit “quando Rivka si accorge dei due gemelli che lottano dentro di lei va a interrogare Kadosh Baruch Hu: all’epoca significava andare dagli anziani, grazie ai quali si imparava a relazionarsi con il Signore”.
Un’altra indicazione importante arriva da un versetto nella parashah di Kedoshim, in cui si legge: “Di fronte alla canizie ti alzerai e darei rispetto al volto dell’anziano. E avrai venerazione per il tuo Dio. Io sono il Signore”. Un versetto, spiega rav Richetti, che ci dice molte cose: “’Io sono il Signore’ ricorda ad esempio che rispettare l’anziano, alzarsi davanti al vecchio, fa parte del timor di Dio”. Mentre “Di fronte alla canizie ti alzerai e darei rispetto al volto dell’anziano” è solo un’apparente ripetizione. La canizie è infatti una questione di età, di capelli bianchi che inevitabilmente spuntano in testa col passare degli anni. Non sempre però i capelli bianchi si accompagnano alla sapienza. Il dovere del rispetto resta comunque.
Alla fine di febbraio, con l’epidemia che iniziava a fare le prime vittime ma in un Paese ancora non pienamente consapevole del baratro che si stava aprendo, il rabbino capo di Genova e attuale assessore al Culto UCEI rav Giuseppe Momigliano affidava a Pagine Ebraiche una riflessione assai pertinente: “Nel turbinio di informazioni e pareri sull’attuale situazione di emergenza sanitaria – faceva notare in quelle drammatiche ma ancora confuse giornate – mi soffermo su un particolare su cui penso si debba stare attenti. Nei commenti espressi dalle autorità sul numero dei decessi, si sente spesso in questi giorni l’affermazione ‘si tratta di persone in età avanzata e con altre gravi patologie’”. Il rav sottolineava come fosse comprensibile e rassicurante, per il più vasto pubblico, constatare di non far parte della fascia d’età e di non riscontrare su di sé “quelle condizioni fisiche fra le quali si registrano per lo più i decessi”. Tuttavia, aggiungeva, “presi così alla lettera, questi commenti lasciano un’ombra preoccupante su un atteggiamento di distanza e scarsa sensibilità nei confronti di persone che vengono mancare per questo morbo”. Una riflessione che resta centrale anche in questa seconda ondata. Pure rav Momigliano menziona come esempio il passaggio di Kedoshim citato da rav Richetti, ricordando come un grande saggio come Rashì metta l’accento sul fatto che il rispetto verso l’anziano è “qualcosa che sta all’attenzione di Dio”. Gli anziani, ricorda rav Momigliano, sono testimoni del passato, di altre epoche che solo loro hanno vissuto. “Ci aiutano, con il loro racconto e con la loro testimonianza, ad avere la misura dei problemi. A mantenere una proporzione tra le sfide di ieri e quelle di oggi”. Rav Alberto Moshe Somekh, rabbino a Torino, parte dal termine che in ebraico designa l’anziano: zaken. Una parola che contiene un’affermazione inequivocabile: “L’anziano è colui che ha acquistato la sapienza”. Il principio generale, prosegue, “è che fin quando c’è vita, anche per un periodo limitato, essa è sacra allo stesso modo: ciascuno merita quindi attenzione a prescindere dall’età, che sia giovane o molto anziano”.
Un principio generale messo sotto attacco dalla pandemia. “Tra le questioni più dibattute in questo senso – continua rav Somekh – c’è il tema della scelta. Se ad esempio un macchinario non può salvare tutti, a chi destinarlo? Un tema sul quale non mi esprimo, ma che è senz’altro meritevole della nostra attenzione”. Scegliere non è mai semplice, ricorda rav Somekh. “A febbraio, anticipando le misure restrittive del governo, la direttrice della casa di riposo ebraica di Torino ha subito disposto il blocco alle visite dei parenti. Una decisione che in tanti, almeno all’inizio, hanno accolto negativamente. Col tempo invece si è capito che ha salvato la vita di tutti gli ospiti”. La sfida, davanti allo spettro di nuovi mesi di isolamento e solitudine per milioni di anziani, “è quella di parlare, confrontarsi, non far mai sentire nessuno abbandonato al suo destino”.
Dossier “Anziani” – Pagine Ebraiche novembre 2020
(Nelle immagini alcuni momenti di nuova normalità, tra videochiamate ai parenti ed esercizi in comune, nelle residenze anziani delle comunità ebraiche italiane)
È da qualche ora in rete la nuova edizione di Eduscopio, il portale gratuito della Fondazione Giovanni Agnelli che dal 2014 aiuta gli studenti italiani e le loro famiglie a orientarsi nella scelta della scuola superiore.
