IL CONSENSO SI ALLARGA AI DUE TERZI DEI CONSIGLIERI 

L'UCEI entra in una nuova stagione,
Noemi Di Segni confermata alla Presidenza

Il nuovo Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane riunito quest'oggi a Roma ha scelto di confermare Noemi Di Segni come Presidente della massima assise ebraica nazionale.
Alla guida dell'UCEI dal 2016, 51 anni, Di Segni è specializzata in diritto comunitario delle professioni ed è responsabile della segreteria della presidenza del Consiglio nazionale dei Commercialisti. Forte, da sempre, il suo impegno in campo ebraico. È attuale membro del comitato esecutivo del World Jewish Congress. In passato, sotto la presidenza di Renzo Gattegna, è stata assessore UCEI al Bilancio e Otto per Mille.
Chiedendo la fiducia al Consiglio ha affermato: "Non sono solo io oggi a candidarmi, ma è un'intera squadra che ha lavorato assieme e intende proseguire un lavoro basato anzitutto sull'impegno a favore dell'ente che ci rappresenta tutti". Solo lavorando assieme e con la diversità di idee messe a confronto per una progettualità condivisa, ha poi sottolineato, "potremo essere utili ai nostri correligionari, alle Comunità, allo Stato di Israele e alla società civile che conta sul contributo ebraico per crescere e maturare".
Il Consiglio si è espresso confermando alla presidenza Di Segni, che ha incrementato i consensi, superando la barriera del 60 per cento dei voti, sfiorando i due terzi dei Consiglieri aventi diritto e raccogliendo la totalità delle preferenze espresse.
Primo punto all'ordine del giorno della seduta l'elezione dei tre membri di spettanza dell'Assemblea rabbinica italiana: ad essere eletti rav Ariel Di Porto, rav Giuseppe Momigliano e rav Daniel Touitou.

L'INTERVENTO RIVOLTO AL NUOVO CONSIGLIO

"Lavoriamo insieme per il bene di tutti"

