Stiamo tornando a una progressiva normalità. Le restrizioni anti-Covid sono state allentate e finalmente possiamo tornare a sederci a teatro, al cinema o a passeggiare nelle sale dei musei. Per questi ultimi la crisi è stata un momento di grandi rivoluzioni. Nulla, anche in questo campo, sarà come prima. L’offerta espositiva si sta infatti redifinendo nell’ottica di una più efficace armonizzazione tra online e offline. Una sfida che investe anche le istituzioni ebraiche, in Italia e nel mondo, come raccontiamo nel Dossier Musei del numero di luglio di Pagine Ebraiche. Un percorso attraverso voci di professionisti del settore che raccontano di questa nuova realtà e dei loro progetti per il futuro. Con un punto da non dimenticare. “Dobbiamo ricordarci e ricordare al nostro pubblico – il monito del direttore del Museo d’Arte Moderna di Tel Aviv, Tania Coen-Uzzielli – che il contenuto digitale è solo un surrogato limitato che non può sostituire l’esperienza fisica, viscerale e potente di vedere una mostra”.
L’invito dunque è a recarsi di persona allo Jüdisches Museum di Berlino per visitare l’esposizione dedicata alla celebre artista israeliana Yael Bartana. O alla Wiener Holocaust Library di Londra per scoprire il percorso di ricerca e documentazione messo in piedi nel Dopoguerra per ricostruire una delle tragedie del Novecento: le “marce della morte”. Due mostre molto diverse, presentate nelle pagine di Cultura dedicate a Memoria e futuro.
Di memoria si parla nelle pagine alte del giornale. Quella degli ebrei di Libia, il cui esodo forzato, troppo spesso dimenticato, viene riportato alla luce grazie alle testimonianze raccolte dallo psicanalista David Gerbi. Tripolino e al centro in questi anni di molte iniziative dedicate al suo Paese d’origine, Gerbi propone una serie di interviste a quanti affrontarono allora, giovani e giovanissimi, la prova dell’esilio. Tutti idealmente “sul lettino” per elaborare il proprio percorso personale e i segni lasciati dal trauma. Storie di paura e angoscia, nostalgia e distacco. Ma anche e soprattutto di coraggioso rilancio.
L’intervista del mese è con un rabbino la cui nomina ha fatto storia: rav Zsolt Balla. Per la prima volta dopo oltre un secolo la Germania è tornata ad avere un rabbino militare, e quel rabbino è lui. “Una grande emozione e un grande senso di responsabilità. Credo si tratti davvero di un’opportunità storica”, riflette rav Balla, nato in Ungheria ma in Germania dal 2002 dove, dopo sette anni, ha concluso il proprio percorso di studi rabbinici. Negli ultimi undici è stato rabbino capo di Lipsia e dal 2019 è anche rabbino di riferimento di tutta la Sassonia.
Un altro cambiamento, questa volta politico, è quello avvenuto a giugno in Israele: un nuovo governo ha giurato e, per la prima volta da dodici anni, non è guidato da Benjamin Netanyhu, ma dal duo Naftali Bennett e Yair Lapid. A loro e all’eterogenea coalizione che hanno messo in piedi – con una buona presenza femminile – sono dedicate le pagine di Eretz.
In Orizzonti si guarda a una delle principali sfide dei governi di Gerusalemme: contrastare ogni tentativo dell’Iran di minacciarne la sicurezza. Anche Bennett e Lapid dovranno far fronte al tentativo iraniano di dotarsi dell’atomica e di destabilizzare nel mentre il Medio Oriente. Il loro impegno sarà rivolto, come spiega l’esperto israeliano Raz Zimmt, a convincere gli Stati Uniti che una nuova intesa con Teheran sul nucleare non potrà ricalcare quella del 2015. Ma dovrà essere molto più stringente. A maggior ragione ora che alla presidenza c’è un personaggio conosciuto come il “macellaio di Teheran”, con un curriculum fatto di violazioni dei diritti elementari dei propri stessi cittadini. A proposito di diritti, il rabbino capo di Gran Bretagna rav Ephraim Mirvis torna ad alzare la voce per difendere una minoranza vittima di violenze e soprusi: quella musulmana degli Uiguri in Cina. “Partecipare ai Giochi senza protestare contro queste atrocità sarebbe un inaccettabile atto di indifferenza”, il suo appello, in riferimento a prossimi Giochi olimpici invernali che si terranno a Pechino. Di Olimpiadi si parla anche nelle pagine di Sport, ma per un motivo molto diverso: ricordare Ludwig Guttmann, padre delle Paralimpiadi. Un eroe civile a cui Roberto Riccardi ha dedicato una nuova biografia.