Nella graduatoria diffusa quest'anno il liceo ebraico romano Renzo Levi è risultato tra i primi 20 migliori scientifici della Capitale e il primo tra le scuole paritarie.
Ad essere valutati dal gruppo di lavoro coordinato da Martino Bernardi i risultati universitari e lavorativi di circa 1.275.000 diplomati negli anni scolastici 2014/15, 2015/16 e 2016/17.
Editori sprovveduti e antisemitismo militante
Su un numero recente della rivista online Artribune è stata pubblicata una splendida e decisiva recensione a firma Marco Enrico Giacomelli dedicata a un testo che dietro le apparenze di una rispettabilità accademica cela una dichiarata e indifendibile sottocultura antisemita. L’autore è Mario Costa, professore universitario emerito di estetica, classe 1936. Il libro, si intitola “Ebraismo e arte contemporanea” ed è pubblicato dall’editore Mimesis. Il testo è vergognoso e imbarazzante, e la recensione lo inchioda con una critica tanto serrata quanto impietosa che non lascia spazio a repliche. Naturalmente non ci lanceremo a nostra volta in recensioni, anche perché un notiziario ebraico non è esattamente il luogo per fare propaganda a un prodotto antisemita. Vogliamo invece interrogare la casa editrice che ha accettato di pubblicare come testo scientificamente fondato una patacca che anche Goebbels avrebbe guardato con qualche sospetto.
Che settimana terribile. Iniziata poco dopo la fine dello Shabbat con la notizia della scomparsa di Rav Jonathan Sacks. Su Whatsapp si susseguono i messaggi accorati: “Pensatore brillante ed umano, capace di parlare in un modo che conquista chiunque e di far sentire orgoglioso della propria appartenenza ebraica anche chi è lontano dalla pratica”, “un’enorme perdita”, “una figura amabilmente autorevole” e tanti altri di questo tenore.
Il 9 novembre scompare in Israele l’artista Leo Contini. Il mio pensiero corre alle sue originalissime opere di judaica, ma soprattutto al quadro “Ferrara, città biciclica” che da decenni sovrasta i pranzi e le cene a casa dei miei genitori (tra l’altro in questi giorni sto interrogando sull’Orlando Furioso e la città di Ferrara è inevitabilmente in cima ai miei pensieri); un quadro per me così piacevolmente familiare che ritrovandolo a Firenze alcuni anni fa in una casa che mi ospitava mi ero sentita immediatamente a mio agio.
Il giorno seguente è arrivato un colpo durissimo per l’ebraismo italiano: la scomparsa di Renzo Gattegna, ex presidente dell’UCEI, una persona squisita, estremamente disponibile, con un straordinaria capacità dialogare con tutti, di far collaborare tra loro persone e gruppi con idee anche molto diverse.
Nella nostra parashà assistiamo alla ricerca, da parte di Abramo, di un appezzamento di terra per poterci seppellire Sara. Il terreno doveva essere separato dalle tombe degli altri morti, appartenenti al popolo dei chittei, nel paese di Qiriat arba’, dove era morta Sara.
Egli è disposto a tutto purché il luogo rimanga appartato e riservato a Sara e ad a lui (in seguito alle altre coppie di patriarchi e matriarche) e per questo è disposto a pagare un prezzo elevatissimo.
Il colloquio con ‘Efron re dei chittei sembra apparentemente cordiale: “‘Efron lo tratta da ‘principe di D-o’, con grandi ossequi ma alla fine chiede per l’acquisto del terreno un compenso in denaro, carissimo: ‘quattrocento sicli d’argento'” .
“Potrei stare in mezzo alla Quinta Strada e sparare a qualcuno, e non perderei neppure un elettore”. Donald Trump si espresse così nel 2016 in un evento elettorale nello Iowa quando non era ancora presidente degli Stati Uniti. Penso che per molti trumpiani di ferro anche se Trump effettuasse un colpo di stato militare – eventualità assurda ma che alcuni media, tra cui Haaretz, non considerano del tutto fantascientifica – l’apprezzamento nei suoi confronti rimarrebbe comunque inalterato. Trump già prima delle elezioni aveva affermato che se sconfitto non avrebbe accettato il risultato elettorale e già prevedeva come un chiaroveggente i brogli.