Nel suo discorso di presentazione della candidatura a un nuovo mandato da Presidente UCEI Noemi Di Segni ha esordito facendo riferimento alle molte priorità e sfide che l’ebraismo italiano è chiamato ad affrontare, invitando in tal senso l’intero Consiglio al massimo spirito di collaborazione e condivisione.
“È lo spirito – ha affermato – con cui ci si appresta ad attuarle che ora ci deve vedere impegnati con senso di responsabilità e unione di intenti”. Valorizzando in questo senso, ha aggiunto, “l’apporto personale di ciascuno dei Consiglieri, Rabbanim, osservatori e altri pronti a collaborare”.
Primo punto al centro del suo intervento i giovani. Tra le sfide, ha spiegato Di Segni, quella di lavorare “per un coordinamento nazionale degli assessorati giovanili per sviluppare sinergicamente iniziative di aggregazione, formazione di coscienza e identità ebraica, di gioia di vivere spensieratamente il concetto di ‘ebraica-mente’, di raccordo con tutti i movimenti giovanili”. Obiettivo quello di creare “una cultura di comunità di giovani a livello nazionale e internazionale, che accoglie e raccoglie in sé tutte le comunità grandi e piccole”. Impegno serrato anche al fine di “arginare preoccupanti fenomeni di violenza verbale o bullismo di cui i nostri contesti giovanili non sono esenti, forse prendendo un cattivo esempio da noi genitori, o anche noi leader: di questo ci dobbiamo fare carico”.
Altra priorità il mondo della scuola. “Come UCEI – le parole di Di Segni – è stato realizzato il curriculum nazionale di studi ebraici nelle scuole primarie: va ripreso e approfondito nell’ambito del network delle scuole ebraiche nazionali, riattivato di recente”. Ha quindi specificato: “L’educazione informale, attraverso diversi presidi forniti da UCEI e dalle singole comunità, richiede raccordo e valorizzazione dei metodi e dei contenuti. Il portale ZERAIM lanciato ad inizio settembre richiederà un crescente investimento e aggiornamento con una indispensabile collaborazione di tutte le comunità”.
Essenziale anche l’implementazione dello studio dell’ebraico perché “indispensabile per accedere alla conoscenza di fonti e commenti della nostra millenaria cultura, così come per facilitare l’inserimento per chi sceglie un percorso di Alyah”. Fondamentale quindi “proseguire il progetto per l’alfabetizzazione linguistica ebraica in tutte le comunità, anche quelle prive di scuola o Talmud Torà e soprattutto per i giovani”.
Politiche sociali. “Si tratta – ha ricordato Di Segni – non solo di un aiuto immediato, ma di una reale uscita dal bisogno che detta scelte forti anche per UCEI, per definire progetti di sostegno a breve e medio termine.
Raggiungere ogni persona bisognosa, rafforzando il servizio sociale nazionale itinerante e quelli delle due grandi comunità, così come un efficace raccordo tra le aree”.
Cultura, Memoria e lotta all’antisemitismo. Al riguardo Di Segni ha affermato: “Siamo chiamati a combattere fenomeni di negazionismo, banalizzazione e di accostamento della Shoah; ad affrontare nuove e subdole forme di antisemitismo, compreso il boicottaggio di Israele; l’abuso delle libertà costituzionali e religiose (milot e shecitah), vuoti legislativi e soprattutto culturali e educativi”. È la cultura dell’odio, ha aggiunto, che va contrastata in toto in modo razionale ed efficace. Le azioni da intraprendere tuttavia “non possono prescindere da una programmazione più ampia che riguarda tutto il piano di cultura ebraica”. In questa direzione la proposta è di “rafforzare l’osservatorio esistente e costituire un pool interno all’UCEI che affronti queste tematiche e si raccordi con altri enti di riferimento, in particolare Cdec, Unar e Oscad: quindi essere un baluardo per la difesa dei diritti dei singoli ebrei, delle stesse comunità e dei valori ebraici in generale”.
Tradizione religiosa. Tra le sfide in questo campo quella di “valorizzare la ricchezza delle tradizioni ebraiche italiane, il contributo dell’ebraismo italiano al pensiero ebraico, la vita di famiglia e comunità con le regole e gli usi vigenti nel solco dell’ortodossia”. In particolare, nelle piccole e medie comunità, “assicurare lo svolgimento della vita ebraica nel quotidiano, lo shabbat e il ciclo delle feste anche per chi intende spostarsi e visitare l’Italia ebraica attraverso il portale www.myjewishItaly.it lanciato lo scorso anno”. E ancora, “completare l’applicazione in ambito comunitario delle recenti modifiche statutarie art 29-30 finalizzate ad un efficace raccordo tra il rabbino e la comunità per esplicitare e soddisfare le rispettive esigenze”.
Comunicazione interna ed esterna. Di Segni, nel merito, ha osservato: “Credo di interpretare un desiderio diffuso: quello di voler vivere un ambiente comunitario che valorizzi la capacità di parlarsi, le potenzialità positive dei mezzi di comunicazione e delle reti sociali. Questo per una per una sana discussione e condivisione, internamente ed esternamente, di molteplici informazioni ed iniziative. L’ebraismo non è solo Shoah e persecuzione e se è capacità di dibattito, certamente non è lite”.
Risorse finanziarie. “UCEI e comunità – ha evidenziato – sono chiamate a gestire importanti risorse e sfide economiche e sociali. Non esiste futuro senza azioni e spese ponderate e responsabili. Non esiste futuro senza una gestione virtuosa e una vigilanza attenta delle nostre comunità, che favorisca la sostenibilità degli investimenti odierni”. Tra gli obiettivi quello di “consolidare la raccolta ottopermille abbinata ad un fundraising per singoli progetti strutturali”.
Ebraismo italiano e rapporti istituzionali. “L’UCEI – ha ricordato Di Segni – è l’unico ente rappresentativo dell’ebraismo in Italia e presso le istituzioni nazionali e internazionali ed è complementare alla rappresentanza locale che compete alle singole comunità. I rapporti con la politica italiana verranno gestiti con pragmatismo, senza pregiudizi ma senza derogare al rispetto della nostra storia”.
Durante il suo intervento Di Segni ha colto l’occasione “per ribadire l’eccellenza del personale e collaboratori UCEI”. E ha auspicato la creazione “di gruppi di contatto e raccordo per le attività di maggior rilevanza presso le nostre comunità, tra UCEI, Comunità ebraiche di Roma e Milano e il gruppo delle piccole e medie, tra i rispettivi assessori e delegati”. L’UCEI, il suo messaggio, “è un ente nel quale si respirano valori anche sul posto di lavoro, quotidianamente e per ogni ambito di gestione: solidarietà, trasparenza, indipendenza da ogni indebita influenza, responsabilità individuale e collettiva per i risultati, democraticità, autorevolezza dei saperi”.
“Specialmente in questo ultimo anno e mezzo – ha poi riflettuto – abbiamo imparato ad apprezzare la banalità di ogni giorno di vita, per nulla scontato. Ogni giorno di questa vita è un giorno di vita ebraica e va vissuto con consapevolezza e responsabilità, solidarietà e accoglienza – sia nelle nostre vite personali sia nella nostra missione istituzionale. Sono certa che ciascuno di voi Consiglieri, tutti presenti oggi, è candidato e impegnato per questo ruolo convinto di dover fare qualcosa di concreto, mettere a disposizione il nostro tempo, il nostro sapere e le nostre energie e rafforzare l’ebraismo italiano”.
Ha poi concluso con queste parole: “Solo lavorando assieme, con tutti voi – singoli Consiglieri e singole comunità – con la diversità di idee messe a confronto, per una progettualità condivisa, esattamente così come ci viene fatto appello, potremo essere utili ai nostri correligionari, alle comunità, allo Stato di Israele e alla società civile che conta sul contributo ebraico per crescere e maturare”.