In Economia parliamo invece di una delle grandi sfide d’Israele: far fiorire il deserto. Un progetto già enunciato dai pionieri dello Stato ebraico. A rilanciare questo impegno è ora Desertech, il nuovo centro di innovazione dedicato all’adattamento e alla resilienza al cambiamento climatico.
Nell’appuntamento mensile con “L’angolo del Midrash” rav Gianfranco Di Segni si sofferma sulla Parashat Mas’è e sul legame tra profeti e città-rifugio.
Fatti e fantasie al centro del nuovo romanzo dello scrittore e sceneggiatore americano Joshua Cohen dal titolo The Netanyahus: “una commedia vertiginosa che fra una risata e un’invettiva illumina un intreccio micidiale di politica, identità, pregiudizi e umane assurdità”, si legge nella prima pagina di Cultura, dedicata proprio all’opera di Cohen.
Sempre in Cultura, un tributo alla fashion icon più longeva del pianeta che si appresta a tagliare il traguardo del secolo di vita: Iris Apfel. Un vulcano di idee che non ha nessuna intenzione di andare in pensione. E un esempio e un'ispirazione per le nuove generazioni.
Si apre con un servizio sull’inventore della Paralimpiadi Ludwig Guttmann la prossima puntata di Sorgente di Vita, che per un cambiamento di palinsesto andrà eccezionalmente in onda su Rai Due lunedì 5 luglio.
Slittate di un anno come le Olimpiadi, le Paralimpiadi sono giunte alla sedicesima edizione. Va al neurologo ebreo tedesco Ludwig Guttmann il merito di averle immaginate, partendo dalla sua esperienza nella cura dei reduci della seconda guerra mondiale.
I recenti episodi di comunicazione sui social, con messaggi decisamente antiisraeliani dagli evidenti risvolti antisemiti, costringono a guardare con forte preoccupazione a una dinamica in crescendo del discorso d'odio. Non si possono che contestare con durezza sia le affermazioni di Michela Murgia a supporto di Hamas (un regime fascista e fondamentalista che non prevede libertà al femminile), sia i filmatini finto-sciocchi e in realtà scioccanti della giovane influencer romana Tasmin Ali che calpesta una stella di Davide indicandola come fosse un escremento.
Nella nostra parashà viene scelto il successore di Moshè secondo le esigenze del popolo: "che uscirà dinnanzi a loro e tornerà dinnanzi a loro" (Bemidbàr 27; 17).
Un leader, soprattutto il leader del popolo ebraico, non deve essere né troppo zelante, né deve guidarlo standosene tranquillo nella "stanza dei bottoni", bensì deve essere sempre a capo della sua gente - deve uscire dinnanzi a loro e deve tornare dinnanzi a loro - esattamente come ci dice la Torah.
La Guida del popolo ebraico deve seguire la sua gente in ogni istante della sua vita: sia nei momenti belli che in quelli meno.
L’Italia che gioca proprio quando inizia lo Shabbat sembra inventata apposta per mettere alla prova la nostra identità. Il problema, ovviamente, riguarderà gli ebrei non osservanti ma attaccati per tradizione allo Shabbat, che forse cercheranno strani compromessi per far convivere cena in famiglia, candele, kiddush, ecc. con la partita. Ma anche gli osservanti – per cui il problema non si pone per nulla – non potranno fare a meno di ascoltare i rumori provenienti dalle finestre e dalla strada e così inevitabilmente saranno coinvolti anche loro dal sentimento collettivo.
Oltre ai politici, in Italia sembra che anche gli intellettuali (o chi ne fa le veci) siano scomparsi. Ma certo non è una novità, da molto se ne dibatte. Un intellettuale è colui che avanza delle domande, che esercita la ragione attraverso una sorta di distacco da ciò che lo circonda, che s’interroga e mette in dubbio tutto ciò che agli altri appare ovvio. Sperimenta e raccoglie nuove prospettive, nuovi sguardi e categorie interpretative per comprendere la società nei suoi meandri, sempre oltre le narrative correnti. Un intellettuale non darà mai risposte semplici a questioni complesse, non è neppure come sosteneva Elio Vittorini “il pifferaio della rivoluzione”, quindi strumento di partito o di una data ideologia.