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L'INTERVENTO 

I Protocolli e l'odio diffuso in rete,
il nostro dovere è farsi sentire

In questi giorni la casa editrice Segno, che si autodefinisce “leader nel settore dell’editoria cristiana”, propone la riedizione di uno dei testi più malefici (nel senso etimologico di “diffusore di male”) del ventesimo secolo: I Protocolli dei Savi di Sion. Dure critiche sono subito giunte da parte di esponenti delle Comunità ebraiche italiane, ben consapevoli delle conseguenze nefaste che un testo come questo ha causato nell’ultimo secolo. L’indignazione però non può e non deve essere solo ebraica. Di fronte ad una casa editrice che pretende richiamarsi ai valori cristiani, è doveroso che si alzi forte e chiara anche la voce anzitutto di noi cristiani.
Nella breve sinossi che si può leggere sul sito della detta casa editrice (condivisa, fino a qualche giorno fa, anche negli store di librerie come Feltrinelli e IBS), dei Protocolli troviamo scritto: “Fin dall’inizio sono stati bollati di essere un geniale falso e le motivazioni pro e contro sono tante”; “veri o falsi che siano, ormai non conta più, perché […] si sono rivelati laicamente profetici”; “la storia conferma che […] non si trattava di pie fantasie”. Già sull’opportunità di rieditare un testo pericoloso come i Protocolli ci sarebbe molto da discutere, ma ad ogni modo una cosa è certa: nel caso che un’operazione di tal genere fosse ritenuta appropriata, andrebbe comunque condotta con grande cautela, introducendo il testo con un’autorevole contestualizzazione storica e corredandolo di opportune note critiche… tutti elementi che, almeno a giudicare dalla sinossi, mancano nell’edizione in questione. Quelle precedentemente citate, infatti, sono parole molto più che semplicemente vaghe o ignoranti: lasciano spazio al peggior complottismo revisionista e antisemita. La lettura che si vuole dare del testo in questione del resto sembra piuttosto chiara. Esso infatti compare nella sezione del catalogo dedicata alle sette e alla massoneria, il cui sottotitolo è : “I misteri dell’occulto svelati per metterci in guardia”.
Metterci in guardia da cosa? Quello da cui dovremmo essere messi in guardia sono esattamente pubblicazioni come questa. Pubblicare, nel 2021, un’edizione de I Protocolli dei Savi di Sion con simili premesse è un qualcosa che semplicemente non possiamo accettare in silenzio. Personalmente, non lo possiamo accettare come storici, non lo possiamo accettare come cittadini italiani e nemmeno come cristiani.

Giacomo Ghedini, Presidente Amicizia Ebraico-Cristiana Giovani
Giordano Bottecchia, Socio dell’Amicizia Ebraico-Cristiana Giovani

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IL CICLO DI INCONTRI AL VIA A TORINO

Vita nel Quattrocento, una duplice prospettiva

I grandi eventi che hanno segnato il Quattrocento e la fine del Medioevo visti da una doppia prospettiva, quella della minoranza ebraica e quella della maggioranza cristiana. È il tema del nuovo appuntamento del ciclo storico-religioso che prenderà via lunedì 8 novembre su impulso dell'Amicizia Ebraico Cristiana di Torino e dalla Comunità ebraica cittadina. A tenere la prima lezione del ciclo di appuntamenti la docente di Storia medievale Laura Gaffuri. Obiettivo del progetto è quello di “approfondire la conoscenza dei rapporti tra ebraismo e cristianesimo, nella consapevolezza che lo studio e la conoscenza del passato possano aiutare a riconoscere temi e problemi del tempo presente”.
Gli incontri, nove in totale, si svolgono in presenza. Il primo, domani alle 17.30, sarà presso il centro sociale della Comunità ebraica di Torino e in diretta sulla pagina Facebook dell’Amicizia Ebraico Cristiana

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L'idea di futuro scomparsa
Si alza il vento conservatore. Crescono movimenti e partiti politici che rassicurano il proprio elettorato – quello già acquisito e quello potenziale – mostrandosi ostili all’eguaglianza sociale, all’accoglienza degli stranieri, ai diritti delle donne e delle minoranze sessuali.
Sarà un fenomeno che avrà una lunga durata. All’origine sta semplicemente – e drammaticamente – la scomparsa dell’idea di futuro, tanto nella sua variante di «progresso» come in quella di «utopia». Sul campo, trionfante, rimane l’immagine del futuro come minaccia. Il messaggio è questo: «Futuro», mobilitiamoci per evitarlo.
                                                                          David Bidussa
Petulanze e pregiudizio
Una stato di cose, una persona oppure un gruppo di persone, così come un insieme di relazioni, e quant’altro, esistono – al giorno d’oggi – se sono oggetto di discussione pubblica. In altre parole, qualora la loro immagine (al netto del fatto che fatto ad essa corrisponda un effettivo riscontro) sia veicolata, ripetuta, consolidata dai mezzi di comunicazione, essa assume una consistenza tale da fare sì che abbia una sua veridicità a prescindere da qualsiasi dato oggettivo. In altre parole ancora: nell’età dell’economia della conoscenza e dell’informazione, ciò che conta non è il riscontro fattuale ma il dato per cui se di una cosa si parla, allora avrà una sua ragione d’essere. 
 
                                                                          Claudio Vercelli